CENTRAFRICANA, REPUBBLICA.
– Demografia e geografia economica. Storia. Webgrafia
Demografia e geografia economica di Lina Maria Calandra. – Stato interno dell’Africa centrale. Le già difficili condizioni della popolazione (4.709.203 ab., secondo una stima UNDESA, United Nations Department ofEconomic and Social Affairs, del 2014), con un’aspettativa di vita tra le più basse al mondo (50,2 anni nel 2013), si sono ulteriormente deteriorate per la grave crisi politica in atto dal marzo 2013 (v. oltre: Storia). La conseguente guerra civile ha portato fuori controllo la situazione, soprattutto nella capitale Bangui (781.000 ab., secondo una stima del 2014).
Al terzultimo posto dell’indice di sviluppo umano (76% delle persone in stato di povertà; 4,9% degli adulti tra i 15 e i 49 anni affetto da HIV), la R. C. conta 603.000 sfollati e 421.722 rifugiati, secondo una stima dell’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees) del novembre 2014, di cui il 57% in Camerun e il resto in Ciad, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Congo, rendendo esplosivo un contesto regionale già deteriorato da anni di guerre (Grandi Laghi, RDC, Ciad, Sudan). Si stima che 2,2 milioni di persone siano in stato di dipendenza dagli aiuti umanitari e che siano stati reclutati migliaia di bambini-soldato. Nel dicembre 2013 l’Unione Africana ha inviato un contingente di 5500 soldati, mentre la Francia di 16.000; nel settembre 2014 sono giunti 12.000 caschi blu nell’ambito della missione Minusca. Il collasso dello Stato è stato preceduto negli anni dal progressivo disfacimento dell’economia formale: oro, diamanti, avorio sono stati oggetto di sistematica predazione (da parte di componenti dello Stato e dei gruppi armati) e si registrano corruzione, traffici illeciti e contrabbando militarizzato (riguardante anche carne selvatica, legname, carburante). Con la crisi del 2013, il PIL ha registrato un −36% (per il 2014 il FMI ha stimato una moderata crescita dell’1%), le entrate si sono dimezzate e il debito pubblico è raddoppiato.
Storia di Emma Ansovini. – La ribellione armata, scoppiata subito dopo le elezioni del 2005, vinte da François Bozizé e concentrata nelle regioni del Nord-Est del Paese, fu contrastata con l’aiuto della Francia, che aveva sostenuto l’ascesa dello stesso Bozizé e che offrì il sostegno logistico al suo esercito. Nel febbraio 2007, grazie alla mediazione della Libia, si giunse a un accordo con i ribelli del Front démocratique du peuple centrafricain (FDPC) e nel settembre dello stesso anno l’ONU autorizzò l’intervento di una sua missione, finalizzata a promuovere la pace nella regione di confine tra Ciad e R. C. e a permettere agli operatori umanitari di soccorrere le migliaia di sfollati sudanesi scampati alla guerra del Dārfūr, nonché a proteggere i civili da possibili ritorsioni dell’esercito sudanese.
La situazione nel Paese rimase tuttavia molto instabile e vide la nascita di nuovi gruppi armati, mentre anche la Lord’s Resistance Army (LRA), movimento ribelle nord-ugandese, occupava le zone di confine. A giugno del 2008 alcuni gruppi armati accettarono di firmare un accordo, nel settembre il Parlamento adottò una legge che concedeva l’amnistia a tutti i ribelli, e nel gennaio 2009 si formò un governo di unità nazionale che includeva ex leader ribelli e avviava un programma di smobilitazione e reinserimento. Nel 2010 l’ONU chiuse la sua missione di pace e nel gennaio 2011 si svolsero le elezioni legislative e presidenziali che videro la vittoria di Bozizé e del suo partito. La situazione generale del Paese rimaneva però profondamente instabile e il controllo del territorio da parte del governo molto precario. Nonostante la firma di un nuovo accordo di pace con un’altra delle forze ribelli, nel corso del 2012 si assistette alla ripresa generale della ribellione e al proliferare di gruppi e gruppuscoli armati, alcuni composti da mercenari sudanesi o ciadiani, a cui si aggiungevano LRA e bande di criminali comuni. Insomma, una galassia di realtà armate che disegnavano sul terreno geografie variabili, nascevano e scomparivano, si alleavano e si combattevano, anche se alcune mostravano una maggiore consistenza. Proprio queste diedero vita a una coalizione, Seleka (in sango «alleanza, unione») che si impadronì prima del Nord-Est del Paese, da sempre il centro della ribellione, per poi avanzare verso le città più grandi fino alla capitale Bangui, che veniva conquistata nel marzo 2013. Bozizé fuggì e il leader dei ribelli, Michel Djotodia, sospese la Costituzione e sciolse il Parlamento, promettendo elezioni per il 2016.
Mentre il colpo di Stato veniva condannato dalla comunità internazionale, in agosto Djotodia prestò giuramento come presidente della Repubblica e nel settembre sciolse Seleka, ma le milizie armate sfuggirono interamente al suo controllo e, già macchiatesi di numerosi crimini durante l’avanzata per la conquista del Paese, si abbandonarono a massacri e uccisioni. La composizione prevalentemente musulmana di Seleka trasformò la guerra civile in un conflitto di carattere religioso, che vide la nascita della milizia composta da cristiani e animisti, anti Balaka (in sango «antimachete, antidoto»), e gettò il Paese, mai prima attraversato da tensioni religiose, in un’escalation di violenza: il 5 dicembre 2013 nell’aeroporto di Bangui si ammassarono circa 10.000 sfollati, divenuti 30.000 due settimane dopo e circa 100.000 al 21 gennaio 2014, mentre almeno 200.000 abitanti, su 800.000, avevano abbandonato la città. Nel dicembre 2013 l’ONU autorizzò una missione di peacekeeping promossa dall’Unione Africana e nello stesso mese la Francia decise di intervenire militarmente con una sua missione, Sangaris (dal nome di una farfalla), poi affiancata da un contingente europeo. Nonostante l’ampio mandato, la missione dell’Unione Africana incontrò le difficoltà connesse al fatto di essere gestita da Stati limitrofi non neutrali. In una situazione sempre più complicata, nel gennaio 2014 Djotodia fu costretto a dimettersi e a cedere il posto a Catherine Samba-Panza (ex sindaco di Bangui). In aprile l’ONU autorizzò una nuova missione di pace che avrebbe sostituito, nel settembre, la precedente, mentre a luglio si apriva, nella Repubblica del Congo, un forum per la riconciliazione nazionale.
Nell’ambito del forum per la riconciliazione nazionale di Bangui, fu siglato nel maggio 2015 un Patto repubblicano per la pace, la riconciliazione nazionale e la ricostruzione, con il quale venivano concordati il rapido svolgimento delle elezioni parlamentari e presidenziali, il decentramento amministrativo e il rafforzamento del potere giudiziario. Fu inoltre raggiunta un’intesa sui principi per il disarmo e la smobilitazione dei gruppi armati, oltre che sulla liberazione dei bambini-soldato e l’interruzione del loro reclutamento.
Webgrafia: Human rights watch, They came to kill. Escalating atrocities in the Central African Republic, 2013, http://www.hrw.org/files/reports/car1213_web.pdf (20 apr. 2015)