TREVES, Renato (Samuele Renato)
– Nacque a Torino il 7 novembre 1907 in una famiglia di origini ebraiche, secondo figlio, dopo la primogenita Anna, di Abramo, ingegnere, e di Allegra Fubini, detta Rina.
Compiuti gli studi secondari presso il liceo-ginnasio D’Azeglio, Treves s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, laureandosi nel 1929, per avviarsi poi subito alla carriera accademica sotto la guida di Gioele Solari. Ebbe quindi modo d’instaurare rapporti di amicizia, durati tutta la vita, con un gruppo di allievi dello stesso maestro, tra i quali Norberto Bobbio e Alessandro Passerin d’Entrèves.
Già nel suo primo lavoro, La dottrina sansimoniana nel pensiero italiano del Risorgimento (Torino 1931), si delineò un’attenzione in senso antidogmatico alla realtà dell’esperienza giuridica, in contrasto con le correnti allora dominanti nella filosofia del diritto, secondo una prospettiva che sarebbe andata rafforzandosi nel corso della sua riflessione. Per suggerimento di Solari, nel 1932 Treves, insieme a Bobbio e a Ludovico Geymonat, soggiornò a lungo in Germania, dove entrò in contatto con le correnti neokantiane e con lo stesso Hans Kelsen, il pensiero del quale introdusse presso gli studiosi italiani con due lavori: Il fondamento filosofico della dottrina pura del diritto di Hans Kelsen (in Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino, LXIX (1933-1934), pp. 52-90) e Il diritto come relazione. Saggio critico sul neokantismo contemporaneo (Torino 1934). Il ruolo di Treves come diffusore della dottrina kelseniana in Italia si compì con la traduzione, con ampia prefazione, del saggio su La dottrina pura del diritto (Torino 1952).
Questi primi studi ebbero generale riconoscimento, tanto che Treves ottenne nel 1934 l’incarico di teoria generale dello Stato all’Università di Messina e l’anno seguente quello di filosofia del diritto presso l’Università di Urbino, dove nel 1938 venne bandito un concorso per professore ordinario in tale disciplina, che lo studioso torinese avrebbe con ogni probabilità vinto se, a seguito della promulgazione delle leggi razziali, non fosse stato escluso da quella competizione per intervento personale del ministro dell’Istruzione. Successivamente a tale episodio Treves si trasferì stabilmente in Argentina, nell’Università di Tucumán, dove insegnò teoria generale del diritto, filosofia del diritto e sociologia, coerente quest’ultimo insegnamento con il citato orientamento attento alla realtà dell’esperienza giuridica, che culminò più tardi nel passaggio all’insegnamento della sociologia del diritto. A Buenos Aires il 14 luglio 1941 si sposò con Lisa Fiammetta Lattes, che chiamò costantemente Fiamma. Dal matrimonio nacquero a Tucumán il 20 settembre 1942 il primogenito Tullio Rodolfo e a Buenos Aires il 9 maggio 1945 i gemelli Anna Lisa e Aldo Renato, tutti e tre destinati a una brillante carriera universitaria, rispettivamente nel campo del diritto internazionale, della geografia umana e dell’astrofisica.
Del periodo argentino meritano di essere ricordati, tra altri, i saggi di carattere sociologico Sociologίa y filosofίa social (Buenos Aires 1941) e Introducciόn a las investigaciones sociales (Tucumán 1942), oltre ad alcune sue ricerche empiriche sui tagliatori di canna da zucchero e sul sovraffollamento cittadino. Nell’esilio sudamericano Treves coltivò i rapporti con i fuorusciti spagnoli e italiani e si spese per la diffusione della cultura antifascista italiana. Risalgono a queste attività le opere Una doble experiencia polίtica: España e Italia (México 1944), scritta con Francisco Ayala, e Benedetto Croce, filósofo de la libertad (Buenos Aires 1944).
Nel 1947, reintegrato nei ruoli dell’università italiana, Treves venne chiamato a Parma sulla cattedra di filosofia del diritto e in quel medesimo anno pubblicò il saggio Diritto e cultura (Torino 1947), un’opera che segnò la definitiva rottura con i temi tradizionali della filosofia del diritto in favore di una riflessione più attenta alla teoria generale del diritto e aperta alla filosofia politica e, soprattutto, alla sociologia del diritto.
Da Parma, dopo appena un anno, Treves venne chiamato alla cattedra di filosofia del diritto presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Milano, cattedra che ricoprì fino ai tardi anni Settanta, quando passò a sociologia del diritto, disciplina che insegnò fino alla fine della sua attività accademica nel maggio del 1983. Il magistero innovativo di Treves a Milano formò intere generazioni di studenti, specialmente tramite le fortunatissime dispense Lezioni di filosofia del diritto, delle quali si susseguirono numerose edizioni (da Milano 1950 a Varese 1969), e diede vita a una scuola molto seguita della disciplina che coltivò numerosi allievi destinati a lasciare il segno nella carriera accademica.
L’attività di Treves, tuttavia, non si esaurì nell’insegnamento universitario. Nonostante il carattere schivo e una certa timidezza nelle relazioni interpersonali, egli giocò un ruolo decisivo non solo nello sviluppo del campo degli studi giusfilosofici, ma anche nell’affermazione delle discipline sociologiche, che in quegli anni trovavano una condizione favorevole alla loro crescita grazie all’affievolirsi delle correnti idealistiche che, unitamente allo sfavore del fascismo, ne avevano bloccato il primo rigoglioso fiorire a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.
Treves agì a livello sia nazionale sia internazionale. Sul piano locale deve essere ricordata la sua collaborazione con il Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale (CNPDS), fondato nel 1948 dal magistrato Adolfo Beria di Argentine, che portò allo svolgimento di numerose indagini sociali, tra le quali va ricordata quella, diretta da Treves tra il 1962 e il 1970, su L’amministrazione della giustizia e la società italiana in trasformazione, che vide la collaborazione del fior fiore della sociologia italiana, con la pubblicazione di una dozzina di monografie sul finire degli anni Sessanta, indagine i cui risultati vennero poi sintetizzati dallo stesso Treves nel volume Giustizia e giudici nella società italiana (Bari 1972). Da questa collaborazione derivò anche la rifondazione della Società italiana di scienze sociali, che ebbe però vita breve.
Sul piano internazionale, Treves, sempre in collaborazione con il CNPDS, fu l’anima dell’organizzazione a Stresa, nel 1959, del quarto Congresso della International Sociological Association (ISA), in occasione del quale furono poste le basi per la costituzione, sempre nell’ambito dell’ISA, di cui Treves fu per un quadriennio vicepresidente, del Research Committee on sociology of law (RCSL), divenuto poi l’associazione internazionale dei sociologi del diritto, com’è tuttora. Del RCSL Treves fu il primo presidente, in carica dal 1962 al 1974, coadiuvato come vicepresidenti dall’americano William Evan e dal polacco Adam Podgórecki, ai quali fu legato da una viva amicizia. La collaborazione con i più eminenti studiosi della materia a livello internazionale portò alla pubblicazione, a cura di Treves, del volume collettaneo Sociologia del diritto. Problemi e ricerche (Milano 1966; poi ripubblicato in inglese con il titolo Norms and actions, L’Aja 1968), che, mentre faceva il punto della situazione della disciplina a livello internazionale, pose anche le basi per l’affermarsi di tale branca in Italia, affermazione alla quale recò un contributo fondamentale nel 1974 la fondazione da parte di Treves, sempre in collaborazione con il CNPDS, della rivista Sociologia del diritto, dapprima semestrale con l’editore Giuffrè e poi, dal 1980, quadrimestrale con l’editore Franco Angeli, periodico che Treves diresse fino alla morte e che tuttora rappresenta un punto di riferimento, non soltanto in Italia, degli studi e delle ricerche in questo campo.
Riassumendo il dibattito interdisciplinare che aprì la vita della rivista, al quale partecipò la crema dei sociologi e dei giuristi aperti a una lettura sociologica del fenomeno giuridico, Treves ribadì la sua visione della collocazione interdisciplinare della sociologia del diritto, legata dal punto di vista teorico sia alla sociologia generale sia alla teoria generale del diritto, ma nutrita dalla ricerca empirica. Di lì a pochi anni egli espose in modo più sistematico il suo punto di vista nel volume Introduzione alla sociologia del diritto (Torino 1977), nel quale riaffermò la natura interdisciplinare della materia, mantenendo distinti l’aspetto teorico e quello empirico.
Pur non abbandonando l’attenzione verso la filosofia del diritto e la filosofia politica, gli interessi di Treves s’indirizzavano ormai prevalentemente verso la riflessione sociologico-giuridica e fu in coerenza con questo mutamento che, come si è detto, lasciò la cattedra di filosofia del diritto per ricoprire quella di sociologia del diritto, materia che peraltro aveva già insegnato per incarico fin dal 1969, quando aveva rinunciato all’insegnamento, tenuto sempre per incarico fin dai primi anni Sessanta, della sociologia generale.
Nel 1989 Treves ebbe la soddisfazione di vedere realizzarsi, per iniziativa del governo del País Vasco in collaborazione con il già ricordato RCSL, la fondazione dell’Instituto internacional de sociología jurídica de Oñati (IISJ), organo destinato a diventare il principale centro di studi e di formazione dei sociologi del diritto a livello internazionale. L’istituzione dell’IISJ, di cui fu in certa misura ispiratore e patrocinatore, gli fu particolarmente cara non solo per l’affermarsi della disciplina a livello internazionale, ma anche perché era testimonianza dei rapporti forti che per decenni aveva coltivato con il mondo spagnolo e latino-americano, mai recisi o allentatisi fin dai tempi dell’esilio argentino. Segno di questi legami furono le lauree honoris causa conferitegli dall’Università Pandios di Atene, dall’Università del Paίs Vasco (San Sebastián) e dall’Università Carlos III di Madrid.
La produzione scientifica di Treves, ormai ottuagenario, si concluse con la pubblicazione di due opere che coronavano il doppio binario della sua vita: il volume Sociologia del diritto. Origini, ricerche, problemi (Torino 1987) – nel quale, fondendo l’accostamento teorico e quello empirico, individuò alle origini e negli sviluppi della disciplina due diverse prospettive risalenti, da una parte, alla riflessione sociologico-generale e filosofico-politica e, dall’altra, alla tradizione dell’antiformalismo giuridico – e la raccolta di saggi Sociologia e socialismo. Ricordi e incontri (Milano 1990), nella quale ribadì l’orientamento democratico e liberal-socialista nella prospettiva relativistica che aveva ispirato il suo pensiero nel campo della filosofia del diritto e della filosofia politica.
Sotto questo aspetto appare importante rilevare gli elementi di continuità in una riflessione scientifica, durata più di sessant’anni, che s’intrecciò con le vicende della sua vita. Continuità, in primo luogo, nello stile, connotato da un’impietosa ricerca della chiarezza, anzitutto come esigenza interiore, convinto com’era che l’oscurità dell’esposizione corrisponda all’oscurità del pensiero e delle idee. La scrittura, per Treves, fu una faticosa ricerca – una fatica certo più ingrata di quella che, da alpinista provetto, lo condusse per decenni sulle amate montagne valdostane – delle espressioni più semplici nella forma e più sintetiche nel contenuto, fino a un livello quasi maniacale, in un incessante lavorio di affinamento delle idee. Un secondo carattere costante del suo pensiero fu l’amore per lo spirito critico e il rifiuto, quasi viscerale, di ogni forma di dogmatismo. La condivisione del criterio fondante dello spirito critico, che si tradusse nell’orientamento favorevole al relativismo e al prospettivismo, fu probabilmente seconda rispetto al rifiuto del dogmatismo. Come egli stesso chiarì nel saggio Spirito critico e spirito dogmatico (Milano 1954), lo spirito critico è quello che porta, da un lato, a respingere ogni verità dogmaticamente imposta e ogni affermazione arbitraria e che conduce, dall’altro, a non considerare mai come definitivi e inconfutabili i risultati delle proprie ricerche, rimanendo sempre disposti ad accogliere ogni critica e ogni teoria diversa dalla propria. Lo spirito dogmatico non fu inteso da Treves solo come il rovescio del senso critico o come quello che ispira i dogmi delle religioni, ma come quello che reca un contenuto che tende a imporsi sul giudizio altrui e assume un atteggiamento ostile e antagonistico nei confronti della conoscenza critica. Treves, avendo conosciuto la dittatura e la persecuzione, in nome di affermazioni non discusse e non discutibili, nutriva una ripugnanza quasi fisica nei confronti del pensiero dogmatico e un atteggiamento di sospetto nei confronti di ogni ‘verità’ spacciata per l’unica vera e quindi inoppugnabile.
Nonostante fosse uno studioso dei fenomeni giuridici nato filosofo e dotato di una forte capacità filosofica, poi voltatosi in sociologo, attraversando mondi culturali ed esperienze intellettuali le più diverse, mantenendo sempre strette relazioni internazionali, uno studioso, soprattutto, dotato di una straordinaria capacità di cogliere i mutamenti della direzione che andavano prendendo le idee e le dottrine, Treves mostrò una chiara continuità anche negli argomenti affrontati e nel modo di accostarvisi. Pur avendo praticato solo sporadicamente la ricerca empirica, fatte salve le già menzionate indagini svolte nel periodo argentino e la direzione del complesso di ricerche sull’amministrazione della giustizia in Italia, egli non negò mai l’importanza del dato empirico, non solo, ovviamente, nella sociologia del diritto, caparbiamente definita come disciplina eminentemente empirica, ma anche nel campo della stessa filosofia, come risulta dalla sua intera produzione scientifica, nella quale è facile cogliere la costante e speciale attenzione per il dato empirico, in una speculazione nutrita dall’ansia del riscontro con la realtà, che fu il modo di dare attuazione al suo programma antidogmatico e antigiusnaturalistico secondo un orientamento relativistico e prospettivistico.
Morì a Milano il 31 maggio 1992.
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