Abstract
Vengono esaminate la struttura e la funzione della figura del responsabile d’imposta prevista in generale dall’art. 64 del d.P.R. 29.9.1973, n. 600, paradigma alla stregua del quale valutare le diverse ipotesi disseminate nell’ordinamento tributario di responsabilità solidale per debito altrui, con particolare riferimento al c.d. momento dinamico della sua disciplina, nei rapporti esterni con l’amministrazione finanziaria e dei rapporti interni tra i coobbligati, nonché con riferimento ai profili di compatibilità costituzionale della figura.
L’art. 64, co. 3, del d.P.R. 29.9.1973, n. 600, identifica il responsabile d’imposta in «Chi, in forza di disposizioni di legge, è obbligato al pagamento dell’imposta insieme con altri, per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi», attribuendogli «diritto di rivalsa». Si tratta della riproposizione del previgente art. 15 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette di cui al d.P.R. 29.1.1958, n. 645, che testualmente prevedeva. «Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento dell’imposta insieme con altri, per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi, ha diritto di rivalsa». Anteriormente, il dato positivo non contemplava una analoga disposizione di carattere definitorio generale, anche se sussistevano alcune norme specifiche che prevedevano la responsabilità per l’imposta di altri (la prima sistematizzazione teorica del concetto si fa risalire a Giannini, D., Il rapporto giuridico di imposta, Milano, 1937, 134, Autore a cui si deve altresì la creazione della stessa locuzione “responsabile d’imposta”. Per tale excursus storico si veda Bafile, C., Responsabile di imposta, in Nss. D. I., Appendice, VI, 1980, 630 ss.).
In base a tale articolo, la dottrina ha identificato quali elementi costitutivi della responsabilità d’imposta: l’obbligazione ex lege di adempimento della prestazione tributaria, l’esclusiva riferibilità ad altri del fatto che costituisce il presupposto del tributo, il vincolo di solidarietà con l’obbligazione del soggetto a cui il presupposto è riferibile. Viceversa, non è stato considerato elemento costitutivo della fattispecie, bensì effetto della stessa, la previsione del diritto di rivalsa (Parlato, A., Il responsabile d’imposta, Milano, 1963, 46 ss.; Id., Il responsabile ed il sostituto d’imposta, in Trattato di diritto tributario diretto da Amatucci, II, Il rapporto giuridico tributario, Padova, 1994, 407; Coppa, D., Responsabile d’imposta, in Dig. comm., XII, Torino 1996, 381).
Quanto al primo degli individuati elementi costitutivi, la fonte dell’obbligazione del responsabile d’imposta, si rinvia a quanto infra, § 6.1. Si osserva, qui, che, nella prospettiva della necessaria fonte legale, è discussa la riconducibilità alla figura del responsabile d’imposta del c.d. garante negoziale dell’obbligazione tributaria.
Il secondo elemento della figura è identificato nella circostanza per cui l’obbligo al pagamento dell’imposta si riconnette a «fatti e situazioni esclusivamente riferibili» ad altri. I «fatti e situazioni … riferibili ad altri» sono i fatti o le situazioni che, costituendo manifestazione di capacità contributiva, giustificano il prelievo in capo a chi li ha realizzati, in altri termini, i fatti che costituiscono il presupposto del tributo (Parlato, A., Il responsabile d’imposta, cit., 46; Id., Il responsabile ed il sostituto d’imposta, cit., 409; Fedele, A., Le imposte ipotecarie, Milano, 1968, 111; Fantozzi, A., Diritto tributario, Torino, 2012, 470 ss; Potito, E., Soggetto passivo d’imposta, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, 1228 ss.; Coppa, D., Responsabile d’imposta, cit., 382; Bafile, C., Responsabile di imposta, cit., 632). Il fatto o situazione che integra il presupposto dell’imposta deve, dunque, essere “esclusivamente” riferibile ad altri, ovverosia al contribuente. Si rileva come un orientamento dottrinale interpreta il requisito in esame nel senso che la nascita dell’obbligazione in capo al responsabile debba derivare senza soluzione di continuità dalla realizzazione del presupposto (esclusivamente) in capo al contribuente. In tale prospettiva, dovrebbe escludersi la qualificazione in termini di responsabile d’imposta di quelle fattispecie in cui l’obbligazione tributaria in capo al terzo nasce in presenza di requisiti normativi ulteriori che, seppur diversi dalla realizzazione del presupposto esclusivamente in capo al contribuente, non siano, anch’essi, esclusivamente riferibili a quest’ultimo. In tale prospettiva, l’orientamento in discorso esclude dal novero dei responsabili d’imposta quei soggetti il cui obbligo al pagamento di un tributo altrui nasce quale conseguenza della violazione di un obbligo o di un divieto loro ascritto, anche in relazione alla particolare funzione esercitata (Parlato, A., Il responsabile d’imposta, cit., 38 ss.; Coppa, D., Responsabile d’imposta, cit., 383).
Quanto, infine, al terzo elemento costitutivo, espresso dalla locuzione «obbligato al pagamento dell’imposta insieme con altri», si osserva che la dottrina ha interpretato tale locuzione come espressiva del vincolo di solidarietà che lega i due soggetti, sino a identificarlo quale elemento caratterizzante dell’istituto (Parlato, A., Il responsabile d’imposta, cit., 28; Ficari, V., Sostituto e responsabile d’imposta, in Diz. dir. pubbl. Cassese, Milano, VI, 2006, 5637). Il riferimento va all’omonimo istituto di diritto civile, non sussistendo una diversità di struttura dell’obbligazione solidale tributaria rispetto a quella civilistica (Parlato, A., Il responsabile d’imposta, cit., 30; Fantozzi, A., La solidarietà nel diritto tributario, Torino, 1968, 64). Si osserva, peraltro, che, nell’ambito della solidarietà tributaria, il tratto distintivo della cd. solidarietà dipendente che caratterizza la figura del responsabile d’imposta rispetto alla solidarietà c.d. paritetica, è la circostanza che il responsabile è estraneo alla manifestazione della capacità contributiva assunta a presupposto del tributo, laddove, nella c.d. solidarietà paritetica, la coobbligazione tributaria deriva dalla riferibilità del presupposto a tutti i coobbligati.
È tema ampiamente indagato quello del rapporto tra responsabile d’imposta e soggettività tributaria, annoverandosi un orientamento che include il responsabile nell’ambito dei soggetti passivi ed un altro che lo esclude.
Peraltro, tale divergenza appare determinata dalla diversità dei criteri assunti ad identificazione del soggetto passivo del tributo, piuttosto che da un diverso modo di intendere la figura del responsabile d’imposta o il suo rapporto con il presupposto del tributo.
La questione nasce dal rilievo che il novero dei soggetti obbligati all’adempimento della prestazione tributaria (tra i quali il responsabile d’imposta) è più ampia del novero dei soggetti titolari del fatto indice di capacità contributiva, destinati a sopportare in via definitiva il peso del tributo e che si individuano a partire dalla ratio del tributo espressa dal presupposto, essendo essi i soggetti a cui si ricollega la capacità contributiva manifestata dal tributo medesimo (contribuenti). Il legislatore, infatti, in considerazione di varie esigenze, tra cui il rafforzamento della tutela del credito, estende l’obbligo di adempimento del tributo anche a soggetti terzi rispetto alla manifestazione di capacità contributiva dallo stesso colpita, quali, per l’appunto, il responsabile d’imposta (Fedele, A., La solidarietà fra i più soggetti coinvolti nel prelievo, in AA. VV., La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive, III, Milano, 1986, 511; Fantozzi, A., La solidarietà tributaria, in Trattato di diritto tributario diretto da Amatucci, Padova, II, 1994).
Un primo orientamento, valorizzando la circostanza che entrambi i soggetti, responsabile e contribuente, si collocano nel lato passivo dell’obbligazione e rivestono, in virtù del vincolo solidale, la medesima posizione nei confronti del creditore, annovera entrambi tra i soggetti passivi dell’obbligazione tributaria, pur ammettendo la possibilità di diversificare nei rapporti interni (Allorio, E., Diritto processuale tributario, Torino, 1962, 143 ss.; Fantozzi, A., La solidarietà nel diritto tributario, cit., 18-36, 154).
A diverse conclusioni giunge l’orientamento che assume come criterio discretivo tra i soggetti la loro relazione con il presupposto d’imposta.
In tale diversa prospettiva, pur riconoscendosi che anche il responsabile è un vero e proprio debitore dell’obbligazione tributaria, si rileva che egli va escluso dal novero dei soggetti passivi in quanto estraneo alla situazione di fatto che integra il presupposto del tributo (Giannini, D., Il rapporto giuridico d’imposta, cit., 134; Id., I concetti fondamentali del diritto tributario, Torino, 1956, 251 ss.). Nell’ambito di tale orientamento, si è, in particolare, distinto tra soggetto passivo del tributo da un lato, ovverosia il soggetto a cui il presupposto del tributo medesimo si riferisce e, dall’altro lato, il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria, ovverosia il soggetto tenuto all’adempimento. Alla stregua di tale classificazione, il responsabile è escluso dal novero dei soggetti passivi del tributo ma incluso nel novero dei soggetti passivi dell’obbligazione (Fedele, A., Le imposte ipotecarie, cit., 112; Id., Diritto tributario e diritto civile nei rapporti interni fra i soggetti passivi del tributo, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1971, I, 437 cit., 25 ss.).
Al responsabile d’imposta, che abbia adempiuto al debito tributario del contribuente, l’art. 64 del d.P.R. 600/1973 attribuisce il diritto di rivalsa nei confronti del contribuente medesimo.
La funzione della rivalsa è quella di porre la partecipazione alle pubbliche spese a carico del soggetto che effettivamente manifesta la capacità contributiva colpita dal tributo.
La natura della rivalsa è discussa. Da un lato, se ne mette in luce la funzione di regolare i rapporti tra privati coinvolti nel prelievo (Bosello, F., Rivalsa (dir. trib.), in Enc. giur. Treccani, Roma, XXVII, 1991, 3 dell’estratto; Fantozzi, A. La solidarietà nel diritto tributario, cit., 28).
Sotto altro profilo, se ne sottolinea la funzione pubblicistica e tributaria in quanto la rivalsa individua il soggetto passivo del tributo e la capacità contributiva colpita (Fedele, A., Le imposte ipotecarie, cit., 103; Salvini, L., Rivalsa nel diritto tributario, in Dig. comm., Torino, XIII, 1996, 278; Fransoni, G., Bella e impossibile: considerazioni a caldo sul revirement delle SS.UU. della Cassazione in tema di “rivalsa successiva”, in Riv. dir. trib., 2006, II, 635 ss.).
Del resto, pur menzionandola, l’art. 64 del d.P.R. n. 600/1973 non detta il regime della rivalsa, né tale regime si rinviene altrove nell’ambito del diritto tributario, rilievo che induce alla considerazione che il diritto di rivalsa previsto dalla legge tributaria in capo al terzo coinvolto nel prelievo si risolve nel diritto di reintegrare la propria sfera giuridica, rimanendo (sulla base del medesimo art. 64) del tutto aperta la questione sullo strumento o sugli strumenti tecnici allo scopo applicabili (Potito, E., Soggetto passivo d’imposta, cit., 1230).
Laddove, come in genere avviene, l’obbligazione del responsabile venga ascritta al novero delle obbligazioni solidali tout court, trovando applicazione la generica disciplina di cui agli artt. 1292 ss. c.c., la reintegrazione patrimoniale del responsabile risulta affidata in primo luogo all’istituto del regresso di cui all’art. 1298 c.c., nonché, secondo l’orientamento che anche tra i civilisti la ammette in relazione alle obbligazioni solidali, alla surrogazione legale nei diritti dell’originario creditore (invero, secondo parte della dottrina regresso e surrogazione sarebbero rimedi concorrenti, laddove la differenza starebbe nella circostanza che il regresso è un diritto autonomo mentre la surrogazione realizza una mera successione nel lato attivo di un rapporto che rimane sempre lo stesso, Bianca, C.M., Diritto civile. L’obbligazione, IV, Milano, 1994, 716 ss.).
La dottrina tributaria (Salvini, L., Rivalsa nel diritto tributario, cit., 31 ss.; Id., Rivalsa (dir. trib.), in Rass. trib., 1996, 278 ss.) ha affermato che il regresso e la surrogazione sono suscettibili di essere prospettati come species del genus rivalsa, ovvero come modalità di esercizio della stessa.
Si osserva che il responsabile d’imposta è titolare di un diritto di rivalsa, ed in ciò si coglie uno dei profili differenziali con quella diversa forma di coinvolgimento di terzi nell’attuazione del tributo, prevista dal medesimo art. 64 del d.P.R. 600/1973, che è rappresentata dalla sostituzione (d’imposta e d’acconto), ove il sostituto è gravato da un obbligo di rivalsa, il cui mancato esercizio è espressamente sanzionato.
Coerentemente con la natura di diritto della situazione soggettiva del responsabile avente ad oggetto la rivalsa, si prospetta che il responsabile possa disporre del suo diritto di rivalsa, ed anche rinunziare al suo esercizio. La tematica rientra nella più ampia questione dei patti traslativi dell’imposta, come noto, discussa. Da un lato, si annovera un orientamento volto a negarne la validità, sul presupposto della diretta applicabilità dell’art. 53 Cost. agli accordi intercorrenti tra privati (in senso critico Falsitta, G., Spunti in tema di capacità contributiva e di accollo convenzionale delle imposte, in Rass. trib., 1986, 123; Gaffuri, G., Rilevanza fiscale di patti traslativi dell’imposta, in Riv. dir. fin. sc. fin. 1986, II, 119); dall’altro lato, un orientamento che sostiene la tendenziale validità di tali patti, aventi rilevanza meramente privatistica (di recente Fedele, A.–Mastroiacovo, V.–Cannizzaro S., Autonomia privata e “distribuzione” dell’onere del tributo, in Studi e Materiali, 2007, 16).
Non è dato rinvenire una specifica disciplina delle modalità con cui la pretesa impositiva può essere fatta valere nei confronti del responsabile d’imposta. Ed invero, il legislatore, dopo aver dettato una disposizione generale sulla figura del responsabile d’imposta dal punto di vista sostanziale, non ha dettato un insieme organico di norme relative a tale figura nel momento procedimentale e processuale.
Esistono, peraltro, sporadiche disposizioni in ambiti specifici che riguardano sia il responsabile d’imposta in senso stretto (da intendersi il coobbligato solidale-dipendente di fonte legale tributaria), sia, laddove si aderisca alla tesi della sua riconducibilità alla figura in esame, il cd. responsabile negoziale.
Quanto al responsabile d’imposta in senso stretto, le norme ad esso espressamente riferibili sono essenzialmente l’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973 che prevede termini decadenziali per la notifica della cartella di pagamento al «debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede», nonché l’art. 73 del d.P.R. n. 602/1973, il quale disciplina il pignoramento di cose appartenenti al debitore iscritto a ruolo o ai coobbligati. Altre norme estendono anche al coobbligato l’adozione di mezzi di garanzia patrimoniale o atti, in senso ampio, prodromici all’esecuzione previsti nei confronti del debitore principale. Si tratta dell’art. 77 del d.P.R. n. 602/1973, sui presupposti di iscrizione dell’ipoteca, e dell’art. 86 del medesimo decreto, relativo al fermo dei beni mobili registrati; inoltre, l’art. 22 del d.lgs. 18.12.1997, n. 472 prevede la possibilità di iscrizione di ipoteca e sequestro conservativo in base agli atti ivi menzionati sui beni non solo del trasgressore ma altresì dei soggetti obbligati, dettando non solo i presupposti (in particolare il fondato timore di perdere la garanzia del credito) ma anche il regime (sub)procedimentale per l’applicazione della misura. Il coobbligato è, poi, specificamente menzionato nell’art. 23 del medesimo d.lgs. n. 472/97, sulla sospensione dei rimborsi dei crediti d’imposta nei confronti dell’autore della violazione o dei soggetti obbligati in solido, ove, peraltro, non si rinviene alcuna disciplina procedimentale specifica. Infine, l’art. 8, co. 3 bis, del d.lgs. n. 19.6.1997, n. 218, in materia di accertamento con adesione, e l’art. 48, co. 3 bis, del d.lgs. 31.12.2006, n. 546, in materia di conciliazione giudiziale, prevedono che, in caso di mancato pagamento di una delle rate previste per il perfezionamento dell'accertamento con adesione o della conciliazione, l'azione esecutiva nei confronti del garante deve essere preceduta da un invito contenente «l'indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa».
Quanto al garante negoziale, l’art. 19, co. 4 bis, d.P.R. n. 602/1973 prevede che, in caso di decadenza del contribuente dal beneficio della dilazione, se il fideiussore (o terzo datore di ipoteca) non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito motivato, l’agente per la riscossione può procedere alla riscossione coattiva nei suoi confronti sulla base dello stesso ruolo emesso a carico del debitore.
Al di fuori di specifiche e circoscritte norme, dunque, nulla si prevede espressamente con riguardo al responsabile d’imposta nella fase procedimentale.
Su un piano generale si osserva che, pur essendo stata prospettata la necessità che l’amministrazione finanziaria proceda, già nella fase dell’accertamento, in litisconsorzio necessario con tutti i coobbligati è prevalsa l’opposta soluzione, fondata sulla valorizzazione della matrice civilistica della solidarietà che, dall’esistenza di una pluralità di obbligazioni autonome, ancorchè connesse, deduce l’ammissibilità di autonome e separate azioni di adempimento del comune creditore nei confronti (anche solo di alcuni) dei condebitori.
Ebbene, in tale prospettiva, deve rilevarsi che in passato il coobbligato solidale (dipendente) era interessato anche dal disposto dell’art. 46 del d.P.R. n. 602/1973, il quale prevedeva che l’allora esistente avviso di mora dovesse essere notificato anche a tale soggetto prima dell’esecuzione nei suoi confronti. Ebbene, in base a tale norma e alla prevalente ricostruzione teorica dell’istituto in termini di pregiudizialità - dipendenza, inizialmente si riteneva che il nesso di pregiudizialità - dipendenza determinasse l’efficacia riflessa in capo al responsabile degli atti suscettibili di definire il rapporto obbligatorio in capo al debitore in via principale, salva, in ogni caso, la possibilità per il medesimo responsabile di intervenire adesivamente nel giudizio instaurato dal contribuente (sul punto, Allorio, E., Diritto processuale tributario, cit., 144 ss.; Falsitta, G., Aspetti e problemi della responsabilità solidale del cessionario d’azienda sancita dall’art. 197 del t.u. delle imposte dirette, in Riv. dir. fin., 1969, II, 137 ss., nonché, per un excursus dell’evoluzione della giurisprudenza sul punto, Miccinesi, M., Solidarietà nel diritto tributario, in Dig. comm., XIV, Torino 1997, 464 ss.).
Conseguentemente, si riteneva che il responsabile fosse suscettibile di venire assoggettato a procedura esecutiva sulla base di atti di imposizione o di riscossione intestati all’obbligato principale; pertanto, egli risultava destinatario diretto del solo avviso di mora di cui all’allora vigente art. 46 del d.P.R. n. 602/1973.
Peraltro, l’evoluzione giurisprudenziale ha portato ad ammettere che, impugnando l’avviso di mora, il responsabile potesse contestare la sussistenza dei presupposti specifici della sua responsabilità, e, a seguito di interventi della Corte Costituzionale (C. cost., 29.10.1987, n. 348; C. cost., 25.2.1988, n. 207; C. cost., 30.12.1991, n. 519) anche la sussistenza dell’obbligazione principale, superandosi, in tal modo, la sopra esposta tesi dell’efficacia riflessa fondata sulla pregiudizialità-dipendenza (su tali profili, Basilavecchia, M., Ruolo d’imposta, in Enc. dir., XLI, Milano, 1989, 180; Lupi, Coobligazione solidale dipendente, cit., 215 ss.).
Nonostante tale evoluzione, si è continuato a ritenere ancora sufficiente ad attivare la responsabilità del coobbligato dipendente, a seguito della notifica dell’atto impositivo effettuata in capo al contribuente, il solo avviso di mora ovvero, a seguito dell’abolizione di quest’ultimo, la cartella di pagamento, ritenendo in tal modo non violato il diritto di difesa del responsabile che può impugnare l'atto per contestare l'esistenza e la misura del debito, nonché i presupposti della sua responsabilità.
Ciò nondimeno, la dottrina non ha mancato di evidenziare comunque la sussistenza di profili di criticità in relazione al diritto di difesa del responsabile, criticità derivanti dalla circostanza che al responsabile venivano e vengono notificati atti privi di motivazione o direttamente esecutivi, già appartenenti all’area della riscossione. In particolare, unitamente alla negazione dell’efficacia ultrasoggettiva degli atti intestati e notificati al contribuente, parte della dottrina ha iniziato a sostenere la necessità che si formi nei confronti del responsabile un apposito ed autonomo atto di imposizione, che accerti, in particolare, il titolo della sua responsabilità, e un autonomo titolo esecutivo; in tale prospettiva, parrebbe doversi escludere che si possa procedere in via esecutiva nei confronti del responsabile senza che ad esso sia stato previamente notificato un atto impositivo, di “accertamento” in senso ampio, tenuto conto delle peculiarità della disciplina procedimentale dei singoli tributi (Fransoni, G., L’ esecuzione coattiva a carico dei debitori diversi dall’ obbligato principale, in Rass. trib., 2011, 823 ss., spec. 836; Lupi, R., Coobbligazione solidale, cit., 215 ss.; Basilavecchia, M., Ruolo d’ imposta, cit., 180; Coppa, D., Responsabile, cit., 233). In ogni caso, si rileva che agli atti notificati al responsabile deve applicarsi, sul piano della esecutorietà, il medesimo regime giuridico degli atti notificati all'obbligato principale (Fransoni, G., L’esecuzione coattiva a carico dei debitori diversi dall’obbligato principale, cit. 838, ove anche per ulteriori precisazioni con riguardo a coobbligati con funzione diversa da quella fideiussoria).
La situazione potrebbe essere destinata ad evolversi, almeno in parte, a seguito delle recenti modifiche relative ai rapporti tra avviso di accertamento, iscrizione a ruolo e conseguente cartella di pagamento, nell’ambito delle imposte sui redditi ed Iva. Invero, l’articolo 29 del d.l. 31.5.2010, n. 78, convertito in l. 30.7.2010, n. 122, prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2011, gli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, relativi ai periodi d’imposta dal 2007 in avanti, ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni devono contenere anche l’intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati ovvero - in caso di tempestiva impugnazione dell’atto - degli importi dovuti a titolo provvisorio. Inoltre, è previsto che tali atti divengono esecutivi decorsi 60 giorni dalla notifica. Si è sottolineato come tale riforma non comporta l'abbandono del modello della riscossione esattoriale, bensì la possibilità di intraprendere la riscossione esattoriale senza la previa iscrizione a ruolo (Fransoni, G., L’esecuzione coattiva a carico dei debitori diversi dall’obbligato principale, cit., 845).
Nelle eventuali ipotesi di responsabilità d’imposta afferenti ai citati tributi in relazione ai quali è intervenuta la predetta modifica, essendo l’avviso di accertamento anche titolo esecutivo, è possibile prospettare la necessità di notificare detto avviso di accertamento esecutivo anche al responsabile.
Si afferma, in particolare, che la disciplina dell'accertamento esecutivo notificato al responsabile d’imposta dovrà essere la stessa di quella prevista per il contribuente (v. art. 29, cit.): in particolare, solo dalla data di notifica dell'accertamento al responsabile potranno decorrere i termini stabiliti per l'esecutività dello stesso anche nei confronti del responsabile medesimo; in caso di fondato pericolo per la riscossione, l'affidamento all’agente della riscossione non potrà avvenire prima di 30 giorni dal termine per il pagamento; la sospensione dell'esecuzione forzata per 180 giorni a decorrere dall'affidamento agli agenti della riscossione dovrebbe operare anche nei confronti del responsabile; anche al responsabile dovrà essere notificato l'avviso contenente l'intimazione ad adempiere, ai sensi dell'articolo 50 del d.P.R. n. 602/1973, decorso un anno dalla notifica dell'avviso di accertamento al responsabile medesimo; il responsabile sarà tenuto al pagamento degli interessi di mora e dell'aggio della riscossione dal primo giorno successivo al termine previsto per proporre il ricorso (si veda sul punto, Fransoni, G., L’esecuzione coattiva a carico dei debitori diversi dall’obbligato principale, cit., 845).
Più in generale, è stato affermato in dottrina che, in base alla nuova disciplina, trova conferma la tesi della necessità della autonoma notifica al responsabile di un atto di accertamento, nel rispetto della parità di trattamento rispetto al contribuente (Fransoni, G., L’esecuzione coattiva a carico dei debitori diversi dall’obbligato principale, cit., 838 ss.).
Costituisce approdo sinora generalmente accettato quello per cui in materia di obbligazioni solidali – in virtù della loro strutturazione come fascio di obbligazioni autonome ancorchè connesse per oggetto e causa – non si dia luogo a litisconsorzio necessario, bensì, eventualmente, ad un litisconsorzio meramente facoltativo (di recente, sul punto, Ficari, V., Sostituto e responsabile, cit., 5640). Si ritiene inoltre applicabile, anche in ambito tributario, l’art. 1306 c.c., (ex multis, Cass., 9.4.1992, n. 4350; Cass., 2.4.1992, n. 4024; Cass., 12.5.2005, n. 20065), anche a fronte della sopravvenuta definitività dell’atto impositivo, per difetto di impugnazione, in capo al soggetto interessato ad avvalersene.
Per l’effetto, si è ritenuto non soltanto che il coobbligato che si veda notificare un atto impositivo dopo l’ottenimento di un giudicato favorevole da parte di altro coobbligato possa, impugnando tale atto impositivo, invocare detto giudicato ottenuto dal coobbligato; ma altresì che il coobbligato che non abbia proposto ricorso contro l’atto impositivo possa impugnare l’atto successivo della sequenza, chiedendo l’applicazione del giudicato favorevole ottenuto da altro coobbligato, peraltro, secondo un orientamento, solo in via di eccezione (ovverosia, per paralizzare la pretesa avanzata nei suoi confronti dall’amministrazione finanziaria, e non per ottenere il rimborso di quanto eventualmente già pagato) e, in ogni caso, solo nel caso in cui a tale giudizio non abbiano partecipato i condebitori che intendono opporre all’erario il giudicato del condebitore vittorioso e non esista già, nei confronti del condebitore interessato ad avvalersi della facoltà di cui si discorre, un giudicato contrario sul medesimo punto, in quanto il giudicato diretto prevale sul giudicato riflesso ottenuto inter alios (su tali profili, Lupi, R., Definitività degli atti impositivi: il rigore scompare quando il contribuente è in buona compagnia, in Riv. dir. trib., 1992, II, 915 ss.). L’evoluzione giurisprudenziale ha ulteriormente esteso le ipotesi di utilizzabilità del giudicato favorevole ottenuto da un coobbligato, affermandola anche laddove il coobbligato che se ne vuole avvalere abbia già adempiuto alla pretesa tributaria, non già spontaneamente ma per evitare l’azione esecutiva dell’amministrazione finanziaria nei suoi confronti (Cass., 25.2.2011, n. 4641; Cass., 25.2.2009, n. 4531; Cass., 13.11.2008, n. 27071).
Si tratta di un approdo giurisprudenziale che non ha trovato unanime accoglimento da parte della dottrina tributaria (si sono espressi favorevolmente Rastello, L., Ancora sulla patologia (permanente?) dell’obbligazione solidale tributaria, in Dir. prat. trib., 1991, I, 1686; in senso contrario, Castaldi, L., Considerazioni civilistiche e non, a margine della sent. 22 giugno 1991, n. 7053, delle sez un della Corte di Cassazione, in Riv. dir. trib., 1992, II, 78; per la critica del superamento della definitività dell’atto non impugnato per il semplice fatto che si versi in una situazione di coobbligazione, Lupi, R., Definitività degli atti impositivi, cit., 915 ss. nonché della possibilità di scardinare la regola per cui gli atti tributari sono impugnabili solo per vizi propri, Glendi, C., L’oggetto del processo tributario, Padova, 1984, 783. Si veda su tali problematiche già Maffezzoni, F., A proposito di solidarietà tributaria, unitarietà dell’accertamento e tutela dei coobbligati non notiziati del procedimento, in Boll. trib., 1988, 963), che ha evidenziato, in particolare, la difficoltà di superare la definitività dell’atto amministrativo non impugnato, nonché, in epoca anteriore all’introduzione dell’accertamento esecutivo, la difficoltà di coordinamento con la norma espressa secondo cui il ricorso contro il ruolo è inammissibile per vizi non fatti valere contro un precedente avviso di accertamento.
Come sopra rilevato, in ambito tributario si è in prevalenza negata la sussistenza di un litisconsorzio necessario, sia nell’ambito della solidarietà c.d. paritetica sia, a maggior ragione, nell’ambito della solidarietà dipendente.
Peraltro, già da tempo la dottrina ha osservato che la valorizzazione dei principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità e capacità contributiva impone un accertamento unitario degli imponibili nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nell’attuazione del prelievo, con conseguente necessità che anche il processo si svolga nei confronti di tutti tali soggetti (Fantozzi, A., La solidarietà, cit., passim, spec. 120 ss., 242 ss., 331 ss., 340; Castaldi, L., Solidarietà, cit., 10 ss.).
Di recente la Suprema Corte di legittimità ha riconosciuto la sussistenza del litisconsorzio necessario in ipotesi diverse da quelle del responsabile di imposta, ma sulla base di una ricostruzione di carattere generale, che non appare incompatibile con tale figura (si vedano in particolare Cass., 18.1.2007, n. 1052, nonché Cass.,18.1.2007, n. 1057, relative ad una fattispecie di solidarietà paritetica nell’ambito dell’imposta di registro: accertamento di maggior valore di bene oggetto di divisione; Cass., S.U, 4.6.2008, n. 14815, in materia di accertamento del maggior reddito di società di persone imputato per trasparenza ai soci). Ebbene, la Corte ha affermato la sussistenza del litisconsorzio necessario laddove la controversia abbia ad oggetto gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, mentre se la controversia ha ad oggetto la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, si avrebbe un caso di litisconsorzio facoltativo.
Sulla base di tale impostazione, con riguardo al responsabile d’imposta, potrebbero rientrare tra le controversie che hanno ad oggetto gli elementi comuni della fattispecie, ad esempio, le controversie in cui la contestazione abbia ad oggetto il presupposto impositivo; risulterebbero, viceversa, escluse dall’area di operatività del litisconsorzio necessario le liti in cui il responsabile si trovasse a contestare l’(in)sussistenza della sua qualifica di responsabile d’imposta, trattandosi di controversie aventi ad oggetto la posizione debitoria del solo responsabile.
Come sopra anticipato, il nucleo definitorio generale della figura si desume dall’art. 64 del d.P.R. n. 600/1973, che, tuttavia, non individua i fatti che determinano l’insorgenza della coobbligazione in capo al responsabile. Ed invero, detto articolo presuppone che determinati soggetti siano “in forza di disposizioni di legge” obbligati al pagamento dell’imposta insieme con altri per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi, non prevede detta coobbligazione in relazione ad una individuata categoria o ad individuate categorie di soggetti.
Allora, con specifico riferimento al piano delle fonti, è necessario verificare se la locuzione “in forza di disposizioni di legge” sia espressiva di una riserva di legge ovvero operi un mero rinvio ad altre disposizioni (di legge) dell’ordinamento che, come si è detto, istituiscono ipotesi di responsabilità.
La necessità giuridica, sul piano delle fonti, che le ipotesi di responsabilità siano introdotte da disposizioni di legge, potrebbe configurarsi laddove l’indicazione della fonte legislativa contenuta nell’art. 64 del d.P.R. n. 600/1973 fosse applicazione specifica di una riserva di legge di rango costituzionale: il riferimento che parrebbe maggiormente pertinente è integrato dalla riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte di cui all’art. 23 Cost.
Tuttavia, la inquadrabilità della prestazione del responsabile – che ha quale unico contenuto l’adempimento dell’obbligo od obbligazione del contribuente, e, dunque, carattere esclusivamente patrimoniale – nella nozione di prestazione patrimoniale imposta rilevante ex art. 23 Cost., dipende dalla nozione di prestazione patrimoniale imposta che si intende accogliere.
Secondo un orientamento, la prestazione patrimoniale imposta è caratterizzata dalla sussistenza di una decurtazione patrimoniale del privato derivante da un atto autoritativo, a tal fine direttamente preordinato (si veda Fedele, A., sub Art. 23, in Rapporti civili (art. 22-23), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1978, 49 ss.; Id., La riserva di legge, in Trattato di diritto tributario, diretto da Amatucci, vol. I, tomo I, Padova, 1994, 166); un diverso orientamento (Russo, P., Manuale di diritto tributario. Parte generale, Milano, 2002, 42 ss.; Coppa, D., Gli obblighi fiscali dei terzi, cit., 89, nt. 43.), argomentando dall’impiego del termine “prestazione”, oggetto di ogni obbligazione, nonché dal confronto dell’art. 23 Cost. con l’art. 30 dello Statuto Albertino e dall’evoluzione della ratio dell’art. 23 Cost., perviene a ricomprendere nell’ambito dell’art. 23 Cost. tutte le obbligazioni coattive, a prescindere dall’effetto di (definitiva) depauperazione.
Nella prospettiva da ultimo richiamata l’obbligazione del responsabile andrebbe ascritta alle prestazioni patrimoniali imposte con conseguente applicazione della riserva (relativa) di legge prevista dall’art. 23 Cost.; viceversa, nella prima delle richiamate prospettive, alla prestazione del responsabile potrebbe negarsi natura di prestazione patrimoniale imposta, in quanto essa non rivestirebbe né funzione di decurtazione del patrimonio del responsabile, in relazione all’attribuzione a quest’ultimo del diritto di rivalsa, dall’altro non rivestirebbe comunque carattere di decurtazione finale, in quanto non funzionale alla realizzazione del riparto delle pubbliche spese in base ad un determinato indice di capacità contributiva, carattere viceversa da attribuirsi all’obbligazione del contribuente.
La questione della ammissibilità, in una prospettiva costituzionale, della figura del responsabile deve essere valutata rispetto al collegamento, richiesto dall’art. 53 Cost., tra capacità contributiva assunta a presupposto del tributo, soggetto che la manifesta e che è tenuto al concorso alle pubbliche spese.
Invero, la connotazione personalistica del principio di capacità contributiva impone che il tributo deve gravare sul soggetto che manifesta la capacità contributiva di cui il tributo medesimo è espressione, soggetto che non è il responsabile d’imposta, obbligato per fatti e situazioni, indici di capacità contributiva, esclusivamente riferibili ad altri (il contribuente, per l’appunto).
È possibile ritenere che, se il descritto collegamento soggettivo presiede necessariamente alla funzione di riparto delle pubbliche spese, condizione necessaria di ammissibilità della figura del responsabile, che tale collegamento soggettivo non presenta, sia giocoforza la diversità di funzione dell’obbligazione che incombe su quest’ultimo rispetto all’obbligazione che incombe sul contribuente.
Laddove tale figura, oltre ad essere estranea alla funzione di riparto, risponda in positivo, come in genere avviene, ad una funzione di garanzia di acquisizione del tributo, l’attribuzione normativa al responsabile del diritto di rivalsa nei confronti del contribuente risulterebbe coessenziale da un lato alla realizzazione della reintegrazione patrimoniale del “garante”, dall’altro alla corretta realizzazione del riparto previsto dalla norma impositiva.
In proposito si rileva che l’orientamento della Corte Costituzionale e quello di parte della dottrina (Fedele, A., Le imposte ipotecarie, cit., 103; Gallo, F., L’imposta sulle assicurazioni, Torino, 1970, 207; Bafile, C., Responsabile di imposta, in Nss. D. I.., vol. VI App., 1986, 630 ss.) è quello di ritenere sufficiente la previsione del diritto di rivalsa, laddove parte della dottrina ritiene che il principio della capacità contributiva potrebbe ritenersi rispettato non già in presenza di un generico diritto di rivalsa, per l’aleatorietà cui è subordinato il suo esercizio, ma solo per effetto della previsione di meccanismi giuridici che assicurino al responsabile la disponibilità della provvista necessaria all’adempimento (si vedano Falsitta, G., Spunti in tema di capacità contributiva, cit., 123 ss; Moschetti, F., voce Capacità contributiva, cit., 13; Schiavolin, R., Il collegamento soggettivo, cit., 281). In una prospettiva intermedia, si ritiene che il rispetto dell’art. 53 Cost. sia assicurato solo laddove il diritto di rivalsa sia congegnato in termini di effettività, ciò che si risolve nella configurazione da parte della legge di una situazione tale da rendere di regola efficace l’operare della rivalsa (Batistoni Ferrara, F., Capacità contributiva, cit., 349; in tal senso parrebbe altresì Coppa, D., Responsabile d’imposta, cit., 392 ss.; anche De Mita, E., Capacità contributiva, in Dig. comm., II, Torino, 1987, il quale non esclude la rivalsa cd. “successiva” ancorché possa risultare infruttuosa: tuttavia ritiene che tale rischio debba fondarsi su un obbligo primario del responsabile, collegato ad una sua funzione (notaio o pubblica funzione): in particolare deve sussistere un dovere primario esterno al rapporto d’imposta che sia causa del pagamento e giustifichi che esso possa restare a carico del terzo nel caso di insolvenza del contribuente.
In relazione al distinto, ma connesso, profilo della ragionevolezza nella selezione dei soggetti in ordine ai quali configurare la responsabilità d’imposta, si è affermato che, pur nella “discrezionalità” della funzione normativa, il legislatore non è svincolato da ogni limite in merito (De Mita, E., Capacità contributiva, cit., 466 ss.; Coppa, D., Gli obblighi fiscali, cit., 85).
Ed invero, la giurisprudenza costituzionale ritiene legittime solo quelle ipotesi di responsabilità d’imposta che rispondano per l’appunto ad una valutazione di ragionevolezza dell’estensione soggettiva dell’obbligo od obbligazione tributaria; detta ragionevolezza è stata ravvisata laddove l’individuazione del responsabile sia operata nell’ambito di soggetti che presentino un “contatto” ovvero un collegamento con la fattispecie tributaria in relazione alla quale sorge la loro responsabilità; in particolare, la necessaria sussistenza di un ragionevole, ovvero non irragionevole, collegamento tra la situazione soggettiva del responsabile ed il presupposto del tributo è stata ravvisata in relazione all’esistenza di “unitarie situazioni” tra responsabile e contribuente configurabili sulla base di rapporti giuridico – economici tra loro intercorrenti (C. cost., 22.6.1972, n. 120; orientamento recentemente ripreso da C. cost., 20.12.2000, n. 557, nonché dall’ordinanza C. cost., 13.6.2008, n. 211).
Si tratta di una impostazione non pienamente condivisa in dottrina; invero, va osservato che, secondo un orientamento dottrinale, non è comunque sufficiente un collegamento tra fattispecie, ancorché razionale, richiedendosi un collegamento che assicuri con certezza il fruttuoso esercizio della rivalsa (in tal senso Falsitta, G., Spunti in tema di capacità contributiva e accollo convenzionale d’imposta, cit., 129; Moschetti, F., Capacità contributiva, in Enc. giur. Treccani, V, Roma, 1988, 13; Schiavolin, R., La capacità contributiva. Il collegamento soggettivo, AA.VV., in Trattato di diritto tributario, diretto da Amatucci, vol. I, tomo I, Padova, 286, ove si osserva che la vaghezza del criterio di individuazione della legittimità della figura del responsabile elaborata dalla Corte costituzionale è suscettibile di estendere la qualifica di responsabile d’imposta anche a soggetti che non hanno, nei confronti del contribuente, possibilità di riscossione maggiori di quelle dello Stato).
Art. 64, d.P.R. 29.9.1973, n. 600
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