Fucini, Renato
Scrittore (Monterotondo Marittimo, Grosseto, 1843 - Empoli 1921). Figlio di un medico condotto, passò gli anni dell’infanzia e della giovinezza prima a Campiglia, poi in altre località della Toscana. Nell’estate del 1859 si trasferì a Pisa dove si dedicò agli studi di agraria. A questo periodo risalgono le sue prime composizioni satiriche e si viene manifestando la sua inclinazione per l’improvvisazione epigrammatica sia in dialetto toscano, sia in italiano. Terminati gli studi, nel giugno 1865 accettò un impiego come aiuto ingegnere nell’ufficio tecnico comunale di Firenze. Introdotto nei più importanti circoli artistico-letterari della città, conobbe e frequentò Aleardi e De Amicis ed entrò in contatto con il gruppo dei macchiaioli, dai quali fu fortemente influenzato. Nel 1872 apparvero i Cento sonetti in vernacolo pisano (pubblicati con lo pseudonimo anagrammatico di Neri Tanfucio), che ritraggono figure e scene popolari del mondo toscano attraverso un ricorso frequente al dialogo serrato e ai modi di dire proverbiali e nel 1882 (pubblicati nella terza edizione delle Poesie di Neri Tanfucio), i successivi Cinquanta nuovi sonetti in vernacolo pisano, composti tra il 1870 e il 1882. Ottenuta l’abilitazione all’insegnamento nel 1876, fu nominato docente d’italiano nella scuola tecnica di Pisa e due anni più tardi ispettore scolastico nel circondario di Pisa, un incarico a lui particolarmente congeniale perché gli consentiva di conoscere a fondo il territorio pistoiese avendo a disposizione molto tempo libero per l’attività letteraria. Nel 1900 si trasferì a Firenze dove gli era stato offerto un posto di bibliotecario presso la Riccardiana, incarico che mantenne fino alla pensione (1906). L’espressione più riuscita della sua vena bozzettistica si trova in due popolari raccolte di novelle Le veglie di Neri (1884) e All’aria aperta (1887), dove aspetti e vicende della realtà più minuta si inquadrano in un paesaggio toscano reso con la vivezza della contemporanea pittura dei macchiaioli, in una lingua parlata ricca di elementi dialettali che ne segnano, però, anche il limite. Tra le sue altre opere in prosa si segnala Napoli a occhio nudo (1878), un reportage in forma epistolare nato da un soggiorno napoletano del maggio 1877 che molto deve all’incontro con Giustino Fortunato. Nell’ultima parte della carriera si dedicò alla letteratura per l’infanzia.