relazioni industriali
Metodi di regolazione del conflitto industriale. L’espressione, derivata dalla tradizione anglosassone, si è diffusa in tutte le economie sviluppate ed è ormai affermata anche nell’esperienza italiana. È l’attività di elaborazione, solitamente sistematica e stabile, di norme, più o meno formalizzate, relative all’impiego del lavoro dipendente e alle controversie che da tale impiego derivano, effettuata in prevalenza a partire da rapporti fra soggetti collettivi generalmente organizzati (sindacati dei lavoratori, associazioni imprenditoriali, ma anche singole imprese). Semplificando, r. i. identificano, nella realtà economica, sociale e politica, le istituzioni, la rete di r. fra i soggetti, i comportamenti degli attori coinvolti, in connessione con il rapporto di lavoro dipendente. Come tali, costituiscono l’oggetto di studio di un ampio arco di discipline: dall’economia alla politologia, alla sociologia, al diritto, fino alla psicologia industriale e del lavoro. L’efficacia di un sistema di r. i. si rileva dalla sua capacità di riduzione del conflitto e delle tensioni, entro uno spazio temporale dato, oltre che dall’abilità di estendere la regolazione contrattuale a settori produttivi non coperti. Da questo punto di vista, l’ampliamento della regolazione di mercato è di per sé segno di ridotta efficacia dei sistemi di relazioni industriali. La contrattazione collettiva (➔ contrattazione) è il principale strumento di azione per il sindacato (➔) di tipo industriale, il soggetto collettivo che è sorto e si è andato rafforzando proprio in collegamento alla diffusione di questo strumento. Esiste, però, un altro lato della contrattazione: quello che rappresenta il processo di regolamentazione congiunta (sindacati-padronato) del rapporto di lavoro dipendente. In tal senso, il processo contrattuale non si esaurisce con la stipulazione del contratto (➔ anche lavoro, contratto collettivo di), ma continua nelle fasi di applicazione degli istituti negoziali.
Ogni sistema di r. i. si fonda su una struttura di r. fra le parti (per la situazione italiana, ➔ contrattazione, struttura della). Nei sistemi avanzati, la struttura più importante è quella contrattuale, che può essere definita come la rete relativamente stabile dei rapporti di interdipendenza che intercorrono, in senso orizzontale, fra i diversi soggetti della contrattazione collettiva e, in senso verticale, all’interno dei soggetti stessi (cioè fra i livelli delle organizzazioni di rappresentanza degli interessi, padronato e sindacati). Sono sostanzialmente presenti 3 tipologie di r. industriali. In primo luogo, il modello pluralista, nel quale lo strumento di regolazione tipico è la contrattazione collettiva, la cui struttura presenta gradi notevoli di autonomia e scarsa centralizzazione. In secondo luogo, il modello statalista, nel quale la contrattazione collettiva è sostituita dall’intervento legislativo, che opera entro strutture totalmente eteronome e con forte centralizzazione. Infine, il modello partecipativo, che nasce dalla reazione alla crisi del modello pluralista. La contrattazione collettiva continua a svolgere un ruolo decisivo nella regolazione, pur affiancandosi a forme di partecipazione nelle imprese e nella gestione delle politiche economiche; essa può mantenere una struttura autonoma, ma è fortemente controllata al suo interno dai livelli centrali di negoziazione, conducendo a una implosione della struttura stessa. I criteri politici si affiancano a quelli di mercato, con effetti di moderazione o di composizione dei contrasti di interesse. Possono diffondersi criteri di regolazione di carattere ‘associativo-collaborativo’