Rateazione e aggio nella riscossione riformata
Il contributo approfondisce le previsioni in tema di dilazione di pagamento e di aggio di riscossione alla luce della riforma della riscossione recata dal d.lgs. n. 159/2015. La riflessione è dedicata, in particolare, ai profili di criticità delle norme sulla dilazione di pagamento rispetto alle best practice internazionali recentemente evidenziate dai documenti dell’OCSE e del Fondo Monetario Internazionale ed all’incoerenza del sistema di remunerazione dell’agente della riscossione con il principio di proporzionalità, come affermato tanto dalla giurisprudenza costituzionale quanto da recenti pronunce della Corte di Strasburgo.
Il d.lgs. 24.9.2015, n. 159 ha dato attuazione alle previsioni della l. delega 11.3.2014, n. 23 in tema di riscossione. In coerenza con i criteri della legge delega, il legislatore ha operato interventi puntuali e diretti a risolvere specifiche criticità che erano emerse negli ultimi anni.
Le modifiche investono essenzialmente il settore della riscossione da inadempimento, per essa intendendosi le attività di esazione dei tributi che conseguono ad un inadempimento del contribuente.
La riforma non tocca, invece, la fase della riscossione coattiva; fase su cui il legislatore era intervenuto ripetutamente negli ultimi anni1 e per la quale, dunque, non si è avvertita l’esigenza di ulteriori modifiche.
Oltre alle modifiche in tema di dilazione di pagamento e di oneri di riscossione su cui ci soffermeremo nel prosieguo, gli (altri) interventi principali del d.lgs. n. 159/2015 riguardano:
a) la disciplina della procedura speciale di sospensione legale della riscossione (e, al ricorrere di determinate condizioni, di annullamento di diritto dell’atto) recata dall’art. 1, co. 537 e ss., della l. 24.12.2012 n. 228, con modifiche volte a prevenire istanze aventi carattere meramente strumentale e, soprattutto, ad eliminare le incongrue ipotesi di annullamento dell’atto nei casi in cui il credito sia ancora sub iudice ovvero vi sia una mera sospensione amministrativa o giudiziale degli effetti esecutivi dell’atto. Si prevede, inoltre, che resti sospeso il termine di efficacia del pignoramento di cui all’art. 53, co. 1, d.P.R. 29.9.1973, n. 602 fino a quando l’ente creditore non comunichi l’esito dell’esame dell’istanza;
b) le norme relative all’avviso di accertamento esecutivo, con l’allineamento del momento di esecutività dell’accertamento a quello di scadenza del termine di proposizione del ricorso, la precisazione che il termine di sospensione della riscossione di centottanta giorni dall’affidamento del carico tributario all’agente della riscossione non opera in presenza di accertamenti divenuti definitivi e l’eliminazione del termine acceleratorio per l’avvio dell’espropriazione forzata; termine precedentemente fissato nel 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di definitività dell’avviso di accertamento esecutivo;
c) la possibilità per il contribuente di prestare acquiescenza all’atto di accertamento conseguente ad un’autotutela parziale da parte dell’Amministrazione finanziaria fruendo della medesima riduzione delle sanzioni ad un terzo del minimo edittale applicabile al momento della notifica dell’avviso di accertamento originario;
d) le norme in tema di pagamento delle somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori mediante utilizzo in compensazione di crediti relativi alle stesse imposte, laddove, al fine di evitare che tramite il sistema della compensazione possa ottenersi la restituzione di somme al di fuori della disciplina del rimborso applicabile in ciascun caso, si stabilisce che i crediti opposti in compensazione che eccedano l’importo del debito iscritto a ruolo debbano essere richiesti a rimborso secondo la disciplina prevista dalle singole leggi d’imposta.
Venendo alle modifiche recate dal d.lgs. n. 159/2015 in merito alla disciplina della dilazione di pagamento ed alle disposizioni sull’aggio di riscossione, può evidenziarsi quanto segue.
Il d.lgs. n. 159/2015 apporta modifiche alle previsioni in tema di dilazione di pagamento ponendosi nella scia degli interventi susseguitesi su questo versante negli ultimi anni, tutti contraddistinti da un generale favor per il contribuente in merito alla possibilità di dilazionare il pagamento delle somme poste in riscossione.
Con riferimento alla rateazione degli avvisi bonari e degli atti di accertamento con adesione, oltre ad un ampliamento delle possibilità di rateazione2, si introduce l’istituto del lieve inadempimento3, volto ad evitare la decadenza dal beneficio della rateazione nei casi di «insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al tre per cento e, in ogni caso, a diecimila Euro», ovvero in caso di «tardivo versamento della prima rata non superiore a sette giorni». Quanto alla dilazione delle somme iscritte a ruolo o affidate all’agente della riscossione, si modifica il regime di decadenza prevedendosi la possibilità per i contribuenti di essere riammessi a piani di rateazione scaduti versando quanto dovuto4 e si stabilisce che l’accoglimento della domanda di dilazione faccia sì che l’agente della riscossione non possa, in linea generale, avviare o proseguire le azioni di riscossione coattiva, né procedere all’iscrizione dell’ipoteca o del fermo amministrativo, restando comunque salve le ipoteche ed i fermi amministrativi già iscritti prima del provvedimento di dilazione5.
Al di là della portata di tali modifiche, va ricordato che esse si iscrivono in un quadro teso ad agevolare l’accesso del contribuente a piani di rateazione, potendo questi scegliere se richiedere un piano ordinario fino ad un massimo di settantadue rate mensili o un piano straordinario fino ad un massimo di centoventi rate mensili, entrambi prorogabili fino ad un massimo di ulteriori settantadue o centoventi mesi in caso di «comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica» accertata sulla scorta di parametri tecnici fissati da un apposito decreto ministeriale6.
L’art. 9 d.lgs. n. 159/2015 interviene a modifica della disciplina dell’aggio di riscossione di cui all’art. 17, d.lgs. 13.4.1999, n. 112, vale a dire della remunerazione che nel nostro ordinamento viene riconosciuta all’agente della riscossione per l’espletamento delle attività di esazione dei tributi e delle somme accessorie nel contesto di un sistema che tuttora si fonda su una dissociazione soggettiva tra l’ente titolare del credito da riscuotere – vale a dire l’ente dell’Amministrazione finanziaria – ed il soggetto chiamato alla riscossione del credito stesso, vale a dire Equitalia S.p.A. in qualità di agente della riscossione.
La novella legislativa anzitutto muta la denominazione della remunerazione, che diviene «oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione».
In effetti, la modifica non è – o, almeno nelle intenzioni, si propone di non essere – solo formale, prevedendosi un meccanismo di determinazione dei predetti oneri più solidamente ancorato ai costi del servizio di riscossione che Equitalia prevede di sostenere per ciascun anno7.
Quanto alla misura dei predetti oneri, essa viene fissata al 6 per cento del relativo ammontare per le somme iscritte a ruolo e riscosse a seguito di inadempimento, mentre è pari all’1 per cento per le ipotesi di riscossione spontanea a mezzo ruolo.
Nel caso di riscossione spontanea a mezzo ruolo gli oneri gravano integralmente sul debitore, mentre nel caso di riscossione da inadempimento occorre distinguere in funzione del momento in cui avviene il pagamento del dovuto. Infatti, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella di pagamento tali oneri gravano sul debitore per il 3 per cento e sull’ente creditore per il restante 3 per cento; nel caso, invece, di pagamento successivo a tale termine gli oneri gravano sul debitore per il loro intero ammontare. Sul debitore gravano altresì i costi sostenuti dall’agente della riscossione per l’attivazione delle procedure esecutive e cautelari, nonché le spese di notifica della cartella di pagamento e degli altri atti della riscossione. Nel caso di riscossione mediante avviso di accertamento esecutivo, gli oneri di riscossione ed esecuzione sono applicati solo a partire dalla scadenza del termine per la proposizione del ricorso e gravano integralmente sul debitore8.
Tanto per la disciplina della rateazione quanto per quella degli oneri di funzionamento del servizio di riscossione si evidenziano profili problematici, derivanti soprattutto da sollecitazioni di fonte internazionale.
L’incremento esponenziale delle dilazioni di pagamento in ambito tributario verificatosi negli ultimi anni9 è venuto all’attenzione anche di autorevoli organizzazioni internazionali quali l’OCSE10 ed il Fondo Monetario Internazionale11. In particolare, il Fondo Monetario Internazionale ha evidenziato lo sbilanciamento a favore del contribuente della disciplina della dilazione di pagamento, rilevando non solo il carattere sovente automatico con cui vengono concesse le dilazioni, ma anche, sotto un profilo più generale, la limitatezza del sindacato svolto dall’agente della riscossione rispetto ai piani di rateazione, tenuto conto che nel 2014 solo l’1,6 per cento delle richieste di rateazione è stato respinto e che si tratta di un trend in costante diminuzione nel corso degli anni12.
Lo stesso Fondo Monetario Internazionale dà conto, poi, delle best practice internazionali in materia di rateazioni, distinguendo gli aspetti relativi all’ammissibilità del piano proposto dal contribuente rispetto alle condizioni da rispettare per ricevere l’approvazione da parte dell’Amministrazione responsabile. Quanto ai profili di ammissibilità, il piano di rateazione dovrebbe essere:
i) realistico e realizzabile dal punto di vista finanziario, con apposita dimostrazione fornita dal contribuente;
ii) accompagnato da un comportamento pregresso del contribuente che dimostri la sua generale compliance rispetto agli obblighi tributari;
iii)fondato su una difficoltà reale del contribuente (in luogo di una mera convenienza finanziaria);
iv) supportato da tutte le informazioni finanziarie necessarie e dalla prova che i debiti fiscali sono trattati con la stessa priorità delle obbligazioni verso altri soggetti.
Stringenti, poi, le condizioni per l’ammissibilità del piano di rateazione proposto, richiedendosi:
i) il versamento di tutte le sanzioni e gli interessi previsti dalla legge;
ii) l’applicazione di un tasso di interesse sufficientemente elevato da compensare l’impossibilità per l’ente concedente la rateazione di disporre immediatamente delle somme dovute e tale da far sì che il contribuente adempia prioritariamente alle obbligazioni tributarie rispetto a quelle nei confronti di altri soggetti;
iii) una differenziazione del periodo temporale massimo della rateazione tra le persone fisiche non imprenditori e i soggetti esercenti attività d’impresa, non eccedente i dodici mesi per le prime e i tre anni per i secondi; iv) il pagamento totale e tempestivo di tutte le obbligazioni tributarie sorte successivamente a quelle oggetto di rateazione; v) in alcuni casi, la prestazione di garanzie;
vi) la decadenza dal piano di rateazione e l’applicazione delle procedure di riscossione coattiva in caso di insolvenza.
Rispetto a tali criteri, non v’è dubbio che la disciplina italiana non si mostri del tutto allineata.
Quanto ai criteri di ammissibilità, lo scostamento risulta evidente sol che si pensi che, in base alla normativa italiana, per i debiti fino a cinquantamila Euro il contribuente – persona fisica non imprenditore o esercente impresa – può accedere al piano ordinario di rateazione fino a 72 rate mensili sulla base di una mera dichiarazione di temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica, senza alcuna documentazione a supporto13. Anche per i debiti superiori a tale soglia, peraltro, si richiede l’allegazione di documentazione che comprovi la situazione di difficoltà, ma nessun sostegno probatorio viene richiesto in merito, tra l’altro, alla realizzabilità finanziaria del piano di rateazione proposto14 ed al comportamento pregresso del contribuente.
Quanto alle condizioni di ammissibilità, poi, balza agli occhi la discrepanza tra il periodo massimo di rateazione suggerito dal Fondo Monetario e quanto previsto nel nostro ordinamento, ove, come detto, senza alcuna documentazione a supporto può accedersi a piani di rateazione di durata doppia rispetto a quella raccomandata per le imprese e ben sei volte superiore a quella indicata per le persone fisiche non imprenditori. A ciò si aggiunga che nel nostro sistema non si prevede alcuna differenziazione tra soggetti esercenti impresa ed altri soggetti. Ancora, nulla si prevede in merito all’adempimento totale e tempestivo delle obbligazioni tributarie sorte successivamente a quelle oggetto di rateazione. Né, sotto questo profilo, le modifiche recate dal d.lgs. n. 159/2015 in punto di riammissione dei contribuenti a piani di rateazione scaduti sembrano del tutto in linea con le rigide indicazioni del Fondo Monetario in caso di insolvenza, anche se – va osservato – il legislatore ha correttamente subordinato tale riammissione al versamento integrale di tutte le somme scadute.
Dinanzi a tali scostamenti non stupisce, allora, che lo stesso agente della riscossione abbia stimato un tasso di abbandono dei piani di rateazione in essere di quasi un terzo e che molti contribuenti si limitino a versare solo la prima rata15. Alla luce di ciò, non sembra inopportuno auspicare una rinnovata riflessione sulla normativa in tema di dilazione di pagamento, in senso, stavolta, opposto a quello di generale favor per i contribuenti che ha caratterizzato gli interventi degli ultimi anni e che ponga il nostro ordinamento maggiormente in linea con le best practice internazionali.
Quanto alla novellata disciplina del rimborso a favore di Equitalia degli oneri di riscossione, i profili di criticità si presentano, a nostro avviso, con riferimento alla sua potenziale incoerenza con il principio di proporzionalità, inteso quale ragionevole collegamento tra la misura della remunerazione spettante all’agente e l’ammontare dei costi da questo sostenuti per l’attività di riscossione, come espresso dalla recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e, in tempi più risalenti, da una pronuncia della Corte costituzionale avente ad oggetto proprio la legittimità del compenso spettante agli allora concessionari del servizio di riscossione per l’attività svolta.
Quanto alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, il riferimento è alla sentenza Yukos16, in cui si discuteva della legittimità dell’operato dell’Amministrazione finanziaria russa e delle autorità nazionali incaricate della riscossione dei tributi nei confronti della società petrolifera Yukos, dapprima di proprietà statale e privatizzata negli anni 19951996 nell’ambito del piano di privatizzazione di talune imprese strategiche russe intrapreso e portato avanti dall’allora Presidente Boris Eltsin. Nei confronti di tale società l’Amministrazione finanziaria russa aveva emesso diversi avvisi di accertamento in riferimento al periodo compreso tra il 2000 ed il 2003 per aver la società stessa posto in essere comportamenti elusivi della legislazione tributaria applicabile, procedendo, in sostanza, all’abbattimento della base imponibile rilevante ai fini delle imposte dirette allora vigenti in Russia per il tramite di manovre di transfer pricing, rivolte al trasferimento della maggior parte dei ricavi rivenienti dall’attività di estrazione, raffinazione e commercializzazione del petrolio a favore di società riconducibili al gruppo Yukos e beneficiarie di regimi fiscali agevolati, a motivo della loro collocazione in aree ben individuate della Russia. Nel ritenere violato il principio di proporzionalità sotteso all’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla CEDU, la Corte di Strasburgo ha evidenziato come le autorità procedenti si fossero rifiutate di calcolare il quantum dovuto a titolo di spese per la procedura esecutiva secondo un metodo diverso da quello della percentuale fissa; metodo quest’ultimo che aveva restituito una somma – 1,16 miliardi di Euro – evidentemente sproporzionata rispetto a quanto ragionevolmente prospettabile17.
Quanto al piano costituzionale interno, il riferimento è ad una risalente, ma tuttora valida, pronuncia della Corte costituzionale18 relativa al preteso contrasto con il principio di eguaglianza dell’allora sistema di determinazione del compenso di riscossione previsto da una legge della Regione Sicilia. La Corte evidenziava come «la prevista determinazione di tale compenso in misura percentuale del tributo (1 per cento) con il contestuale correttivo di un prestabilito importo minimo e massimo fosse volta a realizzare (con l’utilizzazione di un meccanismo necessariamente articolato in termini medi e forfettari) un opportuno ed effettivo ancoraggio della remunerazione al costo del servizio; contemporaneamente impedendo, per un verso, che, in caso di iscrizione di tributi di importo eccessivamente limitato la misura percentuale del compenso scendesse al di sotto del livello minimo di remuneratività del servizio e, per converso, che, in caso di iscrizione di tributi di ammontare elevato il compenso stesso salisse notevolmente al di sopra della predetta soglia di copertura del costo della procedura». Proprio in virtù di tale ragionevole collegamento tra compenso per l’attività di riscossione e costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività stessa la Corte aveva escluso forme censurabili di «discriminazione in danno del contribuente chiamato a corrispondere un compenso di importo in tesi superiore a quello del tributo iscritto in ruolo», atteso il «complessivo meccanismo di compensazione e bilanciamento di un tale inconveniente con il vantaggio (economicamente più rilevante e probabilmente anche statisticamente più frequente) del contenimento del compenso stesso entro il limite massimo, per singola voce, corrispondentemente stabilito».
Ora, non può farsi a meno di rilevare come la novella recata dall’art. 9, d.lgs. n. 159/2015 abbia bensì apportato modifiche di rilievo alla previgente disciplina, ma senza stabilire alcuna soglia massima e di carattere assoluto dell’ammontare degli oneri di riscossione. Con la conseguenza che anche la disciplina riformata sembra comunque suscettibile di prestare il fianco a censure attinenti alla sua conformità al principio di proporzionalità: è quanto potrebbe essere rilevato dalla sentenza che verrà resa dalla Ctp Milano in un giudizio tributario recentemente incardinato e nel quale è stata eccepita la non conformità dell’ammontare in termini assoluti dell’aggio di riscossione (pari, nella specie, a circa quattro milioni di Euro) ai principi di fonte europea ed internazionale19.
Sotto questo profilo, va evidenziato come la novella di cui al d.lgs. n. 159/2015 non abbia colto una preziosa occasione per un ripensamento dell’impostazione di fondo del sistema degli oneri di riscossione.
A tale proposito, è bene ricordare che anche a seguito delle modifiche di cui alla riforma in esame le spese sostenute dall’agente della riscossione per lo svolgimento delle procedure esecutive formano oggetto di autonomo rimborso, secondo i criteri dettagliatamente stabiliti da apposito decreto ministeriale20. Ne consegue che le attività da remunerarsi mediante il rimborso degli oneri di riscossione sono quelle precedenti la fase di riscossione coattiva21 e successive all’iscrizione a ruolo22, per le imposte per cui questo continua ad essere previsto23, dovendosi identificare, in sostanza, nella formazione e notificazione della cartella di pagamento ed, eventualmente, dell’avviso di mora, nell’esperimento delle misure di tutela del credito erariale diverse dal fermo amministrativo e dall’ipoteca immobiliare24, nell’invio delle comunicazioni precedenti e successive all’iscrizione del fermo amministrativo e dell’ipoteca e nell’esame dell’istanza di dilazione del debito tributario eventualmente presentata dal debitore. Se così è, nella cennata prospettiva del principio di proporzionalità e di necessario collegamento degli oneri di riscossione alle spese sostenute dall’agente sembra dubbia la legittimità di oneri addebitati in pari misura nel caso di tributi la cui riscossione avvenga mediante iscrizione a ruolo e di tributi in cui l’avviso di accertamento, a seguito della riforma operata dal legislatore nel 2010 sui cc.dd. “accertamenti esecutivi”, ha assorbito anche le funzioni proprie del ruolo e della cartella di pagamento25. Non sembra revocabile in dubbio, infatti, l’opportunità di una differenziazione, seppur lieve26, degli oneri addebitati in tali casi.
Sempre nella prospettiva del principio di proporzionalità di cui si è detto si sarebbe potuta ipotizzare una diversa conformazione del meccanismo di remunerazione dell’agente della riscossione. Precisamente, tenuto conto della sostanziale anelasticità dei costi delle attività remunerate rispetto all’ammontare del credito posto in riscossione27, si sarebbe potuto suddividere l’ammontare degli oneri di riscossione in tante componenti quante sono le attività da essi remunerate, prevedendo la corrispondenza a ciascuna di tali componenti di una somma fissa determinata in base al costo medio dell’attività, da addebitarsi a ciascun contribuente sulla base dell’attività effettivamente svolta dall’agente della riscossione nel caso specifico28. Una qualche forma di proporzionalità della remunerazione rispetto all’ammontare del credito posto in riscossione si sarebbe potuta mantenere negli ambiti delle attività di riscossione coattiva – ove si riscontrano maggiori difficoltà di tipo sia giuridico-teorico sia pratico che l’agente della riscossione deve fronteggiare nello svolgimento delle procedure esecutive relative a crediti di ammontare più elevato29 – e dell’esperimento delle misure cautelari30.
Con l’ulteriore conseguenza di porre a carico della fiscalità generale i costi fissi dovuti all’esistenza ed al mantenimento in vita di un apposito soggetto incaricato della riscossione tributaria31.
Note
1 Da ultimo con il d.l. 21.6.2013, n. 69.
2 Precisamente, per gli avvisi bonari derivanti dai controlli automatizzati ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA la rateazione per somme non superiori a cinquemila Euro diviene ora possibile «fino ad otto rate trimestrali di pari importo» in luogo delle precedenti sei. Resta invece invariata la possibilità di rateizzare le somme superiori a cinquemila Euro in venti rate trimestrali. Per le somme dovute ai fini del perfezionamento dell’accertamento con adesione il numero delle rate trimestrali passa da dodici a sedici se il debito supera i cinquantamila Euro.
3 Si veda l’art. 15 ter, d.P.R. n. 602/1973.
4 Si veda l’art. 19, co. 3, d.P.R. n. 602/1973.
5 Si veda l’art. 19, co. 1-quater, d.P.R. n. 602/1973.
6 Si veda, in particolare, l’art. 3, co. 2, d.m. 6.11.2013.
7 Si prevede, in particolare, che entro il 31 gennaio di ciascun anno, Equitalia determini, approvi e pubblichi sul proprio sito web i costi da sostenere per il servizio nazionale di riscossione. L’individuazione dei criteri e parametri per la determinazione dei costi è rimessa ad un decreto ministeriale, ad oggi non ancora emanato.
8 Art. 29, co. 1, lett. f), d.l. 31.5.2010, n. 78.
9 Il documento dell’OCSE (cfr. nota n. 10) evidenzia come la percentuale degli incassi totali di Equitalia riferibile ai piani di rateazione sia passata dal 36 per cento del 2010 al 49,3 per cento del settembre 2015, con quasi un milione di richieste di rateazione ricevute nel 2014 a fronte delle 571 mila del 2010.
10 OCSE, Italy’s Tax Administration. A Review of Institutional and Governance Aspects, in www.oecd.org, febbraio 2016.
11 Fondo Monetario Internazionale, Italy. Enhancing Governance and Effectiveness of the Fiscal Agencies, in www.imf.org, dicembre 2015.
12 Diminuzione che risulta ancor più marcata in termini assoluti se si tiene conto che, come detto, dal 2010 in avanti le richieste di rateazione sono aumentate esponenzialmente e che i rigetti di piani di rateazione evidenziano un trend discendente anche in termini assoluti.
13 Come confermano le indicazioni pubblicate sul sito internet di Equitalia, ove si specifica che «per debiti fino a 50 mila euro si può richiedere la rateizzazione presentando una domanda semplice (anche online), senza aggiungere alcuna documentazione e dichiarando la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica».
14 Il riferimento è, in particolare, ai soggetti non imprenditori, per i quali si richiede l’allegazione della certificazione relativa all’Isee del nucleo familiare del contribuente interessato ai soli fini di prova della situazione di difficoltà economica, ma senza una puntuale dimostrazione della realizzabilità finanziaria del piano di rateazione proposto.
15 Come rileva lo stesso documento del Fondo Monetario Internazionale, Italy. Enhancing, cit., 50.
16 C. eur. dir. uomo, 20.9.2011, OAO Neftyanaya Kompaniya Yukos c. Russia.
17 Si veda il par. 655 della sentenza, ove la Corte precisa che «the fee was by its nature unrelated to the actual amount of the enforcement expenses borne by the bailiffs. Whilst the Court may accept that there is nothing wrong as a matter of principle with requiring a debtor to pay for the expenses relating to the enforcement of a debt or to threaten a debtor with a sanction to incite his or her voluntary compliance with enforcement writs, in the circumstances of the case the resulting sum was completely out of proportion to the amount of the enforcement expenses which could have possibly been expected to be borne or had actually been borne by the bailiffs».
18 C. cost., 30.12.1993, n. 480.
19 Ne dà notizia Il Sole 24 Ore, 10.5.2016, 48 ove riporta che il giudizio è stato promosso dagli stilisti Dolce e Gabbana in relazione ad una cartella esattoriale per complessivi ottantacinque milioni di Euro. L’udienza è stata aggiornata a dicembre del 2016.
20 Si veda, al riguardo, il d.m. 21.11.2000 e la tabella di cui all’allegato A che indica puntualmente le somme da rimborsare per ciascuna delle attività afferenti la fase dell’espropriazione forzata svolte dall’agente della riscossione. Nell’incipit del decreto si chiarisce, peraltro, che la determinazione delle somme da rimborsare è avvenuta sulla scorta di «un criterio di riconoscimento del grado di laboriosità delle varie procedure individuate, espresso dal tempo medio stimato occorrente per svolgere efficientemente ciascuna attività, valorizzato al costo medio al minuto del personale, comprensivo di una quota parte dei costi generali afferenti la specifica attività esecutiva». Va rilevato che si tratta di importi determinati da un provvedimento ormai risalente nel tempo e per il quale, dunque, è auspicabile che si provveda ad un loro aggiornamento, in conformità a quanto previsto dal d.lgs. n. 159/2015.
21 Dovendo l’ultima attività da remunerarsi mediante l’aggio – in quanto non coperta dal rimborso di cui all’art. 17, co. 6, d.lgs. n. 112/1999 – individuarsi, con tutta probabilità, nella notificazione, ove richiesta, del cd. “avviso di mora” di cui all’art. 50, co. 2, d.P.R. n. 602/1973.
22 Essendo la formazione del ruolo rimessa, giusta l’art. 12, co. 1, d.P.R. n. 602/1973, agli uffici competenti dell’ente creditore delle somme.
23 Tenuto conto della cd. “concentrazione della riscossione nell’accertamento” per le imposte sui redditi, per l’IRAP e per l’IVA, può farsi riferimento, ad esempio, alle imposte di registro e sulle successioni e donazioni.
24 Essendo le spese per l’iscrizione e la revoca del fermo amministrativo e per l’iscrizione e la cancellazione di ipoteca specificamente menzionate nella tabella A allegata al menzionato d.m. 21.11.2000.
25 Si veda, in proposito, l’art. 29, co. 1, lett. f), d.l. n. 78/2010.
26 Avendo la riforma di cui all’art. 29, d.l. n. 78/2010 eliminato la sola notificazione della cartella di pagamento e non anche le ulteriori attività da compiersi da parte dell’agente di riscossione.
27 Come plasticamente evidenzia Lupi, R., La remunerazione del servizio di riscossione dei tributi tra aggio e fiscalità generale, in Dialoghi trib., 2012, 567 «un ruolo da 1.000 Euro non richiede più lavoro di un ruolo da un milione di Euro».
28 Ciò che, peraltro, avrebbe avuto anche il pregio di evitare la discussa ripartizione dell’onere dell’aggio in capo al contribuente e all’ente creditore in funzione del momento in cui avviene l’adempimento; ripartizione che, anche se astrattamente condivisibile, appare tutt’altro che coordinata all’interno del complesso sistema della riscossione delle entrate erariali. Al riguardo, per alcune notazioni critiche in caso di dilazione di pagamento si veda Guidara, A., Accertamento esecutivo: cosa cambia per gli «aggi esattoriali»?, in Dialoghi trib., 2011, 654656.
29 Conforta la nostra posizione la correlazione tra credito posto in riscossione e ammontare rimborsato a titolo di spese per le procedure esecutive presente nell’impianto del citato d.m. 21.11.2000. In un’ottica di maggiore rispondenza del sistema al principio di proporzionalità potrebbe essere opportuna una graduazione più articolata della percentuale di incremento degli importi da rimborsare rispetto a quella attualmente vigente.
30 L’inclusione delle spese relative alle procedure di iscrizione e cancellazione del fermo amministrativo e dell’ipoteca tra quelle di cui al d.m. 21.11.2000 e per le quali si prevede un incremento percentuale al crescere dell’ammontare del credito posto in riscossione lascia intendere che un tale legame possa effettivamente ravvisarsi anche per l’esperimento delle misure cautelari. Previa verifica dell’effettività di tale legame, esso potrebbe essere esteso anche alle misure – di rilievo peraltro residuale – diverse dal fermo amministrativo e dall’ipoteca.
31 Su questa stessa linea di pensiero si vedano anche Ingrao, G., La remunerazione del servizio di riscossione dei tributi tra aggio e fiscalità generale, in Dialoghi trib., 2012, 566 e Lupi, R., La remunerazione, cit., 567. In base ai dati di bilancio del gruppo Equitalia per l’anno 2012 le sole spese generali e di funzionamento e relative ai sistemi informatici (circa 144 milioni di Euro) incidono per circa il 15% del totale dei costi di produzione.
* Il § 1 del presente contributo è stato redatto da Giuseppe Melis, i §§ 2 e 3 e i relativi sottoparagrafi da Alessio Persiani.