DOMINICANA, REPUBBLICA
(App. IV, I, p. 609)
Al censimento del 1981 la R.D. contava 5.647.977 ab., saliti a 6.858.000, secondo una stima, nel 1988; l'attuale densità, pertanto, sarebbe di 141 ab./km2. L'incremento tra il 1970 (anno del precedente censimento) e il 1981 è stato di 1.636.388 unità, con una media annua di circa il 3,7%; nella prima metà degli anni Ottanta l'aumento è proseguito con un ritmo inferiore, ma ancora molto elevato (intorno al 3%). Cresce in particolare la popolazione urbana, che nel 1986 aveva raggiunto il 53% di quella totale. Nella capitale gli abitanti si sono quasi raddoppiati tra il 1970 e il 1981, arrivando alla cifra di 1.313.177 nella città e superando i 2 milioni nell'intera agglomerazione, che ormai si estende di fatto all'unità amministrativa di Santo Domingo (il Distretto nazionale). Pure pressoché raddoppiata risulta la popolazione dell'altra grande città, Santiago de los Caballeros (316.041 ab. nel 1981), così che le due principali aree urbane accolgono ormai poco meno del 40% della popolazione di tutto il paese.
L'effetto della crescita delle città si nota anche nel calo degli addetti all'agricoltura, passati, nell'intervallo intercensuale, da oltre il 60% della popolazione attiva a meno del 40%. Ciò nonostante, l'agricoltura continua a essere l'attività prevalente e la canna da zucchero è sempre la coltura principale (8 milioni di q di zucchero nel 1988); in aumento risulta la produzione delle banane (4 milioni di q) e del riso (4,6 milioni di q), stazionaria o in lieve aumento quella del caffè, del cacao, della frutta (agrumi, anacardio, mango, avocado) e della copra. Discreto è stato l'incremento del patrimonio zootecnico, specialmente di quello suino, per il quale la R.D. è ormai il primo paese dell'area caribica. Le risorse minerarie, per quanto modeste (l'estrazione della bauxite è in diminuzione), contribuiscono tuttavia in misura non irrilevante all'esportazione. Non si è verificata finora alcuna novità di rilievo nel settore industriale, sebbene si sia avviata una politica di sviluppo, soprattutto evidente nel notevole aumento della produzione elettrica (5296 milioni di kWh nel 1987). È fortemente aumentato il numero dei turisti (753.000 nel 1985), per il quale la R.D. è ormai uno dei primi stati delle Antille, anche se ben lontana dagli eccezionali livelli raggiunti da alcune piccole isole come le Bahama e le Vergini americane. L'accelerato incremento demografico si ripercuote negativamente sulla bilancia commerciale, sempre passiva per il crescere delle importazioni, e sul prodotto nazionale lordo pro capite (soli 680 dollari nel 1988), in ulteriore diminuzione negli ultimi anni.
Storia. - Gli anni Settanta registrarono una crescita piuttosto sostenuta dell'economia dominicana trainata dall'aumento del prezzo internazionale dello zucchero (il principale prodotto di esportazione) e dall'afflusso di capitali stranieri, attratti dalle condizioni assai favorevoli offerte dal presidente J. Balaguer. Massicci investimenti nei settori agro-industriale, minerario e turistico furono effettuati da imprese statunitensi, e la tradizionale dipendenza dagli Stati Uniti del commercio estero dominicano si accentuò ulteriormente. Persistevano intanto i profondi squilibri economici e sociali del paese, mentre, nonostante la relativa stabilità del governo presieduto da Balaguer, i militari continuavano a esercitare una notevole influenza sul sistema politico.
Le elezioni del maggio 1978 videro, per la prima volta dal 1966, la partecipazione della principale forza di opposizione, il Partido Revolucionario Dominicano (PRD), di tendenza socialdemocratica, la cui vittoria sul partito di Balaguer (il Partido Reformista Social Cristiano, PRSC), dopo alcune minacce di colpo di stato, rientrate anche in seguito alle pressioni di Washington, portò in agosto alla presidenza della Repubblica A. Guzmán Fernández. Il nuovo presidente avviò una politica moderatamente riformista, cercando soprattutto di consolidare il controllo del governo sulle forze armate e di neutralizzarne i settori golpisti, mentre lo shock petrolifero del 1979-80 e la successiva recessione internazionale provocavano un netto peggioramento della situazione economica. Le elezioni del maggio 1982 registrarono una nuova vittoria del PRD, che rafforzò la propria maggioranza parlamentare e il cui candidato, S. J. Blanco, divenne in agosto presidente della Repubblica; un mese prima Guzmán Fernández si era suicidato in seguito alle accuse di corruzione mosse contro alcuni suoi familiari.
Il nuovo governo tentò di far fronte alle difficoltà finanziarie del paese (pesanti passivi commerciali dovuti alla caduta del prezzo dello zucchero e delle altre esportazioni dominicane, crescita del debito estero), varando misure di austerità che acuirono le tensioni interne. Violenti scontri con oltre cinquanta morti e migliaia di arresti si verificarono nell'aprile 1984, in seguito all'esplosione della protesta popolare contro i forti rincari dei generi di prima necessità, e negli anni successivi il perdurare della crisi e delle politiche restrittive (richieste anche dai creditori stranieri) continuò a provocare scioperi e dimostrazioni, con gravi incidenti e numerose vittime. Gli episodi di corruzione verificatisi nell'amministrazione Blanco e le crescenti divisioni all'interno del PRD logorarono ulteriormente i consensi per questo partito, che uscì sconfitto dalle elezioni del maggio 1986.
Una crescita notevole fu registrata dal Partido de la Liberación Dominicana (PLD, fondato nel 1973 dall'ex presidente J. Bosch), d'ispirazione socialista, che divenne la terza forza politica del paese, ma l'indebolimento del PRD consentì a Balaguer di tornare per la quinta volta alla presidenza della Repubblica, malgrado il PRSC ottenesse la maggioranza dei seggi soltanto al Senato; nel gennaio 1987 J. Blanco veniva incriminato per corruzione e nel novembre del 1988 condannato in prima istanza a venti anni di reclusione. La forte diminuzione, a partire dal 1985, delle esportazioni di zucchero negli Stati Uniti accentuò le difficoltà del paese − che, con una disoccupazione prossima al 30% della forza lavoro e una sottoccupazione di entità analoga, subiva pesantemente le conseguenze del ristagno economico − e il perdurare della crisi finanziaria indusse Balaguer a proseguire la politica di austerità già avviata da Blanco, con ulteriori effetti restrittivi sul reddito e sui consumi interni (riduzione del reddito reale pro capite fra il 1980 e il 1990).
Balaguer tentò di limitare l'impatto di tale politica promuovendo una crescita dei lavori pubblici e incoraggiando l'afflusso di capitali dall'estero (investimenti statunitensi nei settori tessile e turistico); la tensione sociale rimase tuttavia assai elevata e la repressione delle ripetute manifestazioni di protesta continuò a provocare numerose vittime e arresti tra sindacalisti e membri delle organizzazioni popolari di base (riunite dal 1988 in un coordinamento a carattere nazionale). Le elezioni presidenziali del maggio 1990 furono caratterizzate dallo scontro fra i due vecchi rivali, ormai più che ottantenni, Bosch e Balaguer. Dopo una vittoria di stretta misura, aspramente contestata da Bosch (mentre nelle contemporanee elezioni legislative il PRSC manteneva a stento la maggioranza assoluta al Senato e il PLD otteneva la maggioranza relativa alla Camera), Balaguer proseguì la politica di austerità e la violenta repressione delle proteste sociali.
Bibl.: G. Pope Atkins, Arms and politics in the Dominican Republic, Boulder (Colorado) 1981; H. J. Wiarda, M. J. Kryzanek, The Dominican Republic: a Caribbean crucible, ivi 1982; J. K. Black, The Dominican Republic: politics and development in an unsovereign state, Londra 1986; C. Vedovato, Politics, foreign trade and economic development: a study of the Dominican Republic, Beckenham (Kent) 1986; H. J. Wiarda-M. J. Kryzanek, The politics of external influence in the Dominican Republic, New York 1988; C. Rudel, La République Dominicaine, Parigi 1989. Per ulteriori indicazioni, v. america, bibl.: America Centrale e Caribi, in questa Appendice.