REICHENAU
Piccola isola situata nella parte tedesca del lago di Costanza (Baden-Württemberg), sede di importanti insediamenti monastici benedettini di epoca altomedievale, dei quali si conservano le chiese di St. Maria und Markus a Mittelzell, St. Peter und Paul a Niederzell e St. Georg a Oberzell. L'isola era chiamata originariamente Sintleozzesauua e, dal momento della fondazione del monastero di R., più spesso Auua o Augia, quindi Augia felix o dives.Mancano fonti originali che riguardino la fondazione del monastero della R.; falsi dei secc. 11° e 12°, copie corrotte e compilazioni rendono tuttora controverso se la fondazione nel 724 legata a Pirmino si debba alla casa dei duchi alamanni oppure, al contrario, al sovrano franco Carlo Martello (689 ca.-741). L'abbazia, sviluppatasi rapidamente, accettò al più tardi nella seconda metà del sec. 8° la Regola benedettina, diventando sotto Carlo Magno uno dei più importanti monasteri imperiali franchi. Il fratello della regina Ildegarda, il conte Gerolt (m. nel 799), che dedicò tra l'altro una copertura d'altare in oro (MGH. Poëtae, IV, 1923, p. 639), fu sepolto presso l'altare maggiore della chiesa del monastero di St. Maria, così come Carlo III il Grosso (m. nell'888).Egino (720 ca.-802), formatosi a R. e poi divenuto vescovo di Verona, al suo ritorno a R. nel 799 fondò Niederzell sulla punta occidentale dell'isola, mentre il successivo vescovo di Verona, Rotoldo, fondò Radolfzell nell'830 sulla terraferma, lungo la riva di fronte. L'attività edilizia sull'isola e nei dintorni - che rese questa zona a tutti gli effetti un'area sacra - proseguì nell'896 all'estremità orientale con la costruzione di Oberzell, fondata dall'abate e arcivescovo di Magonza Atto III per accogliere le reliquie di s. Giorgio, ricevute in occasione dell'incoronazione di Arnolfo di Carinzia (m. nell'899) da parte del papa Formoso (891-896). Altre chiese e cappelle, come la basilica tardo-ottoniana di Adalberto a Mittelzell, sono oggi scomparse o, nel migliore dei casi, testimoniate solo a livello archeologico. Anche con la stirpe degli Ottoni l'isola di R. fu in rapporto stretto, come testimoniano i preziosi manoscritti realizzati per la corte e per l'episcopato dell'impero. In seguito l'abbazia fu soppiantata per importanza dai nuovi monasteri riformati della Germania meridionale e, se la vita communis vi si interruppe dopo un incendio nel 1235, solo tre secoli più tardi la R. perse la propria autonomia con la sottomissione al Capitolo del duomo di Costanza nel 1540. Grazie agli scavi archeologici condotti nel corso degli anni Venti e Trenta e a partire dal 1970 (Reisser, 1960; Die Abtei Reichenau, 1974; Zettler, 1988), è oggi possibile seguire a ritroso la storia architettonica degli edifici monastici della R. sino alla fase di fondazione.
La chiesa più antica documentabile a Mittelzell era un edificio ad aula in pietra con coro rettilineo e tre altari, che alla fine del sec. 8° erano dedicati certamente ai tre patroni della chiesa, Maria, Pietro e Paolo. Non è possibile stabilire se questo fosse l'edificio dell'epoca di fondazione o se fosse esistita una precedente costruzione lignea; si è potuto però dimostrare (Zettler, 1988) che gli edifici monastici si trovavano in origine a N della chiesa ed erano costruiti con pali lignei. Terreni argillosi a O della chiesa inducono a ritenere che dovesse esistere un avancorpo, anch'esso costruito con pali, come prolungamento del fabbricato; ben presto ricostruito in muratura e dotato di un atrio, esso doveva essere utilizzato come chiesa per i laici. Come testimoniano frammenti di pittura emersi fra i detriti, questa chiesa doveva essere affrescata; a tale proposito, sulla base di affinità stilistiche con una testa realizzata in Italia settentrionale, è stata ipotizzata (Die Abtei Reichenau, 1974, p. 500) una datazione per gli affreschi all'epoca dell'abate Waldo (786-806).Il successore di questi, Heito, ricostruì la chiesa e la consacrò nell'816 (Ermanno di Reichenau, Chronicon; MGH. SS, V, 1844, p. 102). Si trattava di un fabbricato decisamente più complesso, una basilica a tre navate dalle corte proporzioni assimilabili a quelle di un edificio a pianta centrale: un precoce esempio di 'schematismo quadrato', con la rara soluzione della terminazione del coro con absidi gemelle che certamente contenevano ciascuna un altare dedicato ai principi degli apostoli, mentre quello dedicato alla Vergine si trovava al centro del coro. Un titulus di Valafrido Strabone (Carmina; MGH. Poëtae, II, 1884, p. 425) fa supporre che in corrispondenza dell'incrocio si ergesse una torre. Le particolarità della 'basilica a croce' di Heito probabilmente si possono spiegare come riflessi del suo viaggio a Bisanzio ed eventualmente anche dei principi della riforma monastica di s. Benedetto di Aniane (Christ, 1956; Meier, 1990). Caratteristico del decrescente influsso di questa riforma sull'architettura monastica nel regno franco è il transetto occidentale che il successore di Heito, Erlebald (823-838), fece innalzare dal monaco architetto Einmout (Valafrido Strabone, Carmina; MGH. Poëtae, II, 1884, p. 410) con l'inserzione di una campata intermedia di collegamento con l'edificio di Heito. Questa costruzione, a parte l'assenza della cripta e la soluzione dell'abside, sembra corrispondesse a una prima versione della chiesa del piano di San Gallo (Stifsbibl., 1092; Jacobsen, 1992). Nel corpo occidentale di Erlebald furono erette in seguito massicce pareti che appartenevano a un coro occidentale rialzato, fatto erigere dall'abate Ruadho (871-888) in onore delle spoglie giunte da Verona come reliquie di s. Valente, che alla R. furono note come quelle dell'evangelista Marco.Anche la successiva tappa costruttiva del monastero di Mittelzell - dedicato a Maria e, da quel momento, a s. Marco - fu originata dall'ottenimento nella seconda metà del sec. 10° di importanti reliquie: particole della croce e una reliquia della terra del Golgota intrisa di sangue (Klüppel, 1980, p. 159 ss.), che imposero l'apertura delle due absidi per inserire a E una rotonda del Santo Sepolcro. Al tempo dell'abate Witigowo (985-997) venne abbattuto il transetto occidentale e prolungato il corpo longitudinale fino alla facciata ovest; furono inoltre rialzate le torri di facciata, costruite già da Erlebald, e il coro occidentale fu sopraelevato da due cappelle: a questa nuova zona di accesso si aggiunse nella stessa fase un atrio. All'epoca del medesimo abate sembra avere avuto inizio anche il rinnovamento del chiostro, dove, secondo il carmen del monaco Burcardo (994-997; De gestis Witigowonis abbatis), il tetto in legno era dipinto con scene tratte dalla storia del monastero. La chiesa di Witigowo ebbe però una vita breve: nel 1006 un incendio fece grandi danni, per la riparazione dei quali l'abate Immo (1006-1008) cominciò lavori di ricostruzione, conclusi poi dal successore Berno (1008-1048). Questa c.d. seconda chiesa di S. Marco si è conservata in parti considerevoli. La novità maggiore riguardava il cambiamento avvenuto all'epoca nella zona occidentale: Berno fece realizzare un transetto occidentale con incrocio isolato, al cui centro trovò sepoltura, davanti all'altare dedicato a s. Marco; a questa struttura si attacca un'abside occidentale semicircolare chiusa da una parete rettilinea in cui si apre una loggia, il luogo della demonstratio reliquiarum. A partire dal 1172 ca. l'abate Diethelm di Krenkingen (1169-1206) rinnovò le arcate del corpo longitudinale, murando gli archi orientali per creare spazio per gli stalli del coro; anche le recinzioni tardoromaniche del coro tra l'incrocio e le ali del transetto occidentale risalgono a questa fase edilizia. Infine, nel 1236-1237, le capriate del tetto furono sostituite dall'attuale struttura, mentre al tempo dell'abate Friedrich di Wartenberg (1427-1453) risale l'inizio dei lavori per la realizzazione del coro tardogotico attuale, terminato nel Cinquecento.
L'edificio originario, dedicato a s. Pietro (Ermanno di Reichenau, Chronicon; MGH. SS, V, 1844, p. 101), era una chiesa ad aula rettangolare con abside orientale e coro separato recintato da transenne. A O della chiesa era collocato un ambiente o una corte con funzione di atrio, dove trovarono posto numerose sepolture. Verso S era addossata alla chiesa una piccola aula con absidi, anch'essa ripartita da recinzioni e nella cui parte occidentale un lastricato circolare in pietra consente di ipotizzare la presenza di un fonte battesimale. A N della chiesa, decorata di affreschi, si trovavano gli edifici monastici. Dopo un incendio venne ingrandita l'abside maggiore, sostituita poi, a seguito di un secondo incendio nella prima metà del sec. 11°, da un coro rettangolare. Intorno alla fine dello stesso secolo la chiesa venne demolita e in più fasi soppiantata da una basilica a tre navate con campata del coro allungata, le cui tre absidi erano chiuse da una parete rettilinea e con una coppia di torri in corrispondenza del coro. Gran parte di questo edificio, compresa la copertura, è ancora oggi originale, anche se l'interno fu modificato nel corso del sec. 18° quando le torri vennero sopraelevate. Significativi sono gli affreschi romanici nell'abside riscoperti nel 1900: Cristo nella mandorla è circondato dalle quattro figure della visione di Ezechiele, dai principi degli apostoli - in quanto santi titolari - e da due cherubini; al di sotto sono raffigurati entro arcate su due registri gli apostoli in trono e i profeti stanti. Le figure snelle e i colori luminosi in parte anche audacemente combinati si inseriscono nella più antica tradizione locale, tangibile anche a Oberzell, così come l'ornamentazione a decorazione plastica applicata; peraltro gli affreschi di Niederzell rappresentano nello stesso tempo l'ultimo esempio della brillante tradizione pittorica della Reichenau.
Rispetto a Mittelzell e a Niederzell, le opinioni critiche sugli inizi del St. Georg a Oberzell appaiono meno unitarie. Ampiamente accettata è la notizia, riportata da Ermanno di Reichenau, della fondazione da parte dell'abate Atto III (888-913), ma è controverso se la costruzione sia anteriore o posteriore all'acquisizione del capo di s. Giorgio nell'896. Nel coro grosso modo quadrato, Zettler (1989) pensò di avere individuato il risultato di una trasformazione subìta dall'edificio, ma le più recenti ricerche hanno dimostrato che il coro e la cripta sottostante, a quattro sostegni con la relativa nicchia per le reliquie, appartengono al progetto originale. La chiesa di St. Georg eretta da Atto si presentava perciò come una basilica a tre navate con coro rialzato, al quale si accedeva, tra due porzioni di muratura che si prolungavano nel corpo longitudinale, tramite due rampe di scale; l'incrocio quadrato e isolato, al di sopra del quale si innalza una torre, era fiancheggiato un tempo da due conche semicircolari (di altro parere Koshi, 1994) e si apriva verso la campata del coro, ulteriormente sopraelevata: al di sotto si trova la cripta, alla quale conduce un passaggio a gomito, i cui accessi fiancheggiano le scale che conducono al coro. Al principio del sec. 11° (Zettler, 1989) dovette essere aggiunta l'abside occidentale con portale al centro del semicerchio absidale, e, alla fine dello stesso secolo, venne annesso l'atrio a due piani con la cappella di S. Michele al piano superiore. Secondo questa cronologia i cambiamenti più importanti in epoca tardomedievale furono il rifacimento delle conche, sostituite dagli attuali ambienti addossati al transetto che si chiudono a E con andamento rettilineo, la terminazione delle navatelle con absidiole e la copertura a volta della campata d'incrocio.Nella parete orientale della cripta e sui muri al di sopra delle arcate dell'alta navata centrale si sono conservate pitture di alta qualità, di datazione controversa; contro l'ipotesi di Koshi (1991-1993; in corso di stampa), esse potrebbero non risalire alla fase originaria di costruzione della chiesa, dato che tra la parete e lo strato pittorico sono stati individuati depositi di sporcizia. Nella cripta, in entrambe le lunette delle campate esterne sono raffigurati un Crocifisso e accanto un santo stante in atto di adorazione. Sulla base di affinità di motivi e di stile con i manoscritti appartenenti al c.d. gruppo di Ruodprecht, è stata proposta (Exner, 1995) una datazione per le pitture della cripta al terzo quarto del sec. 10°; gli affreschi del corpo longitudinale sono concordemente ascritti all'epoca dell'abate Witigowo, senza prove certe. Sebbene in cattive condizioni di conservazione - le pitture, rinvenute nel 1879, vennero coperte da diversi altri strati di colore - e benché siano scomparsi in larga misura i tratti che definivano il modellato e quasi completamente la decorazione dell'abside e della parete ovest, il ciclo della chiesa di Oberzell rappresenta una testimonianza unica e grandiosa della decorazione pittorica di epoca ottoniana. Fasce con motivi a meandro dipinte con effetto di rilievo articolano la parete della navata in tre diverse zone; nei peducci delle arcate sono raffigurati abati entro medaglioni, al di sopra dei capitelli dipinti; tra le finestre alte, in origine più piccole, sono visibili grandi figure di apostoli nell'atto di avanzare (in larga misura ritoccate); tra queste zone la parete è divisa da fasce ornamentali che creano quattro grandi riquadri in cui sono rappresentate scene con i miracoli di Cristo. Dal punto di vista compositivo, si rileva che Cristo agisce sempre nella direzione di lettura, da sinistra a destra - con una sola eccezione -, e nella maggior parte dei casi egli appare in primo piano su uno sfondo architettonico; alle sue spalle compare sempre un folto gruppo di testimoni, mentre appaiono collocati al suo cospetto in ordine sparso coloro che partecipano all'azione ovvero gli oggetti verso cui è diretto il miracolo. Una figura fuoriesce talvolta dall'incorniciatura; lo sfondo dell'immagine è a fasce di colore che tuttavia - a differenza di quanto avviene talvolta nella miniatura della R. - non sono svincolate dall'oggettività. In origine si aggiungevano alla variopinta decorazione applicazioni plastiche.Con il ciclo di Oberzell, la pittura della R., che ebbe vaste ripercussioni fino in epoca romanica, raggiunse il suo massimo livello. Gli affreschi nella cappella dedicata a s. Silvestro a Goldbach, presso Überlingen (Baden-Württemberg), appartengono al medesimo filone di quelli della R., come anche il Giudizio universale nel St. Michael a Burgfelden (Baden-Württemberg), del tardo 11° secolo. Un ulteriore e poco più recente Giudizio decora come terminazione orientale della Michaelskapelle l'originaria parete esterna dell'abside occidentale di Oberzell. Riflessi provenienti dalla R. sono riscontrabili comunque anche in tutta l'area della Germania meridionale e, con l'esempio di Moutier-Chalières, fino nella regione del Giura (Demus, 1968; Martin, 19752).
Già in epoca carolingia dovette esistere uno scriptorium che produceva testi miniati nell'isola di R., come testimonia la copia del Martyrologium di Vandalberto di Prüm, del 975 ca. (Roma, BAV, Reg. lat. 438; Das Martyrologium, 1997), che vi fu realizzata all'epoca di Ludovico il Germanico (833-876). L'apice di questa produzione si ebbe tuttavia in epoca ottoniano-salica, come testimoniano cinquanta manoscritti conservati, eseguiti tra il 970 ca. e la metà del secolo successivo. Dato che il suo scriptorium non è testimoniato da fonti scritte e non si è conservato alcun catalogo della biblioteca della R. a quell'epoca - diversamente da quanto è accaduto per il sec. 9° -, l'appartenenza e la localizzazione di questi manoscritti si basano solamente sul loro studio: dopo l'iniziale riconoscimento di rapporti di interdipendenza all'interno di un gruppo di manoscritti (Vöge, 1891), per essi venne proposta un'origine dallo scriptorium della R. sulla base di confronti istituiti con le pitture parietali a Oberzell (Sauerland, Haseloff, 1901); tale produzione è stata ampiamente indagata (Wölfflin, 1918; Boeckler, 1925; Jantzen, 1947), né sorprendono, vista la situazione delle fonti, i tentativi di revisione totale che hanno portato fino alla negazione del concetto di 'miniatura della R.' (Bauerreiss, 1957; Dodwell, Turner, 1965). Pur operando più sottili distinzioni (il ruolo di Treviri per es. viene sempre più spesso messo in discussione), gli studi recenti difficilmente contestano in linea di principio l'importanza della miniatura ottoniana della R., in virtù del confronto con immagini carolinge e paleocristiane e - soprattutto per la prima fase - dell'ornamentazione dei manoscritti di San Gallo.Illustrazioni o iniziali riccamente decorate sono contenute in dieci evangeliari (tre dei quali con la Vita Christi illustrata), diciassette libri di pericopi (dieci dei quali con scene cristologiche), quattordici sacramentari come pure un'Apocalisse e diversi altri manoscritti assegnati allo scriptorium della Reichenau. Come nelle pitture di Oberzell, anche nelle miniature il Nuovo Testamento costituisce il principale soggetto. Alcune formule iconografiche e certi tratti stilistici hanno suggerito (Vöge, 1891) l'esistenza di un modello illustrato tardoantico, la cui ricostruzione è stata oggetto di ripetute riflessioni (Weis, 1974). In alternativa sono stati postulati cicli bizantini contemporanei ripresi quasi integralmente (Boeckler, 1961), una teoria che tuttavia non è stata accettata. Nell'ambito del dibattito critico, le singole opere realizzate nella R. sono state riunite in gruppi che di volta in volta prendono il nome da monaci - copisti e non miniatori -, ricordati o raffigurati in alcuni codici. Al principio, intorno al 970, del gruppo c.d. di Annone o di Eburnant fanno parte l'Evangelistario di Gerone (Darmstadt, Hessische Landes- und Hochschulbibl., 1948), il Sacramentario di Petershausen (Heidelberg, Universitätsbibl., Sal. IX b) e il Sacramentario di Hornbach, del 983 ca. (Soletta, Zentralbibl., U 1); mentre l'ornamentazione si ricollega a manoscritti di San Gallo, nelle raffigurazioni è evidente l'affinità con le opere carolinge prodotte dalle botteghe di corte. Caratteristiche sono le fasce cromatiche che fungono da sfondo alle immagini, come mostra soprattutto la catena di dedicazione che si snoda su quattro pagine (cc. 7v-10v), dal copista Eburnant a Cristo attraverso il committente, l'abate di Hornbach, e i ss. Pirmino e Pietro. Un altro stile caratterizza le immagini dei codici del gruppo di Ruodprecht, realizzati intorno al 980, tra cui il Salterio di Egberto, della fine del sec. 10° (Cividale, Mus. Archeologico Naz., CXXXVI), l'Evangeliario di Poussay (Parigi, BN, lat. 10514), un sacramentario a Firenze (Bibl. Naz., B.R. 231) e un altro a St. Paul in Lavanttal (Benediktinerstift St. Paul, Bibl., XX/I). L'ornamentazione è molto sviluppata e sono caratteristici i 'viticci a foglie bulbose'; un diffuso impiego di porpora e di linee di contorno in oro testimonia un'accentuata esigenza di accuratezza e preziosità.Un caso particolare è costituito dal Codex Egberti, realizzato tra il 983 e il 993 (Treviri, Stadtbibl., 24), un libro di pericopi per l'allora arcivescovo di Treviri: l'immagine dedicatoria è assimilabile stilisticamente al gruppo di Ruodprecht e i due monaci nell'atto di portare il libro all'arcivescovo, raffigurati in modo evidente come monaci dell'abbazia della R., ne attestano il legame con la stessa; di particolare importanza e qualità sono le prime sette immagini del ricco ciclo neotestamentario, realizzate dal Maestro del Registrum Gregorii (v.).La miniatura della R. raggiunse la fase di massimo splendore intorno al Mille con il gruppo più prezioso e più ampio, detto di Liuthar, il quale è raffigurato, con un'originale trovata, nella scena di dedicazione davanti a un quadrilobo, così da apparire nimbato. Accanto all'Evangeliario di Liuthar, eseguito per Ottone III (Aquisgrana, Domschatzkammer), fanno parte di questo gruppo un altro evangeliario per lo stesso committente (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 4453), il Libro delle Pericopi di Enrico II (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 4452), l'Apocalisse di Bamberga (Staatsbibl., Bibl. 140), altri manoscritti e singoli fogli; di un gruppo più tardo, risalente all'epoca compresa tra il 1010 e il 1020/1030, fanno parte i vangeli commissionati da Corrado II (1024-1039) per il monastero di Limburg an der Hardt (Colonia, Erzbischöfliche Diözesan- und Dombibl., Metr. 218), l'Evangeliario di Illino (Colonia, Erzbischöfliche Diözesan- und Dombibl., Metr. 12), con la famosa rappresentazione del duomo della città nella fase di Hildebold (c. 16v), i libri di pericopi di Monaco (Bayer. Staatsbibl., Clm 23338), Augusta (Bistumsarch., 15a) e Wolfenbüttel (Herzog August Bibl., Guelf. 84.5 Aug. 2°), un lezionario e un collettario a Hildesheim (Dombibl., Beverinsche Bibl., 688). Molti di questi codici di lusso, le cui figure realizzate con colori pastosi talvolta si trovano su fondo oro, venivano commissionati dall'imperatore per se stesso o come doni a monasteri e cattedrali, come testimoniano anche le immagini dei sovrani, del massimo interesse accanto ai consueti cicli cristologici: nell'Evangeliario di Liuthar (c. 16r) troneggia Ottone III, sollevato da terra in un'aureola in alto sopra i dignitari del suo impero, rappresentati da due arcivescovi, da soldati e da re, a mezza altezza rispetto all'imperatore, nell'atto di rendergli omaggio; la mano di Dio non si limita a tenere la corona sulla testa dell'imperatore, come nelle rappresentazioni tardoantiche e bizantine, ma addirittura la appoggia direttamente sul suo capo e i simboli degli evangelisti, con un rotulo, sono sospesi intorno alla sua figura e alludono alla sua integrazione nel vangelo. Diverse sono le immagini dell'incoronazione di Enrico II nelle quali riappare il momento estatico e si preannuncia l'epoca tarda della miniatura della R.: nel Libro delle Pericopi di Enrico II (c. 2r) Cristo in trono incorona la coppia imperiale presentata dai ss. Pietro e Paolo, mentre nella parte inferiore della scena le province dell'impero personificate rendono omaggio. Anche nell'Apocalisse di Bamberga (c. 95v) sono i principi degli apostoli, in qualità di patroni del duomo della città, a essere in azione, incoronando in questo caso l'imperatore in trono.Lo scriptorium della R. perse in seguito importanza, lasciando il posto ad altri scriptoria, come quelli di Ratisbona e soprattutto di Echternach, che ottennero il favore della committenza imperiale, al punto che intorno alla metà del sec. 11° l'arte di miniare i codici scomparve definitivamente dai monasteri sull'isola.Nel suo periodo di massima fioritura la R. poté inoltre senza dubbio disporre di un ricco patrimonio di opere realizzate in metalli preziosi, delle quali però si è conservato molto poco. Della metà del sec. 9° si conosce parte di un catalogo di un tesoro che fornisce almeno un'idea della ricchezza degli arredi liturgici di quell'epoca (Bischoff, 1967, nr. 80). Da fonti letterarie sono note inoltre numerose donazioni di manufatti preziosi e di sculture come, tra gli altri, quelli citati nel carmen di Burcardo, fatti realizzare da Witigowo, la cui origine però non è accertata; diverse opere suntuarie, dalle legature dei codici di lusso all'antependium di Basilea (Parigi, Mus. Nat. du Moyen Age, Thermes de Cluny), compresa la tavola d'altare aurea del duomo di Aquisgrana (Domschatzkammer), fino alla corona e alla spada imperiali (Vienna, Kunsthistorisches Mus., Schatzkammer; Otto, 1950), sono state localizzate nella R. e riunite in gruppi come i manoscritti, senza però arrivare a risultati convincenti. A Mittelzell (Reichenau, Schatzkammer des Münsters) sono conservati alcuni reliquiari tardomedievali, una pisside in avorio di epoca tardoantica, nonché un crocifisso ligneo romanico, proveniente dalla Georgskirche di Oberzell e stilisticamente assimilabile al leggio nella chiesa oggi evangelica di Freudenstadt nel Baden-Württemberg. In ultimo va ricordato il pastorale (Londra, Vict. and Alb. Mus.) di Eberhard von Brandis (m. nel 1379; Krummer-Schroth, in Die Abtei Reichenau, 1974), un manufatto di pregio con figure a sbalzo e smalti; esso apparteneva a un abate la cui cattiva amministrazione fu sintomatica della decadenza della R. nel Tardo Medioevo. Bibl.: Fonti.: Die Altarplatte von Reichenau-Niederzell, a cura di D. Geuenich, R. Neumüllers-Klauser, K. Schmid, in MGH. Libri mem., n.s., I, suppl., 1983; Heito, Visio Wettini, a cura di E. Dümmler, in MGH. Poëtae, II, 1884, pp. 267-275; Valafrido Strabone, Carmina, a cura di E. Dümmler, ivi, pp. 257-473; id., Visio Wettini, a cura di D.A. Traill, Bern 1974; Das Verbrüderungsbuch der Abtei Reichenau, a cura di J. Autenrieth, D. Geuenich, K. Schmid, in MGH. Libri mem., n.s., I, 1979; Burcardo, De gestis Witigowonis abbatis, a cura di G.H. Pertz, in MGH. SS, IV, 1841, pp. 621-632; Annales Augienses, a cura di G.H. 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Ed. in facsimile. - Reichenauer Evangelistar Codex 78 A 2 aus dem Kupferstichkabinett Berlin, Graz 1972; Das Martyrologium für Kaiser Lothar I.: entstanden nach 855 auf der Insel Reichenau. Codex Regis Latinus 438, Zürich 1997.
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