repubblica
Stato non monarchico. Il termine, usato originariamente per indicare il regime che fu in vigore a Roma dalla cacciata dei re (509 a.C.) fino alla battaglia di Azio (31 a.C.), fu ripreso poi per indicare forme analoghe di Stato. Nell’uso moderno, posteriore alla Rivoluzione francese, forma di governo in cui il potere politico è esercitato da organi rappresentativi del popolo o di una parte di esso e il capo dello Stato, con poteri più o meno estesi, è organo elettivo e temporaneo (in contrapposizione alla monarchia in cui il titolo di capo dello Stato è ereditario e vitalizio). Nell’antichità e nel Medioevo non si può parlare propriamente di r.: costitutive della società e dello Stato erano infatti molte forme di privilegi (caste nobiliari, sacerdotali ecc.), per cui il potere non apparteneva de iure a tutti i cittadini; e dove i privilegi in seno alla cittadinanza mancavano (per es. in certi momenti della democrazia greca), la distinzione tra liberi e schiavi escludeva comunque dalla partecipazione alla cosa pubblica gran parte della popolazione effettiva e stabile. Tuttavia, come contrapposto a monarchia, è legittima la definizione di r. che si dà comunemente delle poleis aristocratiche e democratiche greche, o dello Stato romano, in quanto in questi Stati i poteri temporanei e controllati erano attribuiti dall’assemblea popolare, e le supreme cariche avevano quasi sempre carattere collegiale (erano cioè prive di quel carattere di privilegio personale che è proprio della monarchia). Per Roma, il termine r., usato in senso proprio, vale per definire lo Stato, in tutte le epoche della sua storia (dopo la fine della monarchia), in quanto i fondamenti ideali del diritto pubblico repubblicano (omnis potestas in populo, omnis auctoritas in senatu) non furono mai disconosciuti, neppure quando negli ultimi secoli si affermò l’assolutismo monarchico imperiale. In partic. però, in quanto ci si riferisce all’effettivo esercizio popolare del potere, si parla di r. romana riferendosi al periodo che va dalla fine della monarchia (fine del sec. 6° a.C.) all’affermarsi definitivo dell’egemonia personale di Augusto, consolidatasi poi nell’istituto del principato (fine del sec. 1° a.C.). Improprio è in generale l’uso del termine r. per indicare il regime politico dei comuni italiani (e delle città francesi e tedesche); solo tardi infatti il comune giunse a completa autonomia, anche formale, rispetto al supremo signore, l’imperatore o il pontefice. Tuttavia, nel loro massimo fiorire, i regimi comunali possono essere chiamati repubblicani e il termine r. era effettivamente adoperato dai contemporanei. R. marinare si dissero Genova, Pisa, Amalfi, Venezia; in generale, il termine si usò poi per indicare le città non rette a regime signorile (per es. Genova o Venezia), come poi, in Età moderna, tutti quei regimi che non erano fondati sulla monarchia di diritto divino, assoluta ed ereditaria (così la R. elvetica e quella batava, o la breve r. dittatoriale di O. Cromwell in Inghilterra). Nel Settecento si ha la nascita della r. americana; ma solo con la Rivoluzione francese l’idea moderna di r. (con tutti i connessi concetti giuridici) si afferma in Europa come idea politica di valore universale, la cui attualità non è legata a particolari circostanze (tradizioni, religione ecc.), ma che anzi può e intende attuarsi come vera testimonianza del progresso morale e intellettuale dell’umanità. Trascorso il periodo rivoluzionario, il sec. 19° vide in Europa ancora forte il principio monarchico, con il sorgere delle nuove monarchie costituzionali legate al moto liberale e alle rivoluzioni nazionali; nelle Americhe invece il crollo degli imperi coloniali spagnolo e portoghese portò alla nascita di repubbliche. Dopo la Prima guerra mondiale, rafforzatesi le correnti democratiche e quelle socialiste e comuniste, ebbe inizio un periodo di diffusione della forma repubblicana di Stato (dalla liberale democratica alla socialista e comunista), accentuatasi poi dopo la Seconda guerra mondiale.