REGGIO nell'Emilia (XXVIII, p. 994)
La città conserva ancora elementi dell'antica fisionomia; il cardo, braccio nord, oggi Via Roma è poi scomparso in parte, a sud della Via Emilia, che formava il decumano della città; il graticolato dell'antico agglomerato è evidente ancora in certe zone, ad esempio quella fra le vie Guidelli, Boiardi, Toschi e Via E. S. Pietro. Reggio fu colonia sotto Augusto, e fiorì durante l'impero; ma i barbari la devastarono tanto che nel sec. IV d. C. era ormai pressoché distrutta. Si formò poi un nucleo attorno al vecchio centro romano e, nel sec. X, venne cinto di mura. Il comune allargò la cerchia della città, fissandone gli accessi che difese con torri merlate; e stese fra l'una e l'altra delle porte una cortina muraria con difese minori; ciò nei secoli XII e XIII. Ebbe poi, nel 1337, una cittadella, costruita da Luigi Gonzaga, signore di Reggio, a difesa del suo dominio insidiato dall'esterno e dall'interno. Infine per ragioni militari, per ordine del duca Francesco I d'Este, la vecchia cinta comunale venne integrata dalla fortificazione del sec. XVI, e poi demolita negli ultimi anni del secolo XIX e nei primi del XX.
Negli ultimi anni la città ha fatto notevoli progressi; nuovi quartieri sono sorti, uno dei quali amplissimo lungo il Crostolo, a valle del Camposanto; un altro di case popolari di là da detto torrente. La stazione ferroviaria è stata totalmente ricostruita; anche il cimitero ha avuto una bella facciata ricca di marmi. La città è stata poi dotata di edifici scolastici, di un grande sanatorio, di un dispensario, di un preventorio per bambini, di ponti sul vicino Crostolo, tutti fabbricati ex-novo. Le industrie si sono notevolmente sviluppate con l'allargamento delle officine meccaniche reggiane e con la creazione di un'officina aeronautica Caproni presso l'aeroporto militare, di un grandioso oleificio e d'importanti calzifici, mentre, nel campo agricolo, il consorzio grana reggiano ha dato grande incremento a questo prodotto ormai tipico; notevole auche l'impulso alla lavorazione industriale delle carni suine e a quella enologica.
I dati del censimento del 21 aprile 1936 sono i seguenti: comune: superficie 231,55 kmq.; abitanti 93.913 (residenti; 93.958 presenti); densità 406 per kmq.; abitanti nel centro urbano 49.069 (residenti).
Oltre all'archivio, Reggio ha biblioteche, due delle quali importanti: la Municipale e la Capitolare e altre minori; ospita un grande manicomio giudiziario. I musei civici sono stati totalmente riordinati nelle sezioni: storia naturale, con l'antica raccolta di L. Spallanzani e con la recente dell'esploratore Raimondo Franchetti (morto nel 1935), che ha esemplari unici in Europa; paletnologia ed etnografia; gliptoteca; galleria Fontanesi; museo del Risorgimento; museo dell'artigianato; gabinetto numismatico. Alle scuole medie d'ogni tipo occorre aggiungere l'Istituto tecnico agrario A. Zanelli.
Monumenti. - Dell'epoca romana si sono trovati soltanto pavimentazioni di strade o di case, nonché numerosi frammenti, ora al Museo civico. Sul più interessante litostrato lasciato in luogo, poggia, in parte, la fondazione della cupola del duomo; ha simboli bacchici ed è la riprova della tradizione secondo la quale la primitiva chiesa fu fondata su un tempio romano.
Poco rimane dell'arte romanica se non nel Palazzo del Capitano, recentemente ricostruito, e in qualche traccia nella chiesa e campanile di S. Giacomo maggiore e in quella di S. Domenico; quasi nulla della gotica se non qualche misero resto in S. Francesco e altrove.
Il Rinascimento cominciò a Reggio con le forme lombardeggianti, ispirate piuttosto al Filarete, di Antonio Casotti; questo spiega come per quasi tutto il Quattrocento si conservi l'arco acuto (palazzo Zoboli ora Magnanini, O. P. Esposti, ece.) o lo si adoperi promiscuamente a quello tondo (palazzo Arlotti ora Zuccoli). Così avviene nel capolavoro del Casotti, il grande convento delle Grazie, del quale non rimangono che poche e monche vestigia.
È certamente il vescovo Buonfrancesco Arlotti (morto nel 1508), che, venendo da Roma, porta a Reggio l'afflato del maggiore Rinascimento, trasfuso in Bartolomeo Spani, orefice, architetto e scultore, che era stato con lui nella città eterna. Ma il sapore resta sempre lombardo. Ecco quindi le nuove absidi del duomo, di gusto bramantesco, e i numerosi palazzi, quello detto dei Boiardi di Andrea Fontanelli (ora Terrachini da poco restaurato) i palazzi Ruini, Linari, vescovile (interno), Beatrice Fontanelli, Trotti (detto Mari), ecc., opere dello Spani e anche di altri, come Cesare Cesariano che, probabilmente, architettò quest'ultimo edificio. Non è, invece, da attribuirsi allo Spani la Madonna in rame sbalzato (cfr. p. 995) sul tiburio del duomo, bensì a un seguace di Nicolò dell'Arca.
Notiamo ancora, in duomo, di Bartolomeo Spani, un sepolcro d'ignoto. E, inoltre, un quadro di scuola del Francia, la marmorea cappella Toschi. Nel vicino battistero, anche il sacro fonte è opera dello Spani. Nel tempio di S. Prospero osserviamo anche il coro, scolpito e intarsiato deliziosamente dai Veneti di Cremona nel 1546; un quadro del Sodoma, uno dello Zacchetti. Su disegno del Vignola è, si afferma, il palazzo Rangone (un tempo Scaioli). Ai primi del Seicento si formò a Reggio un'accademia pittorica che trasse origine dal bolognese Leonello Spada e dal Massarini, dopo che era emigrato un pittore reggiano di alto valore, Luca Ferrari (opere: alla Ghiara, in San Pietro e al museo; e, in Firenze, agli Uffizî). Essa continuò sino alla fine del Settecento.
Nei secoli XVII e XVIII Reggio decadde anche artisticamente e si riprese soltanto nella seconda metà di questo. In quel tempo si rimaneggiarono molti templi e si edificarono la chiesa di S. Girolamo (G. Vigarani, sec. XVII), l'oratorio di S. Carlo e i palazzi Trivelli, Sormani e numerosi splendidi scaloni; poi, durante il periodo neoclassico, sorsero il Foro Boario, ora caserma, i palazzi Corbelli, Trivelli (ora posta), Ottavi, Carmi, ora Casa del Fascio, ed altri ancora; poi venne la distruzione e la quasi totalità delle facciate scomparve sotto il manto dell'intonaco comune. La reazione di questi ultimi tempi è però evidente in numerose ricostruzioni dall'antico.
Esistono inoltre varie raccolte d'arte private; Cassoli, Tirelli-Prampolini, ecc. La galleria Parmeggiani, divenuta proprietà comunale, si è estesa in più numerose sale e si è arricchita di parecchie opere d'arte. Segnaliamo in essa anche la raccolta, ora disposta (1937), di velluti e sete rarissimi. All'edificio di stile gotico-moresco, il cui grande portale è stato importato dalla Spagna, è stata aggiunta una sottile guglia con cuspide dorata.
Notiamo infine il monumento ai caduti (scultore Bazzoni), nel giardino pubblico ampliato ed arricchito di statue, busti e fontanelle nonché del monumento funebre dei Concordi, riesumato presso Boretto e trasportato qui.
(p. 996). - Palazzo Ruini non ha elementi gotici ed è, certo, posteriore alle opere citate del Rinascimento perché costruito ai primi del sec. XVI. Il palazzo Fossa, ora Banco San Prospero, è della fine del secolo XIV.
La provincia. - Per le bonifiche delle terre basse, la provincia fu sempre all'avanguardia; furono i Romani ad iniziarle; riprese nei secoli XIII e XIV, ebbero grande impulso nel XVI per opera del marchese Cornelio Bentivoglio; infatti la Bonifica Bentivoglio continua tuttora il suo svolgimento; quella di Parmigiana Moglia, per impulso di N. Prampolini, è già quasi compiuta e le acque di derivazione dal Po irrigano e fertilizzano tutta la zona dei comprensorî, frutto di un lavoro gigantesco.
Il territorio della provincia non ha importanti risorse minerarie. Vi sono tuttavia, sparse un po' dovunque, importanti fabbriche di laterizî, di cemento e gesso (Scandiano e Vezzano), cave di pietra da taglio (Collagna e Vetto) e di pietrisco (Rossena).
Tra i fenomeni geologici è notevole la Salsa di Querzola, nel comune di Viano. Altrove sono trascurabili tracce di minerali di ferro e rame, di zolfo, di carbone e di petrolio.
Scarsi resti di manifestazioni popolari si trovano ancora nell'alta montagna nei "maggi". Il dialetto, che appartiene al gruppo dei gallo-italici, è parlato con poche variazioni in tutta la provincia, con infiltrazioni toscane nell'estremo lembo meridionale.
La parte dell'alto Appennino è ricca di paesaggi notevoli e di belle selve che avranno larga diffusione dall'assidua azione di rimboschimento.
I lavori più importanti compiuti durante l'ultimo quinquennio sono: correzioni, sistemazioni e costruzioni di tronchi stradali; ricostruzione di abitati e sistemazione di bacini idraulici e forestali, sistemazioni importanti di argini del Po e di altri corsi d'acqua, cimiteri, fognature, acquedotti, case municipali, scuole e opere pubbliche in genere, che hanno in gran parte rinnovato l'assetto della provincia e la sua attrezzatura.
A pochi chilometri dal capoluogo sorge il grande Istituto psichiatrico di San Lazzaro recentemente arricchito di nuovi padiglioni.
La viabilità è buona: la provincia è attraversata da oriente ad occidente per km. 33,3 dalla Via Emilia e da settentrione a mezzogiorno dalla strada statale n. 63 del Cerreto, da Gualtieri a La Spezia, percorsa al margine settentrionale dalla statale n. 62 della Cisa: due ponti di chiatte (Boretto e Guastalla) la collegano attraverso il Po con la provincia finitima di Mantova.
Oltre le ferrovie secondarie che portano a Sassuolo, Guastalla, Correggio, Carpi, Boretto e Ciano, una fitta rete di autoservizî copre tutto il territorio. Le strade statali, provinciali e comunali si estendono nel 1937 per circa 2200 km.
La provincia ha un solo circondario, sei mandamenti e 45 comuni. Essa comprende due diocesi, i limiti delle quali però non coincidono con quelli politici, poiché quella di Reggio si addentra anche in territorio modenese. Ecco i dati: Diocesi di Reggio: parrocchie in città 13, nel rimanente territorio 234; seminarî 2. Il vescovo porta il titolo di principe. Diocesi di Guastalla: parrocchie 27, seminarî 1.
Nella provincia esistono 5 conventi maschili e 60 fra conventi e istituti, collegi, asili tenuti da suore e istituzioni ospedaliere da esse assistite.