CASTELLANI, Renato
Regista cinematografico, nato a Varigotti, frazione di Finale Ligure (Savona), il 4 settembre 1913, morto a Roma il 28 dicembre 1985. Dai quattro mesi ai dodici anni visse in America Latina. Ritornò in patria con la madre e il fratello (le cui esperienze di giovane medico gli ispireranno, nel 1956, I sogni nel cassetto) per frequentare le scuole italiane. Alla professione cinematografica si avvicinò nel 1935, durante la campagna d'Etiopia; ufficiale del genio, ebbe l'incarico di aiutare M. Camerini e M. Soldati durante le riprese di Il grande appello. Di Soldati, allora aiutoregista, diventò amico, e dopo il servizio militare e la laurea lo raggiunse a Roma e, con lui, scrisse soggetti e sceneggiature; collaborò anche con A. Blasetti.
Ispirato a un racconto di Puškin, il suo primo film, Un colpo di pistola (1942), incentrato sul tema dell'amicizia più che dell'amore, rivela maturità nella costruzione ed eleganza nel dettato. La fluidità del racconto, tutt'altro che istintiva, resta una costante di Castellani. La si rinviene in Zazà (1943-44), dove curatissima è la scenografia, e nei suoi film neorealistici. Nel ripercorrere, in Sotto il sole di Roma (1948), le avventure fra guerra e dopoguerra di alcuni ''ragazzi di vita'', desunte dalla viva voce dei giovani della capitale, C. costruisce e colora con freschezza situazioni e tipi, valendosi anche di sottolineature umoristiche che sfiorano, talvolta, un consapevole grottesco. Due soldi di speranza (1952) è a sua volta un ballo dei poveri osservato con occhio accorto, benevolo e colto. Ma le prove fornite da C. nel dopoguerra, molto amate dal pubblico, vengono poco apprezzate da una parte della critica, che già aveva definito "calligrafico" Un colpo di pistola. Dopo aver mostrato in Giulietta e Romeo (1954) di possedere uno scaltrito gusto figurativo, C. ambienta in un carcere femminile Nella città l'inferno (1959), un film che grazie ad A. Magnani arricchisce la bella galleria di figure femminili del regista. Per analizzare la genesi del malessere nelle campagne con un'opera corale ricca di spunti e di suggestioni, C. firma poi Il brigante (1961, dal romanzo di G. Berto), ampiamente tagliato dal produttore dopo il montaggio.
Seguirono film per divi, novelle per film a episodi e, fra il 1971 e il 1982, opere televisive in più puntate (Vita di Leonardo, Il furto della Gioconda e Giuseppe Verdi), dove il romanzo si sposa al saggio con esiti considerevoli.
Bibl.: F. Savio, Cinecittà anni trenta, vol. i, Roma 1979; R. Castellani, Quattro soggetti, ivi 1983; S. Trasatti, R. Castellani, Firenze 1984.