RECUPERATORI (recuperatores o reciperatores)
Giudici privati di taluni processi romani, che decidono collegialmente, in numero di tre o cinque o altro numero dispari. La loro origine è internazionale: quando infatti un trattato di alleanza o di amicizia tra Roma e un'altra città comprendeva l'obbligo reciproco di accordare protezione giudiziaria alle convenzioni strette fra cittadini delle due comunità, si stabiliva che per ogni caso del genere dovesse essere nominato un tribunale arbitrale misto, comprendente un concittadino dell'una e uno dell'altra parte nonché un cittadino di città neutrale: dallo scopo che l'attore si proponeva, il procedimento si chiamò reciperatio, onde il nome tecnicamente attribuito agli arbitri. Questo procedimento, che si vuole fosse già previsto nel leggendario trattato di Spurio Cassio con i Latini, era certamente ricordato nelle XII Tavole; ma in seguito si diffuse largamente, anche indipendentemente da trattati particolari, quando nel secolo III a. C. fu istituita la pretura peregrina, destinata appunto a regolare l'impostazione delle liti fra Romani e stranieri e a vigilare sulla scelta del collegio arbitrale. In progresso di tempo, anche alcuni processi tra Romani si trovano abitualmente deferiti, anziché al normale giudice unico, a un collegio di cittadini, designati anch'essi col nome di recuperatori (così, ad es., per le azioni d'ingiuria, di rapina, di violazione di sepolcro e per quella intentata dal patrono contro il liberto che senza grave ragione si sia permesso di citarlo in giudizio); altre volte sembra che fosse lasciata all'accordo tra le parti la facoltà di rimettere la decisione a un collegio.
Dal fatto che il reato di repetundae, concussione esercitata da un governatore romano a danno di sudditi o di città alleate, fu originariamente considerato come infrazione privata perseguibile davanti al tribunale del pretore peregrino, derivò l'ulteriore conseguenza che, anche quando la persecuzione assunse carattere criminale, fu rimessa di frequente al giudizio di recuperatori; il che avveniva soprattutto quando si volevano evitare le pene accessorie a cui l'accusato sarebbe andato incontro se il processo si fosse svolto davanti a una delle consuete giurie. Non sappiamo se il testo latino del senatoconsulto de repetundis, emanato nell'età di Augusto e riprodotto in traduzione greca in calce del noto editto ai Cirenei, desse al collegio giudicante, composto di cinque senatori, il nome di iudices o quello di recuperatores; ma certo quest'ultimo è usato da Tacito nella nostra materia. Del resto, varî editti e leggi della stessa epoca o di età più o meno prossima dànno questo nome a collegi che giudicano di infrazioni amministrative o di delitti puniti con pene pecuniarie: così la legge agraria del 111 a. C., l'editto di Augusto sull'acquedotto di Venafro, la legge della colonia Genetiva, ecc. Il procedimento di formazione del collegio, che sembra sia stato regolato in ultima istanza dalle leggi Giulie iudiciorum privatorum e iud. publicorum, consisteva nel sorteggio, fra i membri del senato o entro liste predisposte, di un numero dispari alquanto superiore al fabbisogno, da ridursi alla cifra voluta mediante ricusazioni alterne dell'accusato e dell'accusatore. A seconda che il processo fosse considerato prevalentemente criminale o prevalentemente privato, il suo svolgimento ulteriore era guidato da un magistrato o abbandonato alla libera iniziativa dei recuperatori stessi.
Bibl.: C. Sell, Die Recuperatio der Römer, Brunswick 1837; M. Wlassak, Römische Prozessgesetze, I, Lipsia 1888, p. 107 segg.; id., Der Judikationsbefehl der römischen Prozesse, Vienna 1921, p. 52 segg.; A. Schmidt, Zum internationalen Rechtsverkehr der Römer, in Zeitschr. Savigny-Stift., IX (1888), p. 122 segg.; Th. Mommsen, Juristische Schriften, I, Berlino 1905, p. 117 seg.; III, ivi 1907, p. 96 segg.; P.-F. Girard, Manuel élém. de droit rom., 5ª ed., Parigi 1911, p. 1009 seg.; A. Poggi, Sui reciperatores, in Riv. di st. del dir. ital., I (1928).