regolamentazione
L’intervento dello Stato nell’economia
Nell’ambito degli interventi statali nell’economia, la regolamentazione si colloca a un livello meno accentuato rispetto al controllo diretto riconducibile alla proprietà pubblica delle unità produttive (➔ nazionalizzazione). Nell’area della regolamentazione ricadono gli interventi orientati al controllo della produzione e dell’uso dei beni cosiddetti ‘meritori’, delle public utility (➔ servizio pubblico), del monopolio naturale e per certi versi le azioni a difesa della concorrenza, che sono svolte dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il cosiddetto antitrust (➔).
La regolamentazione è stata spiegata sulla base della teoria dell’interesse pubblico, fondata sulla constatazione che i meccanismi di mercato sono soggetti a fallimenti (market failure). L’intervento pubblico di natura regolamentativa può consentire dunque il raggiungimento di risultati, in termini di benessere collettivo, che le libere forze del mercato potrebbero non conseguire. La teoria dell’interesse pubblico prende le mosse dai seguenti presupposti: la presenza di fallimenti del mercato (➔ mercato, fallimenti del) e la maggiore capacità dell’intervento regolamentativo di porre rimedio a tali fallimenti.
Tra questi il primo riguarda il monopolio naturale (➔ monopolio naturale), che si verifica quando sono presenti elevate e permanenti economie di scala (➔ scala, economie di), che innescano le condizioni di subadditività dei costi, ovvero quelli sostenuti da una sola impresa nel produrre l’intera quantità domandata sono inferiori a quelli che ricadrebbero su due o più imprese contemporaneamente presenti sul mercato. In tale contesto, la determinazione del prezzo non può in generale avvenire sulla base del costo marginale, criterio che assicura il conseguimento del massimo benessere sociale possibile. In tale categoria rientrano la maggior parte dei servizi pubblici quali l’elettricità, l’acqua, il gas, i trasporti ferroviari, le telecomunicazioni. Questa forma di regolamentazione ha storicamente costituito la principale area d’intervento pubblico. L’intervento della regolamentazione si giustifica anche nei casi in cui il monopolio naturale non sia sostenibile, cioè una parte della produzione può essere effettuata a costi inferiori rispetto a quelli in cui incorre il monopolista, quando copre tutto il fabbisogno del mercato: ciò determina situazioni di concorrenza distruttrice (cream skimming). Sono questi i contesti in cui la regolamentazione delle condizioni di entrata sul mercato serve a conseguire un più efficiente utilizzo delle risorse.
Un secondo tipo di fallimenti del mercato deriva dall’incompletezza delle informazioni. In tale circostanza si determina una non efficiente allocazione delle risorse (➔ allocazione). Un’area tipicamente caratterizzata da tali problematiche è quella dei servizi finanziario-assicurativi, che in quasi tutti i Paesi è stata assoggettata a regolamentazione. Connessa a queste tematiche è la regolamentazione relativa ai cosiddetti beni meritori (➔ bene meritorio), ovvero beni o servizi (istruzione o cure sanitarie), cui la collettività attribuisce un particolare valore funzionale allo sviluppo morale e sociale della collettività stessa.
Una terza tipologia di fallimenti del mercato deriva dalle esternalità (➔): effetti su terzi causati dalla produzione o lo scambio di beni tra agenti economici. Appartengono a questa categoria, per es., i danni all’ambiente. In tali situazioni, il meccanismo di mercato lasciato a sé stesso non consente di tenere conto di tutti gli effetti di un’azione economica e porta a risultati inefficienti.
Altro fattore che induce interventi regolamentativi è l’esistenza di beni pubblici (➔ bene pubblico p). L’espressione si riferisce ai beni o servizi la cui fruizione non può essere delimitata. È questo un campo, dove, generalmente, l’intervento pubblico è diretto (giustizia, difesa ecc.), ma esso può essere svolto anche da imprese private sottoposte a regolamentazione (per es., messa in opera e manutenzione delle strade, funzionamento del sistema dei pagamenti).
La regolamentazione è stata caratterizzata da diverse connotazioni che possono essere sintetizzate in: controllo dei prezzi e delle condizioni di entrata (regolamentazione economica), quello delle condizioni di lavoro e dell’ambiente (regolamentazione sociale), e quello della concorrenza (antitrust). Il primo, pur se utilizzato in molteplici occasioni, trova una giustificazione economica soprattutto nei casi di monopolio naturale. Il fine è quello di mimare l’esito della concorrenza, individuando quei prezzi che massimizzano il benessere collettivo. Il problema presenta notevoli complessità, in quanto, usualmente, l’impresa regolamentata produce numerosi beni e servizi, tra i quali occorre ripartire i costi comuni.
Nel corso degli anni 1980, si è sviluppato un filone critico della regolamentazione che, soprattutto negli Stati Uniti, si è riflesso in un minore intervento pubblico (➔ deregolamentazione; liberalizzazione p) e in orientamenti più permissivi da parte delle autorità antitrust. In Italia, con il d.l. 1/2012, emesso dal governo Monti, avente per oggetto disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, si è intrapresa la strada verso una maggiore liberalizzazione dei mercati, con norme atte a ridurre gli spazi di regolamentazione.