reale (regale)
L'aggettivo ricorre tre volte nel Convivio e quattro nella Commedia. Può designare semplicemente ciò che " è di re ": Cv IV V 12 poi che [Roma] da la reale tutoria fu emancipata; Pd XIII 104 regal prudenza è quel vedere impari / in che lo stral di mia intenzion percuote (ossia, come risulta dal contesto, una prudenza " conveniente a re ", non ad altri).
Ma più spesso è implicita nell'aggettivo l'idea di altezza e dignità, propria della carica regale (ciò che " è ‛ da ' re "): Cv III XIV 8 Platone... la reale dignitade mise a non calere, che figlio di re fue; IV XI 14 E c[u]i non è ancora [ne]l cuore Alessandro per li suoi reali benefici? In If XVIII 85 quanto aspetto reale ancor ritene!, l'aggettivo crea un fortissimo contrasto con la viltà del peccato per cui il personaggio, il seduttore Giasone, è condannato, e col degradante ambiente infernale che lo circonda.
In senso figurato: lo real manto di tutti i volumi / del mondo (Pd XXIII 112) è il nono cielo o Primo Mobile che, quasi mantello regale, avvolge tutti gli altri cieli rotanti (altri, meno attendibilmente, intesero l'Empireo). In Pg V 122 lo fiume real è l'Arno: " Chiamano li poeti fiumi reali quelli che fanno capo in mare, come fa l'Arno; altri no " (Buti); per esempi contemporanei cfr. Barbi, Problemi I 247.