REGGENZA
. È un istituto straordinario, temporaneo, proprio delle forme monarchiche di governo, che serve allo scopo di garantire la continuità ideale della corona, della quale impedisce la vacatio; in talune forme repubblicane serve allo scopo di garantire la continuità dell'ufficio supremo la vicepresidenza, che differisce però dalla reggenza per moltissimi altri peculiari caratteri. Le moderne costituzioni hanno tolto di mezzo la possibilità che un pubblico ufficio qual è la reggenza sia regolato, così come avveniva nelle passate monarchie, dalla volontà del re; prevista da quasi tutte le costituzioni, può sorgere solo nei casi e con le modalità da esse stabilite. Per gli articoli 12-16 dello statuto italiano si fa luogo ad essa quando il re vivente sia minorenne o quando, maggiorenne, sia nella fisica impossibilità di regnare. Dati i pericoli presentati negli andati tempi dalle reggenze, si cercò di abbreviarne il più possibile la durata e si stabilì che il re raggiunga (art. 11) la maggiore età a 18 anni compiuti, preferendosi così al governo di un reggente quello di un re diciottenne. Nel caso di minore età del re, reggente è il principe suo più prossimo parente nell'ordine di successione al trono, purché abbia compiuto gli anni ventuno (art. 12) e sia nella fisica possibilità di regnare; se però il principe, che dovrebbe esercitare la reggenza, è pure minorenne, questa spetta a un parente più lontano che, entrato in esercizio, la conserverà fino alla maggiore età del re (art. 13): non può cederla a colui che avrebbe dovuto, perché parente più prossimo, essere reggente anche se divenga maggiorenne prima del re: ciò per evitare pericolosi mutamenti di persona e per imprimere il carattere stesso dell'istituto monarchico, la stabilità, anche alla reggenza, la quale è inoltre sempre costituita, così come la corona, da un unico titolare, mai da un organo collegiale. Per assumere la reggenza occorre poi essere cittadino, maggiorenne, avere la fisica possibilità di assumerne le funzioni, non avere precedentemente rinunciato ai diritti successorî e appartenere, giusta il principio della legge salica applicata alla successione al trono, al sesso maschile. Qualora però manchino maschi, la reggenza apparterrà, in eccezione alla legge salica, alla regina madre (art. 14), la quale dovrà rinunciarvi quando un parente maschio del re sia in condizione di assumerla. Nel caso che manchi la regina madre, si fa luogo a una reggenza elettiva; potrà, cioè, fungere da reggente il cittadino eletto dalle camere convocate (secondo alcuni, in unica assemblea, o, meglio, secondo altri, in modo separato) dai ministri entro dieci giorni (art. 11): qualora la camera elettiva fosse sciolta, sembra corretto ritenere revocato il decreto di scioglimento; comunque, in tale lasso di tempo, si verifica una sospensione delle regie funzioni, una specie d'interregno, durante il quale l'azione dei ministri si deve limitare allo stretto necessario.
Il cittadino eletto, costituendo la sua elezione un'eccezione al principio ereditario della monarchia, manterrà l'ufficio finché possa essere sostituito da persona secondo l'ordine di precedenza segnato dallo statuto.
Le regole precedenti si applicano anche quando alla reggenza si debba ricorrere nel caso che il re maggiorenne non possa regnare per fisica impossibilità; in tal caso, però, se l'erede presuntivo del trono ha compiuto diciotto anni, egli sarà di pieno diritto reggente (art. 16): l'assunzione alla reggenza fa quindi per l'erede presuntivo cessare la minore età; chi l'avesse prima di lui assunta deve cederla all'erede presuntivo appena abbia raggiunto l'età maggiore.
Dei casi, che a priori non possono essere determinati, d'impossibilità fisica a regnare, chi può giudicare? In Inghilterra sono le camere che, provvedendo volta per volta al caso non previsto dalla legge, anche a questo provvedono con legge sanzionata non dal re, ma dal reggente. Nel silenzio dello statuto, date la delicatezza, la qualità e quantità degli apprezzamenti circa l'impossibilità fisica a regnare, sembra illogico ritenere che il re possa, sia pure col concorso dei ministri, apporre a quella suprema decisione dalla quale sorge la reggenza, la propria firma che, mentre dichiara la propria impossibilità fisica di regnare, la nega. D'altra parte non potrebbe il reggente, chiamato a giurare dopo che è stata proclamata la necessità della reggenza e prima di assumerne le funzioni (art. 23), partecipare all'atto che tale necessità dichiara. Secondo alcuni dovrebbero intervenire le camere a riconoscere e a constatare, con risoluzioni separate, l'esistenza della fisica impossibilità di regnare; secondo altri, ciò spetterebbe soltanto al consiglio dei ministri, all'organo che integra la regia competenza: comunque, deve anche, secondo il nuovo ordinamento italiano, intervenire il parere del Gran Consiglio del fascismo, trattandosi nel caso di questione avente carattere costituzionale.
Il reggente, dopo il giuramento, diviene organo costituzionale straordinario dello stato, organo secondario nei rapporti dell'organo primario, la corona, della quale egli esercita le competenze; tale divenendo non in virtù di una delegazione del re, ma in virtù diretta della costituzione, il reggente rappresenta la volontà dell'istituzione corona, non della persona fisica del re; fra questi e lui non intercede nessun rapporto di fiducia personale, e però egli esercita le regie funzioni con piena e assoluta indipendenza. Esercita tutte tali funzioni, nessuna esclusa, e per tutto il territorio dello stato nei modi e nelle forme e con le prerogative a tutela di esse stabilite (279 cod. pen.), tutela che rimane anche quando la reggenza abbia avuto termine: tali funzioni egli esercita così come verrebbero esercitate dal re se questi fosse maggiorenne o nella fisica possibilità di regnare. Non sorge, quindi, col sorgere della reggenza una diarchia: il re rimane re (rex non moritur), conserva titolo, dignità, prerogative, ma non può esercitare le funzioni regie; il reggente quindi non sale al trono, ma esercita le funzioni del re col concorso dei ministri del re, venendo gli atti relativi intestati al nome di quest'ultimo, giuridicamente considerati come atti della istituzione corona e, quindi, dello stato (v., sul reggente, gli articoli 276-78; 289-90 cod. pen.).
La reggenza cessa per la morte del re minorenne o quando questi raggiunga la maggiore età: in questo caso, in cui la durata della reggenza è facilmente determinabile a priori, la cessazione avviene di pieno diritto. Può cessare anche quando venga a cessare, il che non è a priori determinabile, la fisica impossibilità di regnare del re: questi, col concorso dei ministri può decretarne la cessazione; anche in questo caso occorre il parere del Gran Consiglio. Può poi cessare non la reggenza in sé, ma quella di quel dato titolare, per la morte di questo, per impossibilità fisica di esercitarne le funzioni, per rinuncia, per perdita della cittadinanza, per sostituzione della persona cui si debba provvedere secondo quanto si è accennato.
Distinta affatto dalla reggenza è la tutela (art. 17 dello statuto) che viene data con riguardo speciale alla persona fisica del re minorenne: essa spetta alla regina madre finché egli abbia compiuto l'età di sette anni, poi al reggente. Distinta da entrambe è poi la luogotenenza (v.).
Bibl.: A. Morelli, Il Re, Bologna 1899; F. Racioppi, e I. Brunelli, Commento allo Statuto del Regno, Torino 1909; E. Crosa, La monarchia nel diritto pubblico italiano, ivi 1922; E. Pagliano, Reggenza e Luogotenenza, Roma 1925. Cfr. inoltre i principali trattati di diritto costituzionale.