respiratore
Apparecchio che, in caso di paralisi oppure di grave compromissione dei centri nervosi del respiro (poliomielite, stati tossici gravi), permette di mantenere, artificialmente a lungo e in modo automatico, i movimenti respiratori, esercitando sul torace e sull’addome del soggetto un’azione alterna e ritmica di compressione e di depressione.
Il tipo più noto storicamente, detto comunem. polmone d’acciaio, è costituito da una camera cilindrica a tenuta pneumatica, che accoglie tutto il corpo del soggetto, eccetto il capo, collegata a una pompa a motore, che mediante un opportuno sistema di regolazione manometrica induce nell’interno dell’apparecchio una ritmica variazione di pressione; alcuni tipi, di materiale plastico trasparente e leggero, smontabili, possono essere installati nelle ambulanze o trasportati sullo stesso luogo in cui è portato il pronto soccorso. Un dispositivo particolarmente semplice, anch’esso adatto per interventi d’emergenza, consiste in una sorta di panciotto pneumatico, che si applica direttamente sul torace, associato a un insufflatore per la somministrazione diretta di aria e di ossigeno. L’evoluzione tecnologica ha consentito di superare il polmone d’acciaio e con la commercializzazione di una serie di respiratori automatici di piccole dimensioni e di relativa facile gestione, dotati di batterie per ovviare a eventuali black out elettrici. Tra questi rientrano gli apparecchi che inducono una r. passiva o semiattiva (nella fase espiratoria) mediante ventilazione forzata non invasiva (NIV). Nei soggetti con deficit respiratorio (per es., afflitti da BPCO), la ventilazione polmonare meccanica con r. ha migliorato grandemente la qualità della vita, consentendo al malato la possibilità di spostarsi e di avere un buon margine di autonomia, soprattutto se confrontato con i limiti caratteristici della vecchia strumentazione.