RELIQUIARIO
Con il termine r. si indica la custodia per la conservazione e l'esposizione di reliquie, vale a dire resti corporei o secondari e ricordi di personaggi 'santi', oggetto di venerazione.Il fenomeno della venerazione delle reliquie, che è alla base della creazione del r., affonda le radici nel culto atavico degli antenati e si fonda sulla credenza in una vita ulteriore e in una continuità di azione del defunto. Dal punto di vista della storia della cultura, le reliquie possono essere considerate il più antico oggetto di rilevanza antropologica, ancora prima dell'immagine, della parola e della scrittura. Nell'ambito cristiano, la reliquia e il suo culto si basano sulla fede nella risurrezione dei morti, ovvero sulla dottrina della risurrezione della carne e sulla convinzione che Dio non permette che il suo santo "veda la corruzione" (Sal. 16 [15], 10; At. 2, 27). Questo riguardò dapprima i martiri della Chiesa, come già si apprende dal resoconto del martirio del vescovo Policarpo di Smirne (m. nel 156 ca.), in cui Eusebio (Hist. eccl., IV, 15, 43; Die griechischen christlichen Schriftsteller, II, 1, Leipzig 1903, p. 353) riferisce che il sangue versato dal martire fu raccolto dai panni dei fedeli. La morte venne pertanto intesa come dies natalis, la tomba come sanctorum locus. Nell'identità tra corpo perituro e trasfigurato, nel corpus incorruptum (Gregorio di Tours, De gloria martyrum, 62; MGH. SS rer. Mer., I, 2, 1885, p. 530) è dunque da riconoscere il presupposto sostanziale per la venerazione dei resti terreni dei santi, lapides vivi della Chiesa. L'occasione e il desiderio di una loro degna conservazione fecero, nel corso del tempo, della reliquia e del suo contenitore un'unità inscindibile, in cui si incontravano pietas e tremendum. Inoltre in epoca precoce si creò tra tomba del martire e altare cristiano uno stretto legame basato su Ap. 6, 9: "vidi subtus altare animas interfectorum propter verbum Dei et propter testimonium quod habebant". Questo rapporto pervade l'intera storia del culto cristiano delle reliquie. La qualità di 'portatore di Cristo' del martire o del santo (Tertulliano, De pudicitia, 22; PL, II, coll. 1026-1050) comportò presto l'uso della sepoltura ad sanctos, per assicurarsi la loro virtus. L'esempio più antico di una traslazione di santi patroni a questo scopo è il trasferimento dei martiri Gervasio e Protasio, effettuato nel 386 da s. Ambrogio nella chiesa da lui fondata davanti alle mura di Milano (Paolino di Nola, Vita Ambrosii, 29; PL, XIV, col. 37). Inoltre il culto delle reliquie già nei primi secoli cristiani assunse forme organizzate negli uffici divini, nelle processioni e nel calendario liturgico. Un rilievo eburneo di produzione romano-orientale del sec. 5° (Treviri, Domschatz) mostra il trasporto di una cassa-r. in una nuova chiesa appositamente realizzata.È importante ribadire che le reliquie avevano una differenziazione di rango. Quelle corporee erano considerate primarie, mentre oggetti provenienti dall'ambiente più vicino al santo o alla sua sepoltura costituivano reliquie secondarie. Particolarmente numerose sono le c.d. reliquie da contatto, oggetti messi in seguito a contatto con una tomba santa, fra cui frammenti tessili (brandea), e inoltre olio, polvere, pezzi di terra, cera e simili. Come ulteriore categoria sono da menzionare le reliquie che ricordano il luogo, l'attività o anche il rango di un santo, per es. di un vescovo o di un abate. Infine l'ambizione al possesso delle reliquie e della loro virtus portò alla moltiplicazione di esse e alla creazione di appositi contenitori presso le tombe sante maggiormente visitate.La loro molteplicità, difficilmente calcolabile a partire da epoca precoce e lungo tutto il Medioevo, si riflette anche in una terminologia differenziata, dalla quale si possono dedurre alcune indicazioni su forma, contenuto e uso cultuale dei r.; il termine r. entrò in uso solo nel corso del Medioevo maturo. Tra le principali definizioni correnti nei primi secoli vanno citate: theca, vas, lipsanotheca, phylacterium, chrismarium, conditorium, repositorium, custodia. Le diverse forme di cassa impiegate venivano definite come arca, scrinium, feretrum, acerra, truha. R. in forma di pisside avevano il nome di pyxis, buxis, cuppa, scyphus. Un uso particolare di r. può essere dedotto anche da designazioni come encolpium, pectorale, fibula, monile, bursa, pax, pacificale, staurotheca, gestatorium. R. in forma di tavola erano chiamati tabula, icona, plenarium. Non da ultimo il Medioevo conobbe i contenitori per reliquie riproducenti forme corporee o figurati - imago, caput, herma, manus, brachium, pes, crux, corona - nonché il r. usato come oggetto per l'esposizione e la benedizione: monstrantia, ciborium, tabernaculum (Braun, 1940). Oltre al numero cospicuo di definizioni e di forme del r., va osservato nel corso del tempo il ricco variare nell'uso dei materiali: metalli, nobili e non, avorio, osso, corno, legno, vetro, cristallo, pietre preziose, pietre dure, tessuti. Con l'avanzare del Medioevo si aggiunse una spiccata predilezione per gli oggetti esotici in funzione di contenitori di reliquie: per es. uova di struzzo, coppe di nautilo, noci di cocco, corni, ovvero i c.d. artigli di grifo.All'inizio furono soprattutto i r. a pisside o a cassa a prestarsi a una decorazione con motivi ornamentali o con immagini, che poteva andare dai semplici ornamenti geometrici o fitomorfi alla rappresentazione di figure e, a seconda del fine religioso dell'oggetto, poteva presentare un carattere simbolico o un apparato iconografico più o meno dettagliato e ponderato, di tema cristologico, mariologico o agiografico. Anche per questa sua ricchezza il r. cristiano offre un quadro estremamente sfaccettato di tutte le possibilità figurative dell'arte cristiana, che coinvolge ogni genere artistico. Inoltre vi appare rappresentata l'arte di tutte le regioni dell'ampia area geografica che va da Gerusalemme a Santiago de Compostela, nei vari periodi storici.Dato che risultano difficilmente afferrabili per intero le interrelazioni tra antropologia, sociologia e culto religiosoliturgico nella funzione e nell'impiego delle reliquie e dei r., ogni tentativo di dare un inquadramento storico alle questioni legate al tipo di custodia delle reliquie si trova di fronte a non poche difficoltà. Già nei primi tempi si incontrano contenitori sia quadrangolari sia rotondi od ovali; non di rado questi, per il loro peculiare rapporto con l'altare come tomba del santo, sono inoltre celati all'interno di sarcofagi in miniatura, scrinia in pietra o in marmo, per es. quelli di Nola, San Zeno Val di Non, Grado (Vienna, Kunsthistorisches Mus.) e quello della parrocchiale di Paspels. Cavità praticate nell'altare rendono l'altare stesso un r. (altare confessionale). Come definizione dei r. usati nelle chiese sono generalmente correnti in Occidente dal sec. 5° i termini di capsa e capsella. Il vescovo Evodio di Uzala (m. nel 424) parla di una "capsella argentea in qua erat reliquiarum portio" (De miraculis s. Stephani, I, 8; PL, XLI, col. 839). Importanti capsae reliquiarum di epoca di poco successiva al 400 potevano essere strutturate e ornate in modo assai vario.I recipienti cubici in argento dorato per S. Nazaro a Milano (Tesoro del Duomo) e a Salonicco (Archaeological Mus.) sono decorati con scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, secondo la tradizione di alto livello qualitativo dei lavori a sbalzo tardoantichi. Altri r. dello stesso tipo in Oriente e in Occidente (Baltimora, Walters Art Gall.; Paspels, parrocchiale) recano solo semplici croci o cristogrammi. Recipienti ovali per reliquie potevano ugualmente essere decorati con raffigurazioni simbolico-figurate di considerevole profondità iconografica, per es. quelli provenienti dalla cappella del Sancta Sanctorum al Laterano (Roma, BAV, Mus. Sacro), altri conservati a Parigi (Louvre), nonché i r. di Jabalkovo (Sofia, Nat. arheologitcheski muz.) e da Cirga (Adana, Mus.).Il prezioso avorio venne utilizzato per i r. sin dagli inizi. L'esemplare più significativo di una cassetta-r. realizzata con questo materiale è la lipsanoteca di Brescia (Civ. Mus. Cristiano), che reca una decorazione dalla complessa iconografia. Le pissidi eburnee - scatole circolari con intagli a rilievo - che si incontrano in gran numero potevano inizialmente essere destinate alla conservazione dell'Eucaristia, ma in proposito non va dimenticato il particolare carattere dell'ostia come reliquia del Signore. Circa il contenuto di reliquie delle capsae o pyxides conservate o documentabili si è in dubbio se a volte si trattasse di reliquie primarie. Da un lato un testo dell'Oriente cristiano indica che i corpi dei santi venivano smembrati perché in essi "era insita una grazia indivisa e ogni modesta e piccola reliquia ha la stessa forza dell'intero corpo del martire" (Teodoreto di Ciro, Graecarum affectionum curatio, VIII, 10; SC, LVII, 1958, pp. 313-314); d'altro canto ciò appare in contrasto con l'uso occidentale asserito in un testo del papa Gregorio Magno (m. nel 604): "Quia Romanis consuetudo non est [...] ut quicquam tangere praesumat de corpore. Sed tantummodo in buxide brandeum mittitur atque ad sacratissima corpora sanctorum ponitur" (Registrum epistolarum, IV, 30; Corpus Christianorum Lat., CXL, 1982, p. 249). Lo stesso papa donò alcuni encolpi, vale a dire r. da portare appesi sul petto, in forma di piccole chiavi, che contenevano particole delle catene dell'apostolo Pietro, dunque reliquie secondarie (Registrum epistolarum, I, 29; VI, 6; ivi, pp. 16-17, 373-374).Da molte indicazioni relative alla prima età medievale risulta soprattutto un fluente interscambio tra reliquie e ricordi di pellegrinaggio, o eulogie, che dai luoghi sacri della Palestina e dell'Egitto raggiungevano tutte le regioni dell'ecumene cristiana. Gli esempi più noti e più caratteristici sono le c.d. ampolle palestinesi (Monza, Mus. del Duomo; Bobbio, Mus. dell'Abbazia di S. Colombano), a cui si devono aggiungere altri esemplari provenienti dall'Egitto (santuario di S. Menna), dalla Siria (S. Simeone Stilita) e dall'Asia Minore (S. Tecla). I tipi di immagine che vi appaiono più spesso riprodotti sono nella gran parte dei casi considerati come riflessi delle raffigurazioni create presso i luoghi di pellegrinaggio. In ciò si può già vedere la nascita del r. detto interpretativo (Barbier, 1968, p. 199ss). La maggior parte di questi oggetti è costituita da recipienti rotondeggianti di piccolo formato, da portare al collo, realizzati in argento, in altre leghe metalliche o in ceramica; essi contenevano per lo più olii, provenienti dai luoghi santi o anche polvere o terra, nonché particole vegetali o tessili. L'uso pratico delle eulogie, o filatteri, viene indicato da un'annotazione di Paolino di Nola (m. nel 431) che portava con sé una particola della croce "ad cotidianam tutelam atque medicinam" (Ep., XXXII, 8; CSEL, XXIX, 1894, p. 283). Anche in Francia in tempi precoci si possedevano simili filatteri: "Habebam enim ibi ampullam cum oleo plenam, quam de sancti Martini basilica detuleram" (Gregorio di Tours, Hist. Fr., VIII, 15; MGH. SS rer. Mer., I, 1, 1884, p. 335). Circa il modo di portare questi oggetti si indica non solo che essi collo suspenderent, ma viene anche menzionata una "capsula, quae de parieti pendebat", dunque un r. appeso in casa a scopo protettivo (Gregorio di Tours, Hist. Fr., VII, 31; ivi, p. 311).Soprattutto per quanto riguarda l'epoca merovingia-precarolingia sono pervenute numerose testimonianze sulla diffusione e sull'utilizzazione di filatteri come r. d'uso personale. Proseguendo le tradizioni tardoantiche, appartenevano a questo genere non da ultimo le reliquie introdotte nell'abbigliamento, nelle fibule, nelle fibbie delle cinture e nelle linguette delle cinghie: "in fibula aurea sunt reliquiae Domini Salvatoris et s. Mariae et s. Vigilii et aliorum sanctorum" (Libri confraternitatum Sancti Galli, 395; Braun, 1940, p. 72). Le fibbie delle cinture per es. erano vuote all'interno e dotate di un coperchio scorrevole per poter accogliere piccole reliquie, come mostrano l'esemplare in avorio di Issoudun (Mus. de l'Hospice Saint-Roch) e quelli in metallo di Augusta (Römisches Mus. in der Dominikanerkirche), da Walda (Monaco, Prähistorische Staatssammlung), da Gondorf (Bonn, Rheinisches Landesmus.); la diffusione di questa tipologia è testimoniata anche in ambito irlandese-insulare nel r. da Moylough (Dublino, Nat. Mus. of Ireland). Al repertorio di immagini noto attraverso le ampolle orientali subentrò ampiamente, in ambito germanico, la decorazione con intrecci apotropaici o motivi zoomorfi, ma la sopravvivenza di motivi iconografici come la croce, il cantaro tra grifi, Giona e altri, spesso accompagnati da iscrizioni, conferisce a queste immagini un'atmosfera di 'magia sacramentale'. R. d'uso privato sono infine testimoniati dalle vite di importanti uomini di Chiesa; si legge, in occasione del seppellimento del martire s. Chiliano e dei suoi compagni, che "illorum capsae, crux et evangelium aliaque pontificalia [...] in sepulcro posita sunt" (Passio Kiliani, 10; MGH. SS rer. Mer., V, 1910, p. 726). Al defunto s. Gallo "capsella [...] cum cilicio ad caput viri Dei in feretro suspensa est" (Vettino, Vita Galli, 34; MGH. SS rer. Mer., IV, 1902, p. 276).Sebbene non si abbia alcuna indicazione circa l'origine di tali reliquie o filatteri, è tuttavia certo che per es. il rapporto con la Terra Santa fu costante in epoca merovingia. A Poitiers la regina Radegonda (m. nel 587) "misit [...] pueros iterum Hierusolymis ac per totam Orientis plagam. Qui circumeuntes sepulchra sanctorum martyrum confessorumque cunctorum reliquias detulerunt" (Gregorio di Tours, De gloria martyrum, 5; MGH. SS rer. Mer., I, 2, 1885, p. 490). Tra queste vi poteva essere stata anche la particola della croce, ancora oggi custodita a Poitiers nella cappella del monastero della Sainte-Croix. Pure l'abate Bercario di Montier-en-Der (m. nel 675) si recò a Gerusalemme e a Roma "sacrasque plurimum reliquias impetravit" (AASS. Octobris, VII, 1845, p. 1010).La stretta relazione tra reliquie e altare continuò a essere intensa nell'Alto Medioevo. Precoci esempi di altari-r., modeste capsellae d'argento (Trento, Castello del Buonconsiglio; Garlate, Arch. parrocchiale) proseguono la tradizione della capsella per reliquie d'altare paleocristiana; al loro posto comparvero, in epoca successiva, r. in forma di borsa o di casa, sempre di piccole dimensioni. Esempi tra i più antichi, come i r. a borsa delle abbazie di Saint-Bonnet d'Avalouze e di Saint-Benoît-sur-Loire, della parrocchiale di Ennabeuren (Katholische Pfarrgemeinde), quelli di Vercelli (Tesoro del Duomo), di Andenne (Namur, Mus. Diocésain et Trésor de la Cathédrale Saint-Aubain) e di Cividale (Tesoro del Duomo), con la loro decorazione prevalentemente simbolico-astratta, corrispondono ai r. d'uso personale della fase precedente. I r. a borsa sono in ogni caso predisposti sia per l'esposizione sia per essere portati appesi, come si evince dalla presenza di anelli; alcuni esemplari di questo tipo, rilevanti per la qualità dei materiali e per il livello dell'esecuzione, giunsero all'epoca carolingia e oltre: per es. il r. a borsa da Enger (Berlino, Staatl. Mus., Kunstgewerbemus.) e quello di S. Stefano (Vienna, Kunsthistorisches Mus., Schatzkammer), il r. del dente (Monza, Mus. del Duomo) e l'arca di S. Villibrordo (Emmerich, Münsterkirche St. Martin).Ai r. a borsa sono affini quelli a forma di casa, di provenienza insulare, risalenti più o meno alla stessa epoca (secc. 8°-9°), dei quali sono attestati ca. dieci esemplari o frammenti, fra cui il Lough Erne Shrine (Dublino, Nat. Mus. of Ireland), l'Emly Shrine (Boston, Mus. of Fine Arts), il Monymusk Shrine (Copenaghen, Nationalmus.), diffusi fin nell'Italia centrale (Abbadia San Salvatore). Quanto grande dovesse essere il numero di tali r. e come essi venissero utilizzati risulta da un'annotazione per l'abbazia di Centula/Saint-Riquier: "capsae reliquiarum aureae et argenteae vel eburneae paratae sunt XXX" (Ariulfo, Chronicon Centulense, III, 3; ed. a cura di F. Lot, Paris 1894, p. 87).Inoltre avevano importanza i r. a cassetta d'avorio o d'osso: la cassetta di Werden (Essen, Schatzkammer der Propsteikirche St. Liudgerus), assegnabile ancora al sec. 8°, rivestita di tavolette d'osso e decorata con immagini in parte intagliate e in parte incise, servì presumibilmente non solo come custodia di reliquie, bensì contemporaneamente come altare portatile e costituisce pertanto l'esempio più antico di una tipologia diffusa nel Medioevo maturo. Altre cassette risalenti al tardo sec. 9° (Parigi, Louvre; Brunswick, Herzog Anton Ulrich-Mus.; già Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Skulpturengal.) sono corredate di raffigurazioni dalla complessa iconografia; di particolare interesse era quella già a Berlino, perché, oltre alla Crocifissione di Cristo, mostrava il Sepolcro custodito da guardiani, che avrebbe dovuto contenere reliquie della Terra Santa, visibili attraverso una lastrina di cristallo (Elbern, 1966). Nell'ambito di queste relazioni si colloca anche, per il suo originario contenuto di reliquie, il 'talismano' ritenuto dell'imperatore Carlo Magno (Reims, Palais du Tau Trésor de la Cathédrale), piccolo r.-pettorale in materiali preziosi, che riproduce la tipologia di un'ampolla da pellegrini palestinese.All'avvento della renovatio Romani imperii carolingia si lega chiaramente anche un rilevante mutamento nella concezione del r. e si manifestano nuovi sorprendenti aspetti nelle modalità di raffigurazione, in ambito sia formale sia teologico-iconografico. Al primo posto va menzionato come esempio l'Arcus Einhardi - oggi noto solo da riproduzioni seicentesche (Parigi, BN, fr. 10440, c. 45) - dovuto a Eginardo (m. nell'840), collaboratore dell'imperatore Carlo Magno e del suo successore Ludovico il Pio: si trattava della base di una croce-r. in forma di arco di trionfo romano, recante un preciso programma iconografico cristologico, realizzata a sbalzo, con l'ulteriore inserimento della raffigurazione dei sovrani. Questo r. non era un caso unico: nell'ambito dell'abbazia imperiale di Fulda, da cui proveniva Eginardo, è testimoniato da fonti letterarie l'uso di un'arca come r., arcae Mosaicae instar - dunque secondo la tipologia dell'arca dell'alleanza veterotestamentaria - insieme a un propitiatorium e a un candelabro a sette bracci (Catalogus abbatum Fuldensium; MGH. SS, XIII, 1881, p. 273). Si delinea pertanto un'intensa relazione della Cappella Palatina di Aquisgrana con il Tempio di Gerusalemme, ma anche con il centro romano della renovatio Romani imperii; un carattere espressamente romano rivela anche l'altare d'oro in S. Ambrogio a Milano, della metà del sec. 9°, che assume la tipologia romana dell'altare-confessione ed è dunque da intendere quale r. monumentale, arca metallorum, come viene definito nella dedicazione. A ogni modo la metafora in figura architettonica che caratterizza alcuni dei r. conosciuti di epoca carolingia era pregna di significato per il futuro, come confermano altri esempi. Sempre da Fulda viene menzionato come struttura di un r. un "ligneum aedificium mechanica arte fabricatum" (Vita s. Rabani, 16; Schlosser, 1896, p. 116, nr. 378). Dall'abbazia benedettina di Fontenelle (od. Saint-Wandrille), in Normandia, è testimoniato un r. "ad instar parvi fari" (Clemens, 1892, p. 49), un precedente, per così dire, dei numerosi r. a torre del Medioevo maturo. In questo stesso contesto va considerato anche il c.d. escrain de Charlemagne, un coronamento di r. 'costruito' con un'armatura aurea incrostata di pietre preziose, in cui è stata riconosciuta una reminiscenza della Cappella Palatina di Aquisgrana (Hubert, 1949); anche quest'opera è nota solo attraverso una riproduzione, che risulta comunque attendibile (Parigi, BN, lat. 7230).L'aspetto di un altare dotato di r. in epoca altomedievale è ricostruibile con certezza attraverso diverse indicazioni. L'abbazia benedettina di Prüm (Renania-Palatinato), che godette della munificenza dell'imperatore Lotario I (840-855), possedeva alcune capsae per l'altare maggiore. Una lista del 1000 ca. segnala una "capsam auream cum altare sub posito innitentem quatuor columnis argenteis. Et alia capsula modica altari superposita et coronula aurea [...] una cum reliquiis" (Bischoff, 1967, p. 80, nr. 74). Va considerata inoltre la decretale De cura pastorali di papa Leone IV (847-855): "Super altare nihil ponatur nisi capsae cum reliquiis sanctorum [...] aut pyxis cum corpore Domini ad viaticum pro infirmis" (PL, CXV, col. 677). I numerosi altari delle chiese altomedievali e medievali, con le loro diverse reliquie, fornivano per così dire un'immagine vivente della famiglia dei santi e della città di Dio, con reliquie differenziate nella posizione, dalla cripta all'altare maggiore e agli altari secondari fino alla cappella della torre (Bandmann, 1962).Lo sfarzo dispiegato nelle chiese di epoca carolingia, non da ultimo nelle custodie per le reliquie, descritto a vivaci colori nei testi coevi (Vita Desiderii episcopi Cadurcensis; MGH. SS rer. Mer., IV, 1902, p. 574; Lib. Pont., II, 1892, p. 377s.), suscitò tuttavia ben presto aspre critiche. Alcuino di York abate di Tours (796-804), Claudio vescovo di Torino (817/818-827 ca.) e Agobardo arcivescovo di Lione (816-840) vi si opposero (De picturis et imaginibus; PL, CIV, coll. 199-228). D'altro canto nel Capitulare Missorum di Carlo Magno, dell'806, si sollecita una particolare attenzione alla cura delle suppellettili liturgiche, "ne propter perfidiam aut negligentiam custodum aliquid de gemmis aut de vasis [...] perditum sit" (MGH. Capit., I, 1883, p. 131).In epoca tardocarolingia cominciò a delinearsi un processo essenziale per la storia successiva del r. nel Medioevo: la creazione del r. antropomorfo e del r. 'parlante'. I Miracula sancti Dionysii (23), databili entro il sec. 9°, menzionano "partem digiti s. Dionysii auro instar manus affabre composito inclusam" (Acta Sanctorum Ordinis sancti Benedicti, III, Paris 1672, p. 351), dunque un r. a mano o a braccio, uno dei tipi più diffusi di r. antropomorfo. Il più antico esempio di testar., sempre risalente al sec. 9°, è documentato in un disegno di Fabri de Peiresc (m. nel 1637; Parigi, BN, lat. 17558); si trattava di una testa fatta eseguire da re Boso di Burgundia (879-887), destinata alle reliquie di s. Maurizio nella cattedrale di Vienne. Questo genere di r. dovette avere un importante rapporto con lo sviluppo della plastica monumentale nel Medioevo; esso raggiunse un primo vertice artistico con le statuer., caratteristiche della Francia sudoccidentale e centrale, tra le quali un'effigie della Vergine in trono con il Bambino per Clermont-Ferrand è documentata solo da un disegno a penna, mentre la Maestà di s. Fede a Conques (Trésor de l'Abbaye) è fortunatamente conservata. Nel Liber miraculorum sanctae Fidis (I, 28; ed. a cura di A. Bouillet, Paris 1897, pp. 71-72) il chierico Bernardo di Angers descrive, tra le altre cose, un sinodo tenutosi a Rodez intorno al Mille, nel corso del quale i vescovi e i sacerdoti partecipanti di volta in volta riunivano le Maiestates, cioè le figure sedute dei patroni delle loro chiese, con il proprio contenuto di reliquie. Bernardo sottolinea "vetus mos et antiqua consuetudo" di questa pratica; nel corso dei suoi viaggi egli stesso si era trasformato da biasimatore di tali r. personalizzati in loro sostenitore.Dal punto di vista teologico, la stretta relazione tra reliquie e figure antropomorfe si intende chiaramente considerando che i santi vennero definiti da un contemporaneo "vasa auri excelsa et eminentia" e pertanto come r. viventi (Teofrido di Echternach, Flores epitaphii sanctorum, II, 1; PL, CLVII, col. 339). L'ipotesi generale circa il ruolo decisivo svolto dai contenitori di reliquie nella nascita della scultura monumentale di carattere sacro dei secc. 10°-11° ha suscitato un certo scetticismo (Keller, 1951); è tuttavia attestato con sicurezza che i grandi crocifissi dell'epoca racchiudevano reliquie od ostie. Della celebre croce aurea di età ottoniana di Benna Trevirensis nel duomo di Magonza si legge infatti: "cuius venter plenus erat reliquiis et gemmis preciosissimis" (Kempf, 1966, p. 195). Più importante ancora per la storia del r. medievale è il fatto che, con la diffusione del r. antropomorfo, si espresse l'aspirazione verso una possibile presenza reale, concreta del santo, che si attuava in un contatto visibile con i contenuti dal potere salvifico. Nello stesso senso va considerato anche il r. 'parlante', che già nell'aspetto esterno manifesta il proprio contenuto. Gli sforzi tesi a ottenere un contatto immediato con l'oggetto di venerazione condussero in misura crescente a rendere percepibile il contenuto di reliquie, che venne avvicinato visivamente e tangibilmente a coloro che adoravano e pregavano, con l'impiego di materiali trasparenti, così come di pareti a traforo per le custodie. Uno degli esempi più antichi e più significativi è il r. di S. Andrea o di Egberto (Treviri, Domschatz): sopra la cassetta-r. è posta la raffigurazione plastica di un piede, correlata alla reliquia all'interno, il sandalium dell'apostolo Andrea. È in questo nesso tra immagine e contenuto che va riconosciuto in primo luogo il 'carattere di realtà' degli strumenti liturgici dell'Alto Medioevo (Frey, 1935). Alla realizzazione di estrema preziosità di questo r., in cui si rispecchia la concezione dei santi come vasa auri excelsa, si unisce lo sforzo di scoprire il più possibile l'oggetto sacro per renderlo accessibile. Tale scopo è ottenuto, in questo caso, da un lato grazie al traforo dei lati brevi della cassetta simili a transenne, dall'altro con il motivo delle doppie finestrine (bifore) - posto nei campi a smalto dei lati lunghi - attraverso le quali si potevano scorgere idealiter i fiori paradisiaci dei resti santi. La tendenza qui chiaramente in atto è del resto già riconoscibile nell'epoca carolingia, che, anche a questo riguardo, appare come una 'età di fondazione': sotto l'abate Ansegiso di Fontenelle (822-833) si fa menzione di una croce-r. "eiusque in medio cristallum positum, ita ut figura s. crucis intuentibus intus apparuit" (Gesta abbatum Fontanellensium, 13; MGH. SS, II, 1829, p. 295). In modo simile la reliquia doveva essere visibile già nel citato 'talismano' di Carlo Magno. Per il r. di Egberto a Treviri deve essere messa in rilievo anche la presenza di una pietra d'altare e il conseguente carattere di altare portatile; tale unione tra cassetta-r. e altare portatile ebbe un notevole sviluppo nel Medioevo maturo.Dal sec. 10° fino al 12° la realizzazione delle custodie per le reliquie si distinse per un impiego di materiali preziosi maggiore rispetto a quanto fosse mai avvenuto in precedenza. Suger, abate di Saint-Denis (m. nel 1151), spiega tale fenomeno con il "quaeritantes quam preciosiorem in auro et gemmis tanto ornatui materiam invenire potuimus praeparando" (De administratione, XXXII; ed. a cura di A. Lecoy de la Marche, Paris 1867, p. 194). A questo proposito vanno ricordate le croci-r. realizzate all'epoca, con il gruppo di quattro croci a Essen (Münsterschatzmus.), la croce di Lotario (Aquisgrana, Domschatzkammer) e la monumentale croce dell'impero (Vienna, Kunsthistorisches Mus., Schatzkammer); in quest'ultima era racchiusa soprattutto l'importante reliquia della 'santa lancia', garante della lotta vittoriosa per un giusto ordine nell'impero cristiano. Con ciò si affronta l'importante aspetto della funzione pubblica, che reliquia e r. rivestivano nel Medioevo. Già nel prologo della Lex Salica si parla della "Gens Francorum inclita auctore Deo condita", perché in modo molto meritevole "sanctorum martyrum corpora [...] super eos aurum et lapides preciosos adornaverunt" (MGH. LL in 4°, IV, 2, 1969, p. 2ss.).Custodie di reliquie erano quasi onnipresenti e irrinunciabili nella vita pubblica: sotto il trono di Carlo Magno ad Aquisgrana era posto un r.; secondo l'ordo dell'incoronazione di Magonza, del 960 ca., nella processione i vescovi portavano r. collo pendentes (MGH. Font. iur. Germ., IX, 1960, pp. 3-6 ). Come testimonianza particolarmente efficace va menzionata la reliquia del c.d. bastone di s. Pietro, contesa tra Colonia e Treviri: un documento giuridico di alto prestigio riguardo alla dignità e legittimazione apostolica rivendicata da entrambe le chiese locali; l'arcivescovo Egberto di Treviri (m. nel 993) fece racchiudere la parte del bastone rivendicabile alla sua diocesi in un preziosissimo r. 'parlante' (Limburg an der Lahn, Staurothek Domschatz und Diözesanmus.). In generale i bastoni-r. ebbero un ruolo di non poca importanza nel Medioevo. Come reliquie secondarie, principalmente come oggetti di importanza giuridica, essi godettero di grande considerazione a partire dal bastone d'abate di s. Germano (610-675 ca.; Delémont, Mus. jurassien d'art et d'histoire). Suggestivi esempi provengono dall'ambito irlandese-insulare, come i pastorali di Lismore, Clonmacnoise, Kilkenny (Dublino, Nat. Mus. of Ireland), i cui involucri riproducevano e interpretavano la forma dei bastoni racchiusi al loro interno. La funzione di tali baculi era molteplice: oltre a una generale forza salvifica, essi suscitavano la presenza del santo, come pure avveniva nel caso delle campane-r. irlandesi, in cui il perdurante appello alla preghiera dei padri del monachesimo appariva per così dire ipostatizzato.In tutte le regioni cristiane r. di questa sorta ebbero un importante ruolo nei giuramenti, come ausilio nelle contese guerresche e nelle riunioni dei consigli. Un giuramento su un r. caratterizza una scena del ricamo di Bayeux (Tapisserie de Bayeux). La lipsanoteca di Hildesheim (Diözesanmus. mit Domschatzkammer), come r. di fondazione del vescovado carolingio, aveva un ruolo sia negli atti feudali del vescovo sia come aiuto nel combattimento. Una croce-r. venne portata dal vescovo di Betlemme nel 1187 alla battaglia di Hattin, con la quale ebbe fine il regno crociato in Palestina. La convinzione circa la presenza in persona e l'efficacia del santo nella sua reliquia preziosamente racchiusa rendeva fiduciosi nel suo intervento come patrono in favore della sua comunità monastica, vescovile o cittadina.La brama da parte di monasteri, vescovi e città di avere protettori celesti apprezzati portò spesso nel corso del Medioevo a procedimenti illegali nell'acquisizione delle reliquie, ottenute mediante sancta rapina o laudabile furtum (Raterio di Verona, Invectiva de translatione s. Metronis; PL, CXXXVI, col. 451), dunque per mezzo di furti, non di rado con la promessa di una venerazione maggiore che nel luogo d'origine. Naturalmente all'ardore religioso furono non raramente legati forti interessi materiali ovvero finanziari. Questo fenomeno viene commentato anche in note dichiarazioni di importanti uomini di Chiesa del Medioevo, che criticarono il dispiegarsi di un ingiusto lusso materiale nell'arredo delle chiese con preziose suppellettili, tra cui in primo luogo i reliquiari. Gilberto di Nogent (m. nel 1124), un benedettino di alta cultura, vide chiaramente una confusione del senso e delle motivazioni: con lo sfarzo dei r. il senso terreno della moltitudine veniva incantato e turbato (De pignoribus sanctorum, I, 4; PL, CLV, col. 626). Ancora più esplicitamente tali concetti sono espressi da Bernardo di Chiaravalle (m. nel 1153): "spargitur aes, ut multiplicetur [...] et effusio copiam parit [...]. Auro tectis reliquiis signantur oculi, et loculi aperiuntur [...] magis mirantur pulchra, quam venerantur sacra" (Apologia ad Guillelmum Abbatem, XII, 28; ed. a cura di F. Gastaldelli, Milano 1984, p. 210). Assai diversa tuttavia appare l'opinione di Suger.La stretta relazione già più volte rilevata tra la reliquia e l'edificio della chiesa portò a una particolare accentuazione architettonica dell'aspetto del reliquiario. Nell'Alto Medioevo si accrebbe, peraltro, la volontà di arricchire e rafforzare la sostanza costruttiva degli edifici sacri con il contatto immediato delle reliquie. Oltre a quelle d'altare - la cui deposizione a partire dai secc. 8°-9° venne sottoposta a regole canoniche -, già in epoca precoce si erano poste reliquie nelle torri, come sanctorum locus (Venanzio Fortunato, Carmina, III, 12; MGH. Auct. ant., IV, 1, 1881, p. 65), e nelle colonne (Costantinopoli, colonna di Costantino). In epoca ottoniana furono i capitelli delle colonne a essere sacralizzati e fortificati per mezzo di reliquie, in quanto elementi portanti dell'edificio della chiesa. Thietmar di Merseburg narra che l'imperatore Ottone I il Grande (962-973), quando fondò il duomo di Magdeburgo, "in omnibus [...] columnarum capitibus sanctorum reliquias diligenter includi iussit" (Chronicon, II, 17; MGH. SS rer. Germ., n.s., IX, 1935, p. 58). Un'analoga testimonianza è relativa alla fondazione da parte del vescovo Bernoardo (993-1022) del St. Michael a Hildesheim, dove i capitelli recano iscritti i nomi dei santi al genitivo di possesso; anche per St. Godehard, sempre a Hildesheim, e per il capocoro del duomo di Magdeburgo, ricostruito nel 1207, quest'uso è testimoniato insieme a quello di spolia dell'edificio precedente. Con l'allestimento di zone per le reliquie l'intera sostanza costruttiva della chiesa venne consacrata come vivorum lapidum locus (Möseneder, 1981).A partire dall'epoca ottoniana, intensificandosi i rapporti tra l'impero d'Occidente e Bisanzio, la storia del r. si arricchì di un aspetto importante. Già con il matrimonio dell'imperatore Ottone II (973-983) con la principessa bizantina Teofano numerose suppellettili ecclesiastiche, tra cui alcuni r., giunsero in Occidente, come testimoniano oggetti conservati a Quedlinburg (Domschatz der St. Servatius-Stiftskirche) e altrove. Un indizio rilevante è costituito dall'altare portatile di Enrico II (Monaco, Schatzkammer der Residenz), r. della croce in forma di dittico che appare chiaramente come una libera riproduzione di una stauroteca bizantina. Fin dall'epoca di Carlo Magno vi è notizia dell'importazione di reliquie dalla Terra Santa, le quali del resto avevano avuto un ruolo significativo a Roma anche in epoca precedente, come mostrano quelle della cappella del Sancta Sanctorum al Laterano.È comprensibile che la venerazione di reliquie legata a Gerusalemme si rivolgesse principalmente ai r. della croce - le stauroteche - il cui numero crebbe nel corso del tempo, arrivando a ca. mille esemplari. I movimenti religiosi delle crociate diedero un contributo fondamentale all'importazione e alla venerazione di reliquie della Terra Santa; per l'"adventus reliquiarum de Graecia" (Gesta episcoporum Halberstadensium; MGH. SS, XXIII, 1874, p. 118) furono determinanti soprattutto la conquista e il saccheggio della capitale bizantina nel corso della quarta crociata (1204). Rilevante fu anche il fatto che, durante il regno crociato in Palestina, i Canonici del Santo Sepolcro a Gerusalemme fecero realizzare nelle proprie botteghe r. venduti allo scopo di ottenere fondi per la Chiesa gerosolimitana; esempi recanti le autentiche del Patriarcato di Gerusalemme si conservano per es. a Barletta (Duomo, Tesoro) e nell'abbazia di Denkendorf. Fra le stauroteche arrivate in Occidente dopo il 1204 va menzionata in primo luogo quella giunta in possesso della Chiesa di Treviri, la c.d. stauroteca di Limburg an der Lahn, opera bizantina di ambito imperiale del sec. 10°, realizzata in oro con una ricca decorazione di pietre preziose e smalti cloisonnés; tale cimelio è importante anche per le sue imitazioni, quali i grandi r. della croce per St. Matthias a Treviri (St. Matthias, Schatzkammer) e per l'abbazia di St. Liutwin a Mettlach, entrambi r. collettivi, ricchi sia per le tecniche e i materiali sia iconograficamente.All'influsso bizantino va ricondotto fra l'altro il tipo di r. a tabella, con il quale si inaugurava una relazione, importante per il futuro, con il carattere d'immagine del r. e con la pittura su tavola. Le convinzioni della Chiesa d'Oriente circa la presenza reale di Cristo (mandilio), della Vergine (ritratti di s. Luca) e dei santi nell'icona rendevano questa stessa una reliquia e, mediante la cornice decorata, un reliquiario. L'intensificarsi dello scambio tra mondo orientale e occidentale, non da ultimo attraverso le città marinare (Venezia, Genova, Salerno), ebbe effetti determinanti anche sul r. cristiano. Fra l'altro vi furono oggetti preziosi provenienti da regioni lontane geograficamente e artisticamente, gli spolia, che spesso, in quanto quasi-reliquie storiche, ebbero il potere di accrescere la particolarità delle reliquie reali.Ciò è noto indubbiamente già per i primi tempi, per es. nell'impiego di rari vasi antichi per la conservazione delle reliquie, come una brocca in sardonica (Saint-Maurice d'Agaune, Trésor de l'Abbaye de Saint-Maurice) e il dittico dei Nicomaci e Simmaci, dal r. smembrato dell'abbazia di Montier-en-Der (Parigi, Mus. Nat. du Moyen Age, Thermes de Cluny; Londra, Vict. and Alb. Mus.); tuttavia, in ragione dell'incremento che si può osservare, questo fenomeno appare particolarmente caratteristico del Medioevo maturo. In tale ambito svolsero un ruolo centrale manufatti orientali in cristallo di rocca o in pietre dure (Venezia, Tesoro di S. Marco), così come cassette eburnee intagliate di provenienza islamica (Burgos, Mus. Arqueológico Prov.; Pamplona, cattedrale; Londra, Vict. and Alb. Mus.); a questo si accompagnò il manifestarsi di una predilezione per gli oggetti esotici e singolari, che crebbe costantemente nei secoli successivi.Il dispendio provocato dalle reliquie e dai r. e dalle forme di venerazione a essi congiunte in particolari solennità e soprattutto nei pellegrinaggi si collegò in misura crescente a interessi economico-finanziari; basti pensare alla disponibilità di denaro necessaria per le costose costruzioni di chiese. Per il mercato delle reliquie, in acquisto e in vendita, già in epoca antica vennero messe in campo somme considerevoli, come nel caso di una particola della reliquia del chiodo (Treviri, Domschatz), per la quale nel sec. 10° l'abbazia inglese di Wilten avrebbe pagato duemila solidi. Per acquisire la corona di spine, il re di Francia Luigi IX il Santo (1226-1270) sborsò l'enorme somma di centotrentacinquemila livres, non contando naturalmente le spese per la Grande châsse destinata a contenere la reliquia e per la costruzione della Sainte-Chapelle a Parigi, che ne costituiva l'involucro architettonico. Tutto questo resterebbe incomprensibile se non si considerassero le rivendicazioni in campo di politica statale e dinastica connesse con tale acquisto, nonché l'importanza che all'epoca si attribuiva ai benefici spirituali collegati alle reliquie.Sulla questione circa la motivazione che spingeva all'acquisizione, al recupero, alla custodia e alla venerazione delle reliquie nei loro contenitori si dispone per i primi secoli di poche ma evidenti testimonianze dirette, quali, a volte, anche le iscrizioni e le dedicazioni stesse, poste sui reliquiari. A queste si uniscono indicazioni sul contenuto di reliquie e sul loro significato religioso, come già appare sul r. altomedievale di Teuderico, a Saint-Maurice d'Agaune (Trésor de l'Abbaye de Saint-Maurice), che reca l'annotazione: "In honore s(an)c(t)i Mau / ricii fieri i / ussit". Un ruolo decisivo sembrano chiaramente avere la personale coscienza del peccato, e dunque l'aspirazione al premio celeste, ma anche certe aspettative terrene. In un testo di Arnolfo I il Grande, conte di Fiandra (918-965), si legge: "Unum est quod cupio ditari sanctorum corporibus, ut a me impensis ditentur honoribus et ego eorum sanctis intercessionibus caelorum merear innecti civibus" (MGH. SS, XV, 2, 1888, p. 694). Il vescovo Bernoardo di Hildesheim, che in una visita a Roma aveva sottratto la reliquia del braccio di un martire, considerò nel suo testamento: "qua meritorum architectura quove rerum precio possem mercari caelestia" (Tangmaro, Vita Bernwardi, 51; MGH. SS, IV, 1841, p. 779). La costruzione di chiese e la cura per la preziosa suppellettile ecclesiastica vanno di pari passo.Nel Medioevo maturo il r. ebbe uno sviluppo particolarmente intenso anche sotto l'aspetto quantitativo nella vita sia ecclesiastica sia pubblica. Dallo stretto collegamento con l'altare derivò anche la necessità di r. sempre più grandi. Il divieto ecclesiastico del quarto concilio lateranense del 1215 "ut reliquiae extra capsam non ostendantur" (Ornamenta Ecclesiae, 1985, III, p. 63) poté probabilmente contribuire ulteriormente. Con l'accrescersi delle dimensioni assunsero maggiore significato anche le scelte iconografiche. Raffigurazioni agiografiche, cioè concernenti le reliquie del santo custodite nel r., acquisirono spesso un carattere di ciclo; tuttavia il corredo figurato del r. nel Medioevo maturo restò sostanzialmente legato ai temi cristologici - Cristo come Redentore e Giudice - o a quello della Vergine con il Bambino come Regina del cielo. Gli elementi decorativi sul r. si connettevano alla rappresentazione dell'aurea Città di Dio e ai monilia della Chiesa come sposa di Cristo. Importante divenne soprattutto una sistemazione programmatica che investe non solo i r. a cassa o a scrigno, bensì anche le croci-r., come quella dell'abbazia di Engelberg (Mus. de la Ville), o arricchisce i loro supporti (Saint-Omer, Mus. Sandelin). Un importante ruolo ebbe anche il bisogno di visibilità, che si espresse tra l'altro nel crescente impiego nei r. di cristallo o vetro.Soprattutto nel corso del sec. 12° il r. ottenne un ruolo decisivo in relazione alla sua collocazione all'interno della chiesa. L'esposizione dietro o sotto l'altare può certamente risalire già alla nota sepoltura di s. Martino di Tours (m. nel 397), ma trovò il suo culmine nel 'secolo dei r.', dagli inizi del sec. 12° alla metà del 13°, e precisamente nella regione renano-mosana, che contava su centri quali la sede arcivescovile di Colonia, il vescovado di Liegi e importanti abbazie come Stavelot. Con un notevole dispendio materiale e tecnico-artistico furono erette domus aureae per le reliquie: i santi nelle loro casse vennero, in senso molto concreto, 'innalzati all'onore degli altari', a volte posti su colonne dietro l'altare o racchiusi sotto la mensa come in un sarcofago. Di conseguenza le prime casse furono dapprima realizzate in forma di sarcofago o anche come case in miniatura con tetto a spioventi: il r. è la casa terrena del santo, ma la preziosa decorazione nel contempo rinvia anche alla città celeste come sua vera patria. Sebbene sia provato che le grandi casse-r. dell'epoca fossero realizzate in botteghe laiche, si deve presupporre un'intensa collaborazione tra artisti e teologi, come risulta non solo dall'articolazione iconografica delle opere stesse, ma anche dalle fonti scritte. Lo scambio epistolare tra l'abate Vibaldo di Stavelot (1130-1158) e un aurifex G. (Liegi, Arch. de l'Etat, 341), probabilmente Godefroid de Huy (v.), è un documento da tenere in particolare conto. Nel quadro storico dell'epoca dei sovrani salici anche il contesto ideologico del Sacrum Imperium non deve essere perso di vista, poiché non pochi re e imperatori si impegnarono attivamente nel progetto e nel finanziamento di costose casse-r. e di altri oggetti di venerazione. Tra le motivazioni che potevano spingere alla realizzazione di r. svolsero peraltro un ruolo significativo anche i recuperi storici, come mostra il caso dei santi della legione tebana in relazione ai r. dell'area tra Saint-Maurice d'Agaune e Xanten.Come aspetto essenzialmente storico-artistico formale va osservato lo sviluppo strutturale dello scrigno-r. dalla semplice forma a casa del r. di S. Adelino nella chiesa di Saint-Martin a Visé (inizi del sec. 12°) - attraverso esempi come la cassa-r. di S. Servazio (1160 ca.), per l'abbazia di Maastricht dedicata al santo (Maastricht, Schatkamer van de SintServaasbasiliek), sostenuta dall'imperatore, o come il r. di S. Eriberto, del 1170 ca. (Deutz, Neu St. Heribert, Schatz), con il suo ciclo agiografico, significativo anche dal punto di vista storico, nei campi smaltati degli spioventi, e come il r. di Annone (post 1183; Siegburg, St. Michael), che purtroppo ha perso la decorazione figurata e gli smalti - fino alla più grande e alla più importante tra tutte le casse-r. medievali, il r. dei re Magi nel duomo di Colonia, databile tra il 1180 ca. a dopo il 1220, dovuto al maestro di maggiore spicco dell'epoca, Nicola di Verdun (v.), il quale realizzò anche il r. di Maria a Tournai (Trésor de la Cathédrale Notre-Dame). Infine, l'attenzione deve essere diretta ai grandi r. di Aquisgrana (Domschatzkammer): il r. di Carlo Magno, dovuto non in ultimo alla munificenza degli imperatori Federico I Barbarossa (1152-1190) e Federico II (1215-1250), che contiene le spoglie dell'imperatore, dichiarato 'santo' nel 1165; il r. di Maria, completato solo nel 1238, che custodisce le quattro grandi reliquie mariane di Aquisgrana. Per il perduto r. di S. Gertrude a Nivelles si è conservato il contratto con la bottega (Claussen, 1978a, p. 85s.).Le azioni liturgiche legate ai r. corrispondevano inoltre alle antiche forme di esibizione della venerazione: contatto, bacio, prostrazione, processione, a volte anche riunendo più r., come negli incontri di Maiestates nell'Alto Medioevo. La convinzione della presenza in persona dei santi rimaneva immutata.Accanto al fiorire dell'arte quasi monumentale delle casse-r., nei secc. 12° e 13° i r. dei tipi più diversi si diffusero enormemente. Una particolare varietà si registra nel caso dell'altare portatile, dalla semplice forma a tavola, agli esempi a cassa su sostegni. Alla diocesi di Colonia si devono esemplari di particolare rilievo, alcuni dei quali vanno annoverati tra i capolavori della tecnica dello smalto, cloisonné e champlevé, come l'altare portatile di Eilbertus di Colonia (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kunstgewerbemus.), quello del Gregoriusmeister a Siegburg (St. Servatius, Schatzkammer), l'altarolo di Mönchengladbach (Propstei- und Münsterkirche St. Vitus, Münsterschatzkammer) e quello dell'abbazia di Stavelot (Bruxelles, Mus. Royaux d'Art et d'Histoire). In altri r. il tipo architettonico, di generale diffusione, si unisce alle reminiscenze delle memorie della Terra Santa, come nel celebre r. a cupola del c.d. tesoro dei Guelfi (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kunstgewerbemus.) e nel r. da Hochelten (Londra, Vict. and Alb. Mus.), entrambi risalenti al tardo sec. 12°; nella differenziazione tra i materiali preziosi che vi si osserva va sempre riconosciuta la sensibilità iconologica che già caratterizzava le opere dell'Alto Medioevo (Bandmann, 1969). Le associazioni da collegare a Gerusalemme riguardano anche i numerosi r. a forma di torre o di basilica, spesso realizzati in avorio o in osso, così come il celebre piede di croce di Saint-Omer (Mus. Sandelin), un altro dei capolavori dell'arte mosana dello smalto. Nello stesso ambiente artistico venne eseguita, nel 1180 ca., anche la grandiosa pala di S. Remaclo dell'abbazia di Stavelot, purtroppo oggi nota solo attraverso raffigurazioni e pochi frammenti, che mostra una nuova dimensione nel rapporto tra altare e r., un primo passo verso l'altare delle reliquie gotico.Ai r. renano-mosani dei secc. 12°-13° è da equiparare, per la varietà e la quantità ma non per il livello qualitativo, la produzione delle botteghe di Limoges, che lavorarono di preferenza con materiali meno preziosi e in scala minore, quasi in una sorta di versione abbreviata dell'arte renano-mosana del reliquiario. Realizzati quasi esclusivamente in rame dorato e rivestiti con smalti champlevés e figure a rilievo per lo più riprodotte meccanicamente, questi oggetti, già quasi una produzione seriale, vennero esportati in pressoché tutti i paesi dell'Europa occidentale. Si tratta in prevalenza di manufatti a forma di casa o di cassetta e tuttavia è notevole anche la molteplicità di forme per croci-r., ostensori, r. antropomorfi e anche statuette; il fondamentale ruolo di questa produzione per quanto riguarda l'immagine dei r. soprattutto nel sec. 13° non può essere trascurato.Importanti r. di epoca protogotica si orientarono dapprima verso la precedente arte dei r. a cassa romanici. Al confronto con le casse di Aquisgrana, il r. di S. Taurino in Saint-Taurin a Evreux, realizzato nel 1250 ca., mostra già un nuovo linguaggio architettonico. L'opera più rilevante di quest'epoca, la citata Grande châsse per la Sainte-Chapelle, venne purtroppo distrutta nel 1793. Come seguito della forma di r. architettonico gotico va menzionato ancora il Dreiturmreliquiar ('r. a tre torri') del duomo di Aquisgrana (Domschatzkammer), già della metà del sec. 14°; come tipologie di r. dominanti dalla metà del Duecento si diffusero inoltre modelli con figure in atto di venerazione, statuette e busti, nonché, in relazione con il bisogno sempre crescente di visibilità e di incontro benedicente con la reliquia, ostensori in diverse forme, con un chiaro riferimento al culto dell'ostia eucaristica e dunque alla monstrancia.La tendenza alla moltiplicazione e alla concentrazione delle reliquie intorno all'altare o nel coro della chiesa comportò la creazione dei r. detti collettivi, tra i quali vanno menzionati esempi come il Pentaptychon di Floreffe (Parigi, Louvre), risalente a dopo il 1254, i r. a tabella senesi con cornice architettonica ad arco acuto, datati alla metà del sec. 14° (Cleveland, Mus. of Art; Baltimora, Walters Art Gall.), e infine il r. a tabella di S. Galgano (Orvieto, Mus. dell'Opera del Duomo). Il potenziamento, a evidenza desiderato, della virtus delle reliquie si riscontra nei c.d. armadi-r., documentati già nel sec. 13° per il monastero cistercense di Doberan, nel Meclemburgo; numerose reliquie potevano essere raccolte nella grata del coro (Xanten, duomo) o in scaffali (Colonia, duomo), già intorno al 1300. Il rapporto tra altare e r. trova il suo compimento nei polittici gotici a sportelli con propri scomparti per le reliquie: gli oggetti di venerazione e le immagini qui si identificano (Colonia, duomo, Klarenaltar; Marburgo, Elisabethkirche, altare maggiore). Con tali polittici e con la possibilità a essi collegata dello scoprire e del nascondere venne a prodursi nel contempo nel culto delle reliquie una variante liturgica caratteristica dell'epoca gotica: la presenza dei santi alla preghiera di canonici e monaci nel coro, insieme con la comunità liturgica, dimostra la comunanza tra vivi e morti, tra la Chiesa militante e la Chiesa trionfante. Nell'ambito della devozione privata questo processo appare miniaturizzato nei numerosi altaroli con reliquie. Un esempio di r. collettivo si riscontra infine anche nel calendario tardogotico con reliquie, realizzato per il cardinale Alberto di Brandeburgo (Appuhn, 1984, p. 27): una compenetrazione del corso dell'anno con reliquie per ogni giorno.Un'altra raccolta di reliquie e r. in scala monumentale era rappresentata dall'istituzione di vere e proprie cappelle delle reliquie, tradizione che si può far risalire a epoca molto antica, poiché già sotto il papa Gregorio III (731-741) un sacello di questo genere è menzionato in S. Pietro a Roma; un celebre esempio è costituito dalla cappella del Sancta Sanctorum nel palazzo papale del Laterano e qualcosa di analogo è testimoniato anche per il palazzo imperiale del Bukoleon a Costantinopoli: in entrambi i casi vi era un ricco arredo con metalli nobili e pietre preziose. In un certo senso anche i tesori - gazophylákia - delle cattedrali medievali, in cui venivano custoditi i preziosi r. mobili, erano cappelle delle reliquie. Come camerae sanctae (per es. Oviedo) o camerae aureae (per es. Colonia, St. Ursula), gli oggetti di venerazione potevano a volte restare accessibili attraverso un'apertura a mo' di finestra. La Sainte-Chapelle di Parigi, eretta tra il 1239 e il 1248 per la reliquia della corona di spine di Cristo ottenuta da Luigi IX, è paragonabile all'interno di un r. per il ricco traforo di finestre; l'apparato della Grande châsse in cui era racchiusa la reliquia della corona ha una struttura a forma di chiesa con numerose torri, il cui linguaggio formale appare desunto dall'architettura delle cattedrali coeve, come nel r. di S. Taurino a Evreux, della stessa epoca. Per la corona di spine di Parigi e le sue ampiamente diffuse particole (Amiens, cattedrale di Notre-Dame; Liegi, Trésor de la Cathédrale) ebbe importanza in modo particolare la concezione medievale della santità della corona come segno di sovranità e anche come reliquia. Questo, a parte la corona di spine di Parigi, è attestato per diversi r. a corona: la corona-r. di Bamberga (Monaco, Schatzkammer der Residenz), la corona sulla testa-r. di S. Elisabetta d'Ungheria, langravia di Turingia (Stoccolma, Statens historiska mus.), la corona di Cunegonda (Monaco, Schatzkammer der Residenz) e le corone sui busti-r. di Carlo Magno (Aquisgrana, Domschatzkammer) e di S. Venceslao (Praga, tesoro della cattedrale).Gli esempi più imponenti di cappelle delle reliquie medievali sono costituiti da quelle fondate dall'imperatore Carlo IV di Lussemburgo (1346-1378) nella cattedrale di S. Vito a Praga (cappella di S. Venceslao) e nel castello di Karlštejn: 'r. in muratura' preziosamente decorati che servivano alla custodia del gigantesco patrimonio di reliquie raccolto dal sovrano. Per la cappella della Santa Croce nel castello di Karlštejn, che in analogia con la chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme venne fondata come 'Gerusalemme boema', è evidente l'impiego dei più svariati materiali con un intento anagogico simile a quello già espressamente adottato dall'abate Suger per il tesoro di Saint-Denis, dato che, "de materialibus ad immaterialia transferendo", l'osservatore "ab hac [...] inferiori ad illam superiorem anagogico more Deo donante posse transferri" (De administratione, XXXIII; ed. a cura di A. Lecoy de la Marche, Paris 1867, p. 198). Come il più monumentale 'r. in muratura', dedicato a s. Francesco, è da interpretare la basilica doppia di Assisi (post 1228), dove la tomba del santo e la decorazione figurata teologicamente meditata pervengono a un'esemplare simbiosi.Il Tardo Medioevo trovò anche nuove possibilità nel coinvolgimento tra il culto delle reliquie e i loro sofisticati e preziosi contenitori, condizionato peraltro dalle grandi masse popolari che venivano spinte dai pellegrinaggi verso i santuari. La venerazione dei santi nei loro r. forniva importanti cadenze al corso dell'anno liturgico: nel mutare tra la pubblica esposizione nei periodi festivi all'occultamento nei giorni di penitenza; nel variare dell'apparato ornamentale, in solenni conferimenti di onori o incoronazioni di reliquiari. Benedizioni, processioni di traslazione e ricognizioni di reliquie mediavano il contatto con i santi per ottenere indulgenze.Un ruolo rilevante ebbero le esposizioni di reliquie presso i grandi centri di pellegrinaggio, di cui non secondaria era l'importanza commerciale per le città o i monasteri coinvolti. In alcuni luoghi vennero eretti a questo scopo veri e propri 'seggi per le reliquie', ovvero Heiltumsstühle (Norimberga, Germanisches Nationalmus.) o specifiche gallerie per la loro presentazione (Aquisgrana, duomo; Kornelimünster presso Aquisgrana, abbaziale). Per la pia informazione dei fedeli vennero stampati opuscoli per i pellegrini (Pilgerblätter, ovvero Heiltumsblätter) o immagini delle reliquie, su cui non mancavano indicazioni circa il pregio materiale di ciò che veniva esposto. Gli stessi r. in epoca tardogotica fornirono in misura crescente, mediante iscrizioni più o meno esaurienti, dati circa il rinvenimento, l'acquisizione, la fondazione, l'apertura della tomba, i miracoli, la traslazione e il rinnovamento.La crescita del patrimonio di reliquie e r. nelle chiese e nei monasteri, ma anche in possesso di personaggi di alto rango, rese sempre più necessari, sul finire del Medioevo, inventari o registrazioni. Ciò avvenne fra l'altro nei c.d. libri delle reliquie, che potevano contenere anche immagini. Come celebre esempio di una grande raccolta di reliquie del Tardo Medioevo va citata la collezione del principe elettore di Sassonia Federico III il Saggio (m. nel 1525), giunta nel 1520 al numero di diciannovemilatredici pezzi; il relativo Wittenberger Heiltumsbuch venne stampato nel 1509. Lo Hallesche Heiltumsbuch del 1502, fortunatamente conservatosi con le sue eccellenti illustrazioni (Aschaffenburg, Hofbibl., B. 14), documenta i r. del cardinale Alberto di Brandeburgo. I libri delle reliquie e gli opuscoli per i pellegrini sono da annoverare certamente tra le fonti più importanti riguardo alla ricchezza di r. della fine del Medioevo. Si può ben dire, al cospetto dell'alto grado di perdite per quanto riguarda le opere di oreficeria che vi comparivano, che la loro storia è "oggi in fin dei conti solo una storia del loro disfacimento" e che "la casualità della conservazione" fa sembrare "impossibile ogni trattazione in termini storici" (Fritz, 1982, p. 23).Gli inventari delle reliquie costituiscono inoltre la continuazione di più antichi inventari dei tesori del Medioevo, così come le raccolte delle reliquie sono tra i precedenti delle Wunderkammer o Kunstkammer del sec. 16° e del Barocco. Il fatto che ripetutamente vi venga sottolineato il valore materiale dei cimeli rivela l'importanza dei r. anche come investimento di capitale. La possibilità di convertire in denaro un r. in metallo prezioso è già testimoniata per la croce ottoniana di Benna Trevirensis a Magonza. Spesso si ha notizia anche di costosi contenitori per reliquie, dati in pegno, come nel caso della croce-r. del re Přemysl Ottocaro II di Boemia (1253-1278), consegnata nel 1300 ca. a prestatori su pegno ebrei e più tardi riscattata (Ratisbona, Domschatzmus.). Con l'alto apprezzamento della creazione abile e tecnicamente dispendiosa venne imboccata infine la strada verso la considerazione del r. come opera d'arte, come oggetto da ammirare in un museo. All'importanza decisiva della santa reliquia in esso custodita subentrò quindi una valutazione più materiale, che procedette insieme a una commistione tra raffigurazioni sacre e profane, registrata già in alcuni r. del Tardo Medioevo. Possono essere menzionati sia un r. del duca di Borgogna, Carlo il Temerario (1467-1477; Liegi, Trésor de la Cathédrale), con il ritratto del principe stesso che offre la reliquia come donatore, sia il Goldene Rössl (Altötting, Wallfahrtskapelle und Schatzkammer), uno degli esemplari più pregiati di smalto en ronde bosse parigino (1404). Realizzato in origine per incarico del re Carlo VI di Francia come r. del mantello della Vergine, che egli stesso indossa nell'immagine, esso riflette parimenti e ancora il 'carattere di realtà' del r., menzionato per l'Alto Medioevo.Va ricordato infine che il Medioevo riconobbe il misterioso potere delle reliquie e degli oggetti di venerazione nei più nobili materiali e nelle gemme preziose. Anche per questo si può dire che le reliquie a diritto erano reputate dalla Chiesa, dai donatori e dai fedeli in venerazione come indivisibili dai propri contenitori, i reliquiari. Il loro luogo deputato era, come ripetutamente è stato dimostrato, l'altare al centro della chiesa cristiana, come figura dell'ideale Città di Dio, la quale a sua volta si rispecchiava in molti r.: "Ambulate, Sancti Dei, ingredimini in civitatem Domini, [...] aedificata est enim vobis ecclesia nova [...] sub altare sedes accepistis" (Martène, 1736-17382, II, coll. 783-784).
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