Congo, Repubblica Democratica del
Geografia umana ed economica
di Paolo Migliorini
Una stima del 2005 faceva salire a 60.085.000 ab. la popolazione di questo vastissimo Stato dell'Africa equatoriale, il cui territorio coincide più o meno con il bacino del fiume Congo, coperto dalla foresta equatoriale e dalla savana, e delimitato a sud dalle terre dell'Africa australe, a est dall'altopiano dei Grandi Laghi, a nord dai Paesi della fascia sudanese. La Repubblica Democratica del C. confina con nove Stati, e le frontiere misurano complessivamente 10.730 km. L'agglomerazione della capitale Kinshasa, che nel 1957 contava 370.000 ab., ha toccato i 7 milioni di ab. nel 2005. La crisi cronica dell'agricoltura e i lunghi periodi di guerra civile sono all'origine dell'urbanesimo convulso che si è manifestato nel corso degli ultimi decenni. Il tasso di crescita annuo della popolazione (2,8% nel periodo 2000-2005) è elevato, per effetto dell'alto tasso di natalità (43,7‰). Nella graduatoria elaborata dalle Nazioni Unite in base all'indice dello sviluppo umano (2003), la Repubblica Democratica del C. occupa il 167° posto su 177 Paesi.
È stato stimato che circa 4 milioni di congolesi abbiano perso la vita per indigenza o per malattie o a seguito degli eventi bellici che hanno sconvolto il Paese a partire dal 1996. Inoltre, i combattimenti tra le truppe governative e i congolesi ribelli fiancheggiati da Ruanda e Uganda, secondo una stima del 2005, hanno ridotto 1,8 milioni di congolesi nella condizione di profughi all'interno dei confini, mentre 300.000 si sono rifugiati in nazioni confinanti. Anche le calamità naturali (ricorrenti siccità nel sud, inondazioni stagionali del fiume Congo ed eruzioni a est, nella Grande Rift Valley) concorrono talvolta a rendere la vita difficile: un'eruzione del vulcano Nyiragongo nel gennaio 2002 ha devastato la città di Goma, seppellendola sotto una coltre di lava e costringendo alcune decine di migliaia di abitanti della regione, già funestata dalla guerra, ad abbandonare le loro case e a cercare rifugio nel vicino Ruanda.
L'economia della Repubblica Democratica del C. - uno Stato che dispone di un enorme potenziale di materie prime - ha attraversato, a partire dal 1998, una fase di declino caratterizzata da drastica riduzione del valore della produzione nazionale, aumento dell'indebitamento con l'estero, fuga degli investitori stranieri per l'incertezza sull'esito del conflitto. Un ritorno a una maggiore stabilità economica ha cominciato a delinearsi nel 2003-04, dopo il ritiro di gran parte delle milizie tribali armate dal Ruanda e dall'Uganda, anche se il processo di pacificazione appare frenato da perduranti scontri nelle regioni nord-orientali, mentre la crescita economica risulta rallentata da fenomeni di corruzione, di illegalità e dalla debolezza del governo.
La struttura economica rimane per certi aspetti simile a quella di un Paese coloniale, essendo ancora fondata sullo sfruttamento di risorse minerarie (rame, cobalto, diamanti, oro e altri metalli, nonché petrolio) che concorrono a formare il 75% del valore delle esportazioni e circa il 25% del prodotto interno lordo. La produzione e il commercio di diamanti sono stati liberalizzati nel 2000, sospendendo il monopolio di acquisto e di esportazione detenuto da una società israeliana. Le esportazioni di diamanti, che rappresentano la prima fonte di entrate per l'economia statale, ammontano a 240 milioni di dollari l'anno, ma la produzione è in gran parte controllata dal contrabbando ed esportata di frodo. Altra risorsa mineraria di primaria importanza, il cui controllo e commercio sono tra i principali motivi di conflitto interno, è il coltan, una specie di sabbia nera leggermente radioattiva formata da minerali di colombite e tantalite. L'80% delle risorse mondiali di coltan si trova in Africa, e l'80% di queste sono nel Congo, nella regione del Kivu Orientale. Dal coltan si estrae il tantalio, un metallo raro, molto duro e resistente alla corrosione, che da ingrediente essenziale per la produzione missilistica e nucleare e per il settore aerospaziale è diventato di recente ricercatissimo dai produttori di telefonia mobile. La 'febbre' del coltan in C., che sembra essersi affievolita dopo la scoperta di nuovi giacimenti in altri continenti, ha avuto tra l'altro ripercussioni disastrose sulla fauna selvatica dei parchi naturali della regione del Kivu Orientale, sterminata per nutrire la gran massa di improvvisati minatori affluita nei luoghi di estrazione. L'agricoltura ha concorso nel 2005 a formare il 55% del PIL, l'industria l'11% e le attività terziarie il 34%, ma gran parte dell'attività economica è informale e sfugge alle rilevazioni statistiche; molto diffuse sono tuttora le transazioni basate sul baratto. Si stima che i tre quarti della popolazione non svolgano nessuna attività regolarmente retribuita e vivano degli scarsissimi frutti di un'attività agricola che copre a malapena i fabbisogni alimentari essenziali dei nuclei familiari o dei villaggi. Un peso ridotto hanno le piantagioni commerciali: le colture principali sono la palma da olio, coltivata nel bassopiano, e il caffè, coltivato sugli altopiani orientali, che costituisce il principale prodotto di esportazione, ma che è in via di contrazione (33.000 t nel 2004), anche per la caduta delle quotazioni sul mercato internazionale.
La rete stradale è fortemente carente e in stato di abbandono, e per di più resa insicura e costosa dall'imposizione di pedaggi illeciti. La maggior parte degli scambi commerciali si svolge con i Paesi europei e con la Repubblica Sudafricana.
Storia
di Silvia Moretti
La guerra che dal 1996 al 2003 ha insanguinato la Repubblica democratica del C. ha provocato circa quattro milioni di vittime: una cifra impressionante destinata a salire per i conflitti che ancora nel 2005 dilaniavano le province nord-orientali. L'entità della crisi ha spinto gli osservatori internazionali a definire il conflitto congolese la 'prima guerra mondiale africana' sia per il numero delle nazioni coinvolte, Ruanda e Uganda in primo luogo, ma anche Angola, Burundi, Zimbabwe, Namibia, sia per gli interessi strategici ed economici - il Paese, infatti, è ricchissimo di materie prime (coltan, oro, diamanti) - sia, infine, per il riacutizzarsi di drammatiche tensioni che avevano sconvolto tutta la regione dei Grandi Laghi nel corso degli anni Novanta (in primo luogo il genocidio ruandese).
Nell'estate del 1999 fu firmato a Lusaka (Zambia) un primo accordo per un immediato cessate il fuoco al quale aderirono tutte le fazioni ribelli, per la prima volta ammesse al tavolo dei negoziati, e i Paesi stranieri coinvolti: Ruanda e Uganda, fiancheggiatori delle due principali e opposte formazioni ribelli, e Angola, Namibia e Zimbabwe, alleate del presidente L.-D. Kabila. Sul finire dell'anno, però, il mancato rispetto degli accordi di pace determinava un nuovo peggioramento della situazione nella Repubblica, nella quale operava dal mese di novembre una missione di pace delle Nazioni Unite (MONUC). Nel gennaio 2001, in circostanze non chiare, il presidente Kabila veniva ucciso da una sua guardia del corpo e la guida del Paese veniva assunta nello stesso mese dal figlio Joseph. Appena salito al potere, il giovane Kabila dichiarò di volersi impegnare a fondo nella pacificazione nazionale tramite l'apertura di un dialogo con le opposizioni interne e il raggiungimento di paci separate con Ruanda e Uganda, i due Stati confinanti più fortemente coinvolti nella guerra civile congolese. I difficili negoziati culminarono negli accordi di luglio 2002 con il Ruanda e di settembre con l'Uganda. La pace con il Ruanda, firmata a Pretoria (Repubblica Sudafricana), segnò nei fatti una svolta decisiva verso la soluzione pacifica del conflitto: se da un lato il presidente ruandese P. Kagame si impegnava a ritirare le sue truppe (più di 20.000 uomini), dall'altro Kabila si assumeva l'impegno di disarmare le milizie hutu Interahamwe, responsabili del genocidio ruandese del 1994, presenti sul suo territorio. L'accordo, di grande importanza per il futuro della Repubblica democratica del C., sembrava momentaneamente frenare le aspirazioni del Ruanda a esercitare una funzione di pressione e di controllo sulle province orientali del Paese vicino. L'accordo successivo con l'Uganda, siglato a Luanda, capitale dell'Angola, stipulò i termini del ritiro delle truppe ugandesi che avrebbero dovuto lasciare il Paese entro l'ottobre 2003.
Sul fronte interno, nel mese di dicembre, Kabila e i principali gruppi dell'opposizione siglavano un accordo di power-sharing ("condivisione del potere") che confermava il presidente in carica ma stabiliva che le quattro cariche di vicepresidenza fossero suddivise tra il governo, la società civile e i due principali gruppi ribelli, il Rassemblement congolais pour la démocratie-Goma (RCD-Goma), appoggiato dal Ruanda, e il Mouvement pour la libération du Congo (MLC), sostenuto dall'Uganda. Ciò nonostante, all'inizio del 2003, a dispetto degli accordi raggiunti e dei negoziati in corso tra governo e forze ribelli (Dialogo nazionale intercongolese), continuava il conflitto nelle province nord-orientali (Ituri, Kivu), le più ricche del Paese, dove tra l'altro si erano verificati episodi di sfruttamento illecito del sottosuolo che avevano visto coinvolti ministri e ufficiali dello Zimbabwe, del Ruanda e dell'Uganda. I combattimenti interessavano i dintorni e la città di Bunia, capoluogo della regione dell'Ituri, dove ancora stazionavano le truppe ugandesi. La popolazione, intanto, veniva decimata dalla fame e dalle malattie, prime cause di morte.
Nei primi giorni di aprile 2003 si chiudevano a Sun City (Repubblica Sudafricana) i colloqui di pace del Dialogo nazionale intercongolese avviati oltre diciannove mesi prima. Il trattato, siglato nel Paese che aveva svolto un ruolo di primo piano in tutto il processo di pace, doveva condurre alle prime elezioni democratiche e multipartitiche. Il 7 aprile Kabila giurava come presidente (in carica per due anni, e rinnovabile per un altro) del governo di transizione previsto dalla nuova Costituzione e formalmente nominato all'inizio di luglio, con insediati nei ministeri più importanti i rappresentanti del RCD-Goma e del MLC.
Nel corso del 2004 si riacutizzava la tensione nel Kivu, al confine con il Ruanda, dove nel mese di giugno soldati ribelli spalleggiati dalle truppe ruandesi assediavano la città di Bukavu. Per l'esercito regolare era quasi impossibile esercitare una funzione di controllo in quelle zone del Paese dove continuavano ad agire indisturbate le contrapposte fazioni ribelli legate all'Uganda e al Ruanda, le bande locali di guerriglieri Mai Mai e altri gruppi. Nel marzo 2005 la MONUC passava all'offensiva in Ituri, in risposta all'omicidio di nove caschi blu, e nell'ottobre la missione veniva riconfermata per un altro anno e nuovamente ampliata, così che nel mese di dicembre il contingente superava le 16.000 unità, configurandosi come una delle operazioni di pace più impegnative dell'ONU. Proseguiva intanto nel Paese il processo di democratizzazione e nel maggio 2005 le due Camere approvavano il testo di una nuova Costituzione sottoposta a referendum popolare nel dicembre dello stesso anno e approvata a larghissima maggioranza (oltre l'80% dei voti); la carta stabiliva l'elezione diretta del presidente, il decentramento amministrativo, il parlamento bicamerale e l'istituzione della Corte costizionale.
bibliografia
C. Braeckman, Les nouveaux prédateurs. Politique des puissances en Afrique centrale, Paris 2003; J.L. Touadi, Congo, Ruanda, Burundi. Le parole per conoscere, Roma 2004.