REMO (fr. aviron, rame; sp. remo; ted. Riemen, Ruder; ingl. oar)
Secondo la definizione del Guglielmotti i remi sono quelle leve con le quali i marinai fanno punta sull'acqua per far procedere avanti il naviglio. Il remo è strumento usato fino dagli antichissimi tempi ed è sorto, come la sua stessa conformazione suggerisce, a sostituire la mano dell'uomo, dandole un più lungo braccio di leva e moltiplicando quindi lo sforzo del vogatore.
Nel remo si distingue l'impugnatura, parte cilindrica o leggermente tronco-conica, tale da poter essere abbracciata dalla mano; il girone o giglione, parte piu̇ grossa dell'impugnatura che viene subito dopo questa, rotonda nei remi marini e a volte squadrata in quelli da lago o da fiume; il ginocchio, da alcuni detto anche asta, parte cilindrica e flessibile che unisce il girone alla pala, la quale sta all'estremità opposta all'impugnatura, è larga e piatta e s'immerge nell'acqua per creare la spinta. Nel punto in cui il remo si appoggia all'imbarcazione (scalmo, scalmiera) viene fasciato di cuoio perché l'attrito non abbia a rovinare il legno. La scalmiera è ricavata nell'altezza della cinta, mentre lo scalmo, che rudimentalmente può essere costituito da uno o due pioli, sporge dalla cinta ed è infilato in questa. Quando lo scalmo è a piolo, porta lo stroppo o stroppolo, anello di cavo unito al remo nel punto in cui questo deve poggiare sul bordo e inteso a impedire al remo di muoversi dal suo punto di appoggio, rendendo così più sicura e regolare la voga. Gli scalmi sono generalmente metallici e possono essere piantati a murata nelle imbarcazioni ordinarie e da passeggio, oppure essere portati da appositi braccioli metallici che si protendono fuori hordo, come negli outriggers, allo scopo di aumentare il braccio di leva del vogatore.
Il girone serve a impedire al remo di uscire dallo scalmo andando eccessivamente fuori bordo; nei remi da corsa non esiste girone, ma l'asta e l'impugnatura si confondono. Nel punto però dove il remo si appoggia sulla scalmiera vi è un ingrossamento di cuoio, detto tallone, che fa in effetti l'ufficio del girone. I remi marini e quelli in uso sulle barche a vela sono diritti, robusti, a pala non molto larga e piuttosto grossa, perché devono essere usati anche in acque agitate; quelli delle barche da passeggio sono più leggieri, a pala più larga e non piana, ad asta sottile. La curvatura della pala è più accentuata nei remi da corsa che hanno pale larghe e sottili; la pala in questo caso si fa curva perché si mantenga in parte perpendicolare alla direzione del moto anche alle estremità della vogata. Anche i remi delle barche dove si voga in piedi sono più robusti, a pala dritta.
Nelle barche piatte da fiume, da canale oppure da stagno si usa a volte un remo con la pala armata da due punte di ferro: esso serve - oltre che per vogare a scarroccio - per puntare sul fondo a guisa di pertica nelle acque basse e nel risalire le correnti impetuose.
Il remo, che dev'essere allo stesso tempo elastico e forte, è fatto con legno di frassino o d'olmo, particolamente scelto senza nodi né altri difetti.
Il naviglio degli antichi portava più ordini di remi e si distingueva appunto secondo il numero di tali ordini (trireme, quinquereme o pentere, decere): i remi inferiori più corti erano detti talamitici, quelli intermedî zigitici e quelli superiori più lunghi tranitici. In una trireme vi erano 62 talamitici, 52 zigitici e 54 tranitici.
Si potevano avere anche più remi sullo stesso banco: si dà il nome di posticcio al naviglio con due remi per banco e quello di terzarolo al naviglio con tre remi per banco. Il remo di scaloccio, detto anche di galea, è quello che si maneggiava da due, tre, fino a sei persone riunite allo stesso remo e sopra lo stesso banco; ogni galea portava da 50 a 60 di tali remi lunghi circa 10 m. Il remo di nave, detto anche remo di punta, era simile al precedente.
I remi moderni hanno tutti un solo vogatore ciascuno. Il remo sensile è quello in cui il braccio sporge tanto da occupare tutta la larghezza della barca; è adoperato di solito nelle imbarcazioni più povere ed i vogatori procedono a piccole scosse, ritti in piedi con la faccia a prua. I remi a palelle hanno il braccio tanto corto che possono giuocare appaiati sullo stesso banco.
Il remo alla battana è senza manico, a due pale, e batte l'acqua ora a dritta, ora a sinistra; è detto anche a pagaia (per la pagaia propriamente detta, v. appresso) ed è usato sui sandolini; ha pala a forma rettangolare per i sandolini da passeggio e a forma ovale per quelli da corsa. Il remo da gondola si usa di fianco da solo appoggiato sopra una forcola ed è maneggiato da un solo vogatore dritto in piedi; gittandosi avanti esso abbassa la pala e dà la spinta e rilevandosi indietro solleva il remo e raffila la direzione. Il remo da bratto si usa da solo a poppa sbrattando l'acqua di qua e di là, perché l'imbarcazione proceda secondo la diagonale delle due spinte successive.
Secondo il modo di applicazione sull'imbarcazione si distinguono: il remo allo scalmo, che giuoca allacciato dallo stroppo a una caviglia verticale, il remo a doppio scalmo, che, invece di allacciarsi allo stroppo, infila il ginocchio fra due caviglie; il remo a forcella, che appoggia il ginocchio sopra una caviglia forcuta; il remo a natola, senza scalmo né stroppo, che esce da un incavo nella cinta o scalmiera, e che può essere chiuso quando il remo è rientrato; il remo a portelli, usato in antico, che esce da fori speciali a murata; il remo a posticcio, che non posa sul capodibanda, ma si appoggia sopra un telaio sporgente (outrigger).
Nella denominazione di remo viene comunemente compresa anche la pagaia (fr. pagaie; ingl. paddle): questa è azionata tenendola semplicemente con le mani, mentre il remo poggia a metà sull'imbarcazione; ne risulta una forte diversità nell'uso dei due strumenti. Prima di tutto, essendo più facile per l'uomo seduto nell'imbarcazione sviluppare la sua forza tirando a sé la leva anziché allontanandola, ne deriva che se egli usa la pagaia, ogni volta che avvicina questa a sé l'imbarcazione avanza dalla parte dove l'uomo guarda; invece col remo è solo la metà interna della leva che viene tirata a sé, mentre l'altra metà, cioè dal punto di appoggio (fulcro) fino all'estremità che s'immerge nell'acqua (resistenza), si allontana dal rematore.
La pagaia, essendo manovrata con due mani, è sempre semplice; essa però può da sola arrivare a funzionare come due pagaie: infatti se il pagaiatore è uno solo e vuole imprimere all'imbarcazione una direzione rettilinea egli deve portare la sua pagaia alternativamente a destra e a sinistra dello scafo; è questo il sistema generalmente usato. Gli Eschimesi, tuttavia, hanno munito la loro pagaia di due pale, il che permette di colpire l'acqua alternativamente a sinistra e a destra con un movimento di doppio mulinello, mentre il centro della pagaia rimane costantemente davanti al petto del pagaiatore.
La pagaia a due pale s'incontra anche in due punti dell'America Meridionale, presso una tribù Arawak ad E. delle foci dell'Orinoco e sulla costa N. del Chile.
La pagaia è indubbiamente più antica del remo. Non solo le leve usate dalle popolazioni primitive degli altri continenti sono pagaie, ma anche nell'antico Egitto, come possiamo vedere dalle pitture, l'equipaggio delle imbarcazioni era munito di pagaie; anzi, il timone stesso non era che una pagaia posta di fianco al battello verso poppa.
Tuttavia già allora questa pagaia-timone era diversa dalle altre pagaie sia per avere dimensioni maggiori, sia perché costituita da due pagaie legate insieme: è probabile che l'osservazione dell'azione prodotta da questa pagaia fornita di un punto d'appoggio nella sua parte centrale abbia mostrato la possibilità della trasformazione di essa nel remo propriamente detto.
Questo deriva dunque dalla pagaia, ma da dove viene questa? A tale proposito l'etnografia moderna ci illumina esaurientemente. Ancor oggi, per manovrare un pontone o un'imbarcazione a fondo piatto in acque calme, si usa di preferenza una semplice pertica. Anche le zattere sono di frequente mosse con pertiche.
Ora, nel ciclo culturale detto primitivo e in quello del bumerang (cioè, per l'Oceania, principalmente nell'Australia), la pala che serve da remo non presenta che un moderato slargamento: la pala cioè è lunga e i suoi bordi sono più o meno paralleli. Passando poi in rivista gli altri cicli culturali dell'Oceania, da quello inferiore a quello superiore, si riscontra che la cultura del totem (in certi punti della Nuova Guinea e in alcuni arcipelaghi della Papuasia) presenta una pagaia a pala larga, di forma lanceolata; che le culture matriarcali, e in particolare quella detta dell'arco (principalmente Nuova Guinea) hanno pure una pala larga, ma che si distingue dalla precedente per avere la larghezza massima verso l'estremità; inoltre che la pagaia del ciclo dell'arco ha un manico a stampella.
Col ciclo polinesiano, il più elevato dell'Oceania, ritorniamo a una pagaia lanceolata come quella del ciclo del totem (va ricordato che questi due cicli sono patriarcali).
Infine, confrontando l'Oceania con l'Africa e l'America Meridionale risulta che l'Africa non presenta il manico a stampella e, quindi, sotto questo aspetto, si mantiene molto meno vicina ai cicli matriarcali dell'Oceania che non l'America Meridionale. Infatti se in quest'ultimo continente la forma della pala presenta molte varietà, tutte le pagaie della metà settentrionale del continente stesso hanno il manico a stampella; invece la pagaia a pala stretta o com manico non a stampella (pagaia del ciclo primitivo e del ciclo del bumerang nell'Oceania) si trovano sull'alto corso degli affluenti meridionali dell'Amazzoni, nel bacino del Paraguay e nella Terra del Fuoco. La linea di demarcazione dei due principali gruppi di pagaie nell'America Meridionale, corre all'incirca lungo il 100 lat. S.
È da rilevare il fatto che l'estensione del remo con manico a stampella corrisponde al dominio guiano-orenoco-amazzoniano, il quale presenta anche altri elementi della cultura dell'arco.
Bibl.: F. Graebner, Krückenruder, in Baessler-Archiv, III (1913); W. Schmidt, Über die Verbreitung des Ruders mit Krückengriff, in Anthropos, VIII (1913); E. Nordenskiöld, The etnography of South America seen from Mojos in Bolivia, in Comparative Ethnogr. Studies, Göteborg 1924, n. 3.