RECLUTAMENTO (fr. recrutement; sp. reclutamiento; ted. Rekrutierung; ingl. recruitment)
È l'operazione mediante la quale si forniscono gli uomini alle forze armate; se ne determinano gli obblighi di servizio; si ripartiscono fra le armi, le specialità ed i servizî. Il reclutamento ha capitale importanza, non solo perché si riflette direttamente sugli organismi militari, ma anche perché tocca numerosi e svariati interessi dei cittadini. Le leggi sul reclutamento sono, perciò, oggetto di studio da parte dell'uomo di stato, non meno che dell'uomo di guerra.
I principali sistemi di reclutamento sono: il volontariato, per il quale lo stato si vale di uomini vincolatisi spontaneamente al servizio militare; la leva o coscrizione, per la quale lo stato si vale, nella misura del bisogno, di tutti gli uomini validi.
Per quanto concerne le forze armate terrestri, il volontariato determina eserciti costosi, di proporzioni limitate, a lunghe ferme, provvisti di scarse riserve. È adottato: dalla totalità degli stati, per le truppe coloniali; da alcuni stati in particolari condizioni politiche, geografiche, economiche (Inghilterra, Stati Uniti d'America, ecc.); dagli stati vinti nella guerra mondiale, costretti, dai trattati di pace, a valersi di forze volontarie a lunghe ferme e che ancora non si sono, come la Germania, sottratti a tale obbligo. Nei paesi coscrizionisti, il reclutamento volontario è attuato pressoché esclusivamente per i militari di carriera, che hanno funzioni d'inquadramento o disimpegnano speciali mansioni richiedenti un lungo tirocinio.
Coscrizione. - La coscrizione si attua mediante l'imposizione dell'obbligo generale e personale, assolto col compimento della ferma (v. organica) e con un lungo periodo trascorso in congedo, ma a disposizione dello stato.
La raccolta degli uomini può essere "nazionale" (uomini tratti da diverse regioni del territorio), ovvero "regionale" (uomini tratti dalla regione in cui ha sede il corpo cui sono assegnati). Il primo sistema rende più omogenei tra loro i reparti dell'esercito, amalgama i cittadini di tutte le parti dello stato, rafforza lo spirito nazionale; il secondo, riduce i trasporti militari all'atto della chiamata alle armi della classe, consolida lo spirito di corpo in virtù della naturale coesione esistente fra uomini d'una stessa regione.
In Italia vige, per tutte le forze armate, l'obbligo generale e personale al servizio militare, Con ferme multiple (da 6 a 18 mesi); durata complessiva dell'obbligo di servizio, dal 21° al 55° anno di età. Le disposizioni riguardanti il reclutamento dell'esercito sono contenute nel Testo unico delle leggi sul reclutamento dell'esercito (approvato con R. Decreto 8 settembre 1932, n. 1332). Altre leggi (2150, del 31 dicembre 1934, "norme sull'istruzione premilitare"; 2151, della stessa data, "istituzione dell'istruzione postmilitare") regolano gli obblighi pre- e postmilitari del cittadino, che integrano quelli di servizio militare propriamente detti.
Le disposizioni in vigore relative al reclutamento concernono la leva, e il servizio militare.
Leva. - È il complesso delle operazioni mediante le quali speciali organi provvedono alla fomazione delle liste di leva, alla chiamata alla leva, all'esame personale e all'arruolamento degli iscritti, alla graduazione dell'obbligo di servizio alle armi (determinazione delle "ferme di leva").
I giovani sono: iscritti nelle liste di leva comunali, nel 18° anno di età; chiamati alla leva ed esaminati, nel 20° anno. All'atto dell'esame, sono: esclusi dal servizio militare, gli indegni (condannati all'ergastolo, o alla reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici); "riformati", gli inabili fisicamente o intellettualmente; dichiarati "rivedibili", ossia rinviati a leve successive, i deboli fisicamente e gli affetti da infermità presunte sanabili; "arruolati con dichiarazione di idoneità limitata" i riconosciuti idonei soltanto ad alcuni servizî, perché affetti da determinate menomazioni fisiche; arruolati "incondizionatamente", i rimanenti. Le ferme di leva si distinguono, in ordine decrescente di durata, in: "ordinaria" (18 mesi), "minore di 1° grado" (12 mesi), "minore di 2° grado" (6 mesi), "minore di 3° grado" (3 mesi).
Le condizioni che conferiscono titolo alle ferme minori sono determinate dalla legge, in ordine a criterî di politica demografica, di censo, di riconoscenza verso caduti o menomati per cause militari o per la causa nazionale, di trattamento di favore usato a fratelli consanguinei di militari in servizio alle armi con ferme speciali. Il ministro della Guerra, entro il i° semestre dalla chiamata alle armi d'ogni classe o parte di essa, ha facoltà di determinare, con provvedimento collettivo, il passaggio, totale o parziale, di militari da una ferma all'altra. In quest'ultimo caso, il passaggio può essere disposto per armi e specialità, o seguendo l'ordine in cui i titoli degli arruolati sono elencati nella legge di reclutamento.
Servizio militare. - La chiamata alle armi delle classi di leva ha luogo in un numero vario di scaglioni (da 2 a 4), a seconda della ferma, dell'arma e specialità; normalmente, nel 21° anno di età degli arruolati. Il ministro della Guerra ha la facoltà di anticiparla al 20° anno. Può essere concesso il ritardo della prestazione del servizio alle armi: fino al 26° anno d'età, per gli studenti di università e di istituti superiori; fino alla chiamata alle armi della prima (e, al massimo, della seconda) classe successiva, per gli arruolati indispensabili al governo di un'azienda o d'uno stabilimento agricolo, industriale, commerciale. Sono dispensati dal presentarsi alle armi i residenti all'estero, fino a che dura tale loro residenza; dal compiere la ferma, gli assegnati alla ferma minore di 3° grado, quando il Ministero della guerra ritenga di concedere, con provvedimento collettivo, tale dispensa; pure dal compiere la ferma, gli arruolati limitatamente idonei al servizio militare, ovvero di statura tra i m. 1,54 e 1,48 (compresi). Speciali disposizioni vigono a favore degli ccclesiastici.
I cittadini dello stato possono essere ammessi a contrarre arruolamento volontario nell'esercito prima del loro arruolamento di leva, quando abbiano compiuto il 18° anno d'età e soddisfacciano ad altre determinate condizioni.
Per il reclutamento degli ufficiali delle forze armate v. organica; scuole militari.
Marina. - Per la R. Marina il reclutamento è il complesso delle disposizioni che fissano per i militari del Corpo reale equipaggi: a) la durata e la specie del vincolo di servizio militare marittimo (ferma); b) i requisiti per la soggezione al servizio militare marittimo (iscrizione nella lista della gente di mare); c) le norme per l'esecuzione delle operazioni di leva (arruolamento); d) le regole per la chiamata alle armi.
Lo stato può provvedere alla costituzione delle sue forze militari marittime mediante la coscrizione o leva, e l'arruolamento volontario. Nelle marine a sistema di reclutamento misto, come l'italiana, il nucleo fondamentale del Corpo reale equipaggi è reclutato fra il personale volontario, mentre i militari di leva ne rappresentano il complemento, per quanto più numeroso; è questa la logica e necessaria conseguenza della specializzazione tecnica del servizio militare navale, che impone la ricerca della qualità, oltre che del numero, fra i cittadini soggetti al servizio militare marittimo.
La durata del servizio militare per la marina da guerra risponde alle necessità di lunghe ferme con forte contingente e piccole riserve, in confronto alle necessità del reclutamento e delle esigenze dell'esercito, che richiedono ferme brevi con piccolo contingente e numerose riserve; onde la ferma marittima di leva ha maggiore durata di quella dei militari di terra.
Una speciale forma di reclutamento è l'arruolamento volontario a premio di 4 anni, che consiste nell'arruolare volontarî a cui non è riconosciuto, come diritto, di proseguire nella carriera, salvo ferme complementari, ed ai quali, a ferma ultimata, viene corrisposto un premio in denaro. Ciò allo scopo di assicurare un personale specializzato nei gradi di comune e sottocapo (appuntato e caporal maggiore), evitando esuberanza rispetto al fabbisogno nei gradi di sottufficiale.
In Italia vige il sistema misto, e i militari del Corpo reale equipaggi sono quindi suddivisi in due ruoli: personale volontario e personale di leva. La ferma volontaria ordinaria è di 6 anni, quella volontaria a premio di 4 anni e la ferma di leva è di 28 mesi.
Il personale volontario del Corpo reale equipaggi con ferma di 6 anni è istituito essenzialmente per provvedere alla R. Marina i sottufficiali di carriera. I volontarî a ferma ordinaria, come quelli a premio, sono reclutati per concorso fra i giovani in possesso di speciali requisiti, in relazione alle diverse funzioni delle categorie del Corpo reale equipaggi.
Il personale di leva è reclutato fra i cittadini soggetti alla leva di mare e quindi iscritti nelle liste di leva marittima, in base al codice della marina mercantile, e distinti per classi. Sono altresì soggetti alla leva di mare: gli operai, manovali e garzoni in servizio da sei mesi negli arsenali, cantieri e stabilimenti di lavoro della R. Marina; gli operai addetti da almeno 6 mesi: a) alla costruzione o all'allestimento delle navi, b) agli armamenti navali guerreschi, c) alla costruzione e riparazione di macchine, caldaie, macchinarî ausiliarî e materiali in genere per l'allestimento delle navi; gli operai addetti, da almeno 6 mesi: a) in qualità di fuochisti, macchinisti, meccanici o elettricisti presso gli stabilimenti meccanici o industriali compresi nelle città o paesi costieri, b) al servizio di apparecchi generatori o motori dei galleggianti in mare, sui laghi o sulle lagune, c) al servizio sotto qualsiasi titolo presso i fari e segnalamenti marittimi; i radiotelegrafisti navali; i prosciolti da arruolamento volontario precedentemente contratto nella R. Marina o R. guardia di finanza, ramo mare (esclusi i prosciolti in seguito a condanna che escluda dal servizio militare); i laureati in ingegneria navale o in discipline nautiche o scienze economiche marittime; i diplomati capitani marittimi, costruttori navali o macchinisti navali; gl'iscritti o ex-iseritti nelle scuole d'ingegneria navale, negl'istituti o scuole superiori navali, negl'istituti nautici e scuole nautiche; gli ex-marinaretti delle navi-scuole dell'Opera nazionale balilla; gli allievi ed ex-allievi, per almeno 6 mesi, delle scuole a carattere marinaresco; gli iscritti o ex-iscritti ai corsi premilitari marittimi; gl'individui che domandino l'iscrizione nella lista della leva di mare e in possesso dei particolari requisiti per il servizio militare marittimo. Le operazioni d'indagine e di controllo, per l'inclusione nella leva marittima di coloro che hanno obbligo di farne parte, sono affidate ai comandanti di porto.
Gl'iscritti riconosciuti idonei al servizio militare dai consigli di leva, presieduti dai comandanti di porto dei varî compartimenti marittimi, vengono arruolati, classificati dai rispettivi consigli di leva e assegnati alle varie categorie e specialità (marinai, segnalatori, cannonieri, elettricisti, specialisti direzione tiro, carpentieri, radiotelegrafisti, siluristi, torpedinieri, palombari, furieri, infermieri, fuochisti, musicanti, trombettieri), a seconda della loro istruzione, mestiere, attitudine e bisogni della R. Marina, nel numero fissato dal comando superiore del Corpo reale equipaggi. Le categorie istruttori educazione fisica, aiutanti, meccanici, portuali, sono composte soltanto di personale volontario.
La chiamata degl'iscritti alle armi può essere fatta per contingente unitario o frazionato. Il sistema vigente è quello della chiamata frazionata in dodicesimi, per contingenti mensili, e ciò per evitare una minore efficienza della flotta nel periodo che intercede fra l'invio in congedo del contingente che ha ultimato la ferma, e l'imbarco del nuovo contingente arruolato. Un'aliquota degli allievi di leva di alcune categorie e specialità può essere inviata a seguire speciali tirocinî pratici presso le scuole del Corpo reale equipaggi.
Gl'iscritti marittimi laureati o diplomati nelle università o istituti superiori, previsti dalla legge sugli ufficiali di complemento della R. Marina, nonché quelli diplomati dai regi istituti nautici, vengono inviati a seguire corsi speciali per la nomina ad ufficiali di complemento. (Per gli ufficiali v. organica; scuola: Ordinamento scolastico dell'esercito).
Aeronautica. - I militari di truppa del ruolo naviganti dell'arma aeronautica italiana (avieri, avieri scelti, primi avieri) sono reclutati: a) per arruolamento volontario a lunga ferma (4-6 anni) in seguito a bando di concorso se destinati a rimanere nelle categorie del ruolo specializzato dell'arma aeronautica o del genio aeronautico; gli arruolati frequentano corsi d'istruzione e specializzazione, al termine dei quali, superati gli esami e compiuto il periodo di esperimento pratico, se idonei, vengono trattenuti in servizio per il periodo della ferma, che può essere commutata o prorogata, mentre i non idonei vengono congedati dopo esaurito il servizio di leva; b) per arruolamento di leva in conformità delle leggi in vigore per il reclutamento dei militari del R. Esercito e della R. Marina; questo personale, tratto dalle liste delle leve terrestre e marittima, viene dai distretti militari e dalle capitanerie di porto assegnato alla R. Aeronautica in base ai quantitativi stabiliti in seguito ad accordi tra i ministeri della Guerra, della Marina e dell'Aeronautica ed è destinato alla sola categoria di governo.
Operazioni mediche per il reclutamento. - Le visite che il medico militare pratica quando si tratta di ammettere nell'esercito o di escludere dal servizio militare chi ha obbligo di prestarlo o aspira a farlo volontariamente, possono essere raggruppate nelle seguenti: 1. visite degli iscritti ai consigli di leva, ai distretti, ai corpi; 2. visita degli aspiranti al volontariato ordinario, alle rafferme, ai corsi allievi sergenti e ufficiali, ai collegi e scuole militari; 3. visite nelle rassegne speciali e in quelle di rimando.
Nella visita degl'iscritti ai consigli di leva il perito si propone di riconoscere la loro idoneità al servizio militare in genere. Essa è praticata in presenza del consiglio stesso e dell'ufficiale dei reali carabinieri. L'iscritto, nudo, dopo che un graduato dei reali carabinieri ne ha misurata la statura, si presenta al perito che, accertatane l'identità personale, gli misura il perimetro toracico, ne rileva i caratteri della robustezza fisica, e ricerca se esistono in lui imperfezioni o infermità. Finita la visita, formulerà il suo giudizio medico-legale, attenendosi a quanto prescrive l'elenco delle imperfezioni e infermità riguardanti l'attitudine fisica al servizio militare. Questo è ispirato al concetto di non permettere l'entrata nell'esercito e la permanenza in esso di chi non possiede il grado di robustezza e di sanità necessarî per resistere alle fatiche della vita militare e ai disagi della guerra. Le diverse imperfezioni e infermità vi sono raggruppate per tessuti e sistemi anatomici e per regioni, cosicché facile ne è la ricerca, e sono contraddistinte ognuna con un articolo o numero. Per ciascuna è specificato quando dà luogo all'inabilità temporanea, e quando a quella permanente; quando occorre, prima di pronunciare il giudizio di inabilità, esperire un periodo di cura all'ospedale militare, sempre incruenta, e infine è detto in quali casi è competente a decidere il consiglio di leva e in quali occorre il preventivo invio dell'iscritto o del militare in osservazione all'ospedale militare. Il perito medico dichiarerà quindi l'iscritto idoneo, se non riscontrerà in lui imperfezione o infermità al grado esimente; rivedibile, se riscontrerà imperfezioni o malattie guaribili col tempo per cui è competente a giudicare il consiglio di leva; inabile, se riscontrerà imperfezioni o malattie permanenti, per cui è competente a giudicare il consiglio; ne proporrà l'invio in osservazione per quelle imperfezioni e infermità indicate nell'elenco, o per quelle di dubbia diagnosi e difficile giudizio. Il consiglio può anche non attenersi al parere del perito.
Nella visita presso i distretti il perito riscontra se l'iscritto conserva l'idoneità al servizio militare e può essere interrogato sull'attitudine dello stesso a un'arma o a un corpo. Se il perito giudica l'inscritto rivedibile o inabile, lo propone a rassegna speciale. Nella visita presso i corpi di truppa, il perito riconferma il giudizio dell'idoneità al servizio militare in genere e in modo particolare al servizio nel corpo e arma cui è stato destinato. Se giudica la recluta inabile temporaneamente o permanentemente la propone a rassegna.
Analogamente si effettua la visita degli aspiranti al volontariato ordinario, all'arruolamento negli allievi sergenti e ufficiali, all'ammissione nei collegi o scuole militari.
Nelle visite di rafferma (permanenza volontaria in servizio oltre gli obblighi di ferma) il perito si assicurerà se il militare conservi l'idoneità fisica al servizio, tenendo presente che i sottufficiali devono essere dichiarati idonei anche se affetti da ernia inguinale, purché semplice e contenibile.
Nelle visite degli aspiranti all'arruolamento nelle truppe coloniali bisognerà ricercare se esistono malattie oculari, dell'apparato digerente, del sistema nervoso, ecc., che possono peggiorare per il soggiorno in colonia. La visita degli aspiranti all'arruolamento nei reparti lagunari, ferrovieri e automobilistici viene praticata, per quanto riguarda la vista, l'udito e il sistema nervoso, presso un ospedale militare.
Le visite di rassegna degl'iscritti di leva vengono praticate presso l'ospedale militare della divisione da un'apposita commissione medicomilitare. Le rassegne che riguardano gl'iscritti di leva si chiamano speciali, e dànno luogo a licenza di convalescenza da 4 a 12 mesi o a riforma; quelle riguardanti i militari di truppa in servizio attivo e in congedo illimitato si chiamano di rimando e dànno luogo a rivedibilità o riforma.
Osservazione negli ospedali militari. - L'invio in osservazione degli iscritti o militari presso gli ospedali militari viene fatto per imperfezioni o malattie per le quali il relativo articolo dell'elenco lo indica, o per quelle per cui non si può pronunciare un giudizio definitivo circa la loro esistenza, natura, grado, curabilità, per mancanza di adatti mezzi diagnostici o per difficoltà di una diretta e opportuna sorveglianza, per evitare facili simulazioni o per stabilire se siano state procurate.
Storia.
Grecia. - Nei tempi più remoti, tutti i maschi di una tribù in grado di poter combattere partono per la guerra. Più tardi sono i principi che arruolano ed armano a loro piacimento i compagni che li dovranno seguire in armi. Ma di una vera e propria leva si può parlare solo col sorgere delle città greche, quando viene stabilita una stretta connessione fra il dovere del servizio militare nella fanteria della falange cittadina o nella cavalleria e i diritti politici dei membri della città. E poiché i militari dovevano equipaggiarsi del proprio, alla leva erano sottoposti ordinariamente solo i cittadini che potevano armarsi a loro spese (οἱ τὰ ὅπλα παρεχόμεξοι); di questi soltanto la città teneva un accurato elenco militare (κατάλοψος), basato sulla classifica dei cittadini per censo, e ad essi soltanto era quindi di solito concesso di partecipare al governo della città. Ciò non significava che gli altri cittadini fossero esenti da ogni obbligo militare, perché ad essi la città poteva ricorrere per i servizî ausiliarî e, in caso di bisogno, anche per il servizio di linea, fornendo a loro le armi.
La leva avveniva secondo norme comuni a quasi tutte le città greche, e che ci sono note in particolare per Atene. Quivi i cittadini erano divisi dopo Solone in quattro classi e a quelli delle prime tre spettava l'obbligo di servire con armatura completa nella cavalleria o nella fanteria di linea o al comando di una trireme. Quando essi compivano il 18° anno, accertata la loro attitudine fisica, venivano iscritti dal tassiarca della loro ϕυλή (tribù) nel catalogo militare, che comprendeva 42 classi di leva, ἡλικίαι o λήξεις (dai 18 ai 60 anni), ciascuna denominata dall'arconte eponimo dell'anno d'iscrizione e da un eroe eponimo. I giovani delle due prime classi di leva e gli anziani delle dieci ultime non venivano arruolati per il servizio di campagna, ma erano impiegati in servizî territoriali. Dopo le guerre persiane, un numero fisso di cittadini delle due prime classi di censo era iscritto nel ruolo della cavalleria.
La mobilitazione veniva decretata dall'assemblea popolare e diretta dagli strateghi e dai tassiarchi, che pubblicavano l'elenco dei mobilitati (quindi κατάλογον ποιεῖσϑαι o καταλέγειν "arruolare" e κατάλεξις è la leva). La leva poteva essere generale (πανδημεί o πανστρατιᾷ) o parziale, di alcune classi di leva (ἐν τοίς ἐπωνύμοις) o di parte soltanto degl'iscritti delle classi stesse (ἐν μέρεσι), fino a raggiungere un effettivo prestabilito. Venivano dispensati solo gl'invalidi e quelli che gestivano determinati uffici; i renitenti potevano essere perseguiti con accusa di ἀστρατεία. Dalla metà del sec. IV, tutti i giovani ateniesi dovevano entrare a 18 anni fra gli efebi e per due anni ricevevano dallo stato l'istruzione militare. Il servizio militare in Atene divenne così generale, ma al principio del secolo III quest'obbligo venne meno (v. efebia).
Dalla quarta classe di censo si prendevano le truppe leggiere, di solito volontarî, almeno in parte i rematori per la flotta e sovente anche la fanteria di marina (v. epibati). I meteci potevano essere arruolati come opliti, se avevano il censo, o come rematori. Leve di mercenarî per truppe speciali o per guarnigioni si cominciarono a fare già al tempo della guerra del Peloponneso.
Anche presso gli Spartani, che erano tutti soldati di linea obbligati al servizio di campagna fino a 60 anni, la leva avveniva per decreto dell'assemblea su proposta degli efori, ed era totale oppure parziale, cioè di alcune classi o di alcune unità (p. es., 4 more su 6). Si faceva poi la leva dei perieci, tenuti al servizio di opliti: gli iloti fornivano gli attendenti e gli armati alla leggiera. Abbiamo cataloghi su pietra di varie città beote, per quanto piuttosto tardi (sec. III); ne ricaviamo che anche in Beozia vigeva l'istituto dell'efebia. I giovani venivano quindi arruolati, almeno nel sec. III, prima fra i peltasti, poi fra gli opliti.
La leva cittadina continuò a sussistere formalmente anche dopo il sec. IV, ma in realtà le città greche preferirono negli ultimi tempi ricorrere sempre più largamente a leve di mercenarî, il cui impiego risale in Grecia al secolo VII. I mercenarî venivano arruolati da ξενολόγοι delle città stesse, oppure venivano incaricati dei condottieri di formare corpi di mercenarî o si assoldavano corpi già costituiti. La leva cittadina cadde così in desuetudine.
Roma. - La leva, delectus, cominciò in Roma quando l'accresciuto numero dei cittadini atti alle armi permise e impose di scegliere fra essi quelli che era necessario mobilitare. Tutti i cittadini romani potevano essere richiesti del servizio militare; ma poiché anche in Roma nell'epoca più antica il soldato doveva equipaggiarsi con mezzi proprî, il delectus avveniva normalmente, da quando fu introdotto l'ordinamento serviano, fra i cittadini possidenti iscritti alle cinque classi del censo, i quali davano anche maggiore affidamento morale. Ma in casi di necessità lo stato non solo armò i non abbienti (proletarî), ma ricorse ai libertini (di regola esclusi dal servizio) e persino a schiavi. Proletarî e libertini vennero spesso chiamati a servire come marinai e rematori sulle flotte.
L'esercito di campagna veniva reclutato fra gli iuniores (18-46 anni); i seniores (47-60) potevano essere arruolati per servizî territoriali. Quadro di leva nell'epoca più antica pare fossero le classi e le centurie; ma quando col tempo l'esercito di campagna si differenziò dall'esercito urbano centuriato, quadro di leva divenne la tribù territoriale.
Polibio, VI, 19 seg., ci dà una minuta descrizione della leva in Roma. I consoli (o altri magistrati cum imperio), sentito il parere del Senato, convocavano per un dato giorno a Roma sul Campidoglio tutti gli iuniores romani. Tirata a sorte una tribù, si faceva l'appello nominale e si sceglievano quattro uomini di pari robustezza: i tribuni di ciascuna delle quattro legioni, che normalmente si mobilitavano, ne sceglievano uno e così si continuava dando la precedenza nella scelta successivamente ai tribuni di una delle quattro legioni, fino a raggiungere un numero determinato di reclute; si assicurava così un'equa distribuzione degli uomini in tutte le legioni. I cavalieri venivano scelti sulle apposite liste predisposte dai censori. Gli arruolati prestavano quindi giuramento e ricevevano l'indicazione del giorno e del luogo dell'adunata. È però difficile credere che al tempo di Polibio si potessero ancora convocare in Roma tutti gli iuniores romani risiedenti dal Piemonte alla Campania, anche ammettendo che coloro i quali avevano fatto il numero di campagne prescritto (10 a cavallo o 16 a piedi) fossero dispensati dal presentarsi. Perciò, oltre una certa distanza da Roma, le leve erano forse fatte da delegati dei magistrati. Sappiamo anche di leve fatte in alcune tribù soltanto. I renitenti potevano incorrere in gravi penalità. Erano ammesse varie cause di dispensa: età, numero di campagne fatte, uffici, concessioni di dispensa, infermità. Con sistemi analoghi si levavano nelle città alleate i contingenti prescritti dal governo romano. In caso però di subitanea necessità, i magistrati potevano fare una leva senza l'osservanza di norme e richiedere un giuramento in massa (coniuratio) ai cittadini che accorrevano al loro appello (delectus tumultuarius).
Durante il sec. II a. C., la pratica della leva subisce profonde modificazioni, pur rimanendo inalterate le norme legali. I cittadini delle classi elevate e medie cercano sempre più di sottrarsi alla leva e i magistrati per varie ragioni lasciano correre e suppliscono con volontarî che si offrono per desiderio di bottino o per fiducia nel generale. Il censo minimo richiesto per essere iscritti nelle classi venne abbassato a 4000 assi, e infine Mario, di fronte alle esigenze della guerra africana e delle invasioni germaniche, arruolò, con il procedimento della leva tumultuaria, tutti coloro che si offrivano, in maggioranza nullatenenti, disposti a fare del servizio militare la professione di buona parte della loro vita.
Dopo Mario, pur rimanendo sempre immutato l'obbligo del servizio militare generale, gli eserciti romani si formarono ordinariamente con volontarî e si ricorreva alla leva coatta solo quando i volontarî non si offrivano in numero sufficiente. Negli ultimi tempi della repubblica, i generali procedono alle leve inviando per l'Italia i loro conquisitores; sotto l'impero, la leva è un diritto del principe ed avviene in Italia e nelle provincie per cura dei suoi legati e di appositi ufficiali (delectatores), in relazione ai bisogni dei varî eserciti; alcune provincie davano elementi specialmente per le legioni, altre per gli auxilia. Con Adriano, il reclutamento diviene interamente regionale. I coscritti dovevano soddisfare a certe condizioni giuridiche e morali (ingenuità, appartenenza a determinate comunità dell'impero, onorabilità, ecc.) e fisiche: età, robustezza, statura (incomma). Riconosciuti idonei, essi prestavano giuramento e passavano quindi nei reparti d'istruzione.
Al principio del sec. IV, pur rimanendo formalmente l'obbligo generale al servizio, troviamo che alcune categorie di abitanti sono obbligate ad entrare nell'esercito, mentre ad altre è vietato arruolarsi. I volontarî, cittadini dell'impero o barbari d'oltre frontiera, concorrono sempre largamente a formare l'esercito; si pratica poi la leva forzata, che assume due forme, diretta e indiretta. Sono obbligati direttamente al servizio i figli dei veterani in base al principio dell'ereditarietà delle professioni e i cosiddetti vagi e vacantes, cioè coloro che non sono occupati né nell'agricoltura né negli uffici; hanno inoltre l'obbligo di fornire reclute certe comunità di dediticii, come i gentiles e i laeti. La leva índiretta era in sostanza un'imposta sulla proprietà fondiaria, che traeva la sua origine dalla facoltà riconosciuta da tempo molto più antico ai proprietarî di presentare un sostituto (vicarius), invece di servire personalmente, e trasformatasi poi nell'obbligo di fornire una recluta presa dai proprî coloni. Al posto della recluta, si poteva invece imporre il pagamento di una somma fissa di denaro, a seconda della decisione dell'imperatore; l'obbligo gravava su un complesso determinato di terre imponibili, a formare il quale si riunivano parecchi proprietarî (capitulum). Dato questo sistema, è facile pensare che i tentativi di far accettare elementi scadenti erano frequenti; perciò le reclute avrebbero dovuto essere sottoposte a un rigoroso esame fisico e morale (probatio) da parte dei turmarii, ufficiali incaricati del reclutamehto. Ma il trovare con la leva elementi idonei da aggiungere ai volontari divenne sempre più difficile. All'epoca di Giustiniano, la leva obbligatoria non è ormai più praticata; l'esercito è formato di volontarî e di mercenarî stranieri.
Medioevo ed età moderna. - Caduto l'Impero romano di Occidente, negli stati barbarici ad esso succeduti il servizio militare spetta, teoricamente, a tutti i liberi; in realtà però i piccoli e medî proprietarî di terre si disabituano dal servizio e questo finisce col divenire una prerogativa dei grandi e delle persone del loro seguito, amici, pares, gasindi, satellites, homines, con grado maggiore o minore di clientela, e poi pueri, veri e proprî servitori, e buccellarî, soldati privati dei grandi. Tutta questa gente viene ad assumere sempre più l'aspetto di una vera casta di professionisti militari; essa è conservata e mantenuta in effcienza grazie al feudo, ossia a un possesso terriero dipendente dalla durata del servizio. Divenuto il feudo ereditario, più che mai i vassi tendono a divenire casta chiusa. Con l'andar del tempo fra gli stessi vassi si differenzia ancora la casta dei militi. Di fatto una casta di grossi proprietarî finisce coll'avere sotto di sé una casta di guerrieri. Con Carlo Magno però si ha anche la scara vera guardia del corpo permanente. I semplici liberi fornivano danaro o prodotti naturali o armi, e solo teoricamente un uomo armato ogni tanti liberi; le chiamate generali dei liberi erano rarissime e in pratica limitate alla difesa delle mura. In Italia i Longobardi non divennero che in piccola parte agricoltori, ma viceversa s'imborghesirono nelle città senza formare una vera casta guerriera legata al possesso fondiario; perciò furono vinti dalla casta militare dei Franchi.
Nei comuni italiani la casta dei militi non resta mai chiusa e accoglie in largo numero elementi non nobili (cives). Tutte le persone dotate di pieni diritti politici hanno quivi l'obbligo del servizio militare. E in casi eccezionali, soprattutto per la difesa delle mura, tutti gli uomini validi sono chiamati alle armi. Il populus è organizzato in "porte" o "cappelle", e poi, nel sec. XIII, in vere società delle armi. Gli elementi del contado vengono utilizzati invece soprattutto per servizî ausiliarî. Nobili infidi e cavalieri improvvisati rivelano però le loro deficienze: Federico II da un lato, i comuni toscani dall'altro cominciano a usare su larga scala cavalieri assoldati (guardie del corpo, e cavalieri "delle cavallate" e "della taglia"). Largo uso di mercenarî si fa nel secolo successivo in Francia e in Italia, nella forma tipica della condotta: il condottiero riunisce la compagnia e tratta con gli stati da pari a pari, come un'altra potenza. Ma nel 1439 il re di Francia fa sancire dal Parlamento che a nessuno è lecito disporre di bande proprie o di seguito proprio; solo il re può tenere truppe permanenti, e nel 1445 istituisce le compagnie d'ordinanza, primo nucleo d'esercito statale regolare a base di professionisti stipendiati regolarmente dallo stato. Nel 1440 sono istituiti pure i Francs archers, vera e propria milizia mobile, capace non solo di difendere le mura, ma di scendere in campo accanto alle forze professioniste. In Italia le compagnie di ventura restano più a lungo, ma oltre che esser formate d'Italiani, mutano carattere: lo stato non si trova di fronte ad esse come di fronte a un'altra potenza, ma assolda compagnie sempre più piccole, e in maggior numero, e talvolta anche dei mercenarî isolatamente; il capitano generale ha una sua condotta, è vero, ma questa non rappresenta che una piccola parte dell'intero esercito, talora la decima parte; l'autorità gli viene dalla nomina statale. Ed è pure visibile la tendenza a creare una nuova casta di professionisti, legati a feudi, o a stipendî fissi. Diviene poi tradizionale per i mercenarî di una data regione il servire di generazione in generazione una data potenza. Dal canto suo Venezia fin dal terzo decennio del secolo XV adoperava le sue cernite come una vera milizia mobile. Un piccolo esercito permanente unito a una vera milizia mobile aveva Caterina Sforza nel piccolo stato di Forlì e Imola; e il suo esempio seguì il Valentino in Romagna. La milizia del Machiavelli era pure una milizia mobile, ma reclutata solo fuori della capitale.
Le milizie, territoriali e mobili, si vennero diffondendo nel corso del sec. XVI, ma solo a Venezia e più aneora in Piemonte restarono in efficienza. Quanto agli Svizzeri, essi rappresentavano veramente la nazione armata, al servizio però di questa o quella potenza; i lanzichenecchi erano invece sostanzialmente contadini inquadrati da signori feudali e specialmente da cadetti della nobiltà e pagati, almeno in teoria, dall'erario statale; e la piccola nobiltà e i suoi cadetti inquadravano pure la massa eterogenea dei fanti spagnoli (venturieri, vagabondi, pastori) anch'essi stipendiati dal proprio governo o da un governo alleato. Nel corso del sec. XVI i maggiori eserciti europei sono ancora in gran parte mercenarî, ma il "maestro di campo" li recluta in nome del sovrano, non per conto proprio: è un intermediario, che riceve stipendio e anticipi dallo stato. Nel secolo successivo, col Wallenstein, sembra risorgere la vecchia forma della compagnia di ventura autonoma, stato nello stato o contro lo stato. Ma non dura a lungo. Con la seconda metà del sec. XVII si ha una vera tendenza verso gli eserciti statali a base di professionisti permanenti, in parte stranieri, in quantità crescente nazionali. In Piemonte, Emanuele Filiberto accanto ai professionisti, mercenarî permanenti formanti il nerbo dell'esercito (soldati d'ordinanza), creò una numerosa milizia mobile, perfezionata poi dal suo successore Carlo Emanuele I. In realtà però essa servì egregiamente nella difesa delle fortezze, ma poco in campo aperto. Tentativi di riordinamento delle milizie si ebbero pure in Francia con Francesco I, che creò le legioni, vera milizia mobile, e soprattutto con Luigi XIV e nel sec. XVIII. Le milizie provinciali francesi, composte però quasi esclusivamente di scapoli, parteciparono con onore alle guerre di quel secolo. Nel 1791 l'Assemblea costituente riordinava l'esercito sulla vecchia base dei professionisti volontarî, e invece aboliva le milizie provinciali, divenute odiose per le ingiustizie con cui ripartivano i carichi, sostituendo ad esse la guardia nazionale. Questa avrebbe dovuto essere una semplice salvaguardia della rivoluzione contro i nemici interni, ma dové ben presto essere adoperata anche contro i nemici esterni. Dapprima costituì un vero esercito di milizia mobile accanto a quello di professionisti, ma poi servì soprattutto a dare complementi all'esercito regolare. Il quale, dal canto suo, era stato enormemente accresciuto con la proclamazione del servizio militare obbligatorio per tutti indistintamente e la chiamata alle armi di otto classi (da 18 ai 25 anni). In questo modo il piccolo esercito di professionisti si trovò a inquadrare 800.000 uomini: era, in parte almeno, l'inizio di quello che fu poi il sistema prussiano; ma presto veniva abbandonato: con la legge dell'anno VI (1798), si confermò bensì il servizio obbligatorio, ma con ferma di ben 5 anni e l'incorporazione di un piccolo contingente soltanto delle relative cinque classi di leva. Si tornava all'esercito di specialisti; gran parte degli aventi obblighi di leva restavano a disposizione, pressoché non istruiti, come riserva, in caso di guerra. Tale sistema durò con Napoleone I; egli però dovette chiamare, attraverso le continue guerre, non solo l'intero contingente delle cinque classi, ma pure classi in anticipo e classi già definitivamente congedate; e dové pure dar nuova vita alle guardie nazionali, che adoperò in campo aperto nel 1814.
Le grandi guerre della rivoluzione e dell'impero avevano posto in chiara luce il problema delle riserve. Due soluzioni: o tenere sotto le armi una frazione di molte classi di leva, e prender le riserve dalla parte non incorporata di queste, oppure tener solo due o tre classi, ma quasi per intero, sotto le armi, e richiamarle al momento opportuno dal congedo. Napoleone s'attenne sostanzialmente al primo partito, che era quello tradizionale, ma poi per necessità di cose dovette ricorrere al secondo, ma tardivamente e in fretta. Del resto se gli esempî del 1792-94 non erano valsi in Francia a mutare gli spiriti, anche in Prussia la sconfitta del 1806 non servì a mutare le idee che molto lentamente. Ancora nel febbraio 1813, in vista dell'imminente guerra contro Napoleone, veniva stabilito il servizio militare obbligatorio per tutti, ma solo per la durata della guerra. Sennonché a guerra finita il principio rimase e fu sancito definitivamente dalla legge del 1814. Si stabilì dunque un servizio di tre anni nell'esercito attivo e di due nella riserva, poi di ben 15 anni nella Landwehr (milizia mobile). La milizia mobile aveva nelle campagne del 1813-14 costituito degli eserciti a sé, accanto a quello regolare. Nel 1861 però il servizio nella riserva fu portato da due a quattro anni, mentre la Landwehr, cui si apparteneva ora solo per cinque anni, diveniva una vera e propria riserva dell'esercito attivo. In questo modo, in caso di guerra, l'esercito attivo poteva disporre di ben 12 classi di 50-60.000 uomini l'una. Gli ultimi otto anni di servizio, fino a 40 anni, erano riservati al Landsturm (milizia territoriale). E si vide già nel 1866 che cosa valevano gli spregiati eserciti di riservisti! La Francia ne restò impressionata. Essa in sostanza era rimasta fedele al sistema napoleonico, solo aggiungendovi due anni di servizio nella riserva per i contingenti veramente chiamati alle armi; e la riforma del 1868 in realtà si limitò a portare a quattro gli anni nella riserva, e soprattutto di nome, ché dei riservisti si continuava a non aver fiducia. E quanto alla guardia nazionale, essa doveva soprattutto curare l'ordine interno. Nel 1870 per la seconda volta un esercito di riservisti annientava un esercito di professionisti! Il governo repubblicano prolungò la guerra utilizzando in campo aperto la classe del 1850 ancora intatta e tutti gli elementi utilizzabili delle altre cinque classi dell'esercito regolare; nonché i celibi fino a quarant'anni d'età, e impiegando nella difesa delle piazze tutti gli elementi validi pure fino ai 40 anni; gli uni e gli altri rispettivamente nella guardia nazionale mobile e in quella mobilitata, oppure nella guardia nazionale vera e propria. Nel 1872 però la stessa Francia si avvia verso il sistema prussiano: cinque classi continuano bensì a restar sotto le armi, ma anche gli elementi di seconda e terza categoria sono sottoposti a un regolare periodo d'istruzione, e la riserva è costituita soprattutto dalle cinque classi della milizia mobile e dalle sei classi della territoriale; nel 1889 la ferma fu ridotta a tre anni, nel 1902 a due, e nel 1913 riportata a tre; il servizio esteso dai 20 ai 47 anni. E sulla stessa via si posero pressoché tutti gli stati europei, eccettuate l'Inghilterra e la Svizzera. L'esperienza del 1870 portò anche all'eliminazione prima in Francia, poi in altri stati che avevano imitato la Francia, del sistema di sostituzione o di esenzione per riscatto con denaro, che le classi possidenti avevano imposto alla Francia dalla Restaurazione.
Quanto all'Italia, il suo ordinamento derivò da quello piemontese e poi da quello prussiano. Già nell'esercito piemontese il problema delle riserve era stato affrontato con criterî particolari. A base, l'ordinamento di Emanuele Filiberto. Con Vittorio Amedeo II i contingenti di quella che era una vera milizia mobile venivano riorganizzati in reggimenti provinciali, posti accanto ai soldati d'ordinanza, professionisti volontarî a lunga ferma. Sennonché col tempo i contingenti provinciali cessarono di formare reparti a sé e passarono a ingrossare le file dell'esercito regolare. Ciò fu sancito nel 1815: gli otto o novemila soldati d'ordinanza dovevano istruire e inquadrare un egual numero di provinciali ogni anno; costoro, dopo aver prestato in pratica un servizio di pochi mesi, restavano per otto anni a disposizione dell'esercito attivo, e per altri otto nella riserva. Nel 1831 il servizio dei provinciali fu portato a due anni, e nel 1837 ridotto a 14 mesi. In questo modo nel 1848 il Piemonte poteva disporre di 8500 soldati d'ordinanza e di otto classi di provinciali, dal rendimento medio di 7-8000 uomini. A differenza della Francia e di quasi tutti i vecchi eserciti, il Piemonte preferiva trovar la riserva negli elementi congedati, anziché in quelli non chiamati delle classi di leva. Ma il principio, buono in sé, era attuato con troppa restrizione; così che per far fronte alle esigenze della campagna del 1849, oltre a chiamare e trattenere tre classi della riserva vera e propria, si chiamò per intero la classe del 1829 (ossia, 35.000 uomini anziché 8500) e si chiamarono pure in gran parte gli elementi non arruolati delle ultime quattro classi. Con la riforma del 1854 si stabilì un compromesso fra il sistema francese e quello piemontese: ridotti a ben pochi i soldati d'ordinanza (con la solita ferma di otto anni prolungabili), ferma di cinque anni, per una parte soltanto del contingente di leva; servizio nella riserva di 6 anni. In questo modo la riserva veniva presa dalla seconda e terza categoria delle classi di leva (120.000 uomini) e da sei classi di riservisti (50.000 uomini); il contingente sotto le armi passava da 20.000 a 50.000 uomini. Il nuovo ordinamento fu esteso nel 1861 al regno d'Italia; in più si creò la guardia nazionale con volontarî o elementi sciolti dagli obblighi di leva. Per la guerra del 1866 si preferì però seguire la vecchia tradizione piemontese, chiamando a formare la riserva tutte e sei le classi di questa e invece le seconde categorie di due sole delle cinque classi di leva. L'esercito italiano era dunque di per sé sulla via delle istituzioni di tipo prussiano: nel 1871 la ferma era ridotta a quattro anni e il servizio nella riserva portato a otto. Anche la seconda categoria vide prolungato il suo obbligo a cinque anni nella riserva. Nel 1875 la ferma era ridotta a tre anni ed era fatto il passo decisivo nell'abolire la sostituzione delle reclute; nel 1909 la ferma era ridotta a due anni, mentre il servizio nella riserva, milizia mobile e territoriale si prolungava fino ai 39 anni. In Germania la ferma era biennale già dal 1893, in Austria-Ungheria dal 1912. La guerra mondiale ha visto perfino chiamare per intero le classi di leva di 55 anni (nell'Austria-Ungheria). Indipendentemente da ciò oltre l'enorme contingente di 18-25 classi chiamate per intero da tutti gli stati belligeranti, si sono avute classi chiamate in anticipo, e classi chiamate oltre il limite d'età stabilito per legge. E seconde e terze categorie e reparti di territoriale hanno combattuto in primissima linea. È stata la guerra dei riservisti, o, meglio, la guerra dei popoli. Alle deficienze inevitabili d'allenamento e addestramento di così enormi masse cercano oggi gli stati di ovviare con una preparazione più razionale e con una predisposizione intelligente dei mezzi che il paese intero offre. Tuttavia non si è giunti che in pochissimi paesi alla nazione armata di tipo svizzero.
Bibl.: Grecia: H. Droysen, Heerwsen u. Kriegführung der Griechen, in Hermann, Lehrbuch der griech. Antiquitäten, II, parte 2ª, Friburgo in B. 1889, p. 57 seg.; A. Hauvette, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités, II, p. 206; G. Beloch, Griechische Aufgebote, in Klio, V (1905), p. 341 e VI (1906), p. 34; B. Niese, in Hist. Zeitschrift, XCVIII (1908), pp. 264 seg. e 473 seg.; G. Busolt, Griechische Staatskunde, Monaco 1920-26, p. 571 seg. e passim; J. Kromayer, in Kromayer-Veith, Heerwesen und Kriegführung der Griechen und Römer, Monaco 1928, passim. - Roma: R. Cagnat, in Daremberg e Saglio, Dict. des antiquités, II, p. 212; W. Liebenam, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col 591 e la letteratura quivi citata, dalla quale emergono le classiche ricerche di Th. Mommsen, Röm. Staatsrecht, III, Lipsia 1887, p. 240 seg.; Die Conscriptionsordnung der röm. Kaiserzeit, in Hermes, XIX (1884), pp. 1-79, 210-234; Das römische Militärwesen seit Diocletian, ibid., XXIV (1889), p. 195 segg. ed altre memorie ora con queste riprodotte nel vol. VI delle Gesammelte Schriften, Berlino 1910; R. Grosse, Römische Militärgeschichte von Gallienus bis zum Beginn der bizantinischen Themenverfassung, Berlino 1920, p. 198 seg.; G. Veith e E. Nischer, in Kromayer-Veith, Heerwesen und Kriegführung der Griechen und Römer, Monaco 1928, passim. Fra le moltissime opere sul reclutamento nel Medioevo e nell'età moderna v. specialmente: H. Delbrück, Geschichte der Kriegskunst, II-V; G. Koehler, Die Entwickelung des Kriegswesens und der Kriegführung in der Ritterzeit, Breslavia 1889, III; E. Ricotti, Storia delle compagnie di ventura, Torino 1844-45; E. Boutaric, Institutions militaires de la France avent les armées permanentes, Parigi 1863; P. Pieri, La crisi militare italiana nel Rinascimento, Napoli 1934; J. Monteilhet, Les institutions militaires de la France (1814-1932), Parigi 1932; N. Brancaccio, L'esercito del vecchio Piemonte, Roma 1921-23; F. Bava-Beccaris, Esercito italiano, sue origini, suo successivo ampliamento, stato attuale, in Cinquanta anni di storia italiana, Milano 1911, I, pp. 48-106; A. Cavaciocchi ed E. Santangelo, Le istituzioni militari italiane, Torino 1906; F. De Chaurand, Come l'esercito italiano entrò in guerra, Milano 1929; A. Gatti, Tre anni di vita militare italiana, ivi 1924; A. Chapperon, L'organica militare fra le due guerre mondiali 1814-1914, Roma 1921.