DONATELLI, Renato
Nacque a Morino (prov. dell'Aquila) il 16 luglio 1927 da Angelo, perito industriale e costruttore edile, e da Maria Sebastiani. Con la famiglia, di origine ternana, si trasferì prima a Terni, nel 1929, e poi, nel 1930, a Istanbul, dove trascorse due anni. Tornò quindi a Terni, ove iniziò gli studi, per trasferirsi successivamente a Venezia nel 1943 e infine a Milano nel 1945: qui terminò il liceo classico e si iscrisse alla facoltà di medicina. Portati a termine brillantemente gli studi, si laureò a Milano nel 1951 col massimo dei voti. L'anno successivo, compiuto il servizio militare, entrò come assistente all'ospedale Maggiore di Milano. Quivi, l'incontro con Angelo De Gasperis doveva determinare la scelta definitiva della sua vita: la chirurgia toracica e cardiaca. Ad attrarlo maggiormente fu proprio quest'ultima disciplina, che, ancora agli albori, stava già destando vasti interessi in tutto il mondo.
Come assistente del celebre chirurgo, ben presto il D. si distinse per la capacità lavorativa e per l'acuta intelligenza dimostrata nell'impostazione clinica e sperimentale dei vari problemi che in quegli anni la nuova disciplina continuamente prospettava. A quell'epoca, sul piano clinico, la divisione diretta dal De Gasperis operava prevalentemente nell'ambito della chirurgia toracica e della chirurgia a cuore chiuso, ma sia il De Gasperis sia il D., per poter affrontare la , chirurgia cardiaca a cuore aperto, da poco iniziata negli Stati Uniti d'America, approfondirono lo studio sperimentale di tutti i fenomeni concernenti la circolazione extracorporea. I loro sforzi furono ben presto premiati: nel 1956 l'esecuzione del primo intervento correttivo di un difetto del setto interventricolare determinò l'affermazione della divisione dell'ospedale Maggiore di Milano Niguarda in campo internazionale.
Furono di quel periodo gli studi sull'arresto cardiocircolatorio in ipotermia profonda, metodica con la quale la scuola milanese affrontò la cura chirurgica di varie cardiopatie congenite complesse.
Divenuto aiuto del De Gasperis, l'impegno professionale del D. aumentò ulteriormente. Egli si dedicò a tempo pieno all'attività clinica e sperimentale, e mediante quest'ultima diresse i suoi sforzi a migliorare le caratteristiche tecniche del circuito extracorporeo, così da poter allungare i tempi dell'intervento e affrontare quindi la correzione chirurgica delle cardiopatie più complesse. Allo scopo di eliminare le alterazioni indotte dal circuito extracorporeo sul sangue e sull'organismo dell'operato, che non consentivano tempi di impiego superiori ai 25-30 minuti senza gravi rischi per il paziente, il D. apportò numerose modifiche al circuito, semplificandolo; tra l'altro, col De Gasperis, progettò e realizzò un nuovo modello di scambiatore di calore, da inserire nel circuito extracorporeo, per il raffreddamento e il riscaldamento del sangue del paziente nel corso dell'intervento (Rilievi sperimentali sulla circolazione extracorporea, in Chir. e pat. sper., VII [1959], pp. 427-474, con A. De Gasperis; Sulla ipotermia profonda con un nuovo scambiatore di calore, in Osped. d'Italia. Chirurgia, III [1960], pp. 495-503, con A. De Gasperis; An ultrarapid heat exchanger for profound hypothermia, in The Journ. of thor. and cardiovasc. surg., XLV [1963], pp. 343.52, con A. De Gasperis e C. Demetz; Profound hypothermia and cardiocirculatory arrest for intracardiac surgery, ibid., pp. 353.67, con A. De Gasperis e C. Demetz). La nuova metodica si rivelò ben presto di grande valore sul piano sia teorico sia clinico, consentendo preziose acquisizioni fisiopatologiche e un deciso progresso della terapia cardiochirurgica (Modificazioni fisiopatologiche da circolazione extracorporea in normotermia e in ipotermia profonda, in Chir. e pat. sper., VIII [1960], pp. 1131-67, con A. Pellegrini; Modificazioni fisiopatologiche osservate in 64 interventi cardiaci condotti in ipotermia profonda, in Osped. d'Italia. Chirurgia, VI [1962], pp. 425-40, con A. De Gasperis; Progressi della chirurgia a cuore aperto, in Cardiol. prat., XVI [1965], pp. 357-362, con C. Zucchi).
Morto De Gasperis nel luglio 1962, il D. assunse il ruolo di primario della divisione di chirurgia toracica; questa venne ben presto riconosciuta come divisione per la terapia chirurgica delle pneumopatie e cardiopatie congenite e acquisite e per sua stessa volontà fu dedicata alla memoria del maestro.
L'infaticabile attività del D. ad alto livello organizzativo, chirurgico e scientifico condusse a una efficiente organizzazione del reparto, espressa dal cospicuo aumento dell'attività clinica e dall'elevata qualità dei risultati. Il D., inoltre, ristrutturò il reparto secondo nuovi criteri, dotandolo di due nuove sale operatorie specificamente attrezzate per gli interventi a cuore aperto. Il numero globale delle operazioni chirurgiche passò da 491 nel 1962 a 1.088 nel 1968. Degna di rilievo fu la progressione degli interventi in circolazione extracorporea: 38 nel 1962, 77 nel 1963, 128 nel 1964, 191 nel 1965, 222 nel 1966, 305 nel 1967, 341 nel 1968, 300 nei primi mesi del 1969, cifre queste strettamente correlate alla stima che la divisione di Milano si era guadagnata per la qualità dei risultati, per l'elevata professionalità della scuola e per la grande efficienza dell'organizzazione.
Primo in Italia, e fra i primi in Europa, il D. si occupò del problema delle sostituzioni valvolari cardiache. Nel 1963 eseguì la prima sostituzione valvolare mitralica, nel 1964 la prima sostituzione valvolare aortica, nel 1965 la duplice sostituzione valvolare mitroaortica e nel 1967 la contemporanea sostituzìone della mitrale, dell'aorta e della tricuspide.
Il suo nome, tuttavia, non è legato solo agli interventi di sostituzione valvolare. Il D. eseguì per primo in Italia la correzione rafficale di varie cardiopatie congenite complesse, come la tetralogìa di Fallot e la trasposizione dei grossi vasi; ancora, per primo esegui la correzione di aneurismi dell'aorta toracica e affrontò la terapia chirurgica delle complicanze dell'infarto miocardico.
Il D. si distinse in tutti i campi della chirurgia polmonare, tracheale, esofagea e dìaframmatica. La sua attività scientifica, sempre di pregevole livello, fu espressa da 148 pubblicazioni riguardanti vari poli di interesse della chirurgia toracica e cardiaca. Restano degne di menzione le relazioni tenute a vari congressi sull'ipotermia moderata, metodica originalmente applicata dal D. alla circolazione extracorporea (1966), sulle sostituzioni valvolari (1968) e sulla fisiopatologia dell'arresto circolatorio (1969). Di particolare interesse appare inoltre lo studio monografico sulla tetralogia di Fallot (La tetralogia di Fallot, Padova 1970, con C. Santoli).
Come clinico, il D. eccelleva per la capacità di sintesi che gli consentiva la semplificazione dei problemi diagnostici e terapeutici. Dotato di acuta capacità di osservazione, spesso precorse i tempi: individuò, per esempio, gli elementi patogenetici, clinici e terapeutici fondamentali della sindrome da bassa portata qualche anno prima che i fisiopatologi la riconoscessero e la inquadrassero rigorosamente come specifica complicanza della cardiochirurgia. Come maestro, il D. diede nuovo impulso agli insegnamenti del De Gasperis, adattandoli alla propria personalità raffinata e continuamente protesa alla ricerca del meglio. Agli allievi insegnò metodiche cliniche e schemi di comportamento ancora oggi ampiamenti adottati.
Pretendeva molto dai suoi collaboratori che voleva efficienti, preparati e ai quali imponeva un ritmo di lavoro sostenuto: queste sue doti ne fecero il vero fondatore di una delle più importanti scuole cardiochirurgiche italiane. Il suo desiderio di finnovamento, lo spinse a compiere numerosi viaggi all'estero, soprattutto negli Stati Uniti. Per la stima di cui fu oggetto, gli venne conferita la cittadinanza onoraria della città di Houston.Il D. dette un grande impulso alla cardiochirurgia italiana: anche i corsi di aggiornamento e i convegni scientifici da lui organizzati acquisirono fin dall'inizio una impronta moderna, data dalla scelta degli argomenti, sempre nuovi, aderenti alla realtà clinica, e dal linguaggio semplice, privo di fronde retoriche e di inutili erudizioni ornamentali. Inoltre fu un medico di grande statura per le sue doti umane, attraverso le quali sapeva filtrare ogni rapporto con ipazienti, partecipando al dramma della malattia con naturale capacità di confortare, aiutare e incoraggiare, tenendo sempre viva nei sofferenti la fiamma della vita e la luce della speranza.
Consigliere della Società italiana di chirurgia toracica e vicepresidente della Società italiana di chirurgia generale, fu nominato socio onorario dell'Accademia Lancisiana di Roma. Nel pieno fervore della sua operosità, per il riacutizzarsì di una epatite vìrale contratta alcuni anni prima in sala operatoria, morì a Milano il 5 ott. 1969.
Dopo la morte gli furono conferite cinque medaglie d'oro; al suo nome sono stati intestati strade, scuole e reparti ospedalieri in varie città d'Italia, nonché borse di studio di specializzazione cardiologica e cardiochirurgica postlaurea.
Bibl.: A. Pellegrini, Per ricordare R. D., in La Ca' Granda, X (1969), 2, pp. 11-14; B. Austoni-L. Gallone, In memoria di R. D., Milano 1970; S. Scarpino, Diritto al cuore. R. D., Milano 1973.