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REGÌA

di Mino Argentieri - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)
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REGÌA

Mino Argentieri

(App. II, II, p. 678)

Cinematografia. - Dagli anni Trenta in poi, nell'attività cinematografica, la r. ha acquistato caratteri tali da consentirle di esercitare un pieno controllo dei processi creativi, partecipando il regista anche alla sceneggiatura, al montaggio e all'edizione del film. Questo tipo di coinvolgimento, già presente nelle opere neorealiste del dopoguerra italiano e nel cinema sovietico del periodo muto, sfocia nella preminenza della figura del regista-autore, ha un vigoroso impulso per merito della Nouvelle vague francese e del Free cinema britannico, e s'impone nelle cinematografie dei paesi europeo-orientali e anche a Hollywood, che sino al decennio Cinquanta, solo in via eccezionale, aveva derogato dalla norma di limitare le funzioni registiche alla direzione delle riprese e alla guida degli interpreti. In ogni parte del mondo, al divismo degli attori e delle attrici ne subentra un altro, nutrito da un pubblico provvisto di motivazioni culturali; un divismo che si basa sulla fama di cineasti come A. Hitchcock, J. Ford, O. Welles, B. Wilder, W. Wyler, F. Fellini, I. Bergman, A. Kurosawa, L. Buñuel, J.-L. Godard, F. Truffaut, L. Visconti, M. Antonioni, S. Kubrick.

A film sempre più personali e in sintonia con una poetica corrisponde l'evoluzione di un mestiere su cui influiscono i progressi delle mediazioni tecnologiche. Ad arricchire la virtualità espressiva dei creatori e a innovare la ''scrittura filmica'' contribuiscono molti fattori, tra i quali il ricorso a obiettivi che assicurano la messa a fuoco del campo visivo anche in profondità e il trascorrere da un'inquadratura all'altra senza produrre bruschi stacchi, il cosiddetto piano sequenze o montaggio interno, l'accresciuta sensibilità della pellicola, che riduce l'apporto di ingombranti apparati luministici, l'introduzione di cineprese leggere, agilmente manovrabili, nonché il collaudo di attrezzature che danno all'occhio cinematografico una sinuosità prima impensabile e indenne dagli inconvenienti imputabili alla ripresa effettuata con la macchina in mano. Esempi significativi: le scene girate a colori da S. Kubrick in Barry Lyndon (1975), al lume di una folta siepe di candele; le sequenze dirette dallo stesso regista in The Shining (1980) attorno al labirinto di neve e nei corridoi dell'albergo, velocemente e nervosamente percorsi.

L'ingresso dell'elettronica sul set, principalmente nell'industria statunitense, ha giovato al predominio degli effetti speciali, premiando la spettacolarità più inebriante, che punta alla meraviglia dello spettatore. In questo caso, il regista rischia di essere assoggettato all'inventiva degli ingegneri, incaricati d'ideare e animare ordigni, navicelle spaziali, robot, entità extraterrestri, satelliti, meteoriti, giganteschi animali preistorici. In cineasti come G. Lucas, F. Ford Coppola, S. Spielberg, tuttavia, l'incontro con gli specialisti dell'elettronica non ha mortificato l'estro e la fantasia. Su questo connubio riposano l'avvenire della r. cinematografica e l'affrancamento del linguaggio filmico da non poche limitazioni ancora persistenti. M. Antonioni, in Il mistero di Oberwald (1980), impiegando mezzi elettronici e trasferendone gli esiti cromatici su pellicola, ha dimostrato che sullo schermo il colore può acquisire la libertà di cui godono i pittori. Un esperimento volto a distillare immagini di un'arcana limpidezza e pastosi effetti è Giulia e Giulia (1987) di P. Del Monte.

Alla fine del 20° secolo, l'intreccio tra tecniche del cinema e risorse della comunicazione elettronica si annuncia foriero di radicali rivoluzionamenti, soltanto in parte anticipati dall'avvento della televisione. Nondimeno, lo spettacolo e l'informazione televisivi hanno generato anche nella r. nuove e specifiche competenze, non impedendo trasmigrazioni da un ambito all'altro e commistioni di procedure linguistiche.

Film-maker. - Da non confondere con chi eserciti un'attività cinematografica a carattere dilettantesco, il film-maker è un personaggio che assomma in sé ruoli che nei processi industriali sono abitualmente ripartiti tra più specialisti. Regista, sceneggiatore, montatore, direttore della fotografia, raramente responsabile del commento musicale, rivendica il ripristino dei metodi artigianali ancora in vigore agli inizi del secolo e poi scalzati da pratiche esaltanti la collegialità degli apporti alla confezione di un film. Assertore di una completa libertà espressiva ed estraneo alle organizzazioni commerciali del cinema, le sue fatiche si fondano sulla mediazione tecnologica (attrezzature sempre più perfezionate, stabilimenti di sviluppo e stampa, laboratori di sonorizzazione, ecc.) e abbisognano di organismi, sia pure anomali, che diffondano e facciano circolare i prodotti realizzati. Punto d'approdo per i film sono i cineclubs, le sale specializzate, i circuiti culturali, le gallerie d'arte, i musei, le scuole, le università, le aggregazioni politiche e sindacali, i festival che prestano attenzione a un cinema libero da vincoli commerciali e da servitù ideologiche.

Negli Stati Uniti i film-makers hanno dato vita a un mercato parallelo, la cui consistenza economica, tuttavia, non è facilmente quantificabile e che ingloba gran parte della produzione indipendente americana, priva di legami con Hollywood. Tentativi analoghi sono stati attuati in Europa, talvolta servendosi di organismi e finanziamenti pubblici o appoggiandosi a gruppi politici. Eredi delle insofferenze e delle aspirazioni delle avanguardie storiche, i film-makers spaziano dalla fiction al documentario sociale, dallo sperimentalismo al cinema militante e allo sconfinamento nella video-art, dalle composizioni informali alle materializzazioni di una fantasia visionaria. Strumenti preferiti: la pellicola a 16 mm e a Super 8 e, più recentemente, il nastro elettronico, grazie al quale diventa possibile l'esecuzione di contrappunti visivi nel corso di rappresentazioni teatrali, di concerti o di happenings.

Se, per un verso, i film-makers non hanno mai smesso di dedicarsi al rinnovamento del linguaggio e dei generi, per l'altro non si sono distaccati da fermenti e tensioni che hanno scosso il nostro tempo. Il femminismo, la contestazione studentesca del 1968, le battaglie per i diritti civili, le lotte sindacali, le istanze degli omosessuali e degli ecologisti hanno pervaso lo spirito di non pochi film, senza escludere l'accesso a un erotismo completamente disinibito e alla pornografia vera e propria. Una relazione d'interdipendenza v'è stata tra il cinema dei film-makers e alcune tra le testimonianze culturali e artistiche più valide dell'ultimo ventennio, dal New American cinema al britannico Free cinema, dai saggi dell'ungherese Studio B. Balázs ai componimenti dell'italiano A. Grifi, dalle investigazioni sociologiche ed etnografiche di J. Rouch ai film di S. Agosti.

Bibl.: F. Pasinetti, G. Puccini, La regia cinematografica, Venezia 1945 (apparso anche a puntate su Cinema, 152-167, 1942-43); AA.VV., Il mestiere del regista, Milano 1954; S. Ejzenštejn, Forma e tecnica del film e lezioni di regia, Torino 1964; P.G. Murgia, G. Ferrara, R. Tomasino, Regia cinematografica e televisiva, Roma 1970; T.St. John Marner, Grammatica della regia, Milano 1989; S. Ejzenštejn, La regia - l'arte della messa in scena, Venezia 1989; G. Vaiano, Regìa anni Novanta tra cinema e televisione, Roma 1990; S. Ejzenštejn, Stili di regia, Venezia 1993.

M. Geduld, Film makers on film making, Bloomington 1967; K. Malkiewez, Cinematography: a guide for film makers, New York 1973; S. Chaneles, A. Holsky, The movie makers, Londra 1974; L. Patterson, Black. Films and film-makers, New York 1975; A.S. Horton, J. Magretta, Modern european film-makers and the art of adaptation, ivi 1981; AA.VV., Registi cinematografici, Milano 1986.

Vedi anche
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Vocabolario
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