CASTIGLIA, REGNO DI
Dal punto di vista della storia politica, gli sviluppi militari e dinastici della Castiglia del primo Duecento hanno poco a che fare con la Germania e la Sicilia di Federico II, anche se nel 1219 il matrimonio di Ferdinando III di Castiglia con Beatrice, figlia di Filippo di Svevia, dimostrò chiaramente quale importanza avesse per una dinastia iberica con le sue ambizioni e pretese 'imperiali' uno stretto legame con i rappresentanti di maggior spicco del Sacro Romano Impero. Ancora più importante nella storia federiciana fu il rapporto tra la comunità ebraica di Castiglia e l'imperatore, in particolare la figura di Judah-ha-Cohen (v.), scienziato di Toledo. Si inizierà quindi con una breve descrizione degli eventi principali occorsi nel Regno di Castiglia dopo il 1200, per poi concludere con l'analisi degli elementi culturali che lo caratterizzarono.
Nei primi anni del XII sec. il Regno di Castiglia soffrì gli effetti dell'espansione dell'Impero almohade nella penisola iberica. Una prima fase di espansione del Regno sotto Alfonso VII (m. 1157) fu arrestata dall'arrivo dal Marocco di armate berbere che incarnavano una visione ortodossa dell'Islam, intollerante verso i cristiani e gli ebrei. Una delle conseguenze fu la fuga della famiglia dell'ebreo cordovano Maimonide dalla Spagna a Fez per poi stabilirsi in Egitto. Lì il filosofo scrisse la Guida dei Perplessi, che fu considerata per alcuni versi un ponte tra le opere del musulmano Averroè e quelle del napoletano del tardo Duecento Tommaso d'Aquino. Per i castigliani il culmine della minaccia almohade si raggiunse nel 1195 con la successiva sconfitta nella battaglia di Alarcós. La disfatta subita si può considerare più il risultato di tensioni interne che il riconoscimento di una superiorità strategica e tattica degli Almohadi su castigliani e aragonesi. Nella battaglia di Las Navas de Tolosa (1212), le armate degli stati cristiani della penisola iberica, in un raro momento di unità, avrebbero ucciso ventimila musulmani, subendo di contro perdite di soli venticinque uomini. Anche se questo non può essere considerato un dato oggettivo, in ogni caso la macchina militare almohade era stata indebolita da diversi fattori: cattiva amministrazione, incompetenza di un califfo privo di una visione politica adeguata e, infine, mancanza di interesse fra i musulmani iberici per la teologia astratta e rivoluzionaria del movimento almohade. Il re di Castiglia, Alfonso VIII, aveva così rilanciato una grande opera di penetrazione militare e coloniale nella Spagna meridionale, identificata in seguito da una parte della storiografia spagnola come la Reconquista. La visione della penisola iberica cristiana sotto il dominio della Castiglia rimase comunque per molti solo un sogno.
L'importanza del regno (1217-1252) di Ferdinando III di Castiglia risiedette sia nella strenua prosecuzione del processo di Reconquista dell'Andalusia che nell'unione avvenuta nel 1230 tra la Castiglia e il suo nemico di sempre, il Regno di León. Comunque già nel 1218 papa Onorio III aveva dichiarato che Ferdinando doveva essere considerato l'erede legittimo al trono di León. In seguito a questa alleanza, la Castiglia-León divenne la più grande entità politica della penisola, con un lungo fronte aperto contro i musulmani, i quali, dopo le sconfitte subite dagli Almohadi, si erano divisi in piccoli Regni e signorie a Niebla, Murcia e altrove. In parte questa frammentazione politica fu il risultato del rifiuto dei califfi almohadi, stanziati a Marrakesh, di fornire truppe per la resistenza dei musulmani contro i cristiani. È necessario comunque sottolineare che mercenari cristiani furono sempre pronti a offrire i loro servizi ai signori musulmani, e sotto quest'ottica gli scontri tra armate 'cristiane' e 'musulmane' avevano piuttosto acquistato il carattere di scontri tra le armate al soldo dei re cristiani e quelle al soldo dei re musulmani.
La serie di vittorie riportate intorno al 1230 dalla Castiglia-León culminò nel 1236 con la presa di Cordova, città che pur avendo perduto il suo antico ruolo di capitale culturale e politica di al-Andalus conservava ancora una funzione simbolica con la sua importante moschea. Fra coloro che difesero la città si trovavano, come di consueto, anche alcune centinaia di mercenari cristiani al servizio del signore musulmano Ibn Hūd. In seguito a questi eventi Ferdinando poté firmare una tregua con Ibn Hūd e con il suo rivale Muḥammad b. al-Aḥmar, fondatore della dinastia dei Nasridi che dopo il 1250 avrebbero governato un piccolo Regno nei dintorni di Granada. La strategia castigliana fu diretta più a trasformare i signori musulmani in vassalli del re di Castiglia che a conquistare i loro territori, un progetto che sarebbe risultato troppo ambizioso alla luce della scarsità di truppe e della riluttanza dei coloni. Ferdinando mirava piuttosto alla creazione di una 'finestra' castigliana sul Mediterraneo, in parte anche per ostacolare l'espansione vigorosa dei suoi rivali cristiani, i catalani e gli aragonesi, che, entrati nel territorio di Valenza proprio in quegli anni, si impadronirono della città nel 1238. In accordo con i precedenti trattati stipulati tra Castiglia e Aragona, vale la pena ricordare in particolare quello del 1179, quando il Regno musulmano di Murcia, a sud di Valenza, cadde sotto la sfera d'influenza della Castiglia mentre i castigliani chiedevano la sottomissione del re al-Wāthiq, figlio di Ibn Hūd. La penetrazione militare dei castigliani nel territorio di Murcia fu comunque limitata e non si potrebbe parlare a questo punto di una vera e propria 'conquista' di Murcia, che avvenne solo nel 1265.
La più importante conquista di Ferdinando ebbe luogo nel 1248 con la presa di Siviglia. Il re concepì una politica radicale in Andalusia, con l'espulsione dalle grandi città dei musulmani (anche se questi ultimi ritornarono nei centri urbani dando vita a nuovi sobborghi). Il problema più pressante che Ferdinando dovette affrontare fu comunque la mancanza di coloni cristiani pronti a spostarsi nelle zone di battaglia dell'Andalusia, anche se allettati da vantaggiose offerte di terreni e privilegi. Si sa che alcune importanti famiglie ebraiche ottennero delle proprietà nei dintorni di Siviglia e più tardi di Jerez de la Frontera, dove si adoperarono per la produzione e la commercializzazione del vino, industria scomparsa sotto il dominio musulmano. Purtroppo la mancanza di coloni ‒ tenuto anche conto che la Castiglia non fu mai una terra densamente popolata ‒ rimase un problema insoluto. La società andalusa del XIII sec. divenne così una mescolanza di coloni cristiani, ebrei (questi ultimi già abbastanza arabizzati) e musulmani indigeni. In questo ultimo gruppo non dobbiamo tenere conto dei notabili che, avendo perso ogni interesse in al-Andalus, emigrarono in gran parte verso l'Africa o, dopo il 1250, verso il Regno di Granada.
Un altro aspetto del Regno di Castiglia da analizzare è il ruolo che rivestì nella trasmissione della cultura islamica (e conseguentemente della cultura classica greca) nel mondo latino medievale, un ruolo paragonabile a quello svolto dalla Sicilia ma di gran lunga più significativo. L'importanza dei paesi islamici risiedette nella possibilità di maneggiare non solo i testi relativi alla scienza e filosofia araba (i classici greci erano reperibili nella versione tradotta in arabo), ma anche i commentari, in particolare quelli di Ibn Sīnā (Avicenna) e dell'andaluso Ibn Rushd (Averroè). La presenza tra gli intimi di Federico II di Michele Scoto, che aveva studiato a Toledo, allora capitale della Castiglia, sottolinea l'importanza di questa via di trasmissione del sapere. Scoto aveva tradotto uno dei testi di Avicenna sugli animali e aveva anche appreso nozioni di medicina in Spagna. Fondamentale è stato anche il ruolo svolto dalla comunità ebraica di Toledo. Interessato alle teorie filosofiche e scientifiche, Federico II ebbe contatti con il gruppo di studiosi riuniti attorno a Meir Abulafia di Toledo, il cosiddetto Ramah, e tra questi Judah-ha-Cohen fu incaricato di mantenere un rapporto epistolare con l'imperatore, che visitò più tardi in Italia. Altri scienziati della famiglia provenzale-spagnola degli Ibn Tibbon (v.) aiutarono l'imperatore nei suoi progetti di traduzione di testi arabi, tra i quali il più importante fu Jacob Anatoli (v.). La Provenza fece da ponte tra il mondo sefardita (termine che indica la cultura arabizzante degli ebrei di Toledo e altrove nella penisola iberica) e il mondo ebraico della Francia meridionale. Tutto questo riflette il semplice fatto che dopo la soppressione dell'Islam in Sicilia, e la conseguente espulsione degli studiosi arabi dal Regno, l'imperatore poteva aver accesso alla scienza araba tramite gli ebrei.
Prima di concludere dobbiamo considerare un ultimo aspetto del rapporto fra la Castiglia e il mondo federiciano. Gli antichi tentativi dei re di Castiglia-León di presentarsi come successori degli imperatori spagnoli dell'antico Impero romano, come per esempio Traiano, e di attribuirsi l'appellativo di "imperatori", anche se solo di "Hispania", furono rinvigoriti sotto Ferdinando III, che chiese al papa, secondo alcune fonti, di potersi fregiare del titolo di imperatore di Spagna. Fino a che punto questo richiamo alla dignità imperiale interessasse Federico II non è facile dirlo, ma comunque la rivendicazione della dignità imperiale sottolinea quanto la vita politica iberica fosse separata dalle generali tendenze europee. La Castiglia fu un mondo a sé, che non fece parte della più generale scena politica dell'Europa.
Fonti e Bibl.: J. O'Callaghan, History of Medieval Spain, Ithaca, N.Y. 1975; J. Hillgarth, The Spanish Kingdoms 1250-1517, I, Oxford 1975; A. Mackay, Spain in the Middle Ages, from Frontier to Empire, 1000-1500, London 1977; Alfonso X the Learned, Emperor of Culture, a cura di R.I. Burns, New York 1985; J. Gerber, The Jews of Spain, ivi 1992; J. O'Callaghan, The Learned King: Alfonso X of Castile, Philadelphia 1993.