realismo
realismo nell’ambito della matematica, concezione secondo la quale gli oggetti della matematica hanno una realtà propria, indipendente dal soggetto che li studia. Già per gli antichi greci i numeri e le idealizzazioni della geometria sono idee innate, precedenti l’esperienza e quindi da essa indipendenti. In questo senso, il realismo è un atteggiamento filosofico affine al → platonismo matematico, ma esso può assumere anche altre vesti. Il platonismo è infatti irriducibilmente dualista, dal momento che colloca le idee (e quindi anche i concetti matematici) in un mondo iperuranio soprannaturale, eterno e immutabile. Un’altra forma di realismo è invece il realismo gnoseologico, che si può far risalire al filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804), secondo cui gli oggetti matematici, quali i numeri e gli insiemi, hanno sì un carattere reale che deriva anche dall’esperienza sensibile, ma basano la loro validità su giudizi sintetici a priori, dotati delle caratteristiche di universalità e necessità, che risiedono nell’intelletto umano. A questo tipo di realismo possono collegarsi le tesi sostenute dal linguista statunitense George Lakoff (1941) e dallo psicologo di origini cilene Rafael E. Núñez nel libro Where mathematics comes from. How the embodied mind brings mathematics into being (2000, Da dove viene la matematica. Come la mente embodied dà origine alla matematica). In esso i due autori, anche sulla base dei risultati delle scienze cognitive e delle neuroscienze, affermano che la mente embodied, cioè incorporata, radicata nel corpo, elabora le esperienze sensoriali ed emotive e fa emergere e isola le idee matematiche, attraverso un processo adattativo e graduale che utilizza meccanismi cognitivi, tra i quali ha un ruolo importante la metafora concettuale.
Nella storia della matematica, della logica e delle riflessioni filosofiche al riguardo, sono state elaborate numerose varianti di realismo. Si parla così di realismo metafisico per indicare la posizione, sostenuta negli anni Settanta dello scorso secolo dal logico statunitense S. Kripke e dal filosofo statunitense H. Putnam, secondo cui il mondo consiste in una totalità determinata di oggetti in relazioni determinate, c’è una e una sola descrizione vera del mondo e la verità consiste in qualche forma di corrispondenza. Fa parte del realismo metafisico la difesa incondizionata del principio del → terzo escluso, che invece l’→ intuizionismo ha voluto espellere dalle proposizioni matematiche riguardanti insiemi infiniti.
Il realismo di tipo platonico e quello di tipo gnoseologico, entrambi atteggiamenti tipici del “matematico al lavoro” che vede la forza cogente degli oggetti su cui sta indagando e su cui formula le sue ipotesi, conducono a posizioni divergenti su quanto ancora in matematica non è stato dimostrato o sulle proposizioni indecidibili (→ indecidibilità). Per gli uni, per esempio, l’ipotesi del → continuo può avere un valore di verità che, nell’ambito della teoria degli insiemi attualmente accettata (zfc, in → Zermelo-Fraenkel, teoria di), è per noi non ancora conosciuto o inconoscibile; per gli altri, possono esserci universi in cui essa è vera e universi in cui è falsa.
In ogni caso, il realismo si contrappone al nominalismo, secondo cui i concetti generali (o universali) non esistono come realtà anteriori o indipendenti né nelle cose né fuori delle cose e la forma con cui si presentano alla mente umana è quella del nome. I concetti generali non sono altro che segni, i quali godono della proprietà di poter essere predicati di più individui concreti; tipica del nominalismo è quindi l’assunzione ontologica secondo cui propriamente reali sono soltanto gli individui o le entità particolari. Il dibattito tra realisti e nominalisti generò nel medioevo una vera e propria disputa (la disputa sugli universali) che fece emergere numerose posizioni intermedie.