NOTAI, REGNO DI GERMANIA
In questo contesto, per Germania s'intende l'area di lingua tedesca del Sacro Romano Impero e l'arco di tempo preso in esame copre interamente il XIII secolo. Gli addetti alla stesura di documenti al servizio di sovrani, vescovi, abati e conti, a partire dal XII sec., si definivano spesso notarii, ingenerando così una difficoltà terminologica. Tra gli appartenenti a questa categoria, che dal XIII sec. si qualificavano di frequente come notarii iurati, tabelliones o addirittura scriniarii, ma che tuttavia non disponevano di segno notarile né sottoscrivevano personalmente gli atti da loro redatti, e i notai pubblici (notarii publici) non sussisteva una differenza sostanziale, ma semplicemente di grado. In seguito, la denominazione di notaio sarà applicata esclusivamente a coloro che redigevano atti previa autorizzazione dell'imperatore o del papa, oppure dei loro delegati, e le cui scritture, ottemperando alle norme fissate da Giustiniano, godevano di fides publica (Meyer, 2001, col. 1090). Le numerose forme miste, a metà strada fra l'atto provvisto di sigillo e lo strumento notarile, molto diffuse a partire dalla metà del XIII sec. soprattutto nella Germania meridionale e in area austriaca, ma che tuttavia compaiono, per esempio, anche a Lubecca, non potranno essere trattate in questa sede.
Gli studi giuridici compiuti da singoli tedeschi nelle università italiane aprirono senz'altro la strada alla ricezione della dottrina giuridica, ma non svolsero alcun ruolo di mediazione per il notariato italiano. Neppure gli intensi rapporti commerciali intrattenuti dai mercanti tedeschi dell'area meridionale con l'Italia settentrionale o i contratti di credito stipulati in Curia fra prelati tedeschi e banchieri italiani, e registrati tramite notaio, riuscirono ad agevolare l'introduzione del notariato nel Nordeuropa. Solo dal secondo quarto del XIII sec., allorché furono creati i tribunali delle Curie vescovili in cui erano previste procedure processuali scritte (Liber Extra, Corpus iuris canonici, X 2.19.11), a nord delle Alpi si cominciò a recepire l'esigenza del valore probatorio degli atti, già invalso nei procedimenti ecclesiastici. La decretale di Alessandro III, in forza della quale un atto dopo la morte dei testimoni aveva valore probatorio solo a condizione che fosse redatto permanum publicam o che fosse munito di sigilli autentici, fu accolta nel Liber Extra del 1234 e per questa via condizionò in modo duraturo la vita del diritto (ibid., X 2.22.2). Tuttavia, i primi atti emessi dai tribunali delle Curie vescovili sono spesso copie conformi a uso dei beneficiari stessi e non strumenti notarili. Fintantoché non si definì un contesto adeguato, il notariato pubblico fu recepito con una certa riluttanza.
Nei territori alpini, in un'area compresa fra la Savoia e la Borgogna, a ovest, e la Val Venosta, a est, si era mantenuta una forma di scrittura pubblica o di cancellierato che si richiamava alle prestazioni dei tabelliones di epoca tardoantica, ma, a partire dal XIII sec., ad essa si sovrappose sul piano sia formale che concettuale il notariato italiano dal quale fu poi definitivamente scalzata, dopo che già nel X sec. l'uso era scomparso sia nella Svizzera tedesca che nella Germania meridionale. I riferimenti più antichi a notai pubblici riguardano stranieri, in prevalenza italiani. Nel 1266, a Sitten (Sion), fu stipulato un atto da Pierre de Thora, nativo della Valle d'Aosta, "clericus, auctoritate imperii publicus notarius". Altri notai dell'Italia settentrionale seguirono le sue orme. Il primo notaio indigeno è ritenuto il chierico Martino di Sitten, "aule regie et sacri palatii publicus notarius", la cui attività è documentabile dal 1274 al 1306, e di cui si sono conservate alcune imbreviature su carta che coprono un arco di tempo compreso tra il 1275 e il 1295. Anche nei Grigioni la penetrazione del notariato italiano incontrò una zona di sbarramento, caratterizzata dai documenti di cancelleria retici, che dalla Val Mesolcina si estendeva fino alla Val Venosta. Notai indigeni sono documentati anche sul versante meridionale delle Alpi, dal 1243 (Poschiavo) e 1244 (Mesocco), mentre sul lato settentrionale sono attestati per la prima volta nel 1295 (Pfäfers). Nel Sud-Tirolo si segnalano notai attivi a Bolzano nei primi decenni del Duecento e a Merano intorno alla metà dello stesso secolo, con il risultato di far cadere in disuso sia i documenti retici, fino a quel momento correnti, che la Notitia Traditionis bavarese. Sono giunti fino a noi complessivamente sei libri di imbreviature, da Bolzano (1237, 1242, 1295) e da Trento (1236, 1271).
Nel territorio più propriamente tedesco dell'Impero si registrano documenti notarili redatti da notai stranieri, in prevalenza italiani, a Osnabrück nel 1277, a Breslavia nel 1282, a Lubecca nel 1283, a Utrecht nel 1287, a Magonza nel 1292 e a Vilich nel 1296. Strumenti notarili riguardanti eventi boemi, ma sempre di matrice straniera, si riscontrano con maggior frequenza solo successivamente al 1250, salvo un'eccezione risalente al 1223. Dal 1270 al 1274 "Henricus de Isernia" (m. 1301) diresse addirittura una scuola notarile a Praga.
Notai tedeschi compaiono a Liegi e Aquisgrana nel 1274, a Colonia nel 1279, a Coblenza nel 1285, a Essen e Utrecht nel 1292, a Treviri nel 1294, a Worms nel 1295, a Soest nel 1296, a Magonza e Würzburg nel 1297, a Breslavia nel 1298, a Brema, Lubecca e Spira nel 1299. Nel 1300, a Colonia, dovevano essere attivi contemporaneamente già tre o quattro notai, e almeno uno a Francoforte. Il dato della comparsa attardata di notai locali è suffragato da un'affermazione di Konrad von Mure, autore nel 1275-1276 a Zurigo di una Summa de arte prosandi, il quale dichiarò che i notai, diversamente dalla Lombardia, erano inconsueti "in hiis terris et provinciis".
Il formulario prodotto intorno al 1277-1281 dalla cancelleria di Rodolfo d'Asburgo contiene un modello per la nomina dei notai e un altro che illustra come venga delegato questo diritto. Heinrich von Isenburg e Hermann Durich, originari di Colonia, si definivano entrambi "imperiali auctoritate serenissimi domini Adolfi Romanorum regis publicus notarius": mantennero quindi la loro carica anche sotto Adolfo di Nassau.
Nel 1278 papa Niccolò III nominò per la prima volta alla carica notarile un tedesco, nella persona di Ludowicus de Minda, e fino al 1300 seguirono altre tre nomine, che riguardarono notai di Brema e Treviri, ma s'ignora se questi notai abbiano effettivamente redatto i loro atti in patria. Inoltre, dal 1256 al 1291 è possibile documentare in qualità di notai pontifici cinque chierici di lingua francese appartenenti alla diocesi di Liegi. Nel 1289 Niccolò IV accordò all'arcivescovo di Treviri la facoltà di autorizzare la nomina di due notai; nel 1291 il vescovo di Utrecht ottenne la stessa concessione per la designazione di quattro notai e quello di Metz, sotto Bonifacio VIII, ne nominò due.
I notai autorizzati di norma dall'imperatore erano in maggioranza chierici (anche clerici uxorati), in talune circostanze addirittura preti, sebbene Innocenzo III nel 1211 avesse interdetto a questi ultimi, sotto pena di scomunica, di dedicarsi all'attività notarile (Liber Extra, Corpus iuris canonici, X 3.50.8). Il motivo della frequente duplice autorizzazione per i notai, concessa congiuntamente dall'imperatore e dal papa, dovrebbe risiedere nella separazione fra notariato laico ed ecclesiastico postulata dall'Ostiense. Quest'ultimo infatti faceva prescindere la competenza di redigere atti notarili dal potere che l'autorizzava, laddove, in conformità della sua convinzione della superiorità del potere ecclesiastico rispetto a quello laico, un notaio autorizzato dal papa avrebbe potuto svolgere le sue funzioni anche in caso di questioni di natura prettamente temporale. In ambito laico il notariato fu in grado di imporsi soltanto nel tardo Quattrocento, in seguito alla ricezione del diritto romano. Molti notai, a causa del modesto volume di attività, avrebbero esercitato il loro ufficio non come una professione a tempo pieno, bensì unicamente come espletamento di una funzione.
Fonti e Bibl.: Die Summa de arte prosandi des Konrad von Mure, a cura di W. Kronbichler, Zürich 1968. P.-J. Schuler, Geschichte des südwestdeutschen Notariats: von seinen Anfängen bis zur Reichsnotariatsordnung von 1512, Bühl 1976; Tradition und Gegenwart. Festschrift zum 175 jährigen Bestehen eines badischen Notarstandes, a cura di P.-J. Schuler, Karlsruhe 1981; P.-J. Schuler, Notare Südwestdeutschlands. Ein prosopographisches Verzeichnis für die Zeit von 1300 bis ca. 1520, I-II, Stuttgart 1987; Notariado público y documento privado: de los orígines al siglo XIV. Actas del VII. Congreso Internacional de Diplomática (Valencia 1986), I-II, Valencia 1989; P. Rück, Die Anfänge des öffentlichen Notariats in der Schweiz (12.-14. Jahrhundert), "Archiv für Diplomatik, Schriftgeschichte, Siegel- und Wappenkunde", 36, 1990, pp. 93-123; G. Battelli, I notai pubblici di nomina papale nel Duecento, "Archivum Historiae Pontificiae", 36, 1998, pp. 59-106; O.P. Clavedetscher, Das öffentliche Kanzellariat in Rätien, in Mediaevalia augiensia. Forschungen zur Geschichte des Mittelalters, a cura di J. Petersohn, Stuttgart 2001, pp. 29-40; A. Meyer, Notar, in Der Neue Pauly. Enzyklopädie der Antike, XV, 1, ivi 2001, coll. 1088-1101.
Traduzione di Maria Paola Arena