ANSPRANDO, re dei Longobardi
Nato nel 660 o nel 661, "vir sapiens et inlustris" (Pauli Historia, p. 219), A. è uno di quei personaggi della storia longobarda di cui è possibile valutare la grande importanza e la nobiltà del caratere, ma impossibile invece cogliere nelle singole fasi il corso delle vicende biografiche. Nel 700 moriva a Pavia il re Cuniperto, lasciando il regno al figlio minorenne Liutperto. Il giovane re ("infantulus", secondo Paolo Diacono) rimase sotto la tutela di A., mentre si risvegliavano, nell'Italia settentrionale, i vecchi antagonismi tra i principi longobardi. Il duca di Torino Raginperto attaccò il regno, batté A. e il duca di Bergamo Rotari presso Novara, ma morì prima di mettere a frutto la sua vittoria. Nel 701 suo figlio Ariperto II, dopo aver vinto a Pavia le forze di nuovo coalizzatesi degli avversari, riuscì a far prigioniero Liutperto, e A. dovette rifugiarsi nell'Isola Comacina. poi, attraverso la Valtellina ed i Grigioni, si portò in Baviera, dove fu accolto dal duca Teutperto. Rotari fu ucciso a Torino dopo essersi proclamato re dei Longobardi; Liutperto fu assassinato dal vincitore Ariperto, il quale infuriò con particolare crudeltà contro la famiglia di A.: il figlio di questo, Sigiprando, fu accecato, la moglie Teuderada e la figlia Aurona furono sfigurate, mentre l'altro figlio, Liutprando - più tardi re dei Longobardi -, potè: raggiungere il padre in Baviera, rilasciato da Ariperto come persona di scarsa importanza ("despicabilis persona").
È significativo il fatto che Ariperto, pur essendo riuscito ad eliminare il ramo primogenito della dinastia "bavarese", considerò sempre A. come suo avversario principale nella lotta per la conquista ed il mantenimento del trono. La personalità di A. era tale da superare le questioni di legittimità, e la sua esperienza, spesso ricordata, e per la quale gli era stata affidata la tutela del giovane Liutperto, gli dette di nuovo accesso al regno, quando il suo protettore Teutperto decise, non prima del 712, di mettere a sua disposizione un esercito perché potesse tornare in Italia. Pare che Ariperto, pur avendo a disposizione ancora un forte esercito, abbia evitato una battaglia risolutiva. Certo è che, fuggendo da Pavia con i suoi tesori, affogò nel Ticino, e A. riuscì a impadronirsi del potere senza aver affrontato il rischio di uno scontro diretto. Il fratello ed il figlio maggiore di Ariperto si rifugiarono in Francia, e non si parlò più di restaurare la dinastia a cui spettava il diritto di successione.
Il regno di A. non durò più di tre mesi (le fonti che gli attribuiscono tre anni di governo non meritano alcuna fede). Ma tanta era la sua autorità che in quello stesso 712 venne eletto re, senza alcuna opposizione, suo figlio Liutprando. A. morì, secondo l'epitaffìo, all'età di cinquantuno anni. Fu sepolto in Pavia, nella cappella di Adriano martire, fondata da lui stesso. L'epitaffio dedicatogli si diffonde nelle più alte lodi, confermando il giudizio di Paolo Diacono che vide in lui un'intelligenza politica più che ordinaria ("vir per omnia egregius et cuius sapientiae rari aequandi sunt", p. 219).
Fonti e Bibl.: Pauli Historia Langobardorum, in Monumenta Gem. historica in usum scholarum, Hannoverae 1878, pp. 219-228; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, II, 2, Gotha 1903, pp. 127-125; F. Hodgkin, Italy and her Invaders, VI, Oxford 1916, pp. 320-325; G. Romano-A. Solmi, Le dominazioni barbariche in Italia, Milano 1940, pp. 378 s.; G. P. Bognetti, S. Maria foris Portas di Castelseprio..., Milano 1948, pp. 213, 315.