FRANCESCHELLI, Remo
, Nacque a Pizzale, in provincia di Pavia, il 14 genn. 1910 da Vincenzo e da Sara Bertoni, entrambi operai nella fornace Palli di Lungavilla.
Successivamente il padre vinse un concorso per il personale viaggiante delle Ferrovie dello Stato e fu assegnato al deposito di Genova Sampierdarena, poi a Novi Ligure e infine a Voghera, dove il F. frequentò il ginnasio-liceo "Severino Grattoni".
Nel 1928 il F. vinse il concorso per il collegio "Ghislieri" di Pavia. Qui compì gli studi di giurisprudenza e si laureò il 9 luglio 1932, con una tesi in diritto commerciale comparato dal titolo "Il trust nel diritto inglese", sotto la guida di M. Rotondi, conseguendo la lode e la dignità di stampa. In seguito trascorse un periodo di studio in Inghilterra e, al ritorno in Italia, frequentò un corso di perfezionamento in diritto commerciale comparato all'università Cattolica di Milano.
Un soggiorno in Inghilterra gli consentì di approfondire il tema della sua tesi di laurea che pubblicò a Padova nel 1935, conservando invariato il titolo.
Lo studio contiene un'esposizione sistematica dell'istituto del trust secondo la giurisprudenza e la dottrina inglese, e non solamente riguardo ai diritti reali, ma anche ai rapporti di famiglia, ai rapporti successori e alle immancabili connessioni con la materia delle società commerciali e delle procedure concorsuali. Il trust venne inquadrato nella teoria generale dei negozi fiduciari e il F. ne svolse anche l'indagine storica, ritenendo indispensabile alla valutazione della sua natura giuridica il punto concettuale di riferimento della coesistenza nel diritto inglese di due ordinamenti giuridici fondati uno sullo stretto diritto (common law), l'altro sull'equità (equity), dato difficilmente comprensibile per il giurista continentale perché solo approssimativamente lo si poteva ricondurre ai più familiari schemi dello ius civile e dello ius honorarium del diritto romano. L'origine dell'istituto e la duplicità degli ordinamenti costituivano la strada per comprendere le due diverse posizioni giuridiche del fiduciario e del beneficiario e la tutela distinta che gli veniva accordata, riconoscendosi al primo una signoria legale sulla cosa o sul diritto, e al secondo un diritto basato sull'equità: il primo diritto rilevante nei rapporti con i terzi e il secondo che si manifestava soprattutto nei rapporti interni.
Lo studio (più tardi nuovamente pubblicato insieme con numerosi altri lavori in Scritti civilistici e di teoria generale del diritto, Milano 1975) gli ottenne la libera docenza in diritto civile e un incarico all'università Bocconi di Milano, che il F. mantenne fino al 1953. Nel 1939 pubblicò a Padova lo studio I consorzi industriali, con il quale si distaccò dalla concezione allora prevalente in buona parte della dottrina (tra cui F. Carnelutti) basata sulla qualifica contrattuale del negozio di consorzio.
Nello scritto dimostrò che non tutti i principî propri dei contratti potevano applicarsi ai negozi di tipo consortile, come i principî relativi alla risoluzione per inadempimento, ma anche l'inadeguatezza del criterio dell'interpretazione del contratto in senso meno gravoso per l'obbligato, che non si sarebbe visto come applicare ai consorzi, dove i partecipanti assumono tutti contemporaneamente e in relazione allo stesso oggetto la posizione di debitori e di creditori verso tutti gli altri. Con ciò veniva affrontato anche uno dei punti più critici, quello dell'articolazione tra negozio consortile e contratto di società, giacché appariva evidente che la stessa impossibilità non si sarebbe verificata nel contratto di società, dove ciascuno assume verso la società la posizione di debitore dell'apporto promesso; e, analogamente, non si sarebbe potuto applicare al consorzio il principio societario di risoluzione per l'estinzione della cosa o per il compimento dell'affare o dell'impresa.
Al tempo stesso il F. non ritenne che l'esclusione della nozione di contratto dipendesse dalle difficoltà che la dottrina aveva individuato nella figura del contratto plurilaterale, che si sarebbe resa comunque indispensabile per spiegare il fenomeno consortile in chiave contrattuale. Egli rifiutò infatti le impostazioni degli interpreti più restii ad ammettere un contratto con più di due parti i quali argomentavano che, laddove più di due persone fossero entrate nel contratto, esse si sarebbero però sempre disposte intorno a due poli di interesse contrapposti, in ciò basandosi sulla lettera dell'articolo 1098 del codice civile del 1865 che parlava di "più persone" che entrano nel contratto ma non di "più parti". Egli propose un criterio interpretativo più ampio in base al quale vi sarebbe stata uniformità tra i concetti di "persona" e quelli di "parte" e quindi, in realtà, il codice avrebbe lasciato comunque spazio alla configurabilità di un contratto plurilaterale.
Nello scritto il F. propose a modello di riferimento per tali figure negoziali la nozione di "accordo", che emergeva come situazione analoga ai contratti, ma con la differenza sostanziale di avere a oggetto un bene economico che nessuna delle parti possiede (le risorse del mercato) che si mira a conquistare eliminando il conflitto nell'impiego dei mezzi. Con ciò il negozio consortile finiva con l'assumere una connotazione autonoma anche riguardo alla categoria degli atti complessi, giacché le volontà delle parti non sarebbero state in parallelo, bensì contrapposte e gli interessi in concorso tra loro.
Vinto il concorso a cattedra, nel 1939 il F. fu chiamato come professore di diritto commerciale a Perugia. Qui tenne la prolusione Diritto pubblico e diritto commerciale, che venne pubblicata in Stato ediritto (1940) e successivamente inserita nella raccolta Dal nuovo al vecchio diritto commerciale (Milano 1970).
Nel 1940 passò all'università di Parma, dove divenne ordinario di diritto commerciale due anni più tardi. Gli anni di insegnamento a Parma furono intensi e travagliati: il F., che era già stato sotto le armi nel 1934 ed era stato richiamato nel 1939, fu nuovamente richiamato il 30 genn. 1941 presso il 50° reggimento fanteria di stanza a Macerata; da lì fu trasferito al tribunale militare di guerra di Torino e poi di Milano, allora di stanza a Seregno. In quel periodo pubblicò L'imprenditore nel nuovo codice civile, Torino 1943; il Corso di diritto commerciale, Milano 1944.
Dopo l'8 settembre riprese l'insegnamento a Parma, ma, quando gli fu imposto il giuramento di fedeltà alla Repubblica sociale italiana, si dette alla macchia e partecipò alla Resistenza. Nel maggio 1945 venne designato dal Partito liberale italiano a far parte della commissione economica del Comitato di liberazione nazionale alta Italia (CLNAI).
Nel novembre del 1945, all'inaugurazione del primo anno accademico dell'università di Parma dopo la fine della guerra, tenne la prolusione Problemi attuali del diritto dell'impresa (in Annuariodell'UniversitàdiParma, 1945-46, pp. 50 ss.), centrata sui consigli di gestione definiti strumento volto a risolvere il problema della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa nell'obiettivo della costruzione di una democrazia economica da affiancare alla democrazia politica.
Sul finire degli anni Quaranta si occupò di problematiche industrialistiche. È del 1948 lo scritto Lacessione dei marchi, in StudiaGhisleriana (Pavia); del 1951 il saggio L'utilizzazione di marchi identici da parte di imprese collegate (in Studiparmensi, I, pp. 471-502) e del 1952 Contenuti e limiti del diritto industriale (ibid., pp. 71 ss.). Nello stesso 1952 venne chiamato a ricoprire la cattedra di diritto industriale alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Milano, che mantenne fino al 1960, passando poi a diritto commerciale, e ripubblicò in forma pressoché invariata il saggio Contenuti e limiti del diritto industriale nel primo fascicolo della Rivista di diritto industriale da lui fondata (I, pp. 7 ss.).
Questo breve saggio è fondamentale nella vicenda scientifica del Franceschelli. In esso la materia industrialistica venne ripartita in quattro categorie fondamentali di istituti giuridici: rispettivamente i mezzi di individuazione o distinzione (come la ditta), le opere d'ingegno a carattere creativo, le invenzioni e la concorrenza, sulle quali il F. ricercò quelle "testimonianze" che giustificassero una trattazione unitaria di quei rapporti.
La costruzione di questa sistematica del diritto industriale è individuata nel fatto che gli istituti in esame, nessuno escluso, rivestirebbero una funzione concorrenziale. Della concorrenza essi sarebbero gli strumenti, le espressioni o le manifestazioni, anche quelli apparentemente più lontani, come il diritto d'autore o il marchio, che comunque alla concorrenza andrebbero rapportati in negativo, come mezzi di delimitazione di zone di esclusiva.
Il valore sistematico della concorrenza in quanto "tessuto connettivo del diritto industriale" nella concezione del F. risiede nell'essere essa un mondo che contiene e riproduce su scala ridotta le situazioni, i rapporti, i diritti e le cose che fanno parte del mondo giuridico in sé e per sé, e inoltre nella confluenza in essa di norme di vario tipo, private e pubbliche, del diritto sostanziale e processuale, interne e internazionali. In questa ricerca di un'esperienza sintetica di conoscenza insieme del particolare e del generale il F. fu fedele a un'esigenza di dominio della molteplicità del reale giuridico e si presentò come un giurista sistematico e tradizionale nel metodo, che egli vuole dogmatico, cioè ancorato ai dati dell'ordinamento giuridico positivo, e basato sulla logica come mezzo per condurre le argomentazioni.
Da questa impostazione uscirono ridimensionate alcune delle categorie concettuali più abusate dalla scienza giuridica, come quella di proprietà industriale, di proprietà letteraria e artistica o di diritto sui beni immateriali, formule inadeguate nella sistematica del F. per il loro accento predominante al carattere reale che non si sarebbe facilmente prestato a spiegare istituti che sfuggono alla qualifica di realità e per l'imprecisione della nozione di bene immateriale, che egli giudicò dubbia dal punto di vista dogmatico e inidonea a ricomprendere tutti gli oggetti che rientrano nei rapporti di diritto industriale.
Dal 1952 si occupò organicamente di diritto industriale. Il programma di collocazione sistematica della materia non fu più abbandonato e la concorrenza divenne nella sua metodologia di ricerca il parametro base nello studio degli istituti giuridici e nell'indagine del comportamento delle imprese nei confronti delle risorse del mercato. In quegli anni pubblicò numerosi scritti: Valore attuale del principio di concorrenza e funzione concorrenziale degli istituti di diritto industriale, in Riv. di dir. industriale, I (1956), pp. 28 ss.; Struttura monopolistica degli istituti di diritto industriale, ibid., pp. 137 ss.; Beni immateriali (saggio di una critica di un concetto), ibid., pp. 381 ss.; L'oggetto del rapporto giuridico (con riguardo ai rapporti di diritto industriale), in Riv. trim. di dir. e proc. civile, XI (1957), pp. 1 ss., e poi l'opera Trattato di diritto industriale. Parte generale (Milano 1960).
Nel 1964 il F. pubblicò a Milano Sui marchi d'impresa, rielaborazione di voci apparse sul NovissimoDigestoitaliano; poi, in collaborazione con Robert Plaisant e J. Lassier, Droit européen de la concurrence (Paris 1966).
Nel 1974 il F., che dal dicembre 1972 era preside della facoltà di giurisprudenza di Milano, si trasferì alla cattedra di diritto commerciale all'università di Roma, pur non abbandonando la residenza milanese. A quel periodo risale un'altra opera fondamentale, gli Studi e capitoli sul diritto della concorrenza (Milano 1974).
In esso riprese le riflessioni svolte più di venti anni prima nel saggio Contenuti e limiti del diritto industriale, sul valore sistematico fondamentale della concorrenza come denominatore comune alla luce del quale studiare gli istituti tipici del diritto industriale dal punto di vista della loro funzione, con lo scopo ulteriore di offrire una giustificazione al tentativo di costruire in sede di teoria generale una trattazione unitaria di essi all'interno dello schema del rapporto giuridico. Accanto al suo contributo nell'ambito dello studio del settore circoscritto del diritto industriale fu attento alle problematiche della teoria generale del diritto prediligendo la teoria del rapporto giuridico che ritenne, rispetto alla teoria normativa e alla teoria istituzionalistica, lo strumento meno imperfetto per comprendere l'ordine giuridico nel contesto dei rapporti della realtà sociale e in ciò richiamandosi al pensiero giuridico di A. Levi. Al volume, che contiene anche riflessioni sull'ermeneutica giuridica, giacché il fenomeno della concorrenza oltre a essere affrontato per il suo valore sistematico fu anche valutato come criterio di interpretazione e di applicazione delle norme, seguì, nel 1975, la pubblicazione della raccolta di Scritti civilistici e di teoria generale del diritto (ibid.).
Il F. fu presidente del gruppo italiano della Ligue internationale du droit de la concurrence, della quale fu eletto presidente internazionale nei periodi 1973-74 e 1982-84.
Il F. morì a Milano il 17 ott. 1992.
Fonti e Bibl.: Molte notizie sulle vicende legate agli inizi della carriera accademica del F. e al periodo di guerra sono state gentilmente fornite dal figlio Vincenzo. Si veda inoltre: G. Guglielmetti - G. Sena - L. Sordelli, Presentazione al volume Scritti in onore di R. F., Milano 1983, pp. V-IX (con una bibliografia completa delle opere fino al 1983); L. Sordelli, Ricordo ed insegnamenti di R. F., in Riv didir. industriale, XLII (1993), pp. 6-11. Un ricordo del F. è pubblicato in Annuariodell'AssociazionealunnidelCollegioGhislieri, 1990-95, e, a opera di Y. Saint-Gal, sulla Revueinternationaledelaconcurrence, 1993, p. 5. Infine: NovissimoDigestoitaliano, VII, pp. 622 s.