Repubblica
La Repubblica Ceca ha origine dalla divisione pacifica, avvenuta il 1° gennaio 1993, della Cecoslovacchia nelle sue due entità costituenti della Slovacchia e della Repubblica Ceca. Già nel dicembre 1992, la Repubblica Ceca aveva adottato una propria Costituzione improntata a principi e pratiche democratiche e, dunque, in aperta contrapposizione al regime a partito unico che aveva caratterizzato l’assetto politico-istituzionale della Cecoslovacchia a partire dal secondo dopoguerra, quando era entrata a far parte della sfera di influenza sovietica in Europa orientale. Libera dai rigidi vincoli imposti dalla logica bipolare, la Repubblica Ceca ha quindi avviato nei primi anni Novanta un processo di transizione verso la democrazia e l’economia di mercato, affiancato e sostenuto da una politica estera volta all’integrazione nei meccanismi di cooperazione euro-atlantica. Disciolto nel 1991 il Patto di Varsavia – l’alleanza difensiva del blocco filo-sovietico, di cui la Cecoslovacchia era membro fondatore – la Repubblica Ceca si è avvicinata innanzitutto all’Alleanza atlantica, aderendo al programma Partnership for Peace della Nato nel 1994 ed entrando a far parte dell’organizzazione nel 1999 con Polonia e Ungheria. L’ingresso nell’Unione Europea (Eu), nel 2004, ha completato il processo di integrazione ceco nel blocco euro-atlantico. Dal 2007 la Repubblica Ceca è inoltre parte dell’area Schengen e nel 2009 ha ricoperto per la prima volta la presidenza di turno del Consiglio dell’Eu. Praga ha ratificato il trattato di Lisbona nel novembre 2009, dopo che la corte costituzionale l’ha ritenuto compatibile con la Costituzione ceca, ma ha stabilito una clausola di opt out rispetto alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, così come hanno fatto Regno Unito e Polonia. Le relazioni con i paesi confinanti sono generalmente buone e, assieme a Slovacchia, Polonia e Ungheria, nel 1991 il paese ha fondato il gruppo di Visegrád, i cui membri cooperano in numerosi ambiti politici ed economici. Rimangono però alcuni elementi di tensione creati, per esempio, dall’impianto nucleare di Temelín, situato nel territorio ceco ma giudicato pericoloso dall’Austria. Le relazioni con gli Usa sono strette: la Repubblica Ceca ha sostenuto l’impegno di Washington in Afghanistan con proprie truppe e ha inoltre acconsentito al progetto di ospitare una base missilistica statunitense nell’ambito del progetto dello scudo difensivo, sebbene sotto la presidenza di Barack Obama tale progetto si sia arenato. La Repubblica Ceca è una repubblica parlamentare bicamerale e multipartitica. Il Senato (Senát) è composto da 81 eletti con sistema maggioritario uninominale a doppio turno e viene rinnovato ogni due anni di un terzo dei suoi membri. La Camera dei deputati (Poslanecká Sněmovna) è eletta ogni 4 anni con il sistema proporzionale ed è composta da 200 rappresentanti. Dalle elezioni del 25-26 novembre 2013, la coalizione composta da Cssd (Česká Strana Sociálně Demokratická – Partito socialdemocratico ceco), ANo 2011 (Akce Nespokojených Občanů – Azione dei cittadini insoddisfatti) del milionario Andrej Babiš e Kdu-Csl (Křesťanská a Demokratická Unie-Československá Strana Lidová – Unione democratica e cristiana) formano la nuova maggioranza di governo (111 su 200 parlamentari). Il governo è guidato dal gennaio 2014 dal leader socialista Bohuslav Sobotka. L’estrema eterogeneità della coalizione di governo pone seri rischi per la stabilità della stessa tanto da paventare nuove crisi soprattutto in materia economica, dove le visioni politiche sono distanti tra le parti in gioco. All’opposizione i partiti conservatori al governo Top09 (Tradice Odpovednost Prosperita 09 – Tradizione, Responsabilità e Prosperità 09) e Ods (Občanská Demokratická Strana – Partito democratico civico), i comunisti del KscM (Komunistická Strana Čech a Moravy – Partito comunista di Boemia e Moravia), i populisti di Úsvit Přímé Demokracie (Alba della democrazia diretta) dell’imprenditore ceco-giapponese Tomio Okamura. Le elezioni si sono tenute con sette mesi di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato (maggio 2014): a minare la tenuta del governo era stato lo scandalo suscitato dalle accuse di corruzione all’esecutivo di centro-destra e all’allora premier Petr Necaš. Il governo tecnico di Jiří Rusnok, economista incaricato di traghettare il paese alle elezioni, non aveva ottenuto la fiducia parlamentare, rendendo pertanto necessarie le elezioni anticipate. Il presidente Miloš Zeman, del Cssd, è stato eletto il 26 gennaio 2013, per la prima volta direttamente dal popolo.
La popolazione ceca comprende 10,5 milioni di cittadini. Il tasso di crescita demografica è molto ridotto (0,1% nel 2014), come in altre realtà simili dell’Europa centro-orientale. La divisione della Repubblica Ceca dalla Slovacchia ha reso la popolazione piuttosto omogenea: vi è una maggioranza di cechi (63,4%), seguita dai moravi (4,9%) e dalla minoranza slovacca (1,4%) che ha deciso di rimanere nel paese anche dopo la separazione. I rapporti tra l’etnia ceca e quella slovacca sono generalmente buoni e lo slovacco, lingua simile al ceco, è riconosciuto anche per usi ufficiali. Viceversa, la minoranza rom denuncia discriminazioni, recentemente dimostrate dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (‘D.H. e altri c. Repubblica Ceca’) che ha portato alla luce la pratica dell’inserimento di Rom in scuole per bambini che presentano disabilità mentali. Vi è poi un’esigua minoranza tedesca, sebbene la gran parte dei tedeschi (circa tre milioni) sia stata espulsa dopo il 1945. Durante la Seconda guerra mondiale, l’allora presidente in esilio della Cecoslovacchia Edvard Beneš adottò una serie di decreti, che prevedevano la privazione della cittadinanza cecoslovacca alle minoranze tedesche e ungheresi e l’espropriazione dei loro beni. Dopo il termine del conflitto, le norme vennero applicate e la misura investì incredibilmente anche gli ebrei di lingua tedesca sopravvissuti alla Shoah. La negoziazione, da parte della Repubblica Ceca, della clausola di opt out sulla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea deriva anche dalla volontà di evitare che vi possano essere rivendicazioni per la restituzione dei beni espropriati sulla base del decreto Beneš. Le ultime elezioni, tenutesi nel 2013, hanno visto l’affermazione del Partito socialdemocratico, che ha sostituito al governo il Partito democratico civico, che aveva vinto le precedenti elezioni del 2010. Le ultime elezioni, in linea con quanto accaduto in altri paesi europei, hanno visto anche l’avanzata delle forze populiste.
Con un PIL pro capite di 28.086 dollari, il più elevato tra i membri del gruppo di Visegrád, la Repubblica Ceca rappresenta una delle economie più prospere, stabili e meno esposte alle crisi cicliche tra i paesi dell’area. Grazie a una forza lavoro qualificata, infrastrutture sviluppate e una posizione strategica al centro del continente, la Repubblica Ceca ha attratto ingenti flussi di investimenti esteri che hanno contribuito fortemente a consolidare la crescita economica nazionale. Ciononostante il paese negli ultimi anni è stato contrassegnato da una crescita negativa tanto che nel 2013 il pil ha registrato una prestazione dello -0,4%, in ripresa tuttavia rispetto al -1,2% dell’anno precedente. Nel 2014 la crescita è però ripartita, attestandosi sul 2,5% e le stime indicano per il 2015 uno scenario altrettanto positivo. Decisivo per l’inversione di tendenza è stato l’aumento delle esportazioni propiziato sia dalla ripresa economica dei principali partner commerciali della Repubblica Ceca (Germania, Polonia e Slovacchia, i quali rappresentano il 45% delle destinazioni ceche), sia dal rilancio dei consumi privati nazionali. A favorire la ripresa hanno influito, inoltre, alcune misure di consolidamento fiscale (rialzo dell’iVa) e altre riguardanti riforme nel campo della salute e del welfare, utili a garantire una maggiore liberalizzazione dell’economia. Cuore pulsante del sistema produttivo nazionale è ancora l’industria, in particolare quella automobilistica, siderurgica, metallurgica, chimica ed elettronica, che contribuisce al 37,8% del pil e che incide fortemente anche sulle esportazioni. La tradizione industriale si è consolidata già a partire dal Diciannovesimo secolo quando le regioni della Boemia e della Moravia, nel cuore dell’Impero austro-ungarico, furono un centro vitale della rivoluzione industriale europea. Il paese esporta soprattutto macchinari (53% del totale) e il maggiore partner commerciale è la Germania, che da sola conta per il 31% delle importazioni e delle esportazioni, seguita da Polonia e Slovacchia.
Dal punto di vista energetico, in Repubblica Ceca si trovano notevoli riserve di carbone, che conta per circa il 41% dell’energia totale consumata. Tale abbondanza di carbone rende Praga, dopo Parigi e Berlino, il terzo esportatore netto nell’Eu di energia elettrica (circa il 60%). Al fine di rispettare gli impegni presi per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, l’utilizzo di carbone dovrà essere però ridotto nel tempo. Il ridimensionamento dell’uso del carbone espone Praga ad una dipendenza energetica dalle importazioni di idrocarburi, principalmente, dalla Russia (circa al 64% dal petrolio e al 66% dal gas). La Russia ha continuato a essere l’unica fonte di petrolio fino al completamento, nel 1995, dell’oleodotto che passa dalla Germania e fornisce petrolio proveniente dal porto italiano di Trieste. La Russia resta comunque il maggior fornitore di gas, sebbene nel 1997 la Repubblica Ceca abbia concluso un contratto con la Norvegia, che oggi contribuisce a circa il 34% del fabbisogno di gas del paese.
L’ufficio del ministero dell’Interno che si occupa di analisi sul terrorismo ha concluso che nella Repubblica Ceca non c’è grave pericolo di attentati, ma la situazione globale è imprevedibile e l’appartenenza del paese alla Nato, così come la sua presenza militare in Afghanistan, sono fattori che creano potenziali rischi di attacchi. L’esercito è stato fortemente ridimensionato e riformato rispetto all’inizio degli anni Novanta. La Cecoslovacchia aveva 200.000 militari, mentre l’attuale Repubblica Ceca ne conta circa 24.000. L’obbligo del servizio militare è stato eliminato nel 2004 e la spesa per la difesa ammonta all’1,1% del pil. La Repubblica Ceca è impegnata nelle missioni Nato in Afghanistan (Isaf) e in misura minore in Kosovo (Kfor), nell’ambito di un’operazione congiunta con la Slovacchia. Nel 2007 il paese aveva avviato un negoziato per la costruzione una base di difesa missilistica statunitense sul suo territorio, ma il presidente Barack Obama ha deciso di non dar corso al progetto e di elaborare al suo posto un sistema finalizzato a intercettare i missili iraniani a corta gittata attraverso postazioni navali mobili.
Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia sono fortemente dipendenti dal petrolio e dal gas russo (tra l’80% e il 100% del loro fabbisogno nazionale). Per accrescere la propria sicurezza energetica, i membri del gruppo di Visegrád mirano a ridurre la dipendenza dalla Russia accrescendo i progetti di diversificazione delle infrastrutture e delle risorse. La recente crisi in Ucraina, l’imposizione di sanzioni europee nei confronti della Russia e l’interruzione dei flussi di petrolio e gas verso i paesi dell’Europa orientale hanno reso urgente il tema della sicurezza energetica. Oltre ad aumentare l’efficienza energetica e la quota di energie rinnovabili, il gruppo promuove progetti che mirano all’importazione di idrocarburi dalla regione del Caspio. Inoltre, il gruppo di Visegrád ha elaborato piani autonomi per le interconnessioni del gas, in primo luogo la costruzione di un gasdotto tra Repubblica Ceca e Polonia, che in futuro dovrebbe collegarsi ai paesi baltici, e di un gasdotto tra Slovacchia e Ungheria. Si prevede anche un collegamento tra tutti i membri e la progettazione di terminali rigassificatori sulle coste della Polonia e della Croazia, da cui importare gas naturale liquefatto dal Qatar e da altri paesi. Importante è anche la cooperazione nell’ambito dell’energia nucleare. La Repubblica Ceca, dal 2010 ha messo in funzione due centrali elettronucleari dotate di sei reattori operativi. Dal 2011 il nucleare ha prodotto il 33% dell’energia elettrica del paese. Al fine di rafforzare il mercato europeo dell’elettricità e del gas, il gruppo di Visegrád intende promuovere una politica europea comune in campo energetico per migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti.