reggere [cong. pres. III singol. reggia, in rima]
Verbo attestato in tutte le opere volgari di Dante. Nel significato di " sostenere ", " sorreggere ": If XXIV 30 tenta pria s'è tal ch'ella [la scheggia] ti reggia.
Nel senso di " dirigere ", " governare ": Vn II 9 nulla volta sofferse che Amore mi reggesse sanza lo fedele consiglio de la ragione; Pg I 91 se donna del ciel ti move e regge; anche riferito a entità astratte: Rime LXXXIII 91 da questo terzo [il terzetto composto da sollazzo, amore e opera perfetta] retta / è vera leggiadria. Nella medesima accezione, ma con un particolare rilievo dato all'idea di freno e di temperamento, implicita nella nozione di governo: Cv III VIII 19 è più laudabile l'uomo che dirizza sé e regge sé mal naturato contra l'impeto de la natura... sì come è più laudabile uno mal cavallo reggere che un altro non reo; Pg XXII 40 Per che non reggi tu, o sacra fame / de l'oro, l'appetito de' mortali?
Tale significato di reggi, perfettamente a posto nel quadro degli usi danteschi di questo verbo, si fonda sull'interpretazione largamente maggioritaria (Lana, Buti, Anonimo fra gli antichi; Casini-Barbi, Scartazzini-Vandelli, Torraca, Porena, Chimenz, Mattalia fra i moderni) che considera il passo dantesco come un travisamento, involontario o intenzionale che sia, del virgiliano " Quid non mortalia pectora cogis, / auri sacra fames ! " (Aen. III 56-57), spiegando: " Perché [così infatti si può anche leggere il Per che del testo, e così leggevano l'edizione del '21 e il Casella] non sei tu, o brama sacra (giusta, misurata) dell'oro, a guidare l'appetito degli uomini? ". Spiegazione che meno sforza la lettera del testo dantesco e più si adatta alla situazione di Stazio, prodigo che si ravvede. Meno a posto sarebbe invece, all'interno dell'uso dantesco, un'equivalenza di reggi con " spingi ", " trascini ", qual è quella postulata dall'altra interpretazione (Ottimo e Benvenuto fra gli antichi; Sapegno e Petrocchi fra i moderni) che si sforza di conciliare il senso del passo dantesco col testo virgiliano: " Per quali opere, a quali malvagità, non trascini tu, o esecranda fame dell'oro, l'appetito dei mortali? " (Sapegno). Il Petrocchi, pur accettando questa interpretazione, ha ritenuto di poter dare al verbo il significato più comune di " conduci ", " rechi ", o anche " guidi " (già così del resto il Rosa Morando nelle sue Osservazioni sopra il Comento della D.C., Verona 1751). Resta però il fatto che r. è verbo semanticamente caratterizzato nel senso della guida e del freno razionale, e che quindi difficilmente si potrebbe riferire a una forza cieca e irrazionale quale l'esecranda fame dell'oro. Proprio il rispetto di questa caratteristica semantica di r., e insieme il bisogno di conservare a sacra fame l'accezione negativa che è nel testo virgiliano, ha indotto qualche interprete (Serravalle tra gli antichi, Del Lungo tra i moderni) a escogitare una terza interpretazione del passo dantesco, sottile ma ancor meno persuasiva: " Perché, o esecranda fame dell'oro che trascini al male l'appetito dei mortali, non lo regoli invece e governi (‛ reggi ') non lo costringi nei giusti limiti, in quanto l'oro sia aPPetile come mezzo e strumento di bene...? " (Del Lungo).
Detto nei riguardi di una comunità o di un paese, e quindi col significato di " governare ", " amministrare " (per cui cfr. il corrispettivo latino regere, parola tematica della Monarchia): If XIX 87 chi Francia regge; Pg VII 98 resse la terra dove l'acqua nasce...; XX 51 i Filippi e i Luigi / per cui novellamente è Francia retta; anche senza complemento, con uso assoluto del verbo: Cv IV VI 18-19 Congiungasi la filosofica autoritade con la imperiale, a bene e perfettamente reggere. Oh miseri che al presente reggete! e oh miserissimi che retti siete!; v. anche IV IV 5, dove ricorre l'unico esempio di participio presente, e Pd XVI 101.
Con specifica allusione all'esercizio della sovranità regale, anche figuratamente: If I 127 In tutte parti impera e quivi regge; / quivi è la sua città e l'alto seggio: " Dio esercita il suo potere (come imperatore) su tutto il creato, e governa direttamente (come re) nel Paradiso " (Sapegno); cfr. il v. 124 quello imperador che là sù regna. La donna che qui regge (If X 80) è Proserpina, moglie di Plutone, identificata nella mitologia con la Luna; cfr. IX 44 la regina de l'etterno pianto.