baltiche, Repubbliche
Così simili, così diverse
Le Repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania hanno riacquistato l'indipendenza dal 1991, dopo il dissolvimento dell'URSS. Hanno vari tratti comuni, ma ciascuna ha una sua identità; tutte vivono intense trasformazioni economiche e politiche e una sorprendente rinascita.
I tre Stati sono pianeggianti, con rare colline che superano di poco i trecento metri; vaste foreste sono favorite dal clima continentale e dall'abbondanza di acque.
L'Estonia è popolata per due terzi da Estoni ‒ che parlano una lingua affine al finlandese ‒ e per quasi il 30% da Russi. La capitale, Tallinn (560.000 abitanti), è una bella e vivace città con un centro dall'atmosfera nordica. L'economia è in piena trasformazione: i terreni agricoli sono tornati privati; l'industria lascia i settori tradizionali per quelli innovativi grazie a investimenti esteri.
In Lettonia i Russi sono il 30% della popolazione, mentre i Lettoni sono il 58%. La capitale, Riga (747.000 abitanti), sotto il potentissimo Ordine teutonico fu uno dei principali porti dell'Europa del Nord. L'economia riceve investimenti esteri, specie tedeschi, ma molte industrie, ormai tecnologicamente superate, devono essere riconvertite. Cantieri navali e elettrotecnica sono i settori più attivi.
In Lituania gran parte della popolazione è lituana (84%). Oltre alla capitale, Vilnius (553.000 abitanti), è da ricordare Kaunas (capitale dal 1923 al 1940). Vilnius ha tantissime chiese, quasi tutte in stile barocco; prima della Seconda guerra mondiale era detta la Gerusalemme del Nord perché vi abitavano 150.000 Ebrei. In Lituania l'agricoltura è ancora molto importante e le industrie hanno urgente bisogno di riconversione.
Per la loro posizione strategica, che ne fa la principale via di comunicazione tra l'estremo Nord scandinavo e l'Europa continentale, le regioni baltiche sono sempre state contese dalle potenze vicine. Tra il 15° e il 16° secolo sono state dominate dalla Polonia e dalla Svezia, a partire dal 18° secolo sono state oggetto delle mire di Russia e Germania. L'esito della Prima guerra mondiale, con la sconfitta della Germania e il ritiro dal conflitto della Russia, permise ai popoli baltici di conseguire l'indipendenza nazionale. Nel 1918 furono infatti proclamate le Repubbliche di Estonia, Lettonia e Lituania.
Nel periodo tra le due guerre mondiali, esse tentarono una politica di equidistanza dai loro ingombranti vicini ‒ Germania e Unione Sovietica ‒ ma l'accordo stipulato nel 1939 tra queste due potenze permise all'Unione Sovietica, nel 1940, di invadere le tre Repubbliche e annetterle al proprio territorio. Nel 1941, quando la Germania si volse contro l'Unione Sovietica, le Repubbliche baltiche furono occupate dalle truppe tedesche; la sconfitta dei Tedeschi segnò il ritorno delle Repubbliche all'Unione Sovietica, che impose loro le istituzioni sociali, politiche, economiche e culturali proprie del regime sovietico. Tale politica finì per rafforzare il sentimento di appartenenza nazionale, tanto che le Repubbliche baltiche furono le prime a proclamare, nel 1990, l'indipendenza dall'Unione Sovietica (riconosciuta nel 1991).
Una volta conquistata l'indipendenza le Repubbliche baltiche svilupparono una politica di forte tutela dell'identità nazionale, che in alcuni casi (Estonia e Lituania) rese molto difficile l'acquisizione della cittadinanza per le minoranze slave presenti sul loro territorio (Russi, Ucraini e Bielorussi). Le tre Repubbliche si sono date costituzioni democratiche e hanno avviato la transizione all'economia di mercato, cercando di integrarsi rapidamente nel mondo occidentale: nel 1994 hanno aderito alla NATO e nel 1995 hanno stipulato un accordo di associazione con l'Unione europea, della quale sono divenute membri a pieno titolo nel 2004.