Desmaison, René
Alla fine degli anni Cinquanta e per il decennio successivo fu uno dei maggiori esponenti dell'alpinismo mondiale, per alcuni osservatori inferiore solamente a Walter Bonatti. Il suo alpinismo era quello del secondo dopoguerra, quando si ebbe la prepotente affermazione dei chiodi, anche a espansione, delle giacche in piumino e delle corde in nylon. La strategia divenne così quella dell'assedio di tipo himalayano. Desmaison in questo filone vanta l'apertura della via Jean Couzy o 'francese', sulla Cima Ovest di Lavaredo (insieme a Pierre Mazeaud), che costò l'impiego di 350 chiodi, di cui una trentina a espansione. Negli anni Sessanta, partecipò alla grandiosa spedizione francese per la conquista dello Jannu (7710 m, massiccio del Kangchenjunga). Nella sfida al freddo e al ghiaccio, nuova frontiera del momento, collezionò una serie di prime eccezionali in solitario e in invernale: a partire dal 1960, la parete Nordovest dell'Olan, la Ovest del Petit Dru, il Pilone Centrale del Frêney con Robert Flematty (scalata simbolo per lunghezza, quota e isolamento), infine nel 1968 la 'via del Linceul' sulle Grandes Jorasses, affrontata prima dell'evoluzione dei materiali da scalata sul ghiaccio. Nel 1966 con Mick Burke, Gary Hemming e altri trasse in salvo due alpinisti tedeschi bloccati sulla Ovest del Petit Dru, affrontando grosse difficoltà dovute anche al maltempo, ma di fatto umiliando i soccorritori ufficiali, la cui strategia fu meno efficace; l'insubordinazione costò a Desmaison l'espulsione dalla Compagnie des guides di Chamonix, con un seguito di polemiche e di accuse. Nel febbraio del 1971 si verificò un episodio chiave della sua carriera: partito per aprire una nuova via sullo Sperone Walker delle Grandes Jorasses insieme al giovane Serge Gousseault, Desmaison incontrò grandi difficoltà che ritardarono e complicarono la salita; completamente sfinito, il suo compagno di cordata morì dopo 11 giorni in parete; una serie di incomprensioni rallentò la macchina dei soccorsi e Desmaison, che non aveva osato abbandonare Gousseault, fu salvato quando era ormai allo stremo delle forze e sopravvisse per miracolo; anche in questo caso seguì una lunga serie di polemiche. L'anno successivo Desmaison, completamente ristabilito, realizzò in solitario l'integrale della Cresta di Peuterey, la via più lunga delle Alpi. Nel gennaio del 1973 onorò la memoria di Gousseault portando a termine, questa volta in compagnia di Michel Claret e Giorgio Bertone, l'impresa che nel 1971 aveva mancato per soli 80 metri.