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ASTOLFO, re dei Longobardi

di Augusto Lizier - Enciclopedia Italiana (1930)
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ASTOLFO, re dei Longobardi

Augusto Lizier

L'anno 749 successe nel trono al fratello Rachi, il quale, stretto fra le necessità di una lotta a fondo con i Bizantini, reclamata da quello che si potrebbe chiamare il partito nazionale dei Longobardi, e la resistenza dei papi, che si opponevano a ogni tentativo di estensione del dominio longobardo nell'Italia centrale e in Roma, aveva deposto la corona. Ma Astolfo doveva il trono a quei Longobardi che erano fautori di una risoluta politica antigreca; e pertanto, ripresa tosto la lotta abbandonata da Rachi, fece invadere le terre dell'Esarcato, occupò Comacchio e Ferrara e in pochi mesi si rese padrone anche di Ravenna, che restò definitivamente perduta per i Bizantini (prima del luglio 751). Di qui egli poté stringere più da vicino il Ducato romano e Roma stessa, dove è probabile anche avesse un partito a lui favorevole. Ma alle sue mire contrastò energicamente il papa Stefano II, il quale tuttavia, non bastando da sé, né potendo contare sull'aiuto degl'imperatori di Costantinopoli, tentò di stornare l'imminente minaccia stringendo con Astolfo una pace di quarant'anni. Non erano, però, ancora passati quattro mesi che il re longobardo, sia che non si curasse dei patti stipulati, sia che credesse di poter esercitare, pur restando nei patti, i diritti dell'esarca, di cui egli doveva considerarsi, per il possesso di Ravenna, successore ed erede, esigeva dai Romani il gravoso tributo annuo d'un soldo d'oro per abitante. Invano il papa cercava di trattare. Astolfo respinse i suoi messi e, sempre più risoluto, negò ai Bizantini e al papa stesso, che per loro mandato si era recato mediatore a Pavia, ogni restituzione di terre occupate. Ma già il papa si era messo in rapporto col re dei Franchi, Pipino, che era stato insignito del titolo e della dignità di patrizio e creato cosi protettore e difensore dei diritti della Chiesa romana. Pipino, sollecitato di persona dal papa, dopo qualche infruttuosa trattativa, mosse in armi contro Astolfo (754). Il re longobardo, vinto ai passi delle Alpi e a Pavia, dovette accettare una pace per cui s'impegnava a restituire al papa, come se questi ne avesse avuto un originario diritto di signoria, le terre tolte ai Bizantini. Ma, ritornato Pipino seguente, con un grosso esercito venne a stringere Roma d'assedio. Il pronto ritorno di Pipino lo forzò a correre alla difesa del regno; vinto una seconda volta, fu costretto ad una pace più gravosa e a cedere effettivamente al papa le terre occupate, invano nuovamente reclamate dai Bizantini.

Così la risoluta, ma non prudente politica di Astolfo indeboliva i Longobardi, che vedevano accresciuto il potere del papa, ora divenuto possessore di un dominio territoriale, rafforzati i suoi legami con i Franchi, creato a questi ultimi un facile pretesto di intervento in Italia. Astolfo sopravvisse di poco alla sconfitta; morì infatti nel 756. La sua attività non fu tuttavia puramente militare: abbiamo pure notizia di certa sua attività legislativa e di alcuni provvedimenti, per i quali il servizio militare e l'armamento venivano regolati in relazione ai possessi. Si ha altresì ricordo di ricche sue donazioni alla Chiesa, che rivelano, forse più che la pietà religiosa, lo sforzo di amicarsi gli ecclesiastici.

Bibl.: L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, II, ii, Gotha 1903; G. Romano, Le dominazioni barbariche in Italia, Milano [1910]; per questioni particolari v. E. Knaake, Aistulf König der Langobarden, Tilsit 1880; Del Giudice, Sulle aggiunte di Rachis e di Astolfo all'Editto longobardo, in Rendiconti dell'Ist. Lomb., s. 2ª, XXXV (1902); A. Crivellucci, Storia delle relazioni fra lo Stato e la Chiesa, III: Le origini dello Stato della Chiesa, Pisa 1909, cap. v.

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