LEONIDA (Λεωνίδας o Λεωνίδης, Leonĭdas), re di Sparta
Della famiglia degli Agiadi. Il padre di L., Anassandrida, morendo circa il 520 a. C. lasciò, oltre il figlio primogenito Cleomene I che gli successe nel regno, tre figli d'altro letto, Dorieo, L. e Cleombroto. Quando Cleomene, dopo una vita assai avventurosa, venne a morte qualche anno dopo il 490, la versione ufficiale fu che egli n'era ucciso in un accesso di follia. I critici sospettano non senza ragione che fosse tolto di mezzo dai suoi avversarî politici capeggiati dagli efori. Che tra questi avversarî fossero i suoi fratellastri, non è improbabile; ma che Leonida abbia avuto parte alla sua morte è sospetto ozioso e infondato. Comunque, essendo Dorieo premorto al fratellastro, secondo gli usi spartani fu chiamato a succedere a Cleomene non Eurianatte, figlio di Dorieo, che non era figlio di re, ma l'altro fratello Leonida, il quale sposò Gorgo, l'unica figlia lasciata da Cleomene, nota per l'aneddoto del monito che avrebbe rivolto al padre di non lasciarsi "corrompere" quando Aristagora di Mileto si sforzava d'indurlo alla guerra con la Persia. Di L. noi non conosciamo che la sua difesa delle Termopile contro Serse e la sua morte gloriosa (480). Altrove sarà detto di questa battaglia (v. termopile). Qui basterà notare che L. fu mandato a difendere il passo con 300 Spartiati e un piccolo esercito alleato, nell'attesa che ve lo raggiungesse il grosso delle forze greche. Ma questo piano non poté svolgersi perché Serse forzò nel terzo giorno il passo. Riuscì a forzarlo così rapidamente perché, ammassando il più e il meglio delle sue truppe nel passo principale per respingere gli attacchi frontali del nemico, L. non aveva coperto i passi laterali che con pochi e malfidi distaccamenti. Mentre l'esercito greco si sbandò, appena l'aggiramento si fu delineato, L. rimase con i suoi trecento e incontrò la morte. Il fatto, celebrato unanimemente dalla tradizione antica a cominciare da Simonide, fu giudicato in modo vario dalla critica recente. Gli uni ritennero che L. perì perché non fece in tempo a salvarsi, gli altri che cercò di coprire la ritirata del grosso dell'esercito, altri infine che si sacrificò inutilmente. Queste valutazioni sembrano tutte errate; pare infatti che L. avrebbe potuto assai bene salvarsi col resto dell'esercito se avesse voluto; d'altronde non pare che vi fosse ripiegamento ma fuga disordinata, effetto del panico scoppiato non appena si avvistarono le colonne aggiranti. L. rimase non per proteggere un ordinato ripiegamento che non vi fu, ma per non partecipare a una fuga vergognosa; e il suo sacrifizio fu tutt'altro che vano, perché lo stuolo che con lui "morendo si sottrasse da morte" tenne alto con l'esempio il morale dei Greci, su cui la fuga degli altri non poteva non avere effetto deprimente. L. morendo lasciò un figlio minorenne Plistarco che gli succedette sotto la tutela del fratello Cleombroto, poi (Eurianatte dovendo essere premorto a Cleombroto) sotto quella del figlio di Cleombroto Pausania, il vincitore di Platea, che la tenne fino alla morte.
Bibl.: Per le questioni genealogiche e cronologiche, J. Beloch, Griech. Geschichte, 2ª ed., I, ii, Strasburgo 1913, p. 173 segg. Per il resto, oltre tutte le maggiori storie greche, v. G. Giannelli, La spedizione di Serse, Milano s. d. (ma 1924), p. 7 segg.; L. F. Harmening, in J. Kromayer, Antike Schlachtfelder, IV, i, Berlino 1924, p. 21 segg.; G. De Sanctis, in Rivista di filol., n. s., III (1925), p. 122 segg.; v. anche termopile.