Sudafricana, Repubblica
Il paese dei diamanti e della difficile convivenza multirazziale
La fine dell’apartheid ha restituito la Repubblica Sudafricana a un ruolo internazionale di rilievo. Ma le contraddizioni tra aree rurali e urbane, tra bianchi e neri, tra ricchi e poveri, tra le stesse diverse e numerose etnie africane non facilitano la crescita complessiva
Un altopiano occupa il territorio del Sudafrica, salvo una fascia di pianure lungo l’Atlantico e alcune catene montuose parallele all’Oceano Indiano (Monti dei Draghi, 3.446 m). Il clima è caldo, piovoso a est, meno a sud (dove è di tipo mediterraneo), molto poco a ovest.
Nelle regioni umide prevale la foresta, sull’altopiano la savana, a nord-ovest condizioni semidesertiche. I fiumi principali sono il Vaal (1.200 km) e soprattutto l’Orange (1.860 km), che attraversa quasi tutto il paese. Le risorse d’acqua sono però scarse, limitano lo sfruttamento agricolo e provocano una concentrazione del popolamento. Le città ospitano la metà della popolazione: si dividono le funzioni di capitale Città del Capo, Pretoria (1.104.000 abitanti) e Bloemfontein (334.000), ma più popolose sono Johannesburg (2,5 milioni con la città satellite di Soweto) e Durban (2.118.000). Straordinariamente ricco di minerali – oro, platino, diamanti, carbone, metalli pregiati – il Sudafrica è anche assai industrializzato. Malgrado lo sviluppo in atto, un terzo degli abitanti vive però in condizioni di grave disagio. L’aumento della popolazione intanto prosegue, soprattutto fra i più poveri e malgrado i cinque milioni di sieropositivi (AIDS).
Abitato da tribù di Boscimani e Ottentotti, il territorio dell’attuale Repubblica Sudafricana fu raggiunto tra il 16° e il 17° secolo da popolazioni bantu provenienti dal Nord. Quasi contemporaneamente vi giunsero gli Olandesi, i quali nel 1652 si insediarono nella regione del Capo di Buona Speranza, dando poi vita a comunità stabili di contadini liberi (boeri) di religione calvinista. Tra Sette e Ottocento i coloni boeri, spingendosi verso Nord, si scontrarono a più riprese con le popolazioni locali e i Bantu. Nel frattempo, a partire dalla fine del Settecento, ebbe inizio la penetrazione della Gran Bretagna, che nel 1814 conquistò la colonia del Capo. Prese allora avvio un aspro contrasto tra i Britannici e i Boeri, i quali migrarono verso le regioni interne e fondarono proprie repubbliche indipendenti. Questo contrasto doveva protrarsi per tutto il 19° secolo e concludersi con la guerra anglo-boera del 1899-1902. Dopo questo drammatico conflitto, l’intero paese – l’Unione Sudafricana – divenne un dominion della Corona britannica (1910).
Nel 1931 esso ottenne l’indipendenza nell’ambito del Commonwealth, trasformandosi poi, nel 1961, in Repubblica Sudafricana. Per quasi tutto il Novecento il paese si è caratterizzato per la rigida politica di segregazione razziale messa in atto dalla minoranza bianca, dominante sul piano politico, economico e sociale, ai danni di una maggioranza nera ridotta in condizioni di estrema miseria e priva di ogni diritto. Questa politica di segregazione razziale e di «sviluppo separato delle razze» – l’apartheid – si è protratta e acuita per quasi tutta la seconda metà del Novecento, in un quadro di crescente deplorazione da parte dell’opinione pubblica internazionale. A partire dalla fine degli anni Ottanta il regime di apartheid è stato gradualmente smantellato e poi del tutto abolito (1991-93). Da allora il Sudafrica ha avviato una complessa transizione a un regime democratico su base multirazziale. Decisiva, in questo lungo processo di emancipazione dei neri, è stata la figura di Nelson Mandela.