RAZZISMO
. Neologismo (dal francese racisme, da race), attestato in Italia fin dal 1935, diffuso dal 1938 in poi, per indicare: a) le dottrine che pongono a fondamento della storia politica, sociale, culturale, religiosa, intellettuale, ecc. l'esistenza di "razze superiori" e "inferiori" per natura, attribuendo alle prime le virtù guerriere, di capacità di comando, di creatività, inventività, ecc., alle seconde - le virtù esecutive e subalterne e, quando non siano tenute a freno, istinti disgregatori, critici, dissolutori, ecc.; b) le attività politiche che innormandosi a tali dottrine, allo scopo di promuovere la "purezza" e il miglioramento biologico e spirituale delle razze superiori, attribuiscono a queste il predominio politico e sociale attraverso varî sistemi di privilegi e di obblighi, intesi a respingere allo stato di sudditanza la razza o le razze inferiori. Il neologismo è sorto in Francia e in Italia in conseguenza della combinanazione di tali teorie e di tali pratiche e attività politiche in un sistema completo e conchiuso (consapevolmente e deliberatamente tendente a una penetrazione "totale" prima in Germania e poi in Europa e infine - secondo i programmi - nel mondo), verificatosi in Germania con la conquista del potere da parte del nazionalsocialismo. Tale carattere totalitario della Rassenlehre tedesca, che investì anche il campo religioso (tanto con l'eccezionale accettazione di essa da parte di qualche gruppo cristiano, quanto con formazioni neopagane rinnovanti miti e riti germanici), e il carattere totalitario della sua applicazione e attuazione da parte degli organi di uno stato sovrano e indipendente, in tutte le sfere della vita sociale, dall'economia alla religione, mediante una legislazione e un'apposita giurisprudenza per tutta l'estensione dello stato e per i territorî da esso dipendenti, sono fenomeno nuovo e peculiare (proprio per la deliberata consapevolezza, sistematicità e consequenzialità), che si è verificato in Germania dal 1933 al 1945; e che è stato esteso, di fatto con minore consequenzialità e decisione nell'esecuzione (specie per la resistenza opposta dalla Chiesa e dal popolo alle misure governative), ma con identica tendenza di principio, anche in Italia, dal 1938 al 1943 (1945 per la "repubblica sociale fascista"), per l'influenza tedesca e nazionalsocialista sul governo fascista, e con particolare intensità durante l'occupazione tedesca. In Germania è consistito nella elevazione della dottrina della razza superiore e pura per natura a principio fondamentale e costruttivo dello stato e della sua intima sostanza, intendendosi per razza superiore e pura la razza "ariana" o "indoeuropea", creatrice della civiltà europea nonostante le insidie del cristianesimo, conquistatrice del mondo, scopritrice di nuovi continenti nel passato, ecc., ora considerata presente allo stato puro soprattutto in Germania e nei paesi nordici (H. S. Chamberlain). In Italia è consistito nella ripetizione delle dottrine e nell'imitazione della legislazione tedesca, mediante la teorizzazione di una "arianità" della "razza italiana" o delle "razze italiane". Tale legislazione e teorizzazione hanno avuto in Italia ancor più che in Germania accentuazione ed efficacia pratica prevalentemente antisemita. Perciò "razzismo", oltre che dottrina dei fautori del riconoscimento dell'egemonia tedesca (ariana, germanica) anche dal punto di vista etnologico, biologico (del "sangue"), ha avuto in lingua italiana significato prevalente come sinonimo di "antisemitismo" (v.; e v. ebrei, in questa App.); in senso più ristretto si intese per razzismo soltanto la "politica della razza", cioè l'applicazione o l'imitazione in Italia della legislazione antisemitica tedesca. A volte il termine è stato esteso all'introduzione o reintroduzione nelle colonie o nei paesi di recente conquista (Etiopia) del sistema inglese di discriminazione nei riguardi delle popolazioni di colore. In Germania la Rassenlehre aveva avuto una vasta elaborazione anche come strumento di propaganda ideologica, come estensione del nazionalismo, a scopo di conquista (rivendicazione di diritti di gruppi razzialmente o etnicamente affini; rivendicazione del diritto di governare da sovrani a sudditi su popolazioni di razza inferiore, come in Polonia e Cecoslovacchia, e nelle parti occupate dell'URSS, ecc.); in questo senso si era avviato in Germania anche un movimento giusnaturalistico fondato sull'elemento razza, destinato a fornire la teorizzazione filosofico-giuridica delle conquiste attuate e progettate e dell'assoggettamento delle varie popolazioni. Questo fenomeno corrisponde alla teorizzazione giuridico-politica degli "spazî vitali" e alle dottrine politico-militari e politico-economiche dette geopolitica; di modo che le dottrine razziste in Germania si restringono all'antisemitismo soltanto quanto alla politica interna e ad alcuni aspetti più appariscenti di quella estera (acquiescenza di alleati deboli o di paesi vinti, come Italia e Francia, all'estensione dell'attività antisemitica), mentre in campo internazionale si presentano come ideologia adatta, per la sua estendibilità, alla guerra di conquista imperialistica e di predominio su scala mondiale, assumendo allo stesso tempo un carattere pseudorivoluzionario, per la rottura che i principî del razzismo rappresentano con la tradizione cristiana (precetto dell'amore fraterno tra tutti gli uomini, eguaglianza nel seno della Chiesa di tutti i battezzati) e con quella democratico-liberale (fraternità ed eguaglianza di diritti di tutti gli uomini a prescindere da colore, lingua, confessione religiosa), né meno in contrasto sono con la dottrina comunista (fraternità ed uguaglianza di diritto e di fatto mediante la proprietà collettiva dei mezzi di produzione, a prescindere da colore, lingua, confessione religiosa).
La dottrina e la pratica del razzismo sono dunque propriamente un fenomeno essenziale della politica nazionalsocialista e tedesca degli ultimi decennî e nello studiarla va tenuto conto, oltre che del rapporto interno, del rapporto internazionale. Mentre le leggi razziste tedesche del 1933 erano fondate sull'idea dell'unità della razza ariana incarnata nel popolo tedesco, le leggi di Norimberga del 1935 sono fondate sull'idea che un popolo è costituito di una certa mescolanza di razze (le superiori in prevalenza nei popoli destinati al predominio); il frutto della mescolanza è il "sangue" di un popolo (ed è questo che va tutelato, favorito, privilegiato, educato, ecc.); nel sangue tedesco la proporzione ariana è altissima. Anche altri popoli possono avere mescolanze affini a quella tedesca, salvo differenze di proporzione, che fanno la maggiore o minore inferiorità degli altri popoli; alcuni sono di sangue affine a quello tedesco (e il loro sangue si può congiungere con quello tedesco); altri sono eterogenei (sangue ebraico, sangue slavo, sangue negro) e se si congiungessero a quello tedesco lo degraderebbero (data la ereditarietà e la intrasformabilità naturale ed eterna degli elementi originarî, gene, cromosoma, ecc., come determinate dalla biologia; il sangue non è un elemento storico, educabile, ma un elemento naturale, del quale si deve tutelare o restaurare, mediante sistemi di allevamento razionale, la purezza). In conseguenza di ciò le leggi del 1935 distinsero fra cittadinanza, riservata al sangue tedesco ed eventualmente ai sangui affini, e sudditanza, riservata ai sangui inferiori; e interdissero non solo i matrimoni ma anche i rapporti sessuali fra Tedeschi ed Ebrei, ecc.; e furono variamente estese, sempre in questo senso, nei paesi via via occupati dalla Germania, dal 1939 in poi. Tali leggi, e più ancora i principî informatori di esse, sostituirono - con la loro mescolanza di sentimento di superiorità nazionalistica e la "scientificità" positivistica richiamantesi alla biologia e alla storia; con l'elasticità della determinazione dei popoli affini e non affini, superiori e inferiori, e dei gruppi affini e non affini all'interno dei varî popoli conquistati (appello a separatismi regionali, a caste, a gruppi politici o di interessi, ecc.), finché durò il predominio militare tedesco - gli antichi sistemi di egemonia, non sfruttandone sufficientemente tutti gli elementi utili.
Questo razzismo in senso proprio e storicamente specificato, ha varî precedenti dottrinali: teoria della razza ariana (incarnata dagli Anglosassoni) di J. A. Gobineau; teoria della razza ariana (incarnata nei Tedeschi) di H. S. Chamberlain; teorie delle razze nordiche come razze pure; teorie del movimento anglosassone: tutte fondate su una mescolanza fra le idee elaborate dalla pubblicistica romantica e conservatrice-reazionaria francese (specie Aug. Thierry) intorno al 1848 e negli anni seguenti (riprendendo teorie storiografiche sui popoli conquistati e sui popoli conquistatori e sui loro diritti entro gli stati, teorie che risalgono al Boulainvilliers), e le dottrine positivistiche della lotta per l'esistenza, della selezione naturale delle razze o specie più forti, della ereditarietà dei caratteri biologici fondamentali, ecc.; prescindiamo qui dai richiami alle dottrine di Aristotele, contrario ai matrimonî fra barbari ed elleni, e alle varie conseguenze delle religioni etniche. Quanto alla pratica, il razzismo ha assimilato i varî precedenti di discriminazione sulla base del colore, della razza, della lingua, della religione, ecc. conosciuti o dalla storia antica (assoggettamento a schiavitù dei popoli vinti) o dalle invasioni barbariche (legislazioni romano-barbariche) o dalle conquiste coloniali; e specialmente i procedimenti di discriminazione usati sulla base della superiorità, e del compito dell'uomo bianco nella sfera anglosassone, e particolarmente negli Stati Uniti d'America. Questi procedimenti di discriminazione rivolti contro le popolazioni di colore, cioè non europee, abitanti dell'India, delle regioni asiatiche, Mongoli, Cinesi, Giapponesi, Indonesiani, Africani, cioè negri delle varie razze, contro gli Indiani pellirosse, contro le popolazioni miste dell'America del Nord e dell'America del sud, e spesso anche contro altre popolazioni, europee, ma fornitrici di emigrazione povera (Italiani, Polacchi, ecc.), vanno da forme semplici e immediate di constatazione di differenziazione fino alle vere e proprie norme legislative di alcuni stati dell'America del Nord (per esempio la proibizione per il bianco di usare passaggi, ecc. riservati a negri, oltre che per il negro di mescolarsi ai bianchi), alla "barriera di colore" nell'Africa del Sud (Rhodesia, ecc.), a varî modi di ostacolare il progredire e l'elevazione delle popolazioni discriminate anche quando sia data larga possibilità di ascesa sociale al singolo che accetti la discriminazione stessa, come avviene negli S. U. Tali procedimenti si presentano come conseguenza e residuo dell'opera delle grandi conquiste coloniali, come difesa del popolo "superiore" contro il popolo "inferiore" colorato, più numeroso, più disposto a sacrifici, ecc. nelle competizioni economiche (discriminazione nel campo del lavoro; interdizione ai negri di esercitare attività specializzate, dalla fabbrica a tutta l'attività civile, in Rhodesia; esclusione dei negri da certi sindacati, negli Stati Uniti; discriminazione degli Indiani immigrati nel Sudafrica; dei Giapponesi cittadini americani anche da qualche generazione - Nisei - nella costa pacifica degli Stati Uniti). Le forme e i casi di tali discriminazioni, e le teorie che li giustificano sono estremamente numerose ed estremamente differenziate, come anche le forme e i casi delle loro codificazioni e del modo di mantenere, anche quando siano proibite dalla legislazione, le discriminazioni stesse: segregazione obbligatoria, sistemi di privilegi nel collocamento, proibizione di accedere a scuole superiori, linciaggio, ecc. Il movimento di emancipazione (come lotta per l'indipendenza e contro lo straniero conquistatore; o come lotta per l'effettiva eguaglianza civile) è forte soprattutto in Cina, nel mondo negro (Africa, Stati Uniti), in Malesia e in Indonesia. Le opposizioni e le difficoltà ch'esso incontra sono: l'elemento istintivo irrazionale, quello economico e l'effettiva inferiorità culturale nel momento presente di molti popoli di colore. Il problema del superamento di tali ostacoli è soprattutto un problema di educazione per tutti: alla cui soluzione contribuisce, con l'azione delle chiese, qualsiasi dottrina che miri effettivamente all'uguaglianza politica, spirituale ed economica tra gli uomini.
Bibl.: Per argomenti speciali, o riguardanti determinati paesi, v. le singole voci. Critica al razzismo: G. Schmidt, Razza e nazione, Brescia 1938; posizione tedesca: J. Evola, Il mito del sangue, Milano 1937; inoltre: L. Dei Sabelli, Nazioni e minoranze etniche, I, Bologna s. d.; E. Vermeil, Le racisme allemand, Parigi 1939; M. Bendiscioli, Neopaganesimo razzista, 3ª ed., Brescia 1945; L. Barnes, The New Boer War, Londra 1932; id., Future of Colonies, ivi 1936; id., Soviet Light in the Colonies, New York 1944; J. Bryce, The relations of the advanced and the backward Races of Mankind, Oxford 1902; H. Kohn, Orient and Occident, New York 1934; J. Stalin, Il marxismo e la questione nazionale e coloniale, Torino 1948; W. E. B. Dubois, The Negro, New York 1915; E. S. Bates, Soviet Asia, Londra 1942.