RESISTENZA elettrica
Fino dai primi tempi dopo che A. Volta ebbe scoperta la corrente elettrica, si rese manifesto sperimentalmente che conduttori diversi oppongono ostacolo differente al passaggio della corrente: la legge matematica precisa di questo fenomeno venne formulata da Georg Simon Ohm nel 1827 (v. elettricità, XIII, pag. 705). Questa legge, troppo spesso travisata e mal riferita, si deve, in linguaggio moderno e ridotta alla sua parte essenziale, formulare così: quando un filo conduttore viene percorso da una corrente elettrica, se si indica con E la differenza di potenziale ai suoi estremi (quale può essere misurata da un elettrometro messo in parallelo col filo), e con I l'intensità di corrente (quale può essere misurata da un amperometro collegato in serie col filo), il rapporto
è una costante che dipende solo dal filo e dalle condizioni in cui esso si trova (temperatura, ecc.), e non dal valore di I.
Questa legge non ha valore universale: è verificata per i conduttori semplici (che Volta chiamava conduttori di prima classe) cioè metalli e loro leghe, non soggetti a certe particolari azioni che la fisica sperimentale fa conoscere (termoelettricità, effetto Hall, ecc.), metalloidi conduttori come carbone, ecc., e molti altri composti e corpi di analogo comportamento (conduttori ohmici in generale). Per altri corpi come gli elettroliti e anche certi conduttori metallici in condizioni speciali (come sopra), la legge di Ohm diviene verificata, purché dalla differenza di potenziale E ai due estremi, si diffalchi la somma algebrica delle forze controelettromotrici interne. Si ha allora, come espressione più generale, una formula del tipo
e, nel primo come nel secondo caso, alla grandezza R si dà il nome di resistenza elettrica del conduttore, mentre alla sua reciproca
si dà il nome di conduttanza.
Quando a causa di forze elettromotrici interne male identificabili, perché funzioni dell'intensità di corrente, la definizione (2) lasci incertezza, si può ricorrere a questa legge: l'energia trasformata irreversibilmente in calore (effetto Joule) in un conduttore nell'unità di tempo, si lascia esprimere con
e di qui si arriva a ricavare R in molti casi ambigui.
Poiché non vi ha distinzione netta fra conduttori e isolanti, cioè in generale anche i corpi materiali considerati come isolanti conducono in lieve misura l'elettricità, si applica anche ad essi la nozione di resistenza elettrica, con l'avvertenza che però spesso si dovrebbe ricorrere alla formula (3) per definirla con qualche rigore; e che in questi corpi di resistenza elevatissima, molte complicazioni sopravvengono per la variabilità della resistenza stessa.
Dalle leggi elementari sulla composizione delle correnti e delle forze elettromotrici (leggi che costituiscono l'essenza dei teoremi di Kirchhoff) si ricava che: se più conduttori sono in serie fra loro, si sommano le loro resistenze; se più conduttori invece sono in parallelo fra loro, si sommano le loro conduttanze. Questi due enunciati sono sufficienti per molti calcoli elementari sui sistemi di conduttori. In particolare si può ricavare la legge che esprime in qual modo la resistenza di un filo conduttore uniforme è funzione delle sue dimensioni: in effetto una successione di n fili uguali, di lunghezza 1, forma un filo di lunghezza n, il quale deve avere una resistenza n volte quella del segmento singolo; un fascio di S fili paralleli o uguali, di sezione 1, forma un filo di sezione S, il quale deve avere una conduttanza S volte quella del filo singolo. Quindi la resistenza di un filo uniforme deve essere proporzionale direttamente alla lunghezza e inversamente alla sezione. Ovvero, indicando con ρ la resistenza che avrebbe un filo di sezione 1 e di lunghezza 1, quella del filo uniforme generico di lunghezza l, e di sezione S, viene espressa da
formula che, se anche è stata conosciuta da Ohm, non si deve confondere con quella
che costituisce la classica formula di Ohm.
Nella (4) la ρ non è un coefficiente numerico, è una grandezza fisica, la quale dipende dalla natura del materiale di cui è composto il filo (e dicendo "natura", s'intendono sottintese le condizioni in cui il filo si trova, soprattutto la temperatura). Ad essa si dà il nome di resistenza specifica, o meglio resistività del materiale stesso.
Volendo espressa la conduttanza invece che la resistenza, si ha una formola analoga
prende il nome di conduttanza specifica o conduttività o conducibilità.
Si noti la convenzione seguita qui come negli altri rami della fisica elettrotecnica: per le grandezze "concrete" (cioè appartenenti a un corpo di dimensioni determinate) si adoperano le terminazioni -enza, -anza, e come simboli le lettere latine; per le grandezze "specifiche" (cioè appartenenti al materiale di cui è composto un corpo) si usano le terminazioni -ività, -ibilità, e le lettere greche minuscole corrispondenti.
Dalle formule per i fili conduttori uniformi si passa a quelle da applicare nei casi più complicati. Per es., per un filo conduttore di materiale non uniforme e di sezione variabile, è evidente che la formola (4) si trasforma in
E similmente pel caso reciproco di una lamina conduttrice non omogenea, percorsa dalla corrente trasversalmente, cioè da faccia a faccia (ognuna delle due faccie essendo mantenuta a un potenziale determinato, unico in tutti i suoi punti) si ha corrispondentemente un integrale doppio che esprime la conduttanza complessiva della lamina.
Per un sistema conduttore, formato da una rete di conduttori, e collegato in modo che la corrente deva entrare tutta da un nodo A e uscire tutta da un nodo B, si ha la resistenza globale della rete, fra i due nodi A e B, per mezzo di un'espressione algebrica che è un quoziente di determinanti (v. le opere citate nella bibliografia).
J. C. Maxwell, nel suo Trattato di elettricità e magnetismo ha messo classicamente in evidenza che anche per un generico conduttore a tre dimensioni si può stabilire la nozione di resistenza, purché questo conduttore abbia una parte della sua superficie esterna mantenuta a un potenziale dete minato, e un'altra parte, discosta dalla prima, mantenuta ad un altro potenziale, e la corrente elettrica entri solo dalla prima regione ed esca dalla seconda, cioè non vi sia passaggio di elettricità attraverso tutto il resto della superficie del conduttore. Ciò avviene quando idealmente si supponga che alle due faccie destinate all'entrata e all'uscita della corrente siano applicate due placche (elettrodi) di conducibilità infinita, e tutto il resto della superficie sia coperto di uno strato isolante. Sotto queste restrizioni, la resistenza del conduttore resta ben determinata, e si lascia definire nello stesso modo che per un conduttore filiforme. Per calcolarla in funzione della forma e delle dimensioni del corpo conduttore, delle sue proprietà specifiche e della configurazione degli elettrodi, vale un metodo matematico di approssimazioni successive, dovuto a lord Rayleigh; anche per l'esposizione di questo, rinviamo alle opere citate nella bibliografia.
Variazione della resistenza con la temperatura. - La variabilità del valore della resistenza specifica dei corpi in dipendenza dalla temperatura è un fatto dominante, così per la teoria fisica della resistenza stessa, come per tutta la tecnica delle misure e per i calcoli di ogni genere che interessano la pratica. Per i metalli puri, la variazione, a partire da 0°, è dell'ordine di grandezze del 4 per mille per ogni grado centigrado; per es., il rame, nel passare da 0° a 24° aumenta circa del 10% di resistenza. Entro larghi limiti, l'andamento della variazione si discosta poco dalla linearità. Confrontando, si vede che per i metalli puri la resistenza non si discosta molto dall'essere proporzionale alla temperatura assoluta, di guisa che tende verso valori estremamente bassi quando la temperatura discende verso lo zero assoluto. Per questo motivo il rame e gli altri metalli puri sono estremamente inadatti a servire come campioni di resistenze; volendo che un campione di rame o di platino o di mercurio sia fedele fino a 1 milionesimo, occorrerebbe che la temperatura fosse mantenuta e conosciuta entro 1/4000 di grado centigrado.
Al contrario dei metalli puri, le leghe hanno un coefficiente di variazione generalmente basso; fino da antico tempo era conosciuta la poca variabilità di alcune leghe come il packfong, la nichelina, il platinoide. Nel 1893 Edward Weston fece conoscere la manganina (lega di: 84% in peso di Cu; 4% di Ni; 12% di Mn), il cui coefficiente di variazione si può dire nullo, perché la resistività raggiunge un punto stazionario (un massimo) ad una temperatura compresa fra quelle ambienti.
Per i corpi non metallici, ad esempio per il carbone, la resistenza diminuisce generalmente con l'aumentare della temperatura, di guisa che un filamento di lampadina a carbone ha una resistenza notevolmente minore quando è in funzione che non a freddo. Generalmente anche per gli elettroliti e per i cattivi conduttori (isolanti con lieve conducibilità) si ha una diminuzione di resistenza con le temperature alte.
I composti metallici conduttori (ossidi, solfuri, ecc., a comportamento metallico, es. la magnetite), hanno un comportamento intermedio fra quello dei metalloidi e quello delle leghe: cioè una resistenza non soggetta a variazioni forti con la temperatura, e talvolta crescente talvolta decrescente, spesso con un massimo (o un minimo) a una data temperatura.
Dimensioni fisiche della resistenza elettrica. - Nei sistemi di misura di tipo classico si facevano derivare tutte le dimensioni fisiche da tre dimensioni meccaniche fondamentali, e anche la resistenza e la conduttanza elettrica subivano la stessa sorte. In particolare, nei sistemi "elettromagnetici", la resistenza aveva le dimensioni [LT-1], dunque quelle di una velocità; e nei sistemi "elettrostatici", era invece la conduttanza quella che acquistava tali dimensioni, e la resistenza diveniva la reciproca di una velocità. Queste assimilazioni si prestarono a speculazioni immaginose di persone che per tale via credevano di scoprire il segreto dei fenomeni elettrici. Più tardi prevalse l'indirizzo opposto, e fu detto che quelle assimilazioni erano assurde. In realtà esse non sono né naturali né assurde, sono semplicemente la conseguenza di convenzioni artificiose.
Tutte le questioni di tale natura si eliminano nei sistemi di misura più moderni che ammettono, oltre alle dimensioni meccaniche, anche una dimensione fondamentale e indipendente, scelta nel campo delle grandezze elettriche.
Così nei sistemi "elettrostatico ibrido" ed "elettromagnetico ibrido " nei quali si fa intervenire come dimensione fondamentale la capacitività o rispettivamente la permeabilità di un mezzo ambiente, l'una o l'altra di queste dimensioni addizionali [ε], [μ] si fanno figurare nella formola dimensionale della resistenza insieme con [L] e [T]. Ma nei sistemi più moderni viene senz'altro assunta generalmente la dimensione della resistenza elettrica come quarta fondamentale [R], allora le dimensioni delle altre grandezze elettriche si esprimono in funzione di essa e delle dimensioni meccaniche [L], [M], [T].
Oppure anche, secondo il metodo preferito dai francesi, si fa figurare la [Q], dimensione della quantità d'elettricità, come quarta fondamentale, e allora le dimensioni della resistenza sono [L2MT-1Q-2]. Questi ultimi metodi di rappresentazione sono praticamente equivalenti.
Unità di resistenza. - Fino dalla metà del sec. XIX, con lo sviluppo delle prime applicazioni tecniche dell'elettricità, che furono quelle della telegrafia, fu sentita la necessità di una tecnica di misure di resistenza, fondata su unità definite, che potessero riuscire di uso comune, come quelle di lunghezza e di peso.
Il primo tentativo di fissare un'unità di resistenza sembra risalga a C. Wheatstone, il quale nel 1840 propose e usò come campione un filo di rame lungo un piede inglese e avente la massa di 100 grani (6,48 gr.). E nel decennio successivo, altre unità, determinate da un chilometro o da un miglio di qualche particolare filo telegrafico, furono usate provvisoriamente dalle amministrazioni telegrafiche della Francia, della Svizzera e della Germania. Tutte queste unità scomparvero presto e furono sostituite dal campione di resistenza proposto nel 1860 da Werner Siemens: tale campione era definito da una colonna di mercurio puro della lunghezza di 1 metro e della sezione uniforme di 1 mmq., mantenuto alla temperatura di 0°. Questo campione fu realizzato con un tubo di vetro accuratamente calibrato, e riempito di mercurio con precauzioni speciali: prese il nome di unità Siemens; ne furono ricavati campioni trasportabili di packfong, e l'uso si generalizzò presto nel mondo. Il valore dell'unità Siemens riferito all'attuale ohm era di circa 0,94.
Se a quei tempi si fosse riconosciuto che conviene nel campo dei fenomeni elettromagnetici ammettere una dimensione fondamentale indipendente da quelle meccaniche, è probabile che l'unità Siemens sarebbe rimasta definitivamente come quarta unità fondamentale arbitraria a lato di quelle di lunghezza di massa e di tempo. Ma la teoria delle misure assolute si diffondeva allora nella forma originaria che insegnava appunto il doversi far dipendere ogni unità fisica esclusivamente da quelle meccaniche. In coerenza con queste idee, quando la British Association nel 1873 addivenne alla storica proposta del sistema C. G. S., fu deciso che quali unità elettriche assolute verrebbero adottate quelle derivate dal centimetro, dal grammo-massa e dal secondo. Ma la derivazi0ne poteva farsi in due modi, per via elettrostatica e per via elettromagnetica, e così per via teorica venivano additate due unità assolute di resistenza; una C. G. S. elettrostatica, una C. G. S. elettromagnetica; il rapporto fra la seconda e la prima doveva essere il quadrato della velocità della luce (espressa in cm. al secondo). Le misure assolute eseguite in quel torno di tempo con la bussola delle tangenti, con l'induttore di Weber e altri metodi di allora, conducevano a determinazioni non abbastanza sicure: nuove misure furono istituite, fra cui quelle di Lorenz, che ideò il dispositivo a dischi di rame giranti, tuttora preferito. Verso il 1880 si era arrivati a conoscere il rapporto fra le unità assolute e quella Siemens con un'approssimazione che non raggiungeva ancora l'1%. Facevano ostacolo all'adozione effettiva delle unità assolute di resistenza C. G. S. i valori, eccessivamente piccolo di quella elettromagnetica, eccessivamente grande di quella elettrostatica, e l'incertezza della determinazione, assai superiore ai limiti di errori probabili già consentiti nei confronti della resistenza secondo la tecnica di allora.
Per questo motivo, già qualche anno prima della deliberazione della British Association nel 1875 si era fatta strada fra i tecnici l'idea di riferire le resistenze a una nuova unità, che avrebbe dovuto essere precisata da un campione materiale definito, ragguagliato per quanto possibile al multiplo 109 (un miliardo) dell'unità C. G. S. elettromagnetica. Il nome di ohm era già entrato in uso per questa unità.
Il Congresso internazionale di Parigi del 1881 ratificò questo stato di fatto: confermò che il sistema C. G. S. elettromagnetico sarebbe rimasto come fondamento di tutte le unità elettriche e magnetiche, ma stabilì la serie delle unità pratiche, definite in conseguenza: accettò che l'unità pratica di resistenza avrebbe avuto il nome di ohm, e sarebbe stata definita: a) teoricamente uguale a 109 unità C. G. S. elettromagnetiche; b) praticamente rappresentata da una colonna di mercurio dalla sezione di 1 mmq., alla temperatura di 0°, e di lunghezza da determinare. La determinazione della lunghezza era affidata a una commissione internazionale che doveva, in base alle misure assolute già eseguite e ad altre nuove da istituire, accertarne il valore preciso perché corrispondesse alla definizione teorica.
Nel voler soddisfare a quest'ultima condizione nacquero le difficoltà. Una realizzazione dell'ohm era stata tentata dapprima per opera della British Association additando una lunghezza di mercurio di 104,8 cm.
La commissione nominata a Parigi presentò le sue conclusioni nel 1884, indicando che una disamina fatta conduceva a fissare 106,3 cm. come valore più probabile, ma che restava ancora molta incertezza sull'ultima cifra: proponeva quindi di fissare provvisoriamente il campione effettivo dell'ohm in base a 106 cm. di mercurio. A questo campione fu dato il nome di ohm legale.
L'ohm legale fu introdotto nella pratica universale, e vi rimase per circa 10 anni, rappresentato da campioni di platinoide e di packfong, relativamente numerosi, sparsi in tutti i laboratorî.
Si addivenne allo stato di cose ora vigente col congresso di Chicago del 1893. La tecnica delle misure relative e assolute aveva fatto allora molti progressi. In seguito a questi fu abbandonato l'ohm legale e fu adottato il cosiddetto ohm internazionale, teoricamente ragguagliato sempre a 109 unità C. G. S. elettromagnetiche, e di fatto però determinato da una colonna di mercurio, di sezione uniforme, mantenuta alla temperatura del ghiaccio fondente avente la lunghezza di 106,3 cm. e la massa totale di 14,4521 grammi. L'aver definito la massa anziché la sezione consentiva una riproduzione piu precisa, perché la sezione non si può misurare direttamente. Le misure assolute su cui si fondava o si pretendeva fondare questa fissazione di unità si erano spinte fino all'esattezza di 1 su 500 circa; ma il divario fra misure assolute e relative restava sempre, perché nella riproduzione dei campioni e nel confronto di essi la precisione poteva spingersi fino a 1 su 10 mila e anche oltre. Metrologicamente, restava il divario fra la definizione teorica e quella effettiva, situazione analoga a quella che si era verificata nella determinazione del metro; e per necessità di cose la definizione effettiva doveva prendere il sopravvento.
Due circostanze intervennero per quest'ultima conclusione: a) l'invenzione della manganina, avvenuta nello stesso anno 1893, la quale permise di costruire campioni di resistenze durevoli, precisi ed esenti dagli errori di temperatura; b) i passi che le diverse nazioni adottarono per sancire con leggi le unità elettriche, e per fissarne il valore in base a campioni che furono depositati presso i rispettivi uffici metrici.
L'ohm internazionale, come definito dal congresso del 1893, e con specificazioni complementari che sono state aggiunte in seguito, ha finito così per essere l'unità effettiva di resistenza applicata in tutto il mondo, tanto per gli usi scientifici di laboratorio quanto per quelli tecnici. I laboratorî nazionali più grandi e più specializzati (Washington, Londra, Charlottenburg, Tōkyō) hanno realizzato i campioni a mercurio, e da essi ricavato alcune serie di campioni primarî di manganina, le cui copie sono state distribuite agli altri laboratorî nazionali. La tecnica del confronto dei campioni primarî è progredita ancora, tanto che oggidì si arriva quasi alla precisione di 1 milionesimo. Con questi confronti così precisi sono risultate divergenze fra i campioni primarî stessi, divergenze che non si mantengono costanti di anno in anno. Negli ultimi anni (1932-33) è risultato in evidenza che la realizzazione e la conservazione dei campioni a mercurio non consente una precisione così spinta come quella ottenibile nelle misure di confronto; e il valore dell'ohm internazionale è rimasto affidato ai campioni di manganina. Siccome le oscillazioni di questi campioni nel tempo sono dell'ordine di grandezza del centomillesimo, l'ufficio metrico internazionale di Sèvres, a cui è stato affidato il compito della codificazione delle unità elettriche, ha proposto di ritornare alla definizione fondata sulle unità C. G. S. La questione è ora dibattuta. Le ultime misure assolute fatte nei quattro massimi laboratorî nazionali mostrano che se si vuole adottare l'ohm teorico uguale a 109 unità C. G. S., occorre sottrarre circa 1:2000 al valore dell'ohm internazionale; variazione praticamente assai forte. Gli avversarî di questa riforma obbiettano in base agl'inconvenienti pratici che seguirebbero a questo sconvolgimento, alla tuttora insufficiente precisione delle misure assolute la quale non segue che da lontano quella raggiungibile con le misure relative, e al nuovo significato che secondo i criterî moderni si attribuisce a esse misure: quelle che prima si chiamavano "determinazioni assolute dell'ohm" sarebbero da riguardare piuttosto come misure dei parametri specifici dello spazio-etere. Una via intermedia sarebbe di mantenere cristallizzato l'ohm internazionale nel suo valore attuale, considerandolo come quarta unità fondamentale e indipendente, definita, a simiglianza del metro, dal suo campione materiale, e tenendo presente, a lato di questa fissazione, il rapporto con l'unità teorica del sistema C. G. S. elettromagnetico, senza preoccuparsi che questo rapporto riesca diverso dal valore rotondo di 109. Questa soluzione sarebbe facilitata dalle ultime ricerche (1934) del Bureau of Standards americano, il quale pare che sia riuscito a costruire campioni metallici che si sono conservati entro 1 milionesimo attraverso parecchi anni.
La grave questione della fissazione ultima dell'ohm è così tuttora sub iudice; e intanto il mondo intero si riferisce all'ohm internazionale, definito ormai dalla media dei campioni primarî di manganina conservati nei laboratorî nazionali. La costanza di questa media si può ritenere che sia dell'ordine di grandezza di 1 milionesimo; e con riferimento a esso valore medio medesimo si può ritenere che le unità C. G. S. abbiano questi valori:
i unità elettrostatica = 0,89832.1012 ohm internaz.
i unità elettromagnetica - o,99955.10-9 ohm internaz.
l'ultima cifra decimale restando però incerta.
Ed è interessante sapere che la resistenza caratteristica (iterativa o asintotica) offerta dall'intero spazio-etere alla propagazione delle onde elettromagnetiche piane, è uguale a 376,560 ohm internazionali.
Questo lavoro metrologico fatto per l'unità di resistenza elettrica ha valore fondamentale e decisivo per tutto il gruppo delle unità elettriche e magnetiche, poiché l'unità di resistenza è l'unica riproducibile e moltiplicabile e divisibile materialmente e atta al confronto con una precisione grandissima, e poiché tutte le altre unità elettriche e magnetiche sono definibili e riproducibili in funzione dell'unità di resistenza e di quella di lavoro; quindi ogni laboratorio deve ultimamente far dipendere tutte le sue tarature di precisione dai suoi campioni di resistenza: e, nella metrologia elettrica di precisione come in quella corrente, l'ohm viene ad essere l'unità dominante, dalla cui fissazione seguono tutte le altre.
Misure di resistenza. - Le misure di resistenza si eseguiscono in dipendenza diretta o indiretta dai campioni di diverso ordine, dell'ohm e dei suoi multipli e sottomultipli. Dai gruppi di campioni primarî di manganina conservati come detto sopra nei laboratorî nazionali principali e resi ormai indipendenti da quelli a mercurio, sono ricavati i sottocampioni che esistono (con valori di 1 ohm, 10 ohm, 100 ohm) negli altri laboratorî centrali nazionali, e in quelli dei primarî istituti scientifici, e delle case costruttrici specialiste in misure elettriche. Questi sottocampioni sono costruiti anch'essi di filo di manganina, accuratamente stagionato, isolato e avvolto con cure speciali, e vengono adoperati a temperature ben accertate (mediante immersione in bagno di petrolio) e con riferimento alla curva di variazione secondo la temperatura la quale è stata rilevata previamente. Si può ritenere che le differenze di taratura nei sottocampioni si mantengano entro l'ordine di grandezza di 1:100.000. Dai sottocampioni stessi si ricavano i campioni commerciali di precisione, ottenibili dalle migliori case specialiste, in tutti i valori da circa 1 ohm fino a 100.000 ohm circa, costruiti sempre coi metodi e le norme dei campioni e sottocampioni nazionali, e tarati di solito entro 1:10.000; peraltro, alcune poche case maggiormente specializzate si spingono fino a garantire 1:20.000, eccezionalmente anche di più; ma per raggiungere questo grado di precisione, il bagno liquido a temperatura determinata è necessario. L'influenza della temperatura può del tutto trascurarsi quando la precisione non deve oltrepassare il decimillesimo. Con questa veduta sono poi costruite le cassette di resistenza con prese multiple (modernamente tutte a decadi, con contatti a manovella o a spine) che sono fornite da tutti i costruttori: le più precise di esse arrivano fino a 1:5000 e anche 1:10.000, quelle correnti sono tarate di solito entro 1:2000: tutte sono con avvolgimenti di manganina, eseguiti con accorgimenti particolari, ma il loro uso non richiede particolari avvertenze.
Le misure di resistenza per confronto diretto nei limiti fra circa 1 ohm e 100.000 ohm, si eseguono nel miglior modo col ponte di Wheatstone, il cui principio e schema sono ben noti e si trovano in tutti i trattati di fisica. Un ponte di Wheatstone comprende due rami o "lati di proporzione" composti ognuno con una serie, p. es., di 1, 10, 100, 1000 ohm, e un lato contenente una serie di decadi completa per formare resistenze di ogni valore, p. es. fra 1 e 100.000 ohm; e il quarto lato è formato dalla resistenza da misurare. Sono pressoché abbandonati, o costruiti solo per usi speciali, gli antichi "ponti a filo" con cursore, di cui si trovano ancora esempî nei laboratorî meno aggiornati: quei modelli sono incomodi, ingombranti, e non consentono di raggiungere precisione. Nei ponti di misura moderni le resistenze sono protette e interne, costruite sempre mediante bobine di manganina, di cui non affiora nulla o solamente i blocchi estremali di contatto; e le prese di contatto sono fatte sempre con spine o con manovelle rotative. Secondo la precisione con cui sono tarate le resistenze componenti, e secondo la sensibilità del galvanometro adoperato, si raggiunge, nelle misure col ponte di Wheatstone, la precisione di 1:2000 fino a 1:10.000; quella di 1:2000 è ottenibile correntemente con ponti di costo e di volume assai moderato e con misure che si eseguono in pochi secondi: ma le difficoltà crescono molto con l'aumentare della precisione richiesta, e una misura che oltrepassi l'esattezza del decimillesimo può richiedere più settimane di lavoro.
Procedimenti diversi dal ponte di Wheastsone sono raccomandabili per resistenze molto basse (piccole frazioni di ohm) o molto elevate (1 megohm, cioè 1 milione di ohm, e superiori fino a migliaia di megohm). Ottimamente si presta nella maggior parte di questi casi la misura indiretta: invece di confrontare la resistenza incognita con altre conosciute, si fa percorrere la medesima da una corrente costante, e si misura la differenza di potenziale alle due estremità per mezzo di un voltometro, e l'intensità di corrente per mezzo di un amperometro: la sicurezza e la precisione di misura raggiungibili non sono certo come quelle che si hanno nel confronto di resistenze medie mediante il ponte di Wheatstone; ma quando si tratta di resistenze assai piccole o assai grandi, l'approssimazione di 1:200 fino a 1:300, quale si raggiunge col millivoltometro e l'amperometro, è generalmente sufficiente. Volendo raggiungere una precisione maggiore, per misura di resistenze molto piccole (rame in sbarre di cui si vuole determinare la conducibilità), si usa ancora molto il classico ponte doppio di Thomson (Lord Kelvin), anch'esso descritto in tutti i trattati, il quale è ideato allo scopo di eliminare gli errori dovuti alla caduta di potenziale nei contatti.
Molti metodi misti o combinati sono poi in uso in casi singoli e per scopi speciali. E si deve anche ricordare l'apparecchio detto ohmetro, il quale indica direttamente il rapporto tra un voltaggio o un amperaggio, quindi dà una misura di resistenza, poco precisa, ma comoda e rapida; apparecchio che consente di lavorare con una sorgente che abbia forza elettromotrice variabile ed irregolare.
Dati sui valori di resistenze specifiche dei corpi più comuni. - Valgano a titolo di esempio e di riferimento questi dati tipici, espressi in ohm per mmq. e per km.: Rame elettrolitico a 0°, ρ = 15,88; Rame elettrolitico a 20°, ρ = 17,24; Ferro a 0°, ρ = 90 fino a 139; Argento a 0°, ρ = 14,60; Alluminio a 0°, ρ = 24,30; Manganina, a tutte le temperature ordinarie, ρ = 467; Platino a 0°, ρ = 82 fino a 109; Acciaio per trasformatori, ρ = 520 fino a 620; Mercurio a 0°, ρ = 940; Nichel-cromo, ρ = 840 circa; Carbone per archi, ρ = circa 40.000; Grafite, ρ = 24.000-400.000.
Gli elettroliti hanno resistenze specifiche di un ordine di grandezza circa un milione di volte quella dei metalli, p. es.: Acido nitrico puro, ρ = 1,4 ohm-cm.; soluz. 10% di H2SO4, ρ = 31 ohm-cm.; soluz. 10% di KOH, ρ = 3,0 ohm-cm.; soluz. 10% di NaCl, ρ = 7,7 ohm-cm.
Per il paragone delle due unità usate, si tenga presente che è:
i ohm per mmq. e per km. = 00,1 microhm-cm. = 10-7 ohm-cm.
Quanto ai corpi denotati comunemente come isolanti, la loro resistività è tale da misurarsi in migliaia e milioni di megohm-cm.; ma non consente cifre precise perché estremamente variabile secondo le circostanze.
Quanto alle variazioni della resistenza con la temperatura, richiamiamo quanto è detto in precedenza. Nell'ambito delle temperature ordinarie, l'andamento della resistività si suole esprimere empiricamente con una formula:
dove ρ0 è la resistivitȧ a 0°, t è la temperatura centigrada. Di solito il terzo termine è trascurabile, perché β ha valore piccolissimo. Il valore di α per il rame-tipo (campione internazionale) è di o,004265 = 1/234,4; e per gli altri metalli puri non differisce molto da questo valore.
A temperature molto basse la resistenza di tutti i metalli puri diminuisce grandemente; p. es., quella del mercurio puro, che è 94 microhm-cm. a 0°, raggiunge 2,2 per il mercurio solido a −50°, e discende a 0,7 nell'intorno di −200°.
In quanto alla previsione che la resistività dei metalli puri tenda a zero quando la temperatura si abbassa verso lo zero assoluto, essa è soddisfatta solo approssimativamente: per alcuni metalli essa tende regolarmente a valori piccolissimi ma non anormali, per altri invece si verifica, alcuni gradi al disopra dello zero assoluto, un brusco discendere della resistività a un valore enormemente piccolo, quasi inapprezzabile.
Teoria fisica della resistenza elettrica. - Il fenomeno della conduzione galvanica, cioè del passaggio dell'elettricità nei metalli e negli altri conduttori di prima classe, per quanto fenomenologicamente abbastanza semplice, si presenta nel suo intimo meccanismo tanto complicato a descrivere quanto quello della magnetizzazione dei corpi materiali. La teoria generalmente accettata si riassumerebbe a larghe linee così: in detti corpi conduttori si distaccano o quasi dagli atomi o dalle molecole alcuni elettroni periferici, il cui insieme si comporta, grossolanamente parlando, come una specie di nube elettronica, che circonda i granuli materiali rimasti carichi positivamente. Sotto l'azione di una differenza di potenziale, questi elettroni, che sono negativi, migrerebbero nel senso opposto a quello che noi chiamiamo il senso della corrente; e, quando il circuito è chiuso, tale migrazione si compie ciclicamente senza che il contenuto elettronico di alcun tronco di circuito subisca variazioni.
L'insieme degli elettroni di conduzione dovrebbe essere considerato come un gas, e soggetto alle medesime leggi. Questa teoria urtava alcuni anni fa contro un'obiezione considerevole, perché il gas elettronico avrebbe dovuto contribuire al calore specifico del metallo, ciò che di fatto non avviene. Il Sommerfeld nel 1927 mostrò che questa difficoltà fondamentale si risolve applicando la teoria statistica elaborata da E. Fermi nel 1926. Contrariamente alle ipotesi classiche, la teoria del Fermi asserisce che in un gas generico non possono esistere due molecole diverse che abbiano identici gli stessi numeri quantici. Applicandola allo studio del gas elettronico dei metalli e tenendo conto del fatto che per certe regioni detto gas elettronico si trova in quella condizione particolare a cui la fisica dà il nome di "degenerazione", si ricava la spiegazione imprevista di fatti che per altra via rimangono oscuri. Si ricava in particolare che a basse temperature il calore specifico di un gas deve risultare proporzionale alla temperatura e alla massa delle particelle; e in aderenza al fatto della degenerazione, il contributo al calore specifico di un metallo dovuto alla nube elettronica deve riuscire inapprezzabile. Dalla teoria del Fermi si ricava ancora la spiegazione della legge di Wiedemann e Franz, secondo cui il rapporto fra la conducibilità elettrica e quella termica di un metallo deve essere proporzionale alla temperatura assoluta: e si ricava senz'altro il valore del coefficiente di proporzionalità, che risulta d'accordo coi dati forniti dall'esperimento.
Da queste riprove si può desumere che le basi fondamentali della teoria fisica della conduzione metallica sono così gettate. Ma ricavare la spiegazione di tutti i fatti conosciuti, delle leggi di dipendenza fra conduttività e temperatura, del comportamento così discrepante fra metalli e loro leghe, arrivare a prevedere perché certe leghe abbiano un coefficiente di temperatura nullo, spiegare nei suoi particolari il fenomeno della superconduttività, ecc., implica lo svolgimento di una costruzione teorica ben grande e complessa. Non è escluso che la scoperta degli elettroni positivi, realizzata nel 1933, possa intervenire a modificare ancora quanto conosciamo intorno alla fisica della conduzione.
Bibl.: Per i metodi di calcolo delle resistenze dei complessi di conduttori e dei conduttori a tre dimensioni, v.: J. C. Maxwell, Treatise on Electricity and Magnetism, o nella traduzione francese, Traité, ecc., I, Parigi 1886; J. H. Jeans, The Mathematical Theory of Electricity and Magnetism, 5ª ed., Cambridge 1925; G. Giorgi, Lezioni di fisica matematica, tenute nella R. Università di Cagliari (litografate), Roma 1927-28. Per le unità di resistenza, v. W. Jaeger, Die Entstehung der internationalen Masse der Elektrotechnik, Berlino 1932, e le pubblicazioni speciali del Bureau of Standards di Washington. Per i metodi di misura delle resistenze, v. Laws, Electric Measurements, New York 1916, e inoltre i cataloghi delle case specialiste. Per i valori delle resistività, v. le International Critical Tables, I e VI, New York 1926-1930.
Per la teoria fisica della conduzione nei metalli, v. oltre ai trattati recenti di fisica moderna, speciamente gli articoli di K. Darrow, Some contemporary advances in Physics in Bell System Techn. Journal, New York 1925 e segg.