MAZZOLINI, Raule.
– Nacque probabilmente tra gli anni Venti e Trenta del secolo XIII. Tale data è parsa la più plausibile considerando che nel 1278 il M. aveva un figlio, Guido, in grado di accompagnare i più importanti capi guelfi in un’ambasciata a Roma. Non sono noti il luogo di nascita né i nomi dei genitori.
La nobile famiglia Mazzolini, di presumibile origine bresciana, ebbe ruoli prestigiosi per almeno due generazioni, in particolare il M. e i suoi discendenti, Guido, Gherardo, Mazzolino e Figliuccio, i quali, stabilitisi a Cesena, ricoprirono ruoli di primo piano nella vita comunale locale a cavaliere dei secoli XIII e XIV.
Di certo il più solerte fu il M., che negli anni della dominazione ghibellina del conte Guido da Montefeltro a Cesena, dopo la sconfitta dei Bolognesi nel 1275, raggiunse prestigiose posizioni di potere con una tenace ma altalenante militanza ora ghibellina ora guelfa. Dopo aver vissuto la condizione di esule, analoga a quella di altri funzionari locali impegnati nelle tumultuose lotte di fazione, e oppositori delle parti prevalenti, il 4 sett. 1275 il M. rientrò a Cesena insieme con Ranuccino Pocaterra e con i loro seguaci e intraprese una rapida carriera politica anche fuori della città. È probabile che, in tale frangente, il M. riuscisse a entrare nel gruppo di sodali del Montefeltro, cui già apparteneva Maghinardo Pagani da Susinana, podestà di Faenza per il 1275.
Significativo che a sostituirlo in quella carica, nel 1276, fosse lo stesso M. e che, proprio al tempo della sua podestaria, venisse organizzata dai Feltreschi – con il supporto dei Faentini e Forlivesi – una spedizione nelle terre di Ugolino Fantolini, signore di alcuni castelli nelle valli del Lamone e del Senio. Il quadro delle alleanze era però destinato a mutare velocemente, poiché nel 1277 i capi guelfi romagnoli Malatesta da Verucchio (Malatesta Malatesta), Alberico Manfredi, Taddeo di Pietra Rubbia e Guido da Polenta si recarono a Roma per consegnare formalmente alla Chiesa Bologna e la Romagna. Fece parte dell’ambasciata anche il figlio del M., Guido, che dovette morire da lì a poco; di lui, infatti, si perdono le tracce e il Guido o Guidone Mazzolini, che partecipò agli eventi successivi, viene identificato dalle fonti in un nipote del Mazzolini.
Le motivazioni del Malatesta e dei suoi compari erano fin troppo chiare: arginare il potere che Guido da Montefeltro stava effettivamente esercitando su un dominio che, oltre ai possedimenti feltreschi, comprendeva Forlì, Faenza, Meldola, Bertinoro e Cesena. Altrettanto evidenti le intenzioni del M., che era in cerca di forti alleati e, attraverso il figlio, stava preparando la base per una signoria su Cesena, nel difficile tentativo di avvicinarsi a posizioni guelfe senza creare fratture troppo gravi con gli alleati ghibellini. Fu così che il 12 dic. 1289 egli fu insignito cavaliere dal rettore della Romagna, Stefano Colonna, forse a riconoscimento di una sua militanza politica più moderata e fedele all’autorità sovrana. La nomina avvenne in pompa magna presso la cattedrale di Cesena, alla presenza dell’arcivescovo di Ravenna Bonifacio e di Guido vescovo di Rimini. Al termine della cerimonia il M., accompagnato dai suoi soldati, si recò a Modena per esercitare le funzioni di podestà.
Contemporaneamente il M. tentò di avvicinarsi ai Malatesta che, nel 1290 con la nomina a podestà di Cesena di Malatesta Malatesta detto Malatestino dall’Occhio, erano finalmente riusciti a estendere la loro influenza sulla città. Di fatto la supremazia dei Riminesi era tutta da confermare e così si assistette a un vero e proprio scontro tra le fazioni. Nel gennaio 1292 i capi delle parti in lotta furono cacciati dal nuovo rettore di Romagna, Ildebrandino da Romena. Tra gli esiliati, accanto a Rodolfino da Calisese e al figlio Tederico, erano anche il M. e il nipote Guido. Gli esponenti della fazione avversa, in primis Girardo Aizardi, furono allontanati, ma altrettanto prontamente richiamati; mentre l’ostilità nei confronti di Rodolfino e del M. continuò fino a ripercuotersi sui loro aderenti rimasti in città. Malatesta da Verucchio riuscì, però, nel 1292 a riconquistare la podestaria e tra le sue prime deliberazioni vi fu quella di far rientrare in città Rodolfino da Calisese e i suoi collegati; non è azzardato pensare che il M. fosse tra questi. Da notare poi che, nel corso del 1292, il nipote Guido fu al fianco di Maghinardo Pagani, dei conti di Cunio e di Baciacomare Baciacomari, allorché Bologna lo contattò per convincere i Comuni romagnoli ad accettare Bologna come mediatrice nella lotta contro Ildebrandino da Romena. Evidentemente i Mazzolini avevano raggiunto un buon grado di credibilità e si ponevano come punti di riferimento sia per i guelfi sia per i ghibellini.
In seguito agli eventi del 1292, il M. tese ad avvicinarsi alle posizioni delle forze popolari, ricoprendo nel 1298 la carica di capitano del Popolo di Forlì, e guadagnò forza a Cesena fino a maturare il passaggio alla parte guelfa. Il 13 maggio 1301 a Cesena si verificò una rivolta popolare d’ispirazione guelfa, probabilmente appoggiata dai Malatesta e conclusa con la cacciata del capitano del Popolo forestiero, il conte Federico di Guido da Montefeltro, di Uguccione Della Faggiuola e di Zappettino degli Ubertini. Stando agli Annales Caesenates, a espellere i capi ghibellini fu il M. in persona, pronto ad accogliere in città, il giorno successivo, il rettore Matteo d’Acquasparta. Il cambiamento di fronte fu presto ricompensato: nel giugno di quell’anno Gherardo Mazzolini fu eletto podestà di Cesena. In quel frangente il M. fece diroccare Castel Vecchio, fatto ripristinare un anno prima da Federico di Guido da Montefeltro.
L’alleanza con i Malatesta, tuttavia, ebbe breve durata: il conflitto d’interessi era troppo forte da sanare e i Mazzolini trovarono protettori ancora più influenti, agevolati dal fatto che le loro mire coincidessero con gli interessi della Chiesa. Bonifacio VIII, desideroso di ottenere una volta per tutte la pacificazione della Romagna, aveva chiamato in Italia Carlo di Valois come rettore in temporalibus di tutte le province pontificie. Il che spiega anche il mutato atteggiamento del papa nei confronti dei Malatesta e la conseguente volontà di favorire quei personaggi che potevano contrastarne le ambizioni espansionistiche. I Mazzolini sembrarono forse i più adatti all’occorrenza e il papa, il 7 dic. 1301, investì il nipote del M., Gherardo, del vicariato di Santarcangelo. Sulla stessa linea si pose il rettore vicario, Rinaldo da Concorezzo, vescovo vicentino, che nell’aprile 1302 affidò a personaggi locali il possesso di altri castelli nel contado di Rimini.
Una volta conquistata una posizione di rilievo con il sostegno e la ratifica del papa, era indispensabile trovare alleati fidati, pronti a sostenere la scalata alla signoria. Si spiega così la comparsa in città, nel maggio 1302, di un nuovo Mazzolini, Mazzolino da Brescia, chiamato a rivestire a Cesena la carica congiunta di podestà e capitano del Popolo. L’ingresso di questo personaggio, che getta forse luce sulla zona di provenienza della casata, non portò i frutti sperati e anche per il M. e i nipoti Gherardo e Guido la situazione precipitò soprattutto dopo la morte di Bonifacio VIII, loro protettore. La Romagna e Cesena furono percorse da una nuova ondata di scontri tra le fazioni. Federico da Montefeltro, Uguccione Della Faggiuola, Tederico da Calisese e Bernardino da Polenta non tardarono a riorganizzarsi e, con l’appoggio di Mazzolino che aveva tradito i suoi stessi parenti, il 22 ott. 1302 attaccarono la città e il contado, riconquistando tutte le posizioni perdute.
Da quel momento il M. sparisce dalle scene; presumibilmente morì nel 1302.
Per il decennio successivo gli Annales Caesenates sono avari di informazioni anche sui nipoti Gherardo, figlio di Garattone, e Guido. Solo un breve accenno riguarda Guido, che nel gennaio 1306 si trovava a Faenza da dove fu espulso, quasi morente, da Scarpetta Ordelaffi. La notizia non è irrilevante, perché testimonia delle nuove direzioni seguite dai Mazzolini. Da una parte sembra nascere un sodalizio con i Manfredi e un avvicinamento all’asse gravitazionale faentino, dall’altra si sottolinea una rivalità con l’Ordelaffi destinata a durare almeno fino al 1310. In questa ottica si spiega la partecipazione, nel luglio 1308, di un non meglio identificato figlio «domini Guidonis Raulis de Faventia» (Annales Caesenates, p. 119) nella spedizione che guadagnò a Francesco Manfredi il castello di Bagnacavallo.
Del resto le discordie intestine in ambito cesenate rappresentavano la base di un antagonismo più vasto tra le famiglie signorili di Romagna, come i Malatesta di Rimini e i Polentani di Ravenna. Entro tale contesto va collocato l’episodio del 1309, allorché Bernardino da Polenta occupò Cesena con il sostegno di Tederico da Calisese e Gherardo Mazzolini, divenuto podestà e capitano del Popolo (1309) e poi sostituito nel medesimo incarico dallo stesso Bernardino.
La distinta militanza dei due nipoti del M. viene altresì confermata nel novembre 1310: Nicola Caracciolo, vicario di Roberto d’Angiò rettore di Romagna, entrò a Cesena, riuscendo a ricomporre la faida in atto e a far riappacificare Guido Mazzolini, Guido Accarisi e Francesco Manfredi con Scarpetta Ordelaffi. Appena un mese più tardi Gherardo Mazzolini e Gerardo Aizardi, dopo un periodo di esilio, vennero richiamati dal capitano del Popolo in carica, Bernardino da Polenta.
Le tracce dei due Mazzolini a questo punto si perdono e cala il silenzio sulla famiglia fino al 1322, anno in cui nella tumultuosa vita cittadina fece la sua comparsa Figliuccio, ricondotto dagli Annales a una discendenza diretta dal Mazzolini. Nel frattempo Cesena si era arresa al governo pontificio, che in Bertrand du Poujet sembrò trovare la persona adatta alla riconquista degli Stati della Chiesa. Il cardinale recuperò a uno a uno i Comuni ribelli, esercitando di fatto la sua influenza anche su Cesena dal 1328 al 1334, dopo di che ci fu nuovamente una generale rivolta nei confronti del dominio pontificio. Una volta cacciati i legati papali, la città fu preda delle lotte di fazione; a scontrarsi erano la corrente filopapale, capeggiata da Ghello da Calisese, e quella antipapale, guidata da Giovanni Aguselli e Marcolino Ottardi. La seconda ebbe la meglio e a questo punto gli Annales Caesenates restituiscono tracce dei Mazzolini: Figliuccio e un suo figlio illegittimo, Giovanni, risultano militare nelle file dei vincitori (1334). Avvisaglie di ciò che stava per accadere a Cesena si ebbero già nel 1332, quando Guglielmo Truell, legato papale, aveva ricondotto in città tutti coloro che, guelfi o ghibellini, ne erano stati espulsi: Figliuccio era compreso nell’elenco. La ricomparsa sulla scena dei Mazzolini era dunque legata a un nuovo cambio di fronte; i discendenti del M. erano tornati alla militanza ghibellina, dimostrandosi incapaci di proseguire il programma politico a suo tempo avviato dal M., per costituire in loco un proprio dominio personale e familiare.
Fonti e Bibl.: P. Cantinelli, Chronicon, a cura di F. Torraca, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXVIII, 2, pp. 22 s., 59, 67, 72; M. Battagli, Marcha, a cura di A.F. Massera, ibid., XVI, 3, p. 14; Annales Caesenates, a cura di E. Angiolini, in Fonti per la storia dell’Italia medievale, Antiquitates, XXI, Roma 2003, pp. 42, 60, 70 s., 73 s., 83, 88, 90, 93, 96, 112, 119, 135, 138; L. Tonini, Rimini nella signoria de’ Malatesti, Appendice di documenti, IV, 2, Rimini 1880, pp. 4, 15; R. Zazzeri, Storia di Cesena dalla sua origine ai tempi di Cesare Borgia, Cesena 1890, p. 167; A. Vasina, I Romagnoli fra autonomie cittadine ed accentramento papale nell’età di Dante, Firenze 1965, pp. 282 s.; Fasti comunali cesenati, in Storia di Cesena, a cura di A. Vasina, II, 1, Rimini 1983, p. 356; A. Vasina, La città e il territorio prima e dopo il Mille, ibid., pp. 162, 167, 176; C. Dolcini, Comune e Signoria, ibid., pp. 236, 251; S. Pari, La signoria di Malatesta da Verucchio, Rimini 1998, pp. 234, 236.