reduplicazione espressiva
Per reduplicazione espressiva (o raddoppiamento espressivo) si intende un fenomeno morfologico e sintattico che consiste nella ripetizione (solitamente totale) di un’unità lessicale; è usata soprattutto per intensificare a scopo espressivo (➔ intensificatori) il significato dell’unità ripetuta e interessa varie ➔ parti del discorso (in particolare aggettivi e avverbi).
La reduplicazione è un fenomeno molto diffuso nelle lingue del mondo, considerato anche un possibile universale semantico (Moravcsik 1978), con funzioni più o meno ampie e diversificate a seconda delle lingue (Simone 200819: 160-161). Nella maggior parte dei casi si tratta di un procedimento di tipo iconico: all’incremento quantitativo della forma corrisponde cioè un accrescimento quantitativo o un’intensificazione del significato.
La reduplicazione è solitamente trattata come fenomeno morfologico: per l’italiano si tratterebbe di una strategia di ➔ derivazione (Scalise 1994: 297) e non di ➔ flessione (come accade, per es., nelle lingue indonesiane, in cui è usata per indicare il plurale), con valore intensivo o rafforzativo. Tale valore, che consiste in un accrescimento del contenuto dell’unità ripetuta, è evidente nella reduplicazione occasionale di aggettivi o avverbi, con valore di ➔ superlativo (come nel caso di bello bello «molto bello», lungo lungo «molto lungo» o piano piano «molto piano»; va segnalato che alcune lingue, come il turco, ottengono il superlativo solo in questo modo). Secondo Wierz-bicka (1991), il valore di bello bello sarebbe pragmaticamente diverso dall’intensificazione espressa da molto bello, perché la reduplicazione servirebbe ad esprimere una certa emozione del parlante (puntuali critiche a questa posizione in Dressler & Merlini Barbaresi 1994: 517-519). In ogni caso la reduplicazione sembra agire sulla forza illocutiva (➔ pragmatica; ➔ illocutivi, tipi) dell’enunciato. Il fenomeno è già attestato nel latino tardo: per es., Commodiano (III-V sec. d.C.) usa malus malus e malum malum, bonis bonis, bene bene, ecc.
La reduplicazione è frequente nel linguaggio infantile (si veda una reduplicazione diffusa nel ➔ baby talk come piccino picciò) e nei libri per bambini:
(1) due giandarmi di legno, lunghi lunghi, secchi secchi (Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, cap. 11)
Altri esempi letterari del fenomeno in prosa (da ➔ Alessandro Manzoni a Elsa Morante) e in poesia (per es., in ➔ Giovanni Pascoli) si leggono in Serianni (1988: 216 segg.).
Il valore intensivo è tuttavia meno evidente nei casi in cui la reduplicazione si è stabilizzata e ha dato luogo a unità lessicali complesse, come nella locuzione così così («né bello né brutto», «né bene né male»), il cui significato non è riducibile all’intensificazione dell’avverbio semplice così.
Nel caso delle ripetizioni occasionali di un nome, inoltre, il valore sembra essere più propriamente quello di una focalizzazione della pienezza di significato del termine ripetuto: per es., un caffè caffè («un caffè vero, non un surrogato»); un maglione di lana lana («di pura lana, non sintetico»); abito a Roma Roma («a Roma città e non nel circondario»). Questo valore può essere implicato anche nella ripetizione di un aggettivo: un pomodoro rosso rosso «veramente rosso», un borghese piccolo piccolo «un autentico piccolo borghese».
Il valore intensivo è latente anche nei casi in cui la reduplicazione di un’unità lessicale ha determinato, oltre alla ➔ lessicalizzazione, un cambiamento di categoria grammaticale: è il caso dell’onomatopea ripetuta (➔ onomatopee e fonosimbolismo) che ha dato luogo al nome tran tran o della forma verbale che è all’origine di lecca lecca.
Solitamente la reduplicazione consiste nella copia della parola ripetuta, ma ci sono anche casi di reduplicazione parziale con variazione vocalica (per es., zig zag e, con inserimento della congiunzione coordinativa, pif e paf; ➔ binomi irreversibili); o con variazione morfologica del secondo elemento (per es., vecchio e stravecchio; pian pianino; detto e ridetto; fritto e rifritto); o con variazione sinonimica (per es., gira e volta; gira e rigira; in fretta e furia).
Alcune di queste formule ricorrono essenzialmente come incidentali (➔ incidentali, frasi): dalli e dalli, gira e rigira, gira e volta, ecc. In alcune locuzioni il primo elemento può essere apocopato: ben bene «accuratamente», bel bello «piano piano», gatton gattoni «cautamente», or ora «da pochissimo»; si veda inoltre man mano (con la variante a mano a mano).
Wierzbicka (1991: 255 segg.) distingue la reduplicazione propriamente detta, priva di interruzione, da un fenomeno affine come la cosiddetta ripetizione a contatto, che prevede l’uso di una virgola o di una pausa tra le unità ripetute: per es., adagio, adagio rispetto ad adagio adagio. Un’altra distinzione introdotta dalla studiosa riguarda la reduplicazione di parole rispetto alla ripetizione in sequenza di intere clausole: entra, entra!; scappa, scappa!; non parlarmene, non parlarmene!; guarda guarda (o senti senti) chi si vede! Questo fenomeno di reduplicazione sintattica implicherebbe, sul piano illocutivo, un senso di urgenza (o, in certi contesti, fastidio o stupore). Segnaliamo anche le ripetizioni di verbi all’interno di enunciati: chi viene viene; dove capita capita; come è è, per indicare che il dove o il come dell’evento ripetuto è ininfluente.
Un caso diverso è quello della ripetizione di enunciati verbali usata per esprimere la durata o la progressione nell’azione, come il favolistico cammina cammina …, con o senza virgola intermedia e con un eventuale picco conclusivo:
(2) E cresci, cresci, cresci, diventò in pochi minuti un nasone che non finiva mai (Collodi, Le avventure di Pinocchio, cap. 3)
Una nota canzone popolare abruzzese comincia: e vola vola vola e vola lu cardillu. Si noti che la reduplicazione sintattica dà spesso luogo a misure ternarie; si tratta del resto di un fenomeno studiato anche in ambito retorico (tra le figure di ripetizione a contatto).
Va segnalato infine che la reduplicazione è un fenomeno che interessa anche la fonetica (➔ raddoppiamento espressivo).
Con l’aiuto delle Liste delle polirematiche Èulogos, analizziamo le classi di parole maggiormente interessate dalla reduplicazione a livello morfologico, distinguendo i casi pienamente lessicalizzati (quelli registrati nei dizionari) da quelli che non lo sono, e segnalando eventuali cambiamenti di classe (con i relativi cambiamenti semantici) legati alla lessicalizzazione.
Gli aggettivi sembrano interessati soprattutto dal fenomeno della ripetizione occasionale: fino fino, grosso grosso, lungo lungo, mogio mogio, piccolo piccolo, zitto zitto, ecc. La reduplicazione di questo tipo può coinvolgere anche forme alterate dell’aggettivo: per es., magro magro, grosso grosso, magrolino magrolino.
Esempi di cristallizzazione dell’aggettivo ripetuto in una locuzione aggettivale sono quatto quatto e chiotto chiotto; più frequenti i casi in cui la ripetizione dell’aggettivo ha dato luogo a locuzioni avverbiali (come il citato bel bello, ma anche il romanesco papale papale «esplicitamente»).
Anche la ripetizione degli avverbi sembra essere più spesso occasionale e con valore intensivo: adagio adagio, appena appena, bene bene, male male, giù giù, su su, poco poco, molto molto, tanto tanto, piano piano, sotto sotto (anche con significato di «segretamente»).
Tra i casi che hanno dato luogo a locuzioni avverbiali abbiamo già citato così così, ben bene, or ora; va aggiunto lemme lemme, a cui non corrisponde nessun avverbio semplice. Interessante il caso di due locuzioni romanesche: niente niente, usata con valore congiuntivo («se solo») o avverbiale («forse»); poco poco, usata come avverbio ma anche come congiunzione, nel senso di «se appena …»: poco poco ci provi, te le suono. Anche le locuzioni avverbiali possono essere reduplicate: in fretta in fretta e in fondo in fondo «in definitiva».
I nomi, la cui ripetizione occasionale – come s’è visto – è spesso legata a una risemantizzazione dell’elemento ripetuto, hanno dato luogo a locuzioni aggettivali (per es., terra terra «di basso livello») o avverbiali (oltre al citato man mano, menzioniamo passo passo «lentamente», torno torno «tutt’intorno», via via «progressivamente»); un caso di ripetizione cristallizzata in locuzione sostantivale è (il) fior fiore «(il) meglio»; segnaliamo anche la locuzione ironica puntini puntini, usata per indicare reticenza.
Hanno dato luogo a nomi polirematici maschili (➔ locuzioni; ➔ polirematiche, parole) alcune forme verbali alla seconda persona singolare dell’imperativo: oltre al già citato lecca lecca, ricordiamo arraffa arraffa, fuggi fuggi, corri corri, pigia pigia, il popolare magna magna: tutti nomi di azione indicanti eventi ripetuti e compiuti da agenti multipli.
Pochi i casi di congiunzioni reduplicate, che hanno formato locuzioni di natura avverbiale: per es., anche anche o pure pure («sarebbe ammissibile»).
Praticamente unico il caso di checché, reduplicazione cristallizzata (con univerbazione e raddoppiamento fonosintattico) di un pronome con valore concessivo («qualunque cosa»), ricalcato sul quid quid latino.
Numerose le onomatopee reduplicate, che hanno dato luogo a locuzioni spesso usate anche come nomi: bla bla, ciuf ciuf, pissi pissi, tam tam, toc toc, ecc. Anche espressioni idiomatiche possono contenere reduplicazioni: fare giacomo giacomo, detto di gambe che tremano per la paura.
Sulla reduplicazione come fenomeno testuale, in particolare del dialogo, cfr. Bazzanella (1995).
Bazzanella, Carla (edited by) (1995), Repetition in dialogue, Tübingen, Niemeyer.
Dressler, Wolfgang U. & Merlini Barbaresi, Lavinia (1994), Morphopragmatics. Diminutives and intensifiers in Italian, German and other languages, Berlin - New York, Mouton de Gruyter, pp. 510-528.
Lista delle polirematiche (Èulogos IntraText http://www.intra-text.com/bsi/listapolirematiche/indcat.htm).
Moravcsik, Edith (1978), Reduplicative constructions, in Universals of human language, edited by J.H. Greenberg et al., Stanford, Stanford University Press, 4 voll., vol. 3° (Word structure), pp. 297-334.
Scalise, Sergio (1994), Morfologia, Bologna, il Mulino.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.
Simone, Raffaele (200819), Fondamenti di linguistica, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 1990).
Wierzbicka, Anna (1991), Italian reduplication: its meaning and its cultural significance, in Ead., Cross-cultural pragmatics. The semantics of human interaction, Berlin - New York, Mouton de Gruyter, pp. 255-282.