LUCINGE, René de
Nacque nel 1553 probabilmente nel Bugey (oggi dipartimento dell'Ain) o, secondo un'antica tradizione locale, a Bonneville (oggi dipartimento dell'Alta Savoia), quinto figlio di Charles e della seconda moglie Anne de Lyobard.
La famiglia paterna, proveniente da un ramo cadetto degli antichi signori di Faucigny, nel 1477 era entrato in possesso della signoria di Les Allymes nel Bugey, titolo di cui il L. si fregiò abitualmente. Da almeno tre generazioni i suoi antenati avevano ricoperto cariche nella corte della Savoia.
Nel 1572 il L. fu aggregato dal giovane Carlo di Lorena, duca di Mayenne (figlio di Francesco di Guisa e di Anna d'Este), a un contingente di trecento gentiluomini imbarcati su galere veneziane per una spedizione contro i Turchi. Sebbene il ritardo dei rinforzi spagnoli e l'abbandono dell'impresa da parte dei veneziani non avessero permesso alla spedizione di conseguire il risultato previsto, il L. ne conservò un vivo ricordo che alimentò la sua riflessione politica successiva. Nel 1574 si unì in matrimonio con Françoise de Montrosat, erede dell'omonimo feudo, e nello stesso anno fu incaricato dal duca Emanuele Filiberto di Savoia di accompagnare Anne de Joyeuse, che attraversava gli Stati sabaudi con il re di Francia Enrico III, proveniente dalla Polonia. In previsione di una carriera nelle alte magistrature della Savoia, nell'ottobre 1576 il L. conseguì il dottorato in utroque iure all'Università di Tolosa.
Entrato negli uffici verso il 1579, l'8 ott. 1581 succedette al letterato Emmanuel-Philibert de Pingon nella carica di consigliere di guerra e uditore generale degli accampamenti e delle armate al di là delle Alpi con una pensione annuale di 300 scudi. Nel 1583 il duca Carlo Emanuele I lo nominò consigliere e referendario di Stato e maître des requêtes. Già noto per la sua facilità di penna e vicino al sovrano, il L. fu coinvolto nella scelta della futura sposa del duca: redasse una lunga memoria sui vantaggi di un'alleanza con una principessa francese piuttosto che spagnola e nel 1584 si recò a Parigi per partecipare ai negoziati, in vista di un'unione con Cristina di Lorena, nipote di Enrico III. Carlo Emanuele I, preoccupato dell'appoggio spagnolo e consigliato da Carlo Borromeo, al quale attribuiva la propria guarigione miracolosa, finì per sposare nel 1585 l'infanta Caterina, figlia di Filippo II. Questa scelta non sembra avere pregiudicato la carriera del L., che nello stesso anno fu inviato come ambasciatore alla corte di Francia, carica che rivestì fino al 1589.
Ostile a Enrico III e partigiano, non privo di lucidità, dei Guisa e della Lega cattolica, il L. informò e consigliò largamente Carlo Emanuele I su come trarre vantaggio dalla confusa situazione del Regno di Francia diviso tra il partito fedele al re, la Lega cattolica capitanata dai Guisa e il re di Navarra, Enrico, erede presuntivo al trono. Quando il duca si impadronì con un pretesto del Marchesato di Saluzzo (29 sett. 1588), di cui la casa di Savoia rivendicava la sovranità dal XIV secolo, il L. fu incaricato di giustificarne l'occupazione presso Enrico III e poi di sottoporgli l'eventualità di una candidatura dello stesso Carlo Emanuele I alla successione sul trono di Francia. Ma il re rifiutò ogni compromesso, reclamò fermamente la restituzione del Marchesato e assoldò truppe svizzere per invadere il Faucigny e mettere Ginevra al riparo dalle cupidigie del duca di Savoia. Dopo l'insuccesso nelle trattative con il sovrano francese nell'estate del 1588, il L. fu sostituito nell'incarico e al principio del 1589 rientrò nel Bugey. Qui continuò a svolgere i suoi buoni uffici impiegando la rete di relazioni locali per acquisire alla casa di Savoia le simpatie della nobiltà del Delfinato e del Lionese, nella prospettiva di un ingrandimento verso Ovest degli Stati sabaudi, reso plausibile dalla confusione che regnava in Francia nei mesi successivi all'assassinio di Enrico III. Incaricato di operazioni militari nel Faucigny e nello Chiablese nella guerra con Ginevra e i suoi alleati svizzeri, nel dicembre 1589 mancò poco che fosse fatto prigioniero presso Cruseilles.
Gli anni successivi furono verosimilmente dedicati ad affari e interessi personali. In grave difficoltà finanziaria, fu costretto a rispondere per scritto a Carlo Emanuele I (27 maggio 1592) su diversi capi d'accusa che probabilmente provenivano da feudatari o Comunità dei suoi domini. Gli si rimproverava di avere ambito alla carica di governatore di Bresse e del Bugey, di avere abusato delle corvées dei contadini, di avere esatto un supplemento di imposte per la ricostruzione del suo castello di Les Allymes, di avere impegnato per dieci anni le sue rendite signorili e addirittura, ma senza alcun fondamento, di avere ucciso suo zio. Evidentemente scagionato da queste accuse, il L. continuò a trasmettere al duca informazioni sulla situazione francese.
All'inizio del 1598, quando i Francesi ripresero l'offensiva contro la Savoia, il L. fu fatto prigioniero a Montluel e inviato sotto stretta sorveglianza a Beaucaire. Dovette attendere la pace di Vervins (agosto 1598) e il riscatto dei prigionieri per essere liberato su richiesta personale di Carlo Emanuele I. Nel maggio 1599 fu nominato maggiordomo straordinario e, in novembre, primo presidente della Camera dei conti della Savoia.
Il trattato di Vervins aveva rimesso la soluzione della questione di Saluzzo all'arbitrato del pontefice. Nell'autunno 1599 Clemente VIII, che non aveva alcun interesse a districare un affare tanto complicato, riuscì a convincere Enrico IV e Carlo Emanuele I a trattare direttamente. Forzando la volontà del re e contro l'opinione del proprio Consiglio, nel dicembre 1599 Carlo Emanuele I si recò da Enrico IV; il L. faceva parte del seguito insieme con uno dei suoi fratelli. Per suo tramite Maximilien de Béthune (barone di Rosnay e futuro duca di Sully) fu messo al corrente di una proposta di Carlo Emanuele I che prevedeva la rottura della sua alleanza con la Spagna in cambio di Saluzzo. L'invasione della Savoia da parte della Francia nell'agosto 1600, dopo la rottura dell'effimero trattato di Parigi, sorprese il L. a Les Allymes, che egli dovette abbandonare per raggiungere Carlo Emanuele I, sul punto di passare le Alpi con un'armata. Ad Aosta e poi ad Aime il L. riprese il suo servizio di primo maggiordomo presso il sovrano, proprio quando Clemente VIII inviava suo nipote il cardinale Pietro Aldobrandini come legato per risolvere la controversia di Saluzzo e mettere fine al conflitto locale che rischiava di provocare una nuova guerra tra Francia e Spagna.
Il 31 ott. 1600 il L. fu incaricato - controvoglia dichiarerà in seguito - insieme con il milanese Francesco Arconati, già ambasciatore di Savoia a Roma, di rappresentare Carlo Emanuele I alla conferenza franco-sabauda che si aprì a Chambéry in dicembre. Quando i plenipotenziari francesi decisero di seguire Enrico IV a Lione, dove si sarebbero celebrate le sue nozze con Maria de' Medici, il L. non volle muoversi. Ma l'Aldobrandini, forte del mandato ricevuto dal duca di trattare anche a suo nome, pretese che egli e l'Arconati seguissero la corte. Alla fine, con una lettera dell'8 genn. 1601, giunta a Lione l'11, Carlo Emanuele I li autorizzò, ma con alcune riserve, a sottoscrivere un accordo che prevedeva la cessione, da parte della Francia, di Saluzzo in cambio della Bresse, del Bugey e del Valromey. Il 14, quando tutto era pronto per la firma, una lettera del duca, al quale il governatore del Milanese Pedro Enríquez de Acevedo, conte di Fuentes, aveva vivamente consigliato di aspettare il parere del re di Spagna - forse in attesa degli sviluppi della cospirazione di Charles de Gontaut, duca di Biron -, vietò al L. e all'Arconati di sottoscrivere l'accordo. L'Aldobrandini, che vedeva tutti i propri sforzi vanificati, riuscì a convincerli a firmare.
Il L., che già temeva il peggio, fu ben presto informato della collera del duca contro "ses faiseurs de paix". Tentò una prima giustificazione facendo pervenire a Carlo Emanuele I un'apologia (Aux mesdisants sur le motif de la paix). Profondamente irritato, il duca gli vietò sotto pena della vita di diffondere il testo e gli ordinò di trasmettergli tutti i documenti del negoziato. Il L. non obbedì, ma sempre su ordine del duca, che aveva ratificato l'accordo il 6 marzo, portò a termine la presa in consegna delle piazzeforti che i Francesi dovevano rendere. Considerando una trappola l'invito di recarsi a Torino con le carte del negoziato, il L. scelse alla fine di divenire suddito del re di Francia, tanto più che, secondo i termini del trattato che gli si rimproverava di avere firmato, il Bugey era ormai territorio del Regno. Da Saint-Genis, ultima piazzaforte recuperata dalla Savoia, scrisse a Carlo Emanuele I una Lettre d'adieux molto amara (21 maggio 1601), che fece subito imprimere a Chambéry.
Raggiunto nel suo castello di Les Allymes dall'intimazione dell'araldo Chablais di presentarsi davanti al duca e di restituire le carte del negoziato, preferì perdere le cariche e alcuni possedimenti del Faucigny piuttosto che obbedire all'ordine (4 maggio 1602). Nella sua relazione Chablais precisa che, durante il colloquio, il L. indossava il collare dell'Ordine della Ss. Annunziata, ma il suo nome non figura nelle liste dei cavalieri dell'Ordine giunte fino a noi. Il L., poco sicuro sulle intenzioni di Carlo Emanuele I nei suoi confronti, si rivolse a Enrico IV, il quale, sebbene non desse seguito alle offerte di servizio del L., scrisse al suo ambasciatore a Roma di non credere che il duca di Savoia se la sarebbe presa con un suo suddito, per il quale il cardinale Aldobrandini poteva rispondere come di se stesso: l'avvertimento fu di sicuro riferito all'ambasciatore di Savoia, che ne dovette trarre le debite conseguenze.
Non sono noti la data e il luogo di morte del L., il cui decesso probabilmente seguì di poco la pubblicazione delle sue ultime opere, avvenuta nel 1614.
Lettore avido, durante la giovinezza, di romanzi cavallereschi che gli infusero un gusto spiccato per la storia, e dotato di una buona formazione umanistica, il L. compose numerose opere, di cui solo una piccola parte fu pubblicata in vita. La fama di scrittore non gli sopravvisse, ma fu rilanciata da una ripresa di interesse per la storia locale alla fine del XIX secolo e poi, a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, dall'attenzione degli studiosi, che ha portato alla pubblicazione dei numerosi inediti, considerati una fonte importante per la storia politica e intellettuale dell'epoca. Il L. scrisse dapprincipio per consolidare la sua reputazione agli occhi del principe che serviva: componimenti d'occasione si possono considerare poesie, relazioni, corrispondenze diplomatiche, ma anche i Commentarii latini (tuttora manoscritti: Parigi, Bibliothèque nationale, Fonds latin, 10182, cc. 460-601), sorta di cronaca un po' asciutta dei principali avvenimenti dal 1572 al 1585, che il L. propose, senza successo, a Carlo Emanuele I di trasformare nella storia del suo regno. Durante il soggiorno in Francia fece stampare Le premier loysir de René de Lusynge, sieur des Allymes (Paris, T. Périer, 1585), breve riflessione morale e religiosa che introduce la traduzione francese del Dispregio del mondo di Giovanni Botero, suo collega durante i primi mesi della sua ambasceria francese. Dedicata a Bernardino di Savoia-Racconigi, già ambasciatore di Savoia in Francia, l'opera fu impressa, a quanto dichiara il L., su richiesta del nunzio in Francia Girolamo Ragazzoni. Nel 1588 pubblicò De la naissance, durée et cheute des Estats (Paris, M. Orry), che inaugura il filone storiografico della produzione del L., nella quale egli trasse il bilancio dell'esperienza militare giovanile contro i Turchi. Dedicata a Carlo Emanuele I, l'opera ebbe una traduzione italiana (Ferrara, B. Mammarello, 1590), inglese (London 1606) e in latino (Nürnberg 1603; Frankfurt a.M. 1609). Dopo un lungo silenzio uscirono a Parigi nel 1614 La manière de lire l'histoire e L'histoire de l'origine, progrez et déclin de l'Empire des Turcs, rielaborazione quest'ultima dell'opera del 1588 e oggetto nello stesso 1614 di un'edizione plagiaria, da cui il L. fu costretto a tutelarsi per via giudiziaria. Ne La manière, il L. conduce una riflessione sulla pratica di scrittura della storia, alla quale si era dedicato esplorando con sempre maggiore attenzione le diverse forme della narrazione (dalla lettera diplomatica, al dialogo). Esponente tipico del rinnovato interesse per la storiografia, che segnò la cultura francese dalla seconda metà del Cinquecento, il L. si contraddistingue tuttavia per la posizione liminale in cui si colloca in quanto savoiardo, diplomatico francofilo portavoce di un duca vicino alla Spagna, oltre che per l'interesse intorno alle vicende ottomane.
Le opere pubblicate di recente permettono di conoscerne meglio il profilo: cattolico devoto ma anche profondamente pessimista, cortigiano ambizioso ma cosciente dell'importanza che gli conferivano la sua cultura e le sue capacità, con questi requisiti difficilmente il L. poteva intendersi a lungo con un sovrano come Carlo Emanuele I, geloso del potere e poco incline a discuterne con i consiglieri.
Opere. Le miroir des princes ou grands de la France, a cura di A. Dufour, in Annuaire-Bulletin de la Société d'histoire de la France, 1954-55, pp. 95-186; Oeuvres, a cura di A. Dufour (1, Dialogue du François et du Savoysien, Paris 1961; 2, Les occurrences de la paix de Lyon [1601], ibid. 1962, Genève 2000; 3, Lettres sur les debuts de la Ligue [1585], ibid. 1964; 4, Lettres sur la cour d'Henri III en 1586, ibid. 1966); De la naissance, durée et chute des Estats, a cura di M.J. Heath, Genève 1984; La maniere de lire l'histoire, a cura di M.J. Heath, ibid. 1993; Lettres de 1587: l'année des reîtres, a cura di J.J. Supple, ibid. 1994; Le premier loysir: contenant la traduction françoise du Mespris du monde, de l'italien du docteur J. Botere piedmontois avec De l'humilité et du mespris du monde, a cura di M.J. Heath, ibid. 1999.
Fonti e Bibl.: S. Guichenon, Histoire de la Bresse et du Bugey, III, 2, Lyon 1650, pp. 138-140; Id., Histoire de la royale maison de Savoye, Lyon 1660, pp. 769-778; J. Baux, Histoire de la réunion à la France des provinces de Bresse, Bugey et Gex sous Emmanuel Ier, Bourg-en-Bresse 1852, Pièces justificatives; A. de Foras, Armorial et nobiliaire de l'ancien Duché de Savoie, II, Grenoble 1878, pp. 325, 347-349; F. de Faucigny-Lucinge, Un ambassadeur de Savoie en France, R. de Faucigny - L. (1583-1610), Paris 1910; J.E.M. Lajeunie, Nouveaux documents sur l'escalade de Genève, in Mémoires et documents publiés par la Société d'histoire de Genève, XXXVIII (1952), pp. 287 s.; A. Dufour, Les relations de Charles-Emmanuel Ier duc de Savoie avec la Ligue, in École nationale des chartes. Positions des thèses, Paris 1954, pp. 52-54; L. Marini, R. de L. signor des Allymes. Le fortune savoiarde nello Stato sabaudo e il trattato di Lione, in Riv. stor. italiana, LXVII (1955), pp. 125-140, 358-362; S. Tenand, R. de L., le rattachement du Bugey et de la Bresse à la France en 1601, Paris 1961; [O. Dresch], R. de L. et le rattachement des pays de l'Ain à la France en 1601. Exposition(, s.l. [ma Paris] 1966; B. Hersh, R. de L. et l'historiographie française au début du XVIIe siècle, in Cahiers René de Lucinge, 1978, n. 21, pp. 21-23; M.J. Heath, L. en 1572, ibid., 1985, n. 25, pp. 54-58; Id., Crusading commonplaces: La Noue, L. and rethoric against the Turks, Genève 1986; O. Zegna Rata, R. de L. entre l'écriture et l'histoire, Genève 1993; B. Haahn, La médiation pontificale entre la France et la Savoie de la paix de Vervins à la paix de Lyon (1598-1601), in Cahiers René de Lucinge, 2000, n. 34, pp. 15-19; A. Dufour, R. de L., la paix de Lyon et la conjuration de Biron, ibid., pp. 46-50; M.J. Heath, L. moraliste: le mépris du monde, in Colloque international René de Lucinge, Paris( 1994, a cura di O. Zegna Rata, Ambérieu 2001, pp. 59-72.