Tolomeo, re di Egitto
In due passi danteschi (Mn Il VIII 9 e Pd VI 69) è menzionato T. XII (o XIII; l'incertezza di numerazione subentra nella dinastia dei Lagidi dopo T. VI Filometore), figlio di T. XI (o XII) Aulete (80-51 a.C.), che alla morte del padre, per disposizione testamentaria, salì al trono a soli dieci anni o poco più, assieme alla diciassettenne sorella-moglie Cleopatra VII.
Data la sua età puerile, fu sostituito nel governo da svariati tutori - in particolare dall'istitutore Potino e dal generale della guardia del corpo, Achilla - in un periodo reso difficile dalla carestia e dalle rivolte interne che imperversavano in Egitto.
Nel 48 a.C., T. si lasciò indurre da parenti e da amici a cacciare da Alessandria la sorella Cleopatra, sospettata di volerlo spodestare per la maggiore età (cfr. Cesare Bell. Civ. III CIII 2; Livio Per. CXI; Plutarco Caes. 48). Accampatosi con i suoi sostenitori su di un'altura presso Pelusio, il principe fu qui raggiunto dai messi di Pompeo che, in fuga dalla Grecia dopo la sconfitta di Farsàlo, veniva a chiedergli protezione in nome dell'amicizia da cui era stato legato al padre, Tolomeo Aulete (Cesare Bell. civ. III CIII 3). Pompeo fu proditoriamente ucciso da Achilla e dal tribuno dei soldati Settimio (Cesare, ibid. CIV 3; Livio Per. CXII; Valerio Massimo I VIII 9). Soltanto secondo Orosio (Hist. VI XV 28) la responsabilità dell'uccisione fu dello stesso T., che l'avrebbe fatto per compiacere Cesare: " iussu Ptolomaei adulescentis in gratiam Caesaris occisus est ".
T. sopravvisse di poco all'assassinio di Pompeo; infatti Cesare, giunto in Egitto all'inizio del 47 a.C., dopo un inutile tentativo di riconciliare i fratelli (Bell, civ. III CVII 2, CIX 1), espugnò l'accampamento di T., il quale naufragò nel Nilo mentre tentava di fuggire (Bell. Alex. XXXI 6; Livio Per. CXII; Floro II 13 [= IV 2] 60).
La parte della vicenda successiva alla morte di Pompeo si legge in Bell. Alex. XXIII-XXXIII e in Orosio Hist. VI XV 18, XVI 2.
Alla proditoria uccisione di Pompeo si fa riferimento in Mn II VIII 9 dove sono riportati i primi tre versi dell'invettiva scagliata da Lucano contro T. (Phars. VIII 692-704) per aver egli lasciato insepolto il corpo del grande generale romano. Senonché il vero scopo della citazione è l'accenno al sepolcro di Alessandro Magno in Alessandria d'Egitto (v. ALESSANDRO) e quindi il riferimento a T. e all'episodio cruento cui alludono i versi lucanei è solo incidentale: De cuius [Alexandri] etiam sepultura ibidem existente Lucanus in octavo, invehens in Ptolomaeum regem Aegipti, testimonium reddit dicens: " Ultima Lageae stirpis perituraque proles / degener, incestae sceptris censure sororis, / cum tibi sacrato Macedo servetur in antro ".
L'inesattezza secondo cui questo T. sarebbe stato l'ultimo della stirpe dei Lagidi - giustificabile in Lucano che subordina la precisione storica alle esigenze dell'enfasi poetica - fu raccolta da Orosio (Hist. VI XVI 2), il quale ignora l'esistenza dell'altro fratello, anch'esso di nome Tolomeo (XIII o XIV), che regnò assieme a Cleopatra VII dal 47 al 44 (cfr. Svetonio Iul. Caes. XXXV), e riferendosi al T. naufragato nel Nilo afferma che alla morte di questo Cesare diede il regno a Cleopatra, la quale in realtà fu regina di Egitto senza coreggente soltanto dal 43 a. Cristo.
Alla rimozione dal trono egiziano del T. associato nel governo a Cleopatra dal 51 al 47 a.C. allude ancora. D. in Pd VI 69 e mal per Tolomeo poscia si scosse, riferendosi all'aquila romana che in mano a Cesare riprese il volo dall'Egitto per proseguire verso la Mauritania (v. 70 Da indi scese folgorando a luba), che fu teatro della vittoria cesariana di Tapso nel 46 a. Cristo.