SABA, Regina di
Il più antico racconto che conosciamo sulla regina di Saba è nella Bibbia (I [III] Re, XI,1-13; II Cron., IX, 1-2), dove è narrato che la regina di Shebha (alla quale non è dato alcun nome), mossa dalla fama di Salomone si reca a Gerusalemme con una grande carovana e con preziosi doni per vederlo e provarlo con enigmi. La magnificenza della reggia e la sapienza di Salomone destano la meraviglia della regina, che proclama beati i suoi servitori, e benedice Iddio che si è compiaciuto in lui e lo ha posto re perché affermi il diritto e la giustizia; poi, colmatolo di doni, tra i quali pietre preziose e aromi, dei quali mai si era veduta tanta quantità, la regina torna nel suo paese. Nel Vangelo (Matteo, XII, 42; Luca, XI, 31) è menzionata la regina di Saba con il nome di βασίλισσα τοῦ νότου o regina dell'Austro.
Sia per la denominazione che il paese della regina ha nella Bibbia (Shebhā = Saba) sia per la menzione degli aromi, ecc., esso è da molti identificato con il regno sabeo. Ma alcuni osservano che l'esistenza di regine in Saba non è testimoniata dai nostri documenti (mentre ad essa credono il Glaser ed E. Meyer, che la pongono in relazione con il matriarcato), e che nulla permette di supporre che le più antiche iscrizioni sabee rimontino al sec. IX o al x, e che all'epoca di Salomone esistesse un grande stato sabeo. Nel personaggio biblico si dovrebbe dunque riconoscere piuttosto una delle regine arabe del Nord, delle quali è nota la menzione nei documenti assiri (v. arabi: Storia, III, p. 822).
Lo schema della narrazione biblica si ritrova poi ampliato e arricchito da fantastici particolari e da tratti leggendarî e favolosi in testi di origine musulmana, e anzitutto nel Corano. Questo, nella Sūrah XXVII, 20-45, narra che Bilqīs, regina di Saba, adoratrice del Sole, riceve per mezzo dell'upupa, inviata da Salomone, l'invito di questo a convertirsi all'adorazione del vero Dio. Bilqīs gli manda i suoi legati con ricchi doni, ma il re, non pago di questi, minaccia l'invasione con i suoi eserciti; la regina si reca allora in persona da Salomone e si converte poi al culto del vero Dio. Fra i tratti della narrazione coranica, qui appena accennata, è notevole l'astuzia di Salomone, che simula con il vetro un bacino d'acqua, onde, quando la regina entra nella sala dove siede il re, è indotta dalla falsa apparenza a scoprire le sue gambe. Ciò allude (e il testo coranico, qui come altrove, è, più che narrazione completa, accenno a fatti di cui è presupposta la conoscenza) alla leggenda della nascita della regina di Saba da madre demonica (da un ginn, v.), nascita che ha la sua traccia nella villosità delle gambe della regina, o, secondo altri racconti, nel suo piede a zoccolo d'asino.
Tutti questi tratti leggendarî ed altri ancora sono assai sviluppati in altri testi musulmani, anzitutto nei commenti del Corano; e sono anche riassunti nella compilazione di ath-Tha‛labī, teologo ed esegeta musulmano, morto nel 1035 d. C., sui racconti profetici (qiṣaṣ al-anbiyā'). Così, per esempio, i predetti commenti e poi altri testi narrano che l'invenzione e l'uso, per la prima volta, della pasta depilatoria (nūrah) rimediano alla deformità che aveva destato la ripugnanza di Salomone. Varî sono poi i racconti circa il matrimonio o l'unione di Salomone con la regina la quale, secondo alcune redazioni, sarebbe invece stata data da lui in sposa al Tubba‛ o re dello Yemen. Alla regina è anche attribuito dalla leggenda l'uccisione del tirannico suo predecessore, la costruzione della famosa diga di Ma'reb, ecc. In alcuni tratti di queste leggende alcuni scorgono tracce d'influenze straniere, per lo più iraniche.
L'origine del nome Bilqīs non è chiara; è, secondo alcuni, corruzione del greco παλλακίς "concubina", per gli amori di Salomone con lei, secondo altri di Nikaulis, nome che in Flavio Giuseppe (Ant. Jud., VIII, vi, 1) è dato alla regina.
È certo possibile che le strane leggende musulmane che hanno così deformato il racconto biblico siano attinte, come è avvenuto per molte altre che appaiono nel Corano o nella letteratura posteriore, da fonte giudaica; ma non è certo argomento decisivo per questa conclusione il fatto che il secondo Targūm del Libro di Ester contiene un racconto simile a quello della leggenda musulmana; poiché è ben possibile, come è avvenuto in alcuni casi, che il Targūm o altri monumenti giudaici attingano al materiale musulmano. Nel Talmūd non appare alcun cenno del racconto e delle leggende sulla regina di Saba.
Anche in Etiopia è diffusa la leggenda della regina di Saba. Essa ha la sua elaborazione letteraria nel Kebra Nagast (Gloria dei re), specie di romanzo religioso sulla regina di Saba, Salomone e il loro figlio Menelik, redatto, secondo l'opinione più verosimile, nel primo quarto del sec. XIV a gloria della dinastia salomonide, sorta da poco nella regione degli Amhara. La regina è ivi chiamata Mākedā; secondo questo racconto ella dal suo regno di Etiopia si reca a Gerusalemme a vedere Salomone, dall'unione col quale nasce, tornata la regina in Etiopia, Menelik, detto anche Ebnā Hakīm "figlio del saggio". Egli, educato presso il padre Salomone, ritorna poi in Etiopia, dove questi vuole che sorga un altro regno giudaico; in seguito Menelik si reca ancora a Gerusalemme, e ne sottrae il tabernacolo per portarlo ad Axum, dove rimane conservato per la gloria e la fortuna del regno salomonide. La regina Mākedā abdica poi in favore del figlio, da cui discende la dinastia salomonica. È possibile che in questo racconto, che in alcune parti è eco della leggenda musulmana, e contiene molti degli elementi ad essa proprî, siano trasmesse antiche tradizioni abissine: la regina vi è infatti sempre rappresentata come principessa etiopica.
Anche nell'Abissinia moderna la storia di Mākedā e di Menelik è assai diffusa, e contaminata con altri racconti leggendarî; una redazioi di essi in lingua tigrè, pubblicata dal Littmann, combina la leggenda della regina Mākedā con quella del dragone adorato nel Tigrè e al quale erano offerte in sacrificio le primogenite. Quando fu il turno della regina del sud (così è qui chiamata la regina di Saba), cui i genitori avevano esposta al dragone, essa fu salvata dai nove santi (v. etiopia: La Chiesa di Etiopia, XIV, p. 481).
Bibl.: F. Praetorius, Fabula de Regina Sabaea apud Aethiopes, Halle 1870; G. Rosch, Die Königin von Saba als Königin Bilqis, in Jahrb. für protest. Theol., VI (1880); M. Grünbaum, Neue Beiträge zur semitischen Sagenkunde, Leiden 1893; Kebra Nagast, Die Herrlichkeit der Könige, ed. e trad. ted. di C. Bezold, Monaco 1905; E. Littmann, The legend of the Queen of Sheba, Bibliotheca abessinica, I, Leida e Princeton 1904; E. A. Wallis Budge, The Queen of Sheba and her only son Menyelek, Oxford e Londra 1922 (ristampa 1922; 2ª ed., 1932); L. Ginzberg, Legends of the Jews, Filadelfia 1903-1928.