Religioni
Nuove religioni
Problemi di terminologia
Le problematiche relative alle nuove r. sono nate in ambiente cristiano occidentale e soltanto in seguito si sono estese anche a realtà completamente diverse, per es. al Giappone. Si preferisce ormai parlare di nuove religioni e non più, come in precedenza, di sette. La sociologia della r., infatti, fin dal suo sorgere, si è preoccupata di definire in termini obiettivi la differenza fra Chiese e sette, e le distinzioni stabilite da E. Troeltsch (1865-1923) sono rimaste dominanti fino al 1970 circa. Egli aveva distinto: il tipo-Chiesa, un gruppo religioso in armonia con la società circostante; il tipo-setta, un gruppo religioso che contesta la società circostante; il tipo-mistico, un gruppo religioso che si interessa scarsamente della società, preferendo concentrare l'attenzione sull'autoperfezionamento dei suoi membri. L'evolversi e il complicarsi della situazione sociologica ha tuttavia messo in crisi alcuni presupposti fondamentali della tipologia proposta da Troeltsch. Innanzitutto, i movimenti sono, per definizione, dinamici: per es., i mormoni, che nel 19° sec. rappresentavano certamente una setta nel senso stabilito da Troeltsch, nel 20° sec. apparivano ormai perfettamente integrati, almeno nella loro società di origine, quella statunitense. Dopo la Seconda guerra mondiale si aggiunse la crescente visibilità di gruppi religiosi di matrice non cristiana, in particolare orientale, anch'essi popolarmente definiti sette, ma che presentavano caratteri molto diversi da quelli delle sette di origine cristiana, che erano servite come modello a Troeltsch. Infine, un terzo nuovo elemento è costituito dall''esplosione' delle sette in America Latina, dove nel linguaggio comune - diversamente che in altre regioni del mondo - per sette si intendono anche gruppi protestanti di tipo evangelico e pentecostale.
Questi nuovi elementi hanno fatto emergere una serie amplissima di proposte terminologiche da parte di sociologi, teologi e, in misura minore, psicologi. Una delle proposte più note è stata formulata nel 1985 da R. Stark e W.S. Bainbridge. I due sociologi statunitensi distinguevano fra sette, 'gruppi religiosi devianti all'interno di una tradizione non deviante', e culti, 'gruppi religiosi devianti all'interno di una tradizione deviante'. Secondo tale distinzione, i Testimoni di Geova e i mormoni sarebbero una setta in quanto adottano il sistema di simboli e molti dei punti di riferimento di una tradizione 'non deviante' come quella cristiana, anche se le loro idee sono considerate 'devianti' dagli altri gruppi che si situano all'interno di tale tradizione. Gli Hare Krishna rappresenterebbero invece un culto perché - almeno in Occidente - non soltanto sono considerati come devianti in quanto gruppo, ma la stessa tradizione religiosa da cui traggono riferimenti e simboli, l'induismo, è percepita come estranea ed esotica rispetto alla società circostante.
Successivamente, peraltro, Stark e Bainbridge hanno invitato a servirsi di terminologie diverse, perché il dibattito è stato ulteriormente complicato dall'uso di espressioni come setta e culto in un senso non sociologico o teologico, ma criminologico. Soprattutto in seguito ad alcuni tragici avvenimenti che hanno coinvolto gruppi definiti sette: i suicidi-omicidi dell'Ordine del tempio solare negli anni 1994, 1995 e 1997; l'attentato al gas nervino compiuto nella metropolitana di Tokyo nel 1995 dai seguaci del gruppo neobuddhista Aum Shinrikyo; il suicidio di quasi tutti i membri del culto dei dischi volanti Heaven's Gate nel 1997 a San Diego, in California; i suicidi e gli omicidi del gruppo 'cattolico di frangia' del Movimento della restaurazione dei Dieci Comandamenti di Dio in Uganda nel 2000. Giornalisti, criminologi e anche alcune commissioni parlamentari europee sono andate alla ricerca di un criterio, o di una serie di criteri, per distinguere fra sette, pericolose, e nuove r., innocue. Particolarmente in Francia e in Belgio i risultati di queste indagini parlamentari, che hanno insistito sulla nozione, a sua volta vaga, contestata da molti accademici e difficile da definire, di 'manipolazione mentale' (talora usata come sinonimo di quella, ancora più controversa, di 'lavaggio del cervello') non sono stati giudicati soddisfacenti da gran parte degli studiosi. Le liste di sette stilate dalle commissioni sembravano presentare un certo grado di arbitrarietà.
Altri rapporti europei, anch'essi nati dalle medesime preoccupazioni e pubblicati in diversi anni (come quelli stilati nel 1998 dalle due commissioni d'inchiesta, rispettivamente parlamentare e governativa, in Germania e in Svezia) si sono mostrati assai più cauti e hanno ritenuto impossibile fissare una linea di demarcazione precisa fra sette pericolose e nuove r. legittime.
Senza approfondire tali controversie, è evidente che, in seguito a queste discussioni, il termine setta ha assunto, particolarmente in Europa, due diversi significati, che si sovrappongono. A un significato criminologico, secondo cui la setta è un gruppo religioso (o che si pretende tale) pericoloso, di cui si può dire con un certo grado di probabilità che commetterà reati e crimini di maggiore o minore gravità, si affianca un significato sociologico, secondo cui la setta è semplicemente un gruppo religioso le cui idee si distinguono più o meno sensibilmente da quelle del resto della comunità. Tutto questo crea notevole imbarazzo presso gli studiosi, e anche rischi per la libertà e la tolleranza religiosa. Quando a uno studioso si chiede se un gruppo sia una setta, si vuole in realtà sapere se il gruppo sia pericoloso o possa commettere crimini. L'intrecciarsi fra significato criminologico e significato sociologico del termine crea qui una pericolosa ambiguità. Se lo studioso risponde che, per es., i mormoni sono una setta, risposta certamente corretta anche in riferimento alle categorie proposte inizialmente da Stark e Bainbridge, rischia di lasciare intendere che essi siano un gruppo pericoloso o addirittura tendenzialmente criminale, il che è falso.
È per ragioni di questo genere che, mentre i giornalisti, i criminologi e chi desidera mettere in guardia l'opinione pubblica nei confronti dei pericoli delle sette continuano a utilizzare questo termine, gli studiosi preferiscono spesso parlare di nuovi movimenti religiosi o nuove religioni. Molti definiscono nuove religioni i gruppi più grandi e consolidati (come i mormoni o i Testimoni di Geova), le cui dimensioni superano ormai quelle di un semplice movimento, e nuovi movimenti religiosi le realtà più piccole, o di origine più recente. Altri usano le due espressioni come sinonimi.
Questi termini, naturalmente, non sono del tutto soddisfacenti - alcune nuove r. risalgono alla fine dell'Ottocento -, ma hanno almeno il vantaggio di mettere tra parentesi la problematica più strettamente criminologica e legale. In questa sede usiamo lnuove religioni, che è più comune in Italia e in alcuni altri Paesi (per es., il Canada) - mentre nei Paesi di lingua inglese prevale new religious movements - distinguendo, fra le migliaia di movimenti presenti nel mondo, tre grandi 'famiglie' e studiandone le evoluzioni più recenti.
Nuove religioni a simbologia cristiana
In Occidente, dove il riferimento religioso dominante resta quello cristiano, le nuove r. che presentano caratteristiche, almeno esteriormente, più familiari sono quelle che mantengono elementi simbolici cristiani: riferimenti a Gesù Cristo, alla Bibbia, uso della denominazione Chiesa, e così via. Spesso tali elementi sono però ampiamente reinterpretati. Si possono distinguere le nuove r. di origine protestante da quelle di origine cristiana; si deve inoltre aggiungere una terza categoria, quella delle nuove r. di origine cattolica.
Non è, anzitutto, facile stabilire una linea di demarcazione precisa fra alcune nuove forme in cui, particolarmente dalla fine del 19° sec., si presenta il protestantesimo, e le vere e proprie nuove religioni. La distinzione fra nuove r. di origine protestante e di origine cristiana è chiara; le seconde negano le basi trinitaria e cristologica (trinità di Dio, riconoscimento della natura divina di Gesù Cristo), che sono patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti. Più difficile è tracciare una linea di demarcazione precisa fra nuove forme del protestantesimo e nuove r. di origine protestante. Alcuni autori ritengono che le nuove r. di origine protestante, pur mantenendo una teologia compatibile con quella protestante (che naturalmente tollera al suo interno un numero molto ampio di varianti), si distinguano però dal punto di vista ecclesiologico. Ciò non significa che le nuove r. di origine protestante non riconoscano la nozione di Chiesa; la loro ecclesiologia insiste però sulla discontinuità nella storia dell'esistenza della Chiesa. La Chiesa non sarebbe esistita con continuità dalle origini ai nostri giorni (sia pure attraverso la Riforma), ma sarebbe a un certo punto venuta meno, così che necessario sarebbe stato non tanto 'riformarla', quanto 'rifondarla'. Questa idea si accompagna spesso a un proselitismo aggressivo, fondato sulla convinzione che i seguaci delle Chiese storiche non siano veramente cristiani e debbano ancora ricevere l'autentico annuncio del Vangelo: un atteggiamento comune in alcuni nuovi movimenti di origine protestante soprattutto in America Latina. Casi tipici sono quelli della Chiesa universale del Regno di Dio di origine brasiliana e de La Luz del Mundo di origine messicana, due movimenti mondiali nati in ambito pentecostale che contano milioni di seguaci.
Le nuove r. di origine protestante, in genere, condividono con le Chiese cristiane storiche - talora con peculiarità proprie - una base cristologica e trinitaria comune. Al contrario, nelle nuove r. di origine cristiana alla rottura ecclesiologica si accompagna anche una rottura teologica, con inserimento di idee radicalmente diverse rispetto al protestantesimo storico (e naturalmente rispetto al cattolicesimo). In gruppi come i mormoni e i Testimoni di Geova il cristianesimo delle Chiese e comunità storiche è un retroterra da cui ci si allontana inserendo nuove idee e nuove scritture sacre, così come - è un'immagine utilizzata dalla storica J. Shipps per il mormonismo - il cristianesimo delle origini si era allontanato dall'ebraismo. Per questi gruppi l'insieme delle dottrine tradizionali del cristianesimo costituisce un grande Vecchio Testamento, cui se ne aggiunge uno nuovo, spesso tale da modificare radicalmente le interpretazioni del primo, costituito da nuove rivelazioni o da nuove scritture sacre. I Testimoni di Geova e i mormoni sono gruppi con una storia più che secolare, e di grandi dimensioni (per cui è particolarmente appropriato parlare di religioni e non di semplici movimenti). In tale area si situano tuttavia anche altri gruppi più piccoli, dai Bambini di Dio (da diversi anni ribattezzati The Family) fino alla Chiesa dell'unificazione del reverendo S.M. Moon, che peraltro negli ultimi anni non si presenta più come Chiesa, ma come movimento 'interconfessionale' con il nome di Federazione delle famiglie per la pace e l'unificazione mondiale.
A queste due categorie occorre ormai aggiungerne una terza, quella delle nuove r. che si possono chiamare di origine cattolica, il cui insieme costituisce quello che alcuni definiscono cattolicesimo di frangia. Si tratta di gruppi che si sono separati dalla Chiesa cattolica seguendo una rivelazione non riconosciuta ufficialmente, un profeta, un veggente, ovvero, in senso ultraconservatore oppure ultraprogressista, si sono allontanati dalla comunione con il papa e i vescovi. Nella maggioranza, tali gruppi si ritengono 'soggettivamente' in comunione con la Chiesa cattolica, mentre spesso 'oggettivamente' non lo sono. Non mancano peraltro casi in cui movimenti di origine cattolica si danno una struttura di vera e propria Chiesa alternativa, che finisce per creare una consapevolezza dell'avvenuta separazione. È il caso del gruppo italiano sorto nei dintorni di Torino intorno alle rivelazioni private del veggente R. Casarin, che si presenta esplicitamente come nuova r. autonoma con il nome di Chiesa anima universale.
Le nuove r. a simbologia cristiana sono molto diverse fra loro. Alcune contano milioni di seguaci, altre poche decine; alcune hanno vita effimera, altre esistono dalla fine dell'Ottocento e continuano a crescere. Un elemento, tuttavia, che quasi tutte hanno in comune è l'ansia escatologica: l'attesa di una fine del mondo come imminente e l'aspirazione a conoscere il 'come' (non solo il 'quando') ciò dovrà avvenire, che assume quasi sempre la forma del millenarismo. Da questo punto di vista, le nuove r. a simbologia cristiana, antiche o recenti, grandi o piccole, costituiscono il segnale o la spia di un elemento molto diffuso nella sensibilità religiosa postmoderna: l'interesse per la fine del mondo e per gli eventi che la accompagneranno; l'attesa, talora gioiosa ma altre volte ansiosa e piena di paura, di eventi apocalittici. Tale attesa è largamente diffusa nel mondo cristiano, ma anche al di fuori di esso e ben al di là della cerchia dei membri di queste nuove religioni.
Nuove religioni di origine orientale
Una seconda grande famiglia comprende le nuove r. di origine orientale, la cui simbologia non è mutuata dal cristianesimo (anche se elementi cristiani si ripresentano talora in chiave sincretistica), ma dalle r. del Medio o dell'Estremo Oriente. Per la verità il Medio Oriente e l'Islam sono stati meno fecondi di nuove r.; tuttavia, separandosi dall'Islam, il movimento Bahā'ḳ si è imposto, per storia e dimensioni, come una delle più grandi nuove r., con oltre 5 milioni di seguaci nel mondo. La maggioranza delle nuove r. di origine orientale si ispira alle r. nate nel subcontinente indiano (induismo, buddhismo, ma anche jainismo, sikhismo, r. radhasoami); non mancano gruppi giapponesi che combinano buddhismo, shintoismo e religiosità popolare locale.
Si può distinguere fra i gruppi creati da occidentali affascinati dall'Oriente (il cui esempio più antico e importante è la Società teosofica, fondata nel 1875, che peraltro negava di avere natura religiosa) e i risultati di vere e proprie 'missioni' promosse da gruppi nati in Oriente. A partire dal Parlamento mondiale delle religioni, celebrato per la prima volta a Chicago nel 1893, la presenza di occidentali entusiasti dell'Oriente non sfugge ai dirigenti di movimenti indiani e giapponesi, che iniziano a promuovere autentiche 'contro-missioni'. Attualmente i guru indiani, per non parlare degli occidentali che, dopo essersi formati in India, si sono autoproclamati guru, e i maestri di tutte le tradizioni religiose orientali vecchie e nuove hanno dato origine a centinaia di nuove r. in Occidente.
Ci si trova nuovamente di fronte a problemi di confine e di demarcazione. È difficile dire quali gruppi siano tradizionali, espressioni fedeli delle grandi tradizioni orientali, e quali invece siano nuovi. Se organizzano in modo sistematico e continuativo una predicazione missionaria in Occidente, anche gruppi orientali di origine antica tendono ad assumere profili nuovi. Altri erano già 'nuovi' nella loro terra di origine quanto a stile e modalità di presentazione, anche se radicati in una tradizione antica. Gli Hare Krishna, ossia i membri dell'ISKCON (International Society for Krishna Consciousness), si inseriscono certamente nel solco di una spiritualità, di origine bengalese, che risale al 16° secolo. Tuttavia, con la massiccia presenza in Occidente, il messaggio - forse contro le intenzioni di alcuni dei missionari partiti dall'Oriente - a poco a poco si è modificato, almeno quanto alle modalità di presentazione, con interessanti ripercussioni anche nel Paese di origine, l'India.
La Soka Gakkai, che conta circa 15 milioni di seguaci nel mondo, è nata nell'alveo di una delle scuole buddhiste giapponesi, quella del monaco medievale Nichiren (1222-1282). La grande espansione internazionale ha finito per dare al movimento uno stile e caratteristiche in parte nuove, lontane dal modo di presentarsi dei monaci della Nichiren Shoshu, l'ordine monastico al quale la Soka Gakkai era originariamente affiliata e con cui ha sciolto i legami nel 1991; e gli esempi potrebbero essere moltiplicati.
Con l'eccezione dei gruppi di origine mediorientale e di quelli che, seppure nati in Oriente, derivano in realtà principalmente dal cristianesimo, un elemento dottrinale che si ritrova quasi sempre in primo piano in questa famiglia di movimenti è la dottrina della reincarnazione. Se il successo delle nuove r. a simbologia cristiana mostra l'interesse dell'uomo contemporaneo per il destino dell'umanità e la fine del mondo, la diffusione di nuovi movimenti di origine orientale è un segnale dell'interesse per il destino della persona e per la vita dopo la morte.
Nuove religioni nate in Occidente per innovazione
Una terza famiglia di nuove r. è sorta in Occidente intorno a due idee le cui radici risalgono alla fine del 18° secolo. La prima è che le r. tradizionali non siano adatte all'uomo moderno e alla sua mentalità scientifica, e sia dunque necessario fondare una r. nuova, prendendo gli elementi migliori o, almeno, quelli compatibili con il progresso tecnico-scientifico dalle grandi r. del passato. La seconda idea è che, mentre le r. tradizionali hanno messo al centro del loro messaggio Dio, una r. veramente moderna, senza necessariamente negare l'esistenza di un essere supremo, dovrebbe invece concentrarsi sull'uomo, sulle sue potenzialità e sulla sua felicità.
Tentativi di costruire r. interamente nuove consacrate all'uomo o all'umanità si sono manifestati già durante la Rivoluzione francese; lo stesso A. Comte (1798-1857), il padre del positivismo, cercò di fondare una Chiesa positivista, che sopravvive ancora oggi in Brasile, seppure con dimensioni molto ridotte. È tuttavia soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale che è esploso un movimento del 'potenziale umano', in cui si insegna a 'fare emergere' il proprio potenziale nascosto. Salvo che per poche eccezioni, non si può veramente parlare di religioni atee, poiché Dio non viene negato, ma rimane tuttavia un orizzonte remoto, con poca incidenza sulle attività religiose quotidiane, che si concentrano piuttosto sull'autoperfezionamento dell'uomo, che si ritiene in grado di sviluppare qualità straordinarie. Alcuni gruppi del 'potenziale umano', come la Chiesa di Scientology, rivendicano, fra molte controversie, la qualifica di religione. Altri, come quello della Dinamica mentale, ormai scomparso ma nelle cui fila sono passati i fondatori di numerosi altri movimenti, o quello dell'Erhard Seminars Training (il cui acronimo viene di solito scritto con le iniziali minuscole, est), poi ribattezzato The Forum e vittima a sua volta di una grave crisi economica, hanno preferito presentarsi come semplici società commerciali, pronte a offrire i loro servizi senza chiedere in cambio l'adesione a nessun principio di carattere dottrinale o religioso.
Il confine fra movimenti del 'potenziale umano' religiosi e non religiosi sembra tenue. Se è vero che la Chiesa di Scientology ha una visione del mondo di tipo neognostico (gli uomini sarebbero gli originari creatori del mondo, che avendo dimenticato di averlo creato sarebbero rimasti intrappolati negli universi di materia-energia-spazio-tempo), e nella sua pratica assume importanza notevole il tema della reincarnazione, anche altri gruppi del 'potenziale umano', che pure si presentano come società meramente commerciali, fondano la loro attività su una serie di presupposti relativi alla natura, alle origini e al destino della persona umana che è difficile considerare del tutto estranei alla religione.
Le controversie che hanno riguardato Scientology mostrano, piuttosto, come in numerosi Paesi dell'Occidente non esista più una nozione socialmente condivisa di religione. Teologi, sociologi, giuristi propongono definizioni diverse: la r., piuttosto che una caratteristica essenziale che inerisce a una sfera particolare, sembra sempre di più una rivendicazione negoziata fra attori sociali portatori di specifici interessi (governi, amministrazioni fiscali, gruppi che rivendicano - o, ispirandosi a strategie diverse, non rivendicano - l'etichetta di religione). Al di là della natura, religiosa o meno, di tali gruppi (la questione dipende dalla nozione di r. che si adotta) e del dibattito, spesso molto vivace, sui metodi usati nella propaganda, il messaggio dei movimenti del 'potenziale umano' rimanda a una 'religione del sé' che pone al centro dell'esperienza del sacro una autosacralizzazione e un'insistenza (di tipo, spesso, neognostico) sul carattere divino dell'uomo.
In tale prospettiva, il sociologo inglese P. Heelas ha proposto un paragone fra le r. del 'potenziale umano' (Scientology compresa) e la New Age. Certo, la New Age non ha una struttura unitaria, non ha capi, non ha adesioni formali (non ci si 'iscrive' né si viene 'battezzati'). È piuttosto un network di gruppi molto diversi fra loro con idee e aspirazioni in comune. Tuttavia, se la New Age non è dal punto di vista tecnico una nuova r., al suo interno è proposta una 'religione del sé', una sacralizzazione della persona (vista più spesso come creatore che non come creatura) tale da giustificare un certo parallelo con le nuove r. del potenziale umano.
Il ruolo delle nuove religioni nel 21° secolo
Si parla spesso di invasione delle sette o di esplosione delle nuove religioni e, di fatto, i movimenti religiosi in qualche modo alternativi sono numerosissimi. J.G. Melton, che peraltro rifiuta di tracciare una linea di demarcazione netta fra vecchie e nuove r., ne rubrica oltre 1500 di una certa consistenza negli Stati Uniti. In un Paese dove il pluralismo religioso è più recente come l'Italia, il CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) è a conoscenza di oltre 300 sigle. In Africa, gli specialisti contano diverse migliaia di nuove r., e il numero continua ad accrescersi. Tuttavia, con l'eccezione di alcuni Paesi africani e asiatici, il numero di aderenti a tali movimenti rimane piuttosto contenuto. Naturalmente, le statistiche dipendono dai criteri adottati per determinare la linea di demarcazione fra r. 'storiche' e nuovi movimenti religiosi. In nessun Paese dell'Occidente però i nuovi movimenti religiosi, qualunque definizione se ne adotti, sembrano superare il 2% della popolazione. In Italia è più probabile che si aggirino intorno all'1%. In America Latina e in alcuni Paesi dell'Africa e dell'Asia, la situazione è diversa, ma sono possibili notevolissime variazioni del dato statistico sulle nuove r. a seconda dell'inclusione o meno, in tale categoria, delle nuove r. che abbiamo definito di origine protestante.
Nel caso dell'Italia si deve inoltre considerare che oltre la metà di quell'1% della popolazione che fa parte di r. 'alternative' è rappresentato dai Testimoni di Geova. Pertanto le altre sigle, tutte assieme, non raggiungono lo 0,5% della popolazione. Molte di quelle elencate nei repertori enciclopedici del CESNUR non superano i 30 membri, la maggior parte delle molte sigle presenti in Italia rinvia, quanto a numero di aderenti, a piccole o piccolissime realtà. Più che di un'invasione delle sette, si dovrebbe forse parlare di un'invasione delle sigle.
La più grande nuova r., utilizzando qui il termine in modo volutamente paradossale, è dunque, in particolare in Occidente, quella delle persone impegnate in un 'credere senza appartenere' (believing without belonging, secondo la formula della sociologa inglese G. Davie). In Italia, per es., secondo i dati dell'Inchiesta europea sui valori del 2000, i cattolici almeno occasionalmente praticanti sono circa 1/3 della popolazione. Gli aderenti a minoranze religiose, storiche o di origine recente, non superano il 2%. Gli atei, gli agnostici dichiarati, coloro che si rifiutano di rispondere ai sondaggi dei sociologi sono meno del 10%. Rimane una popolazione costituita da oltre metà degli italiani che dichiara di credere in qualche cosa di superiore o trascendente, ma che non appartiene a una comunità religiosa nel senso pieno del termine. Naturalmente questa grande 'nuova religione'non è omogenea. Al suo interno i sondaggi rivelano una gamma di posizioni diverse. Si va da coloro che credono in un potere superiore che non sanno però identificare, a coloro che si definiscono credenti, cristiani o anche cattolici benché non siano praticanti, dissentiscano dalla Chiesa o mostrino atteggiamenti - non infrequenti in Italia - anticlericali. Questo fenomeno, che la sociologa francese D. Hervieu-Léger definisce disistituzionalizzazione della religione, è una delle caratteristiche salienti del sacro postmoderno. Non ha dunque torto chi invita a non sopravvalutare le nuove r., anche se alcune di esse sono, su scala mondiale, tutt'altro che piccole - si sono citati i casi dei mormoni, dei Testimoni di Geova, della Soka Gakkai - la loro incidenza percentuale, particolarmente in Occidente, è ancora molto ridotta. In assoluto, è maggiore il numero di coloro che si rivolgono a nuovi movimenti all'interno delle r. storiche e delle Chiese maggioritarie, ed è ancora maggiore la massa di quanti credono senza appartenere.
Tuttavia, si ha ugualmente torto quando si sottovalutano le nuove religioni. Esse, infatti, non sono importanti soltanto per le loro dimensioni quantitative, ma ancor più per la loro capacità di influenzare cerchie molto più vaste di persone. Un gruppo relativamente piccolo come gli Hare Krishna ha distribuito milioni di copie dei suoi libri e opuscoli. Il testo sulla reincarnazione più diffuso dagli Hare Krishna è diventato popolarissimo in numerosi Paesi dell'Occidente, è spesso citato anche in contesti insospettati, e ha certamente contribuito alla divulgazione delle teorie sulla reincarnazione anche presso persone che non aderirebbero mai al movimento.
Studiare quei pochi, nuovi movimenti religiosi destinati a ottenere un successo duraturo può aiutare a comprendere anche le aspirazioni, le domande, i sentimenti profondi di coloro che credono senza appartenere. Ogni famiglia di nuove r. esprime infatti esigenze e credenze diffuse ben al di là dei propri confini. Le nuove r. a simbologia cristiana richiamano l'interesse per l'escatologia, le profezie apocalittiche e la fine del mondo; le nuove r. di origine orientale mostrano il grande interesse che circonda le teorie della reincarnazione; i movimenti del 'potenziale umano' e altri nati in Occidente per innovazione, come anche la New Age, rinviano al tema molto diffuso della 'sacralizzazione del sé' e di una più generale preoccupazione postmoderna di vivere, senza privarsi di un vago riferimento religioso, la ricerca mondana della felicità e del successo.
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