Congo, Repubblica democratica del
Cóngo, Repùbblica democràtica del. – Il 21° sec. si è aperto per la Repubblica democratica del Congo in un quadro pieno di contrasti e incertezze: il Paese era ancora sconvolto dalla guerra civile, a dispetto degli accordi per il cessate il fuoco firmati nel 1999 e della presenza di una missione di pace delle Nazioni Unite (MONUC). Iniziata nel 1996, la guerra civile aveva già causato milioni di morti, e aveva visto, in appoggio alle diverse fazioni in lotta, il coinvolgimento in primo luogo di Ruanda e Uganda, ma anche di Angola, Burundi, Zimbabwe, Namibia. L'entità della crisi ha spinto gli osservatori internazionali a definire il conflitto congolese la prima guerra mondiale africana, sia per il numero delle nazioni che vi prendevano parte, sia per gli interessi strategici ed economici in gioco – il Congo, infatti, è ricchissimo di materie prime (coltan, oro, diamanti) – sia, infine, per il riacutizzarsi delle drammatiche tensioni interetniche che avevano sconvolto tutta la regione dei Grandi Laghi nel corso degli anni Novanta del secolo scorso (in primo luogo il genocidio ruandese). In un contesto di grande instabilità, nel gennaio 2001, è stato ucciso, in circostanze non chiare, il Presidente Laurent-Désiré Kabila. La sua morte ha portato al potere il figlio Joseph che, nonostante la giovane età e la mancanza di esperienza, è stato in grado d'imprimere una svolta alla situazione politica e di avviare un processo di pacificazione nazionale mediante l'apertura del dialogo con le opposizioni interne e il raggiungimento di paci separate con Ruanda (nel luglio 2002) e Uganda (nel settembre 2002). In base all’accordo sottoscritto a Pretoria (Sudafrica), il Presidente ruandese Paul Kagame si è impegnato a ritirare le sue truppe (più di 20.000 uomini), mentre Kabila ha disarmato le milizie hutu Interahamwe presenti in Congo, le stesse responsabili del genocidio ruandese del 1994. La pace con l'Uganda, siglata a Luanda (Angola), ha stabilito il ritiro delle truppe ugandesi dal Congo entro l'ottobre 2003. Sul fronte interno, nel mese di dicembre, sempre in Sudafrica, Kabila e i principali gruppi dell'opposizione hanno siglato un accordo che prevedeva due anni di transizione per giungere a elezioni democratiche, mentre si sarebbe formato un governo di unità nazionale basato su una condivisione del potere che confermava il presidente e distribuiva le quattro cariche di vicepresidenza tra il governo, la società civile e i due principali gruppi ribelli, il Rassemblement congolais pour la démocratie-Goma (RCD-Goma), appoggiato dal Ruanda, e il Mouvement pour la libération du Congo (MLC), sostenuto dall'Uganda. Nell’aprile 2003 Kabila ha giurato come Presidente del governo di transizione. Nel corso del 2004, mentre si procedeva nella costituzione di un esercito nazionale integrato, si è riacutizzata la tensione nel Kivu, al confine con il Ruanda, dove per lo Stato centrale era quasi impossibile esercitare una funzione di controllo e dove continuavano ad agire indisturbate le contrapposte fazioni ribelli, le bande locali di guerriglieri Mai Mai e altri gruppi. Nel marzo 2005 la MONUC è passata all'offensiva in Ituri, in risposta all'omicidio di nove caschi blu, e nell'ottobre la missione di pace è stata riconfermata per un altro anno e nuovamente ampliata, così che nel mese di dicembre il contingente superava le 16.000 unità, configurandosi come una delle operazioni di pace più impegnative dell'ONU. È proseguita intanto nel Paese un incerto processo di democratizzazione e nel maggio 2005 le due Camere hanno varato il testo di una nuova Costituzione che, sottoposta a referendum popolare nel dicembre dello stesso anno, è stata approvata a larghissima maggioranza (oltre l'80% dei voti). La carta ha stabilito l'elezione diretta del Presidente, il decentramento amministrativo, il parlamento bicamerale e l'istituzione della Corte costituzionale. Nel 2006 sono state indette le elezioni legislative e presidenziali. I risultati delle consultazioni, giudicati sostanzialmente regolari dagli osservatori internazionali, sono state duramente contestati per presunti brogli dal vicepresidente di Kabila, il leader del MLC Jean-Pierre Bemba, candidatosi alla carica di presidente e sconfitto al secondo turno da Kabila con il 58% dei voti. Le elezioni legislative hanno visto la vittoria del Parti du peuple pour la reconstruction et la democratie, fondato da Kabila nel 2002, che si è aggiudicato 111 seggi, seguito dal MLC con 64. Alla proclamazione dei risultati del secondo turno, violentissimi scontri si sono verificati a Kinshasa tra le forze dell’ordine e i sostenitori di Bemba, che nel 2007 ha abbandonato il Paese venendo successivamente (2009) inquisito dal Tribunale internazionale per crimini di guerra. Nel corso del 2009 si sono moltiplicati gli sforzi per mettere fine alla difficile situazione del Kivu, dove erano sempre più attive le truppe ribelli guidate dal generale dissidente Laurent Nkunda, che nel 2009 è stato arrestato in Rwanda. Nel maggio 2009 Kabila ha approvato un’amnistia, mentre l’ONU, nel giugno 2010, ha trasformato la forza di pace in forza di stabilizzazione, un atto che appariva come un segnale di consolidamento della situazione interna. Il processo di pacificazione sembrava però ancora lontano e il Paese, immensamente ricco di risorse e con un tasso di crescita del PIL nel 2010 intorno al 7%, ha continuato a segnare il passo sul piano sociale e su quello istituzionale, collocandosi nel Rapporto sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite, al 187° posto, l’ultimo, a causa di enormi differenze sociali, di livelli estremi di povertà, di un alto tasso di analfabetismo, di un’endemica corruzione e di una diffusa violazione dei diritti umani. Le elezioni presidenziali a turno unico, grazie a una modifica costituzionale, e quelle legislative si sono svolte del novembre 2011 in un clima di crescente violenza. La loro correttezza è stata messa parzialmente in dubbio dalla missione dell’Unione Europea e da altri organismi internazionali. Kabila e il suo partito si sono confermati comunque alla guida del Paese, ma il candidato dell’opposizione, Étienne Tshisekedi, leader dell’Union pour la démocratie et le progrès social, ha contestato i risultati, denunciando brogli e irregolarità. La vittoria di Kabila ha incassato invece immediatamente il riconoscimento della maggioranza degli stati africani.