RAVELLO e SCALA
Centri della Campania (prov. Salerno), situati a ridosso di Amalfi, sulle ultime propaggini dei monti Lattari.Le origini di R. e di Scala, al pari di quelle delle altre località della costa amalfitana, sono da mettere in relazione con le vicende che, tra i secc. 4° e 6°, spinsero molti abitanti della Campania ad abbandonare i centri della pianura, esposti ai pericoli delle guerre e alle devastazioni dei barbari, per cercare sicurezza tra queste aspre e protette balze. Per tutto l'Alto Medioevo la storia delle due località, attestate solo a partire dal sec. 10°, si perde e si confonde con quella del ducato di Amalfi (v.), di cui erano parte integrante. Altrettanto laconica è la documentazione archeologica, limitata, allo stato dei fatti, a due soli reperti scultorei, un pluteo degli inizi del sec. 10° (Ravello, Mus. del Duomo) e un capitello a stampella erratico, databile al sec. 9°, nella chiesa di S. Giovanni a Campodonico, uno dei borghi di Scala (Aceto, 1984). Di importazione sono invece un capitello costantinopolitano del sec. 6°, presso l'albergo Caruso Belvedere di R. (già palazzo d'Afflitto; Russo, 1989), e i molti materiali di spoglio di età classica, largamente riutilizzati negli edifici sacri e civili dall'età romanica in avanti (Manacorda, 1982), a lungo ritenuti spia di un'attiva presenza romana in costiera. Le carte d'archivio confermano che già a quest'epoca il territorio era punteggiato di luoghi di culto: in montem de Scala è ricordato nel 907 il monastero del beato Benedetto Confessore (Codice diplomatico amalfitano, 1917-1951, I, p. 1), poi dedicato ai ss. Benedetto e Scolastica; nel medesimo comprensorio, al 1019 sono documentati il monastero di S. Maria de Fontanella e la chiesa di S. Marciano (Regesta Amalfitana, 1978-1980, II, p. 105); nel sito detto Curi Galline era ubicata nel 1035 la chiesa di S. Giovanni (Il Codice Perris, 1985, p. 47). A R. sono attestati il monastero benedettino della SS. Trinità, che un'antica tradizione vuole fondato da Francone Rogadeo nel 944 (Camera, 1876-1881, II, p. 323), e quello di S. Trifone (documento del 1011; Codice diplomatico amalfitano, 1917-1951, I, p. 42); rispettivamente al 1020 e al 1039 sono documentate le chiese di S. Eustachio (Regesta Amalfitana, 1978-1980, I, p. 120) e di S. Angelo (Codice diplomatico amalfitano, 1917-1951, I, p. 79).Dal punto di vista urbanistico entrambi gli insediamenti, divisi da un profondo vallone percorso dal torrente Reginola, si configuravano come agglomerati formati da un nucleo principale di modesta entità e da borghi sparsi, intervallati da ampie zone a verde, destinate via via ad assottigliarsi con la progressiva saldatura dell'abitato imposta dall'incremento demografico (Gargano, 1987; 1996); cinti da mura lì dove non era possibile sfruttare le naturali difese del terreno, i due centri erano protetti da torri e castelli. Nel comprensorio di R. sorgevano i castelli de Supramonte (documento del 1013; Le pergamene, 1972-1979, I, p. 8), di Montalto e di Fratta. L'ultimo, menzionato nel 1131, alla fine del Duecento risultava collegato all'abitato mediante un muro (Camera, 1876-1881, II, p. 358). Il territorio di Scala era invece difeso dal castrum Scalelle in località Pontone, menzionato nel 1135 (Camera, 1876-1881, II, p. 140), e dal castrum Scale Maioris, ubicato su un monte a N dell'abitato, ricordato per la prima volta nel 1131 (Alessandro di Telese, De' fatti di Ruggiero).La storia di R. e di Scala acquista un suo autonomo spessore, talvolta nei termini di un conflittuale particolarismo, solo all'indomani della conquista normanna, anche per effetto della loro rapida ascesa economica, non compromessa dai rovinosi saccheggi patiti a opera dei Pisani nel 1135 e nel 1137. La dignità vescovile, ottenuta da R. nel 1087 insieme con il privilegio della diretta soggezione alla Santa Sede, e subito dopo da Scala, come risposta del patriziato di Amalfi, del cui arcivescovo essa era suffraganea (Cuozzo, 1987; 1996), rappresenta il segno più vistoso di una loro raggiunta strutturazione cittadina. L'accumulo di risorse finanziarie, assicurato sia dal cospicuo incremento delle attività mercantili, almeno fino alla guerra del Vespro, sia dall'ampio coinvolgimento delle famiglie locali nell'amministrazione finanziaria del regno sotto gli Svevi e i primi sovrani angioini (Kamp, 1996; Leone, Capone, 1996), alimentò un'intensa attività artistica, finalizzata a soddisfare in primo luogo le richieste della Chiesa, ma anche le esigenze di lusso e di autorappresentazione di un ceto aristocratico particolarmente sensibile, per consuetudini di vita, alle raffinatezze del mondo arabo e bizantino. Quel che sopravvive, tra distruzioni e manomissioni, è sufficiente per apprezzare la peculiarità e insieme la sceltezza degli orientamenti artistici in auge nell'intero comprensorio.I caratteri 'latini' dell'architettura campana ispirata al modello cassinese, manifesti nella ripetuta adozione, nel corso dei secc. 11° e 12°, dell'impianto basilicale tripartito da colonne, sovente provvisto di transetto (cattedrali di R. e di Scala, S. Maria a Gradillo e S. Giovanni del Toro a R., S. Eustachio a Pontone, l'Annunziata a Minuto, per ricordare le emergenze più rappresentative), si combinano in feconda sintesi con soluzioni tettoniche (cupola, volte nervate ed estradossate, valichi a sesto acuto su alti piedritti) e modalità decorative (tarsie murarie, archi intrecciati bicromi) ispirate a esperienze diffuse nel bacino del Mediterraneo meridionale e orientale (Bertaux, 1903; Venditti, 1962-1963; 1967; Cadei, 1978; Gandolfo, 1991). Alcuni di questi elementi, mirabilmente adattati alla natura dei luoghi e alle nuove funzioni, costituiscono gli aspetti di maggior significato estetico delle numerose e celebrate dimore del patriziato locale: palazzi Confalone e d'Afflitto a R.; palazzi Sasso, Spina-Campanile, Mansi e la c.d. casa del vescovo a Scala (Venditti, 1962-1963; Russo, 1996). Il capolavoro dell'edilizia civile è rappresentato dalla villa Rufolo a R., innalzata tra il 1270 e il 1280 e concepita, alla maniera araba, come un complesso di varie unità raccordate da un giardino di delizie.La sontuosa bellezza degli arredi preziosi tuttora visibili negli edifici di culto, testimoniata dalle ante di bronzo della cattedrale di R., fuse nel 1179 da Barisano da Trani (v.) su commissione di Sergio Muscettola, e dalla suppellettile plastica intarsiata con vivaci mosaici, talvolta combinati con inserti di ceramica islamica di importazione - ambone a doppia rampa nella cattedrale di R. risalente alla prima metà del sec. 12°; pulpito nella cattedrale di Scala, trasferitovi nel 1597 dalla chiesa di Ognissanti a Campodonico, e pulpito in S. Giovanni del Toro a R., entrambi databili allo scorcio del sec. 12°; pulpito nel duomo di R., donato dalla famiglia Rufolo e firmato nel 1272 da Nicola di Bartolomeo da Foggia (v.), al quale si sarebbe affiancato, nel 1279, ancora per iniziativa della famiglia Rufolo, un monumentale ciborio per l'altare maggiore eseguito da Matteo da Narni -, doveva essere completata da una ricca decorazione pittorica, presumibilmente di impronta bizantineggiante, a giudicare dai brani di affresco superstiti nella cripta dell'Annunziata di Minuto, ripetutamente collegati alle esperienze monrealesi. A officine palermitane del sec. 12° sono stati riferiti gli smalti cloisonnés della mitra nella cattedrale di Scala (Farioli Campanati, 1982), integrati nella prima metà del Trecento con smalti traslucidi prodotti da qualche officina campana, come quelli che ornano un calice, datato al 1332, e una patena nel tesoro della stessa chiesa (Leone de Castris, 1988; Lipinsky, Lipinsky, 1989). Qui si conserva anche un gruppo scultoreo ligneo di eccezionale interesse per qualità e cultura figurativa, raffigurante il Cristo deposto tra la Vergine e s. Giovanni, collegato a esperienze gotiche reimsiane di metà Duecento (Bologna, Causa, 1950).In età angioina, grazie ai rapporti assai intensi tra l'aristocrazia locale e la corte, giunsero dalla capitale manufatti e artisti, portatori di aggiornate istanze culturali (v. Angioini). Dalla cappella fatta costruire nel 1332 dal patrizio Antonio Coppola nella cattedrale di Scala è stato fondatamente supposto che provenga il polittico (coll. privata) con la Dormitio e la Coronatio Virginis di Roberto d'Oderisio (Bologna, 1969), il cui tema è ivi replicato, intorno alla metà del secolo, nel fondale del monumentale sepolcro a baldacchino, costruito forse per lo stesso Antonio Coppola da un seguace dei fratelli Bertini. Realizzato in stucco, verosimilmente per la difficoltà di procacciarsi i marmi necessari per una tale impresa, esso prosegue una tradizione tecnica da tempo sperimentata sia a Scala sia a R., dove, nella cripta di S. Giovanni del Toro, va segnalato almeno il notevole altorilievo raffigurante S. Caterina d'Alessandria, riferibile, nel corso degli anni trenta-quaranta del Trecento, a un fine plasticatore formatosi a Napoli nel clima delle esperienze formali di Tino di Camaino. Assai poco sopravvive degli stabilimenti monastici di architettura gotica fatti costruire dai Francescani e dagli Agostiniani, radicalmente trasformati nei secoli seguenti. Queste opere, integrate con i brani di affreschi di pieno Trecento in S. Giovanni del Toro e con qualche rara scultura nel Mus. del Duomo di R. e in S. Pietro a Campoleone, costituiscono le ultime testimonianze di vitalità culturale delle due città, vittime anch'esse della grave crisi politica sofferta dal regno nella seconda metà del secolo.
Bibl.:
Fonti: Alessandro di Telese, De' fatti di Ruggiero Re di Sicilia, in Cronisti e scrittori sincroni della dominazione normanna nel Regno di Puglia e Sicilia, a cura di G. Del Re, Napoli 1845, p. 140; Codice diplomatico amalfitano, a cura di R. Filangieri di Candida, 2 voll., Napoli-Trani 1917-1951; Le pergamene degli archivi vescovili di Amalfi e Ravello, a cura di J. Mazzoleni, C. Salvati, B. Mazzoleni, 4 voll., Napoli 1972-1979; Regesta Amalfitana. Die älteren Urkunden Amalfis in ihrer Überlieferung, a cura di U. Schwarz, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 58, 1978, pp. 1-136; 59, 1979, pp. 1-157; 60, 1980, pp. 1-156; Il Codice Perris. Cartulario Amalfitano (secc. X-XV), a cura di J. Mazzoleni, R. Orefice, Amalfi 1985.
Letteratura critica. - M. Camera, Memorie storico-diplomatiche dell'antica città e ducato di Amalfi, I-II, Salerno 1876-1881; E. Bertaux, L'art dans l'Italie méridionale, 3 voll., Paris 1903 (19682); F. Bologna, R. Causa, Sculture lignee della Campania, cat., Napoli 1950, pp. 53-55; A. Venditti, Scala e i suoi borghi, NN, n.s., 2, 1962, pp. 128-140, 163-176, 214-226; 3, 1963, pp. 9-15; id., Architettura bizantina nell'Italia meridionale, Napoli 1967, p. 626ss.; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969, p. 258ss.; A. Carotti, in L'art dans l'Italie méridionale. Aggiornamento dell'opera di Emile Bertaux, Roma 1978, V, pp. 751-768; A. Cadei, ivi, pp. 769-784; R. Farioli Campanati, La cultura artistica nelle regioni bizantine d'Italia dal VI all'XI secolo, in I Bizantini in Italia (Antica Madre, 5), Milano 1982, pp. 137-426: 423; D. Manacorda, Amalfi: urne romane e commerci medioevali, in ΑΠΑΡΧΑΙ. Nuove ricerche e studi sulla Magna Grecia e la Sicilia antica in onore di Paolo Enrico Arias, Pisa 1982, II, pp. 713-752; F. Aceto, Sculture in costiera di Amalfi nei secoli VIII-X: prospettive di ricerca, Rassegna storica salernitana, n.s., 1-2, 1984, pp. 49-59; E. Cuozzo, La nascita della diocesi di Ravello (a. 1086): un episodio della ristrutturazione diocesana nel Mezzogiorno dell'XI secolo, "Atti della Giornata di studio per il IX centenario della fondazione della diocesi di Ravello, Ravello 1986", Ravello 1987, pp. 45-52; G. Gargano, Ravello medievale: aspetti di topografia e storia urbanistica, ivi, pp. 99-143; P. Leone de Castris, Oreficerie e smalti primo-trecenteschi nella Napoli angioina: evidenze documentarie e materiali, Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia, s. III, 18, 1988, pp. 115-136: 132; A. Lipinsky, L. Lipinsky, Il tesoro sacro della costiera amalfitana, Amalfi 1989, pp. 160, 163; E. Russo, Un capitello costantinopolitano a Ravello, in "Quaeritur inventus colitur". Miscellanea in onore di padre Umberto M. Fasola, Roma 1989, II, pp. 671-695; F. Gandolfo, Ravello, Milano 1991; N. Kamp, Ascesa, funzione e fortuna dei funzionari scalesi nel Regno meridionale del secolo XIII, in Scala nel Medioevo, "Atti del Convegno di studi, Scala 1995", Amalfi 1996, pp. 33-60; A. Leone, G. Capone, La colonia scalese di Napoli dal XIII al XV secolo, ivi, pp. 61-75; E. Cuozzo, Alle origini della diocesi di Scala, ivi, pp. 77-84; G. Gargano, I primi tempi della civitas Scalensium e la formazione del patriziato locale, ivi, pp. 91-122; M. Russo, La permanenza del patrimonio edilizio residenziale medioevale di Pontone, ivi, pp. 199-229.F. Aceto