Corea, Repubblica Democratica Popolare di
di Anna Bordoni
Stato dell'Asia orientale. Al censimento del 1993 la popolazione era di 21.213.378 ab. (172,8 ab./km2), saliti a 22.488.000 secondo una stima del 2005. L'accrescimento demografico risultava piuttosto debole, grazie a un indice di natalità sceso al 15,5‰, contro uno di mortalità del 7‰. All'agglomerazione urbana della capitale, Pyeongyang (P'yŏngyang), nel 2005 veniva attribuita una popolazione di 3.600.000 abitanti. La Repubblica Democratica Popolare di C. (C. del Nord), la cui economia era completamente collettivizzata, nei primi anni del 21° sec. ha avviato i primi passi verso un'economia di mercato, anche se le riforme introdotte nel luglio 2002 sono state definite semplici 'adeguamenti' dalle autorità, che non hanno voluto ammettere il fallimento del vecchio sistema e il suo abbandono. Un settore privato, composto da piccole imprese, ha cominciato quindi a supplire alla carenza del settore statale, e liberi mercati hanno iniziato a fiorire nelle città dopo la loro legalizzazione, nel giugno 2003. Il governo inoltre ha promosso un'azione a favore degli investitori stranieri nel nuovo parco industriale di Gaesong (Kaesŏng), inaugurato alla fine del 2002 subito a nord della zona demilitarizzata; ma essi, sicuramente indispensabili per rimettere in marcia l'economia nordcoreana, sono rimasti in attesa che venisse risolta a livello diplomatico la crisi relativa agli impianti nucleari (v. oltre: Storia). La Repubblica di C. (C. del Sud) è divenuto il primo Paese investitore e il secondo partner commerciale, prima del Giappone ma dopo la Cina, che fornisce la quasi totalità del petrolio consumato.
Per quanto riguarda i diversi settori produttivi, in quello agricolo la deforestazione selvaggia e l'uso incontrollato di fertilizzanti non organici hanno prodotto un vero e proprio disastro ecologico, con una serie di inondazioni catastrofiche e uno stato di costante carestia, che hanno causato migliaia di vittime. L'aiuto umanitario, che già a partire dalla metà degli anni Novanta era di un milione di t di cereali all'anno, è stato successivamente aumentato. Il settore industriale, basato, secondo l'antico modello sovietico, sull'industria pesante (acciaio, chimica, macchine utensili, materiale da trasporto), è costituito da impianti in massima parte obsoleti e con frequenti interruzioni delle lavorazioni. Nell'autunno del 2002 è stata inaugurata la 'zona speciale' di Sineuiju (Sinŭiju), nella pianura al confine con la Cina, ed è divenuta operativa anche la 'zona turistica speciale' per gli sport invernali del monte Geumgang (Kŭmgang), dove hanno cominciato ad affluire turisti sudcoreani.
Storia
di Paola Salvatori
Governato dal regime autoritario e fortemente accentratore di Gim Jeong-il (Kim Chŏng-il), leader del Partito coreano dei lavoratori (al potere dal 1949), il Paese, che alla fine degli anni Novanta aveva conosciuto una grave crisi alimentare, con effetti devastanti sulla popolazione, continuò a versare nei primi anni del 21° sec. in condizioni di estrema precarietà e di dipendenza dagli aiuti internazionali. Contribuivano a questa situazione sia le frequenti inondazioni sia la crescente inadeguatezza del sistema di economia pianificata, solo marginalmente toccato dalle riforme introdotte agli inizi del Duemila e volte a consentire una cauta liberalizzazione del mercato. Il limite maggiore ai possibili sviluppi in campo agricolo e industriale rimase l'enorme impegno finanziario dello Stato nel settore militare, elemento portante del regime e da questi tradizionalmente utilizzato quale strumento di pressione sulla comunità internazionale. Un cauto abbandono di questa strategia sembrò prospettarsi alle soglie del 21° sec., quando il Paese apparve disponibile a nuove forme di collaborazione diplomatica e ad abbandonare la politica isolazionista che per anni lo aveva caratterizzato. Il dialogo avviato con la comunità internazionale per ottenere gli aiuti umanitari favorì la ripresa dei negoziati con la C. del Sud, culminati, nel giugno 2000, nello storico incontro a Pyeongyang (P'yŏngyang) tra Gim Jeong-il e il presidente sudcoreano Gim Daejung (Kim Taejung). Nel corso dell'incontro fu ratificato un accordo che prevedeva l'impegno comune per la riunificazione dei due Paesi, lo scambio e la liberazione dei prigionieri politici, la riunione delle famiglie separate al momento della divisione del Paese, la promozione della cooperazione economica e l'allentamento dello stato di tensione lungo il confine. Il dialogo proseguì tra alti e bassi anche negli anni successivi, costellati da ripetuti impegni alla collaborazione economica e da altrettanti ripetuti dinieghi dettati da situazioni contingenti e occasionali, o dal ripresentarsi di storici motivi di contrasto (quali le esercitazioni militari congiunte tra C. del Sud ed esercito statunitense nelle zone di confine). Pesò, nelle relazioni tra Pyeongyang e Seoul (Sŏul), il brusco deterioramento dei rapporti tra il governo nordcoreano e gli Stati Uniti verificatosi dopo l'insediamento a Washington dell'amministrazione di G.W. Bush, nonostante gli sforzi della C. del Sud di mantenere comunque una linea autonoma e aperta al dialogo. Il nuovo presidente statunitense adottò infatti nei confronti della C. del Nord una linea ben più intransigente di quella dei suoi predecessori, e rilanciò contro di essa le accuse di traffico illecito di armi e di sperimentazioni nucleari. La crisi si approfondì dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, in seguito alla decisione del governo nordcoreano, che pure aveva condannato l'azione terroristica, di opporsi all'attacco all'Afghānistān e di non fornire aiuti logistici agli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo. Inclusa da Bush tra i Paesi che costituivano l'"asse del male" insieme a Irān e ̔Irāq, e pressata dalle richieste statunitensi di ispezionare gli impianti nucleari, la C. del Nord irrigidì nuovamente le sue posizioni e assunse un atteggiamento di aperta sfida, minacciando di revocare gli accordi stipulati con gli Stati Uniti nel 1994, in base ai quali si era impegnata a una moratoria del programma nucleare in cambio di aiuti economici. La tensione crebbe nei mesi successivi e, in un crescendo di accuse e minacce reciproche, culminò nell'ottobre 2002, quando fonti governative statunitensi rivelarono l'esistenza di programmi di ricerca nordcoreani nel settore nucleare, in aperta violazione degli accordi del 1994. La notizia innescò un processo di aperta contrapposizione che non lasciava spazio al dialogo. Nel dicembre 2002 Pyeongyang decise la riattivazione dell'impianto nucleare di Yeongbyeon (Yŏngbyŏn), a cui seguì, sempre nello stesso mese, l'espulsione degli ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica e, agli inizi del gennaio 2003, il ritiro della C. del Nord dal trattato di non proliferazione. Nell'aprile successivo il governo riprese i test dei missili a corto raggio, e in luglio ammise pubblicamente di aver rilanciato il programma di progettazione e costruzione di armi nucleari, quale deterrente contro eventuali attacchi al Paese, respingendo definitivamente i moniti della comunità internazionale. Nonostante l'ostentata intransigenza, erano però nel frattempo ripresi i colloqui diplomatici, soprattutto per iniziativa della Cina, e nell'agosto 2003 si aprì a Pechino un nuovo tavolo di trattative, a cui parteciparono, oltre alla Cina, alla C. del Nord e agli Stati Uniti, la Russia, il Giappone e la C. del Sud. Nel corso dei colloqui Pyeongyang si disse disponibile a congelare il programma nucleare se Washington avesse firmato un trattato bilaterale di non aggressione, ma la proposta venne rifiutata dalla controparte statunitense, che chiedeva uno smantellamento "completo, verificabile e irreversibile" del programma nucleare, in cambio della ripresa degli aiuti energetici e alimentari e della creazione di un sistema multilaterale di sicurezza. Le trattative proseguirono anche nei mesi successivi ma non raggiunsero risultati apprezzabili. Nel febbraio 2005 il governo nordcoreano annunciò l'uscita a tempo indeterminato dai negoziati, e per la prima volta ammise ufficialmente di possedere armi nucleari per "autodifesa". Ne seguì un brusco peggioramento dei rapporti internazionali, ma la diplomazia continuò a lavorare, e nel luglio 2005 ripresero a Pechino i colloqui a sei. Tuttavia, nonostante l'iniziale disponibilità a riaderire al trattato di non proliferazione in cambio di forniture energetiche e dell'impegno esplicito degli Stati Uniti a non attaccare il Paese (sett.), nell'estate 2006 il governo nordcoreano effettuò test missilistici a lunga gittata che scatenarono la dura reazione internazionale.