rating
Valutazione (prodotta usualmente da agenzie specializzate) del grado di affidabilità e solidità finanziaria di una società o di uno Stato sovrano. Più precisamente, si intende attribuire un giudizio al cosiddetto merito di credito, cioè alla capacità di una società (in particolare, società finanziarie e banche) o di uno Stato sovrano di rimborsare tempestivamente i propri debiti. Il giudizio, espresso con lettere, è diviso in 4 macroclassi: alta affidabilità (investment grade), che significa rischio nullo o molto basso di insolvenza (➔), buona affidabilità, ma non esente da un possibile rischio di insolvenza, scarsa affidabilità con probabilità di insolvenza piuttosto alta, nessuna affidabilità con insolvenza certa. All’interno di ciascuna classe, esiste una gamma di giudizi articolati che danno una percezione dinamica dell’evoluzione sul grado di fiducia.
Il mercato del r. è dominato da 3 grandi società statunitensi: Standard and Poor’s (➔), Moody’s (➔) e Fitch (➔). Le prime due ne detenevano all’inizio degli anni 2010, in parti pressoché uguali, una quota complessiva dell’80%, Fitch circa il 15%; altre agenzie rimangono marginali, anche se è verosimile un allargamento alla competizione nel medio termine. L’enorme crescita della finanza globale e l’esigenza di basare le decisioni di investimento su indicatori affidabili hanno provocato, a partire dall’ultimo ventennio del 20° sec., una crescita esponenziale dell’importanza delle agenzie di rating. La loro valutazione influenza in modo determinante le condizioni di accesso al mercato del debito di società e di Stati sovrani, nonostante la perdita di reputazione verificatasi in seguito alle vicende degli anni 2007-08. In questo periodo, grandi società, come la banca di investimento Lehman Brother’s (➔), fallirono pochi giorni dopo essere state accreditate della valutazione massima corrispondente alla tripla A. Parte del potere delle società di r. deriva dalle regole esplicite o implicite che le istituzioni finanziarie sono tenute a osservare. Per i fondi comuni di investimento (➔ fondo comune di investimento) e quelli pensione (➔ fondo pensione), l’investimento in titoli rappresentativi di debito con valutazione inferiore alla doppia A è molto penalizzato e quello in titoli con valutazione inferiore alla tripla B, in sostanza, vietato. Per quanto riguarda le banche, la rischiosità ponderata dell’attivo, costituita da crediti sia verso Stati sovrani sia verso società private, dipende, in modo pressoché automatico, dalle valutazioni attribuite ai debitori dalle agenzie di rating. Tale rischiosità è direttamente correlata, tramite la regolamentazione sui requisiti patrimoniali, con i mezzi propri (nelle versioni patrimonio base, Tier 1 e patrimonio totale, Tier 1 + Tier 2), di cui le banche devono disporre per poter continuare a operare. Fra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, il debito sovrano (➔) dello Stato italiano è stato declassato da Moody’s di ben due livelli, passando da A2 ad A3. Nello stesso periodo, molti altri Stati europei subivano declassamenti. Perfino agli Stati Uniti era stata assegnata, nell’estate del 2011, la stessa sorte, con la perdita, per la prima volta nella storia, della tripla A.
Metodo di valutazione del valore dell’attivo sotto rischio, che compare a denominatore del coefficiente patrimoniale delle banche (e delle società di assicurazioni) nelle raccomandazioni di Basilea (e Solvency 2). È un metodo sofisticato, che può basarsi su dati storici delle sofferenze e delle perdite su crediti sperimentati da una banca. Per le banche con una storia di buona gestione del credito, può rivelarsi più conveniente rispetto al metodo standard, basato su ponderazioni a coefficienti fissi per categorie di impieghi. Per tale motivo, non può essere liberamente adottato dalla banca ma dev’essere approvato, dopo accurata sperimentazione, dalle autorità di controllo.