RELIGIO
Personificazione romana della religiosità. Prescindendo da due rappresentazioni di Diana con il titolo religio Augg. sulle monete di Valeriano I e di Salonino, l'iscrizione religio Aug(usti) si trova solo sui conî di Marco Aurelio degli anni 173-4.
Manca una vera rappresentazione della R., in compenso si vede Mercurio, una volta con i consueti attributi: borsa del denaro e caduceo, in un tempio, l'altra con patera per libazioni e caduceo, senza il tempio: nella prima moneta è rappresentata la divinità stessa, nella seconda la patera ne indica il culto. Già da tempo è stato rilevato che occasione di questo conio fu il miracoloso salvataggio dell'esercito romano e dell'imperatore nella guerra contro i Quadi; secondo quanto riferisce Cassio Dione (71, 8 ss.), una pioggia miracolosa avrebbe salvato dalla catastrofe le legioni accerchiate dal nemico e languenti per l'arsura estiva. Arnuphis, un sacerdote del dio egizio Thoth, che si trovava presso l'esercito, con il consenso dell'imperatore avrebbe, per mezzo della preghiera e degli scongiuri, fatto venire dal cielo una pioggia torrenziale, salvando così i Romani. Questa è la tradizione, confermata da una sezione della Colonna Aureliana. In origine Thoth era un dio delle variazioni meteorologiche, detto dai Greci Hermes aerios e identificato dai Romani con Mercurio, la figurazione delle monete era quindi chiara: per gratitudine venne consacrato al dio un tempio, eternandone l'intervento sulle monete. Ci si chiede tuttavia perché non venne usata l'iscrizione pietas Augusti invece dell'inconsueta, almeno sulle monete, di religio Aug(usti)? Con l'espressione pietas i Romani intendevano la devozione religiosa in senso lato, con R. l'esatta e stretta osservanza del culto rituale, specie se, come in questo caso, si trattava della fusione di una divinità straniera con una locale. In età tardo-ellenistica Thoth-Hermes-Mercurio si è andato trasformando in una divinità protettrice delle scienze e delle arti: esisteva in Roma una confraternita dei Merkouriales, alla quale apparteneva, per esempio, Orazio (Carm., ii, 17, 29). Lo stesso poeta chiamava il vittorioso Ottaviano (Carm., i, 2, 41) mutata figura del "figlio di Maia" vagante sulla terra. Forse con un procedimento affine potremmo ritenere che Mercurio sia l'imperatore filosofo; a lui si doveva andar grati della salvezza dell'esercito; la rappresentazione sulla moneta era il riconoscimento della sua religio.
Bibl.: H. Mattingly, Coins of the Rom. Emp. in the British Museum, IV, pp. CXXXIX e CXLIX; R. Reitzenstein, Poimandres, Lipsia 1904, p. 11 s.; Riv. Ital. di Num., 1907, p. 568; W. Weber, Ein Hermestempel des Kaisers Markus, Heidelberg 1910.