FROSALI, Raul Alberto
Nacque a Firenze il 5 ag. 1893 da Emilio e da Emma Tanzi. Si laureò in giurisprudenza all'università di Firenze l'8 luglio 1919 e successivamente si diplomò con lode alla Scuola di applicazione giuridico-criminale presso l'università di Roma, ai cui corsi fu in seguito assistente. Fu redattore della rivista giuridica La Scuola positiva fin dagli anni degli studi universitari e anche dopo la fusione di questa con la Rivista di diritto e procedura penale nel 1921. L'attività nella rivista - della quale anni dopo divenne condirettore - si svolse prevalentemente con annotazioni delle sentenze, in quantità sempre maggiore: nel triennio 1934-37 furono cinquecento le sentenze da lui annotate. Fu anche redattore per la rubrica "Diritto e giurisprudenza" della rivista L'Italia che scrive e collaborò alla Rivista politica e parlamentare e all'Italia finanziaria.
Nel 1926 il F. divenne membro dell'Associazione internazionale di diritto penale per il gruppo italiano e l'anno seguente professore incaricato di diritto penale comparato e riforma del diritto vigente presso la Scuola di applicazione giuridico-criminale.
Successivamente, dopo aver conseguito l'abilitazione nel 1932, fu libero docente di diritto e procedura penale presso la facoltà di giurisprudenza dell'università di Roma.
Da quell'anno il F. svolse l'insegnamento universitario in materie penalistiche in diverse università, dapprima a Sassari (1933-34), dove tenne la prolusione sul tema Dottrina italiana e codice penale fascista e trattò, nelle lezioni successive, il contenuto e la posizione del diritto penale vigente nella fase di evoluzione storica della dottrina penalistica e della giustizia penale italiana.
Parallelamente pubblicava i primi studi di un certo rilievo. Risalgono a quel periodo: Il ricorso per cassazione penale, nelle sue condizioni di ammissibilità (Padova 1931); Reato, danno e sanzione (ibid. 1932); L'errore nella teoria del diritto penale (Roma 1933); Dottrine italiane e codice penale fascista (in Scuola positiva, 1934); I soggetti attivi e l'attività esecutiva nel delitto di inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti collettivi di lavoro (in Massimario di giurisprudenza del lavoro, 1934) e la monografia Sulla inadempienza degli obblighi derivanti dal contratto collettivo di lavoro (in Studi in onore di Silvio Laghi, Milano 1934).
Nei suoi lavori più significativi il F. si rivelò studioso attento ai problemi teorici del diritto penale e si occupò con prevalenza della parte generale del diritto penale.
In Reato, danno e sanzione affrontò la nozione di danno definendola una privazione e un ostacolo al soddisfacimento dell'interesse dell'individuo, delineando così un concetto soggettivo di danno che, nelle relazioni tra gli uomini ha rilievo in quanto un soggetto lo avverta come tale, non negando con ciò l'esistenza di un danno oggettivo (una modificazione della realtà cioè), il quale però acquisterebbe rilievo nei rapporti sociali solo quando venga soggettivamente apprezzato. Il F. ebbe comunque cura di mantenere la distinzione, cara alla scienza giuridica penalistica, tra danno immediato e danno mediato; in quest'ultima accezione lo considerò a fondamento stesso della norma penale, la quale, per la sua stessa esistenza presuppone l'esistenza di un interesse statale a che il comando in essa contenuto venga rispettato. La parte più originale dell'opera risiede nello studio della nozione giuridica di sanzione. Atteso che la norma penale ha lo scopo di evitare il danno pubblico imponendo un determinato comportamento, per il F. non è tuttavia soltanto con la sanzione che il precetto si trasforma in imperativo; esso in quanto contenga una volontà assoluta è già di per sé un imperativo e la sanzione altro non fa che rafforzare questo carattere di imperatività, aggiungendo agli altri motivi che spingono il soggetto all'obbedienza quello costituito dalla minaccia di un male. Il F. si distaccava con ciò da uno dei fondamenti del pensiero giuridico rappresentato da Arturo Rocco secondo il quale il precetto giuridico puro, privo della previsione della sanzione, non sarebbe stato elemento sufficiente a imporsi alla volontà. In tale visione allora, la sanzione viene degradata da elemento essenziale caratterizzante il precetto giuridico a elemento accessorio con funzione di rafforzamento nei casi in cui la norma, di per sé imperativa, non si mostra però sufficientemente imperativa.
Con L'errore nella teoria del diritto penale il F. ebbe cura di inquadrare lo studio dell'ignoranza della legge penale e dell'errore di diritto in ambito penalistico, affrontando anche in quell'occasione uno dei temi teorici più ardui per la dottrina che si andava occupando della parte generale del codice penale del 1930. Nella parte centrale dello studio tali questioni vennero ricondotte al problema dell'integrazione delle norme penali, o problema dell'estensione ed efficacia del diritto penale, che verrebbe a porsi non già quando precetto e sanzione sono comunque individuabili all'interno della norma, così da non lasciare dubbi sulla sua natura di norma penale, bensì nei casi di rinvio a norme di altre branche del diritto, ponendosi così all'interprete la questione se tali disposizioni debbano anch'esse essere considerate parti integranti di quella "legge penale" sulla quale il codice non ammette l'invocazione a propria scusa dell'ignoranza o dell'errore.
Tale questione traeva spunto dalle difficoltà interpretative e pratiche di applicazione della norma contenuta nell'art. 5 del codice penale italiano che sancisce l'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale e del rapporto di essa con l'altra norma del terzo comma dell'art. 47 che esclude la punibilità quando vi sia errore sul fatto che costituisce reato provocato da un errore sulla "legge diversa dalla legge penale".
L'importanza dello studio del F. risiede nell'abbandono delle teorie che ricercavano tra gli elementi integrativi della legge penale quelli che per loro natura penali non erano - sulla base di criteri distintivi prefissati - e quindi rendevano possibile l'esclusione della punibilità e nella sua sostituzione con una teoria basata sulla funzione di integrazione adempiuta dall'elemento, che in virtù di essa entra a far parte della legge penale a tutti gli effetti, e dalla separata ricerca volta a individuare se quell'elemento integratore fa anche parte di un corpo di leggi extrapenali. Sulla base di tale tracciato allora diveniva possibile riservare un campo di applicabilità alla norma del terzo comma dell'art. 47 tutte le volte in cui appariva la natura normativa extrapenale dell'elemento di integrazione.
Nell'anno accademico 1934-35 il F. insegnò diritto e procedura penale all'università di Messina, dove svolse un corso sulla parte generale del codice penale, e poi, dall'ottobre del 1935, alla facoltà di giurisprudenza dell'ateneo fiorentino. Come titolare di diritto e procedura penale svolse un corso di lezioni ancora sulla parte generale del codice penale incentrandolo sulla obbligatorietà della legge penale, di cui si occupò di raccogliere e pubblicare le dispense nel 1936. La titolarità del corso di diritto e procedura penale fu mantenuta dal F. finché nel 1939 non fu trasferito alla cattedra di diritto penale della stessa facoltà, nella quale, negli stessi anni, tenne anche, per incarico, l'insegnamento di criminologia e di diritto delle misure di sicurezza.
Tra le opere vanno ricordati Concorso di norme e concorso di reati (Città di Castello 1937) che gli valse la promozione a ordinario; Corso di diritto penale (Firenze 1938); Sistema del diritto processuale penale italiano (ibid. 1940); Sistema penale italiano, I-II (ibid. 1952-53; il primo volume dedicato al diritto penale sostanziale, il secondo volume al diritto processuale penale).
Nel primo volume il F. ebbe modo di tornare a scrivere sull'art. 5 del codice penale, studiando il principio che di quella norma costituisce il fondamento e individuandone le ragioni dell'assolutezza nella difficoltà di provare quando realmente un soggetto ha agito ignorando la legge e, ancor più, nell'interesse dello Stato a che siano osservati i precetti legislativi e ciò non solo curandone la conoscibilità mediante provvedimenti di "prevenzione sociale del reato", ma altresì con il ricorso al mezzo più potente, ovverosia disponendo le norme in modo che da esse derivi l'imperativo di fare quanto occorre per conoscere la legge penale, comando presidiato dalla sanzione criminale. Con questa teoria il F. conduceva una critica radicale alle tesi della presunzione legale iuris et de iure di conoscenza, della teoria della finzione e di quella della necessità sociale elaborate dalla dottrina e dal pensiero filosofico giuridico fino ad allora.
Il F. curò altre edizioni del suo Sistema, fino all'edizione definitiva in quattro volumi pubblicata a Torino nel 1958; scrisse un'opera di carattere generale: Principi di diritto penale (ibid. 1957); l'opera Diritto penale, parte generale e Diritto penale, parte speciale (Milano 1958 e 1959) e una Procedura penale (ibid. 1959).
Il 2 giugno 1969 fu nominato professore emerito e in seguito ebbe la medaglia d'oro per i benemeriti della scuola e della cultura.
Il F. morì a Firenze il 29 marzo 1974.
Fonti e Bibl.: Arch. centrale dello Stato, Ministero della Pubblica istruzione, professori universitari, serie III, busta 213; T. Rovito, Letterati e giornalisti contemporanei, App., Napoli 1922, p. 171; Boll. ufficiale del Ministero dell'Educazione nazionale, parte II, 8 febbr. 1934; parte II, 27 maggio 1937; Novissimo digesto italiano, VII, Torino 1957, p. 663.