Rascel, Renato
Nome d'arte di Renato Ranucci, attore teatrale e cinematografico, cantante e ballerino di rivista e varietà, nato a Torino il 27 aprile 1912 e morto a Roma il 2 gennaio 1991. Fu interprete e cantante, attore drammatico e parodista, diviso tra una sottile ironia di stampo surreale e il desiderio di piacere al grande pubblico. La bassa statura, unita al gusto per le filastrocche e per la comicità da scioglilingua, ne fecero una personalità particolare nella densa storia della rivista italiana. Il cinema, accortosi del suo talento, poté il più delle volte offrirgli solo commedie farsesche di scarso valore: esordì nel 1942 in Pazzo d'amore di Giacomo Gentilomo e comparve in decine di film dal 1950 in poi. Si riscattò come attore drammatico nel difficile Il cappotto (1952) di Alberto Lattuada, tratto da N.V. Gogol′, e nel malinconico Policarpo, "ufficiale di scrittura" (1959) di Mario Soldati, per il quale vinse il David di Donatello come migliore attore.
Figlio d'arte di cantanti d'operetta, nacque durante uno dei frequenti spostamenti dei genitori. Debuttò nella rivista a soli diciassette anni nella compagnia di Livia Muguet, e già nella stagione 1930-31 si esibiva in trio con le sorelle Di Fiorenza. La sua carriera si compì tutta a Roma tra teatro d'avanspettacolo e cinema, lungo un arco di più di sessant'anni. L'incontro con i fratelli Schwarz e con la loro compagnia segnò il passaggio decisivo per la sua carriera: fu in quegli anni che costruì i personaggi più celebri (il corazziere, il bandolero stanco ecc.) e scelse, dopo svariati pseudonimi, il nome Rascel. Negli anni Quaranta, dopo una serie di tournée all'estero, fondò la propria compagnia e per tutto il decennio partecipò a riviste di grande successo. Gli anni Cinquanta ne decretarono la definitiva consacrazione, in particolare nelle riviste di P. Garinei e S. Giovannini, con cui stabilì il sodalizio più duraturo. Tra i titoli entrati nella storia del teatro leggero: Attanasio cavallo vanesio (1952-53), Alvaro piuttosto corsaro (1953-54), Tobia la candida spia (1954-55). Alcuni di questi furono trasferiti al cinema, come nel caso dei primi due, diretti entrambi da Camillo Mastrocinque nel 1953 e nel 1954. Proprio il cosiddetto 'film-rivista' permise a R. un fitto scambio tra palcoscenico e grande schermo: basta ricordare film come Botta e risposta (1950) di Soldati, Io sono il Capataz (1951) di Giorgio C. Simonelli, Marakatumba… ma non è una rumba! (1951) di Edmondo Lozzi, Canzoni di mezzo secolo (1952) di Domenico Paolella, Il bandolero stanco (1952) di Fernando Cerchio, Come te movi, te fulmino! (1958) di Mario Mattoli, Il corazziere (1960) di Mastrocinque. Come regista si diresse in La passeggiata (1953), ancora da Gogol′.
Dopo alcune parodie (Rascel Fifì, 1957 e Rascel marine, 1958, entrambi di Guido Leoni; Tempi duri per i vampiri, 1959, di Steno), R. trovò in Policarpo, "ufficiale di scrittura" un nuovo ruolo in grado di valorizzare le sue doti di attore drammatico: il personaggio di lavoratore serio e onesto, ancorché pavido, si pone come modello per la lunga serie di figure di impiegati presenti nel cinema italiano, uomini coscienziosi ma inermi di fronte all'aggressività del mondo del lavoro. Risultando troppo arduo il tentativo di fondere l'universo grottesco dell'amato Gogol′ e di certa letteratura russa con l'avanspettacolo e la rivista, la carriera dell'attore si presentò sempre scissa tra il desiderio di interpretazioni raffinate e il piacere del successo popolare.
R. seppe sfruttare anche gli altri media, come la radio e la televisione, capaci di trasformarlo in un beniamino del pubblico: come cantante vinse persino il Festival di Sanremo nel 1960. Negli anni Sessanta, le apparizioni cinematografiche dell'attore si ridussero al minimo e né la fiacca coproduzione The secret of Santa Vittoria (1969; Il segreto di Santa Vittoria) di Stanley Kramer, né Il trapianto (1970) di Steno, greve commedia degli equivoci, lo convinsero a proseguire l'esperienza. Nel 1977 prestò il volto al cieco miracolato nello sceneggiato televisivo Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli e nell'ultima parte della sua carriera, pur diradando la sua attività, continuò a lavorare nel teatro, fondando una scuola di recitazione insieme alla terza moglie, Giuditta Saltarini.
TuttoRascel, a cura di G. Governi, G. Saltarini, Roma 1993; E. Giacovelli, Non ci resta che ridere: una storia del cinema comico italiano, Torino 1999, pp. 56-57.