RATERIO vescovo di Verona
Ebbe i natali, nelle vicinanze di Liegi, nell'890 da nobile e antica famiglia. Percorse i suoi studî nel monastero benedettino di Lobbes, il cui abate, Ilduino, che era anche vescovo di Liegi, lo volle presso di sé e lo condusse con sé anche quando da Ugo di Provenza, suo congiunto, fu fatto vescovo di Verona (926). Passato poi Ilduino alla sede metropolitana di Milano, R. da papa Giovanni XI fu nominato suo successore nella cattedra veronese (932), a dispetto, però, pare, di Ugo. Certo egli fu da questi avversato, e poi, venuto in sospetto, e non senza qualche fondamento, di aver presa la parte di Arnoldo di Baviera che aveva tolta Verona a Ugo (935), fu da questi imprigionato e chiuso nella torre di Walberto a Pavia. Uscito di carcere nell'agosto 937 e confinato presso Azzone, vescovo di Como, Raterio riuscì a riacquistare, "invito Hugone", sul principio del 940, la sua piena libertà, riparando prima in Provenza, dove campò facendo scuola di grammatica, e, poi, fra il 944 e il 945 a Lobbes.
Nel 946, però, richiamatovi dallo stesso Ugo, che vedeva crollare la sua potenza nel regno, ritornò in Italia; ma caduto nelle mani delle milizie di Berengario, fu da questi per qualche mese tenuto in carcere finché dallo stesso Berengario, e per gl'intrighi di Milone, conte di Verona, riebbe il vescovado veronese. Per breve tempo, però, ché una forte opposizione di clero, di nobili, di popolo formatasi tosto contro di lui lo costrinse a lasciare nuovamente Verona e a recarsi in Germania (952), accoltovi da Brunone, fratello di Ottone I, dal quale poi ebbe, nel settembre 953, il vescovado di Liegi.
Anche a Liegi però, nonostante la protezione di Brunone e di Ottone, si accese (954) contro R. una lotta così violenta che egli fu costretto a cercare rifugio presso l'arcivescovo di Magonza, Guglielmo, figlio di ottone, passando poi a reggere, come abate, un monastero posto alle dipendenze di quello di Lobbes.
Ma, nel 961, Ottone, ritornando in Italia faceva restituire per la terza volta R. alla sede di Verona, che era stata, frattanto, occupata da Milone, nipote dell'omonimo conte.
A Verona R. riprese più risoluto che mai il suo programma di riforma della sua chiesa, provocando un'altra volta la più accanita resistenza dei suoi avversarî, che, capeggiati da Milone, arrivano perfino a cacciarlo e tenerlo per alcuni mesi in carcere. Rimesso in libertà, per l'intervento dello stesso imperatore, che, anzi, gli concede un solenne "privilegium" che lo pone sotto il mudiburdio regio (967), R. non disarma e prepara un decreto, iudicatum, che si propone una nuova ripartizione dei benefici ecclesiastici, favorevole "pauperculis clericis", che egli si prefiggeva di mettere in condizione di separarsi dalle loro femmine, ma a spese dell'alto clero, che gli era più specialmente ostile. I suoi nemici si raccolgono allora in un supremo sforzo di violenze, di calunnie, e di intrighi contro di lui e riescono ad ottenere che il papa stesso, Giovanni XII, lo sconfessi e che l'imperatore lo abbandoni. Sottoposto da questi al giudizio del conte di Verona, Nannone, in un processo al quale interviene la cittadinanza (urbani) tumultuante contro il vescovo, questi è costretto a restituire a ciascuno i beni che aveva prima del iudicatum (giugno 968).
Vinto, affranto anche dall'età, R. abbandona, allora definitivamente, Verona e si ritira in Lorena, morendo dopo qualche anno, pare il 25 aprile 974, a Namur.
R. è una delle più significative figure del see. X. Austero, rigido, fu dominato, forse fino all'esaltazione, dall'idea di ricondurre il suo clero all'osservanza dei canoni, alla pietà, all'obbedienza, combattendone specialmente la mulierositas. I difetti del suo temperamento, intransigente, impetuoso, aspro e violento, oltreché l'implacabile odio dei nemici colpiti dal suo rigore, impedirono ogni successo all'opera sua, che, con tutto ciò, precorre, nel sec. X, il grande movimento della riforma dell'XI. Fu anche uno degli uomini più colti del suo tempo, ritenuto alla corte di Sassonia "inter palatinos philosophos primus". Di lui restano cinquantasei fra trattati, lettere, prediche (ed. dei fratelli Ballerini, Verona 1765), notevoli per vigoria di espressione, non disgiunta da qualche ricerca di classiche eleganze, ed importanti per una più intima conoscenza della storia del suo tempo.
Bibl.: A. Vogel, Ratherius von Verona um das zehnte Jahrh., Jena 1854; G. Pavani, Un vescovo belga in Italia nel sec. X, Torino 1920 (con ricca bibliografia).